Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28147 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. I, 10/12/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 10/12/2020), n.28147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36001/2018 proposto da:

M.N., rappresentato e difeso dall’avv. M. Cavicchioli, del

foro di Biella;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 22/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2020 dal Cons. Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Torino ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dal cittadino (OMISSIS) M.N..

Per quanto concerne il riconoscimento dello status di rifugiato, rileva che non sussistono i requisiti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, posto che non sono stati evidenziati, in danno del richiedente, episodi qualificabili come atti di persecuzione ai sensi dell’art. 7 del medesimo D.Lgs..

In merito alla mancata concessione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b), attesa la non credibilità del ricorrente, non sono emersi elementi sufficienti a comprovare il rischio di subire torture o altre forme di trattamenti inumani o degradanti.

Non risulta tantomeno integrata l’ipotesi di danno grave di cui dello stesso art. 14, lett. c), ossia la minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile, derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato o internazionale. Nello specifico, il Tribunale aderisce all’orientamento giurisprudenziale che subordina il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), ad una duplice verifica: una prima, di matrice oggettiva, inerente alla situazione socio-politica caratterizzante la regione di appartenenza; una seconda, di matrice soggettiva, attinente alla vicenda personale del richiedente.

Quanto all’elemento oggettivo, si rileva che in Pakistan, in particolare nel Punjab (regione di provenienza del ricorrente), non vi è affatto uno scenario di violenza indiscriminata, in grado di legittimare la protezione suddetta.

Il Tribunale non ritiene neppure sussistente alcun fattore individualizzante di rischio, tale da indurre a ritenere che il richiedente, a cagione della sua peculiare situazione, possa risultare diretto destinatario di una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona.

Alla luce di queste considerazioni, la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b) e lett. c), viene rigettata.

Da ultimo, è negato il rilascio del permesso umanitario ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, stante l’inesistenza, con riferimento alla persona del ricorrente, di seri motivi di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato. Invero, dalle risultanze documentali, non emergono elementi atti a qualificare il richiedente quale soggetto vulnerabile.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero. Non ha svolto difese il Ministero intimato.

Nel primo motivo viene censurata la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, per la mancata audizione del ricorrente in sede giurisdizionale, atteso che, nel caso di specie, mancava la videoregistrazione del colloquio tenutosi dinnanzi la Commissione Territoriale. Più precisamente, a fronte di un’espressa richiesta di audizione, formulata in sede di ricorso introduttivo del giudizio, il Tribunale si è limitato a fissare l’udienza di comparizione e decidere sulla base del mero verbale riassuntivo, respingendo l’istanza istruttoria senza un’adeguata motivazione.

La censura è inammissibile per difetto di specificità poichè il motivo di ricorso è stato formulato in modo generico. La giurisprudenza consolidata di questa Corte ritiene che, in assenza della videoregistrazione, il giudice di merito abbia l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che quest’ultimo, nel ricorso, non proponga specifica e circostanziata istanza di audizione, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti.

Nel caso di specie, la necessità di procedere all’audizione è stata motivata semplicemente sulla scorta della mancanza della videoregistrazione e della necessità di fugare i dubbi di credibilità espressi dalla Commissione Territoriale e fatti propri dal Tribunale. Pertanto, non sono stati indicati elementi, rispetto ai quali, l’eventuale ascolto avrebbe potuto condurre il giudice di merito ad una decisione diversa da quella adottata.

Nel secondo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per avere il Tribunale rigettato la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria in forza di una duplice ragione: la mancanza di un pericolo soggettivo, correlato alla posizione del ricorrente e l’assenza di una situazione di violenza generalizzata e diffusa nel Nord Punjab.

Il motivo è manifestamente fondato. In primis, perchè il giudice di merito, interpretando erroneamente la fattispecie di cui alla lett. c), ha richiesto la prova di un’esposizione diretta al rischio, derivante dalla singola vicenda personale, che, alla luce della più recente giurisprudenza, non si reputa necessaria.

Nello specifico, l’ipotesi di danno grave prevista del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), diversamente dalle altre di cui alle lett. a) e b), non contempla la prova di alcuna personalizzazione del rischio, essendo sufficiente che il giudice accerti, anche d’ufficio, se la violenza indiscriminata nel territorio sia di intensità tale da far rischiare a chiunque vi si trovi di subire una minaccia grave alla vita o alla persona.

In secondo luogo, la domanda, in violazione dell’art. 8 cit., non è stata esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate riguardanti il Paese di origine del richiedente, elaborate dalla Commissione Nazionale per il diritto di asilo sulla base dei dati forniti dall’UNHCR e messe a disposizione del giudice, il quale deve obbligatoriamente acquisirle.

Invero, le fonti addotte a motivo della decisione si riferiscono all’anno 2014, diversamente, quelle allegate dal ricorrente nel ricorso introduttivo e non prese in considerazione dal Tribunale, risalgono al 2018.

In tal sede, il dovere di cooperazione istruttoria, incombente sull’autorità giurisdizionale, non è stato esercitato conformemente alle norme di legge citate.

Ciò determina l’accoglimento del secondo motivo nonchè la cassazione con rinvio del provvedimento impugnato al Tribunale di Torino in diversa composizione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo. Cassa il provvedimento e rinvia al Tribunale di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

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