Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28146 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. II, 31/10/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 31/10/2019), n.28146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 26092/15) proposto da:

C.F., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, in virtù

di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. Bartolo

Giuseppe Senatore ed elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Anna D’Alise, in Roma, v. Galati, n. 100/c;

– ricorrente –

contro

BENINVEST S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, (P.I.: (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante e liquidatore pro-tempore, rappresentata e

difesa, in virtù di procura speciale apposta a margine del

controricorso, dall’Avv. Michele Strammiello ed elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Lepore, in Roma, v.

Polibio, n. 15;

– controricorrente –

e

B.E., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtù

di procura speciale apposta a margine del controricorso (contenente

ricorso incidentale), dall’Avv. Giampaolo Pacini ed elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Morabito, in Roma,

L.go Messico, n. 3;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 622/2015,

depositata il 7 aprile 2015 (non notificata);

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9

luglio 2019 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Sgroi Carmelo, che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale, per l’accoglimento del secondo e terzo motivo

del ricorso incidentale ed il rigetto degli altri motivi dello

stesso ricorso incidentale;

uditi l’avvocato Bartolo Giuseppe Senatore, per la ricorrente

principale, l’avvocato Michele Strammiello, per la controricorrente

Beninvest s.r.l., e l’avvocato Michela Burchi, per delega,

nell’interesse del ricorrente incidentale B.E..

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1963/2002, il Tribunale di Firenze, in parziale accoglimento della domanda giudiziale proposta dalla Beninvest s.r.l., condannava C.F. al pagamento, in favore della suddetta attrice, della somma di Euro 3.873,43, oltre iva ed interessi legali dal 24 novembre 2000, a titolo di provvigione per la mediazione svolta da essa Società Beninvest per l’acquisizione della proposta irrevocabile di acquisto formulata da B.E. in relazione ad un immobile di proprietà della C. sito in (OMISSIS).

Con la stessa sentenza il Tribunale fiorentino rigettava, invece, la domanda, di analogo contenuto, avanzata nei confronti del B.E., ritenendo che l’attrice non avesse adempiuto agli obblighi nascenti dalla mediazione, di cui all’art. 1759 c.c., comma 1, per non averlo informato della circostanza che l’immobile oggetto della trattativa non era provvisto del certificato di abitabilità, nel mentre tale inadempimento non era ravvisabile nei confronti della C.. Con la medesima decisione il Tribunale adito respingeva, inoltre, le domande di risoluzione del contratto preliminare stipulato con B.F. e di risarcimento del danno formulate in via riconvenzionale dalla C.F. nei riguardi del medesimo nonchè quelle di manleva e di risarcimento del danno avanzate, in subordine, nei confronti della Edilgreen s.r.l., quale terza chiamata in causa.

1.1. Interposto appello da parte della C. avverso la citata sentenza di primo grado, la Corte di appello di Firenze, con sentenza n. 421/2004, accoglieva il primo motivo di gravame (con il quale era stato dedotto che la stessa non doveva nulla a titolo di provvigione in favore della Beninvest s.r.l.) e, in riforma dell’impugnata pronuncia, rigettava la domanda della società esercente l’attività mediatrice, confermandola nel resto.

1.2. La Beninvest s.r.l. proponeva ricorso per cassazione contro la sentenza di secondo grado e questa Corte, con sentenza n. 8374 del 2009, accoglieva il primo motivo con esso formulato, cassava la sentenza impugnata in relazione al capo con cui era stata rigettata la sua domanda di condanna nei confronti della C. e del B. al pagamento della pattuita provvigione.

Nel ritenere fondata la predetta censura veniva statuito il principio secondo il quale, nel contratto di mediazione atipica (configurabile nelle ipotesi in cui il mediatore, evitando l’alea intrinseca alla mediazione, si garantisce la provvigione con l’acquisizione di una proposta di acquisto conforme alle condizioni previste e predefinite nell’incarico di vendita, senza necessità di conclusione dell’affare), la prestazione caratterizzante del mediatore è pur sempre quella di mettere in relazione due o più parti in vista della conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza, sicchè non viene meno l’obbligo del mediatore di compiere l’attività demandatagli in modo esauriente e funzionale all’interesse della parte alla conclusione dell’affare, e quindi con diligenza adeguata alla sua professionalità, ragionevolmente esigibile, in rapporto alla sua organizzazione concreta, in modo che la controparte non sia legittimata a rifiutarsi di concluderlo per non essere stata informata su circostanze (nella specie, riguardanti il rilascio del certificato di abitabilità) influenti sulla sua conclusione o esecuzione, conosciute o agevolmente conoscibili, poichè in tal caso può essere giustificato il rifiuto di corrispondere il compenso, anche se la parte che ha conferito l’incarico abbia ricevuto un’accettazione delle sue condizioni prestabilite di conclusione dell’affare.

Con la stessa sentenza di questa Corte n. 8374/2009, si precisava altresì che, in tema di mediazione, il mediatore deve comportarsi in modo da non ingenerare equivoci sulla veridicità delle notizie rilevanti per la conclusione dell’affare, non potendo limitarsi a riferirle senza averne controllato la rispondenza a realtà, dal momento che, anche per effetto della L. 2 marzo 1989, n. 39, chi si rivolge al mediatore per concludere un affare fa legittimo affidamento sul suo dovere di imparzialità, ogniqualvolta egli non sia agente di una sola parte, essendo tenuto a riequilibrare l’asimmetria informativa dell’una parte rispetto all’altra sulla sicurezza e convenienza dell’affare.

Nell’enunciare il suddetto principio – relativo caso sottoposto al suo vaglio (ora nuovamente portato all’attenzione di questa Corte) in cui la parte venditrice aveva dichiarato, contrariamente al vero, che l’immobile era provvisto del certificato di abitabilità – la Corte di legittimità puntualizzava che siffatto certificato, attestando la rispondenza dell’immobile ai requisiti igienici, sanitari e urbanistici e la conformità al progetto approvato ovvero alla concessione in sanatoria, costituisce requisito giuridico essenziale per il legittimo godimento e la commerciabilità del bene, onde la sua mancanza, pur non impedendo in sè la conclusione del contratto di vendita, può indurre una parte a non ritenere suo interesse obbligarsi alla stipula dell’atto, quanto meno alle condizioni predisposte, anche in considerazione del rischio che l’abitabilità non sia ottenuta.

1.3. Per effetto dell’intervenuta cassazione della suddetta sentