Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28149 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. II, 31/10/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 31/10/2019), n.28149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23683/2015 proposto da:

D.G.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO

23, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE VESPAZIANI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FER FORNITURE ELETTRICHE REATINE SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7055/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/09/2019 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La snc Forniture Elettriche Reatine vantava credito nei riguardi di T.L. per l’importo di circa Euro 6.300,00 e,deceduto lo stesso, ebbe a richiedere separati decreti ingiuntivi nei confronti dei suoi eredi legittimi – moglie e figlie – secondo le rispettive quote ereditarie.

Il decreto ingiuntivo ottenuto in odio alla moglie D.G.I. non fu opposto, mentre le figlie proponevano rituale opposizione avverso il provvedimento monitorio deducendo di aver rinunziato all’eredità relitta morendo dal padre.

Di conseguenza l’opposizione fu accolta e la società creditrice chiese ed ottenne nuovo decreto ingiuntivo nei riguardi della moglie – unica erede rimasta – per la somma non ancora pagata.

Avverso detto provvedimento monitorio propose opposizione la D.G. rilevando il giudicato, poichè l’irrevocabilità del primo provvedimento monitorio,ottenuto nei suoi riguardi, copriva il dedotto ed il deducibile.

Resistendo al società reatina, il Tribunale di Rieti ebbe a rigettare l’opposizione e così anche la Corte d’Appello di Roma, attinta con gravame dalla D.G., osservando come diversi fossero i petitum alla base dei due decreto ingiuntivi emessi a carico dell’appellante.

Avverso la sentenza resa dalla Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione la D.G. svolgendo tre motivi d’impugnazione.

La snc Forniture Elettriche Reatine, benchè ritualmente vocata, non s’è costituita a resistere.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da D.G.I. s’appalesa siccome infondato e va rejetto.

Con il primo mezzo d’impugnazione la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2909 c.c. ed art. 647 c.p.c., in quanto la Corte capitolina non ha ritenuto che l’irrevocabilità del primo decreto ingiuntivo,emesso in relazione alla medesima ragione di credito – debito del de cujus -, comportasse il giudicato sul dedotto ed il dedicabile, sicchè impedisse la proposizione di nuova pretesa fondata sulla medesima ragione di credito.

La censura appare priva di fondamento giuridico posto che l’argomento critico svolto non supera la corretta osservazione – da ultimo Cass. sez. L. n. 16688/18 – del Collegio romano che la norma ex art. 2909 c.c., per esplicare i suoi effetti, necessita che siano identici e le parti e la causa petendi e, soprattutto, l’oggetto delle distinte liti.

Nella specie,sottolineano i Giudici romani, la società reatina ebbe a richiedere alla D.G. la sola quota del debito ereditario inutilmente richiesto alle figlie ritenute eredi, sicchè la regola che il giudicato copre il dedotto ed il deducibile va ovviamente raccordata con il petitum del primo procedimento,nella specie pacificamente la sola quota della moglie-erede afferente il debito ereditario.

Dunque risultando diverso il petitum nei due decreti ingiuntivi, pur in comunanza di parti e causa petendi, non vi può essere lesione del disposto ex art. 2909 c.c., applicato alla fattispecie del provvedimento monitorio ex art. 647 c.p.c..

Con la seconda ragione di doglianza la D.G. deduce violazione delle norme ex artt. 522,754 e 2909 c.c., in quanto la Corte capitolina ebbe a ritenere che il debito ereditario fosse divisibile tra l’erede ed i meri delati,in quanto tali mai subentrati al de cujus.

Anche detta doglianza s’appalesa priva di pregio giuridico posto che la Corte capitolina, non già, ebbe a ritenere ascrivibile per quota il debito ereditario anche ai meri chiamati all’eredità, bensì si limitò a rilevare che per la diversità del petitum non poteva operare la norma in tema di giudicato esterno.

Con il terzo mezzo d’impugnazione la ricorrente denunzia violazione delle norme ex artt. 2 e 111 Cost., art. 6 CEDU, nonchè art. 88 c.p.c. ed art. 1175 c.c., ed in genere dei principi relative al divieto di frazionamento di unico credito.

Ad opinione della ricorrente il Collegio romano ha ritenuto legittimo il frazionamento del credito, contrariamente all’insegnamento di questa Suprema Corte, nonchè violato i principi del giusto processo poichè non ha tenuto conto che la sua scelta di non opporre il primo decreto era dettata dalla convinzione che la pretesa nei suoi riguardi fosse così rimasta cristallizzata.

Anche detta ultima censura s’appalesa priva di pregio giuridico sotto ambedue i profili menzionati.

Difatti proprio in base all’insegnamento di questa Suprema Corte a sezioni unite, la Corte romana ha rilevato che il frazionamento del credito ereditario dipendeva da precisa norma di legge in tal senso, sicchè non si configurava siccome scelta della parte colorata da mala fede – Cass. sez. 3 n. 5100/06.

Parte ricorrente nemmeno ha dedotto che la società reatina fosse stata informata, prima della richiesta del decreto ingiuntivo, che le figlie avevano rinunziato dall’eredità del padre loro devoluta ex lege, sicchè l’osservanza della regola di legge all’evidenza giustifica il frazionamento dell’originario unico credito.

Quanto poi alla lesione delle regole del giusto processo la convinzione intima della parte alla base della sua scelta di non opporre il primo decreto ingiuntivo non assume alcun rilievo.

Da un lato perchè le convinzioni intime delle parti circa la gestione dei loro interessi non sono opponibili a controparte,e dall’altro perchè nulla impediva – ed ha impedito – alla D.G. di esporre avverso la nuova pretesa avversaria tutte le difese ritenute opportune.

Al rigetto del ricorso non segue la condanna alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità stante che la società resistente è rimasta intimata.

Concorrono in capo alla ricorrente le condizioni per l’ulteriore versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso,nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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