Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28148 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. II, 31/10/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 31/10/2019), n.28148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARRATO Aldo – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22770-2016 proposto da:

ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE n. 21, presso lo studio

dell’avvocato ENRICO MAGGIORE, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASQUALE

REVOLTELLA n. 35, presso lo studio dell’avvocato DANILO DE ANGELIS,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9964/2016 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

17/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 9.4.2009 il Condominio di (OMISSIS) conveniva in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Roma il Comune di Roma per sentir accertare che nulla era dovuto all’Ente locale di esso condominio attore a titolo di canone per l’occupazione di suolo pubblico in relazione alle griglie e alle intercapedini circostanti l’edificio, nonchè per sentir dichiarare nulla o disapplicare la relativa cartella di pagamento emessa dall’Amministrazione.

Si costituiva Roma Capitale resistendo alla domanda.

Con sentenza n. 40940/2012 il Giudice di Pace rigettava la domanda di accertamento negativo e dichiarava inammissibile, perchè non provata, l’opposizione alla cartella di pagamento.

Avverso tale decisione interponeva appello il Condominio.

Si costituiva in secondo grado Roma Capitale resistendo al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 9964/2016, il Tribunale di Roma accoglieva l’impugnazione, dichiarando non dovuto dal Condominio il canone di occupazione di suolo pubblico rivendicato dall’ente locale in relazione alle griglie circostanti l’edificio condominiale ed annullando la cartella opposta.

Propone ricorso per la cassazione di detta sentenza Roma Capitale affidandosi ad un unico motivo.

Resiste con controricorso il Condominio di (OMISSIS).

In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 63 in combinato disposto con l’art. 1 del regolamento del Comune di Roma istitutivo del canone per l’occupazione degli spazi e delle aree pubbliche comunali (C.O.S.A.P.) e delle norme a queste connesse e correlate, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Ad avviso di Roma Capitale, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto decisiva l’assenza del titolo idoneo ad autorizzare l’occupazione del suolo pubblico, poichè -anche alla luce di alcune pronunce di questa Corte- il C.O.S.A.P. non sarebbe dovuto soltanto quando esiste un titolo valido per l’occupazione, ma anche in assenza di esso, qualora in concreto l’area pubblica sia stata in tutto o in parte sottratta, anche in via di fatto, alla sua destinazione naturale a servizio della pubblica viabilità.

La doglianza non è fondata.

Occorre in primo luogo dare atto che secondo parte della giurisprudenza di questa Corte il C.O.S.A.P. “… risulta configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici. Esso, pertanto, è dovuto non in base alla limitazione o sottrazione all’uso normale o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all’utilizzazione particolare o eccezionale che ne trae il singolo” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1435 del 19/01/2018, Rv.646855; conf. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18037 del 06/08/2009, Rv. 609326).

In altre occasioni si è, al contrario, ritenuto che “… l’obbligo del pagamento del prezzo del canone OSAP da parte del privato trova la sua fonte nel provvedimento autorizzativo” (Cass. Sez.3, Ordinanza n. 3710 del 08/02/2019, Rv. 652735, in motivazione, pag.11). E la stessa Ordinanza n. 1435/2018, poc’anzi richiamata, afferma nella motivazione che il C.O.S.A.P. non sarebbe dovuto in presenza di prova “… che lo spazio utilizzato con le griglie e le intercapedini fosse inglobato nella limitrofa opera privata, sì da perdere irreversibilmente la qualità di parte del tessuto viario pubblico” (cfr. pag.5). Situazione di fatto, quest’ultima, che già in passato aveva condotto questo consesso ad escludere la debenza della T.O.S.A.P. -tributo poi sostituito dal C.O.S.A.P.- in relazione alle aree ab origine destinate ad un’utilizzazione privata regolarmente assentita dal titolo in base al quale l’edificio fu a suo tempo realizzato (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3363 del 07/03/2002, Rv.552911).

In presenza di un quadro interpretativo articolato, la questione dell’esatta identificazione del presupposto impositivo dell’occupazione del suolo pubblico, sia dal punto di vista oggettivo che dal punto di vista soggettivo, è stata di recente rimessa dalla quinta sezione civile di questa Corte alle Sezioni Unite, ravvisandosi l’opportunità di un intervento chiarificatore sul punto (Cass. Sez.5, Ordinanza interlocutoria n. 2008 del 24/01/2019, non massimata).

