Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28156 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 21/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 21/12/2011), n.28156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

SEA SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del

ricorso, dall’Avv. Palmas Salvatore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via R.R. Pereira n. 41 presso lo studio dell’Avv. Alfredo Niro;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI OLBIA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso, per mandato a margine del controricorso,

dall’Avv. Chiarello Antonio, domiciliato in Roma, Piazza Cavour

presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

AVVERSO la sentenza n. 139/09/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di Cagliari – Sezione Staccata di Sassari n. 09, in data

14/10/2008, depositata il 21 ottobre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

22 novembre 2011 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Presente il P.M. dott. CENICCOLA Raffaele che non ha mosso

osservazioni.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La corte:

Considerato che nel ricorso iscritto a R.G. n. 24762/2009, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“La CTR della Sardegna con sentenza dep. Il 21/10/2008 ha, rigettando l’appello della SEA in liquidazione srl, confermato la sentenza della CTP di Sassari che aveva rigettato (salvo che per una parte di terreno ritenuto non edificabile) il ricorso della società avverso l’avviso di accertamento per ICI per l’anno 2002 del Comune di Olbia.

La CTR ha ritenuto, ai fini della edificabilità di un terreno, sufficiente lo inserimento del terreno nel PRG quale area edificabile non essendo necessaria l’approvazione di piani attuativi.

La contribuente ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi fondati su violazione di legge.

Il Comune ha resistito con controricorso.

Col primo motivo la ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2 con riferimento alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3 in ordine alla superiore affermazione della CTR. Il motivo è infondato alla stregua della ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte. Le SS.UU. di questa Corte (2006/25506) hanno ritenuto che, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2 convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che ha fornito l’interpretazione autentica del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l’edificabilità di un’area, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi; che l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, senza che assumano alcun rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico, in quanto la valutazione del bene deve essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo; che l’impossibilità di distinguere, ai fini dell’inibizione del potere di accertamento, tra zone già urbanizzate e zone in cui l’edificabilità è condizionata all’adozione dei piani particolareggiati o dei piani di lottizzazione non impedisce peraltro di tener conto, nella determinazione del valore venale dell’immobile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione.

Consequenziale è il rigetto del secondo motivo con cui si deduce la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 in quanto, assume la ricorrente, l’adozione del superiore criterio avrebbe comportato un valore eccessivo del terreno.

Il terzo motivo fondato su violazione del D.Lgs. n. 427 del 1997, art. 6, comma 2 è inammissibile invocandosi genericamente i principi di “buona fede”, “collaborazione” e “affidamento” tra contribuente e fisco.

Il ricorso può pertanto decidersi in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., con il rigetto del medesimo.

Roma 23 settembre 2011;

Il Consigliere relatore Dr. Vincenzo Didomenico”.

La Corte:

Vista la relazione, il ricorso, il controricorso e gli altri atti di causa;

Considerato che in esito alla trattazione del ricorso, il Collegio, condividendo i motivi esposti nella relazione ed i richiamati principi, ritiene di dover rigettare il ricorso, per manifesta infondatezza;

Considerato che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro millecento, di cui Euro mille per onorario ed Euro cento per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge;

Visti gli artt. 375 e 380 bis del c.p.c..

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune controricorrente, delle spese del giudizio, in ragione di complessivi Euro millecento, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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