Ciò premesso, va tuttavia evidenziato che nel caso di specie il Condominio controricorrente ha depositato, in uno alla memoria ex art. 378 c.p.c., copia della sentenza del Tribunale di Roma n. 12947/2017, resa in data 26.6.2017 in altro giudizio tra le medesime parti, avente ad oggetto una annualità diversa di C.O.S.A.P. per le medesime griglie oggetto della presente causa, munita del timbro attestante la mancata proposizione di appello apposto in data 16.2.2018. In base a tale pronuncia, il Condominio ha sollevato eccezione di giudicato esterno in relazione all’accertamento di non debenza del canone per l’occupazione del suolo.

Al riguardo, va evidenziato che la sentenza appena richiamata dà atto che “In ordine alla sollevata eccezione di giudicato, con produzione di numerosissime sentenze rese da questo Tribunale, pacificamente non impugnate… con cui è stata accolta la domanda di annullamento delle richieste di pagamento del Cosap per le griglie e le intercapedini condominiali relativo ad anni precedenti, si ritiene che la stessa sia fondata… Ne discende, nella specie, l’accertamento definitivo, contenuto nelle sentenze citate, della mancanza, in capo al Comune di Roma, del presupposto per ottenere il pagamento del canone di occupazione per la griglie e le intercapedini del Condominio di (OMISSIS) relativo ad annualità diverse, in mancanza di elementi di novità attinenti al 2010 (assenza originaria del presupposto impositivo, trattandosi di manufatti realizzati quando l’area era ancora privata e senza una concessione all’uso particolare di un bene pubblico) preclude il riesame della stessa questione” (cfr. pagg. 2 e s. della sentenza n. 12947/2017 citata).

Sul punto, va data continuità al principio secondo cui “Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo”(Cass. Sez.U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006, Rv.589696). Detto principio è stato dalle Sezioni Unite ritenuto da un lato espressamente applicabile anche ai rapporti di durata, e dall’altro lato coerente con il concorrente principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, valido in materia tributaria, sul presupposto che l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (quali, ad esempio, la capacità contributiva o le spese deducibili) e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche tese all’applicazione di una specifica disciplina), hanno carattere tendenzialmente permanente.

Il criterio, ribadito -sempre in materia tributaria- da Cass. Sez. U, Sentenza n. 14294 del 20/06/2007, Rv.598054, può trovare piena applicazione anche nella fattispecie, posto che il presupposto della debenza del C.O.S.A.P. -conformemente al presupposto impositivo della precedente T.O.S.A.P.- consiste in ultima analisi in un accertamento di fatto, concernente le caratteristiche della griglia o intercapedine ed il suo originario inglobamento nel fabbricato privato, da un lato, e l’esistenza o meno di un titolo autorizzativo, dall’altro lato; accertamento che è suscettibile di rimanere stabile nel tempo, ove non intervengano e non siano adeguatamente dedotti eventi atti a modificare il contesto fattuale o autorizzativo.

Considerato che in relazione all’anno solare 2010 la decisione del Tribunale di Roma n. 12947/2017, passata in giudicato, ha definitivamente accertato “… la mancanza, in capo al Comune di Roma, del presupposto per ottenere il pagamento del canone di occupazione per la griglie e le intercapedini del Condominio di (OMISSIS) relativo ad annualità diverse, in mancanza di elementi di novità attinenti al 2010 (assenza originaria del presupposto impositivo, trattandosi di manufatti realizzati quando l’area era ancora privata e senza una concessione all’uso particolare di un bene pubblico)” e tenuto conto del principio tendenziale di stabilità, nei rapporti di durata, degli accertamenti compiuti in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad più cause, posto dalle Sezioni Unite con le sopra richiamate sentenze n. 13916 del 16/06/2006 (Rv.589696) e n. 14294 del 20/06/2007 (Rv.598054) deve concludersi che va ravvisato, nel caso di specie, il giudicato esterno in relazione alla non debenza del C.O.S.A.P. per le griglie ed intercapedini di cui è causa, da parte del Condominio di (OMISSIS), anche per annualità diverse dal 2010.

Per effetto dell’operatività del suddetto giudicato esterno, rilevabile anche d’ufficio in questa sede, deriva il rigetto del ricorso, sia pure in base ad una motivazione parzialmente difforme rispetto a quella contenuta nella decisione impugnata.

In considerazione del fatto che la prodotta sentenza del Tribunale di Roma n. 12947/2017 è passata in giudicato in data 16.2.2018, e quindi in epoca successiva alla proposizione del ricorso in Cassazione da parte di Roma Capitale, ed alla luce della peculiarità della fattispecie, sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese del presente giudizio di legittimità.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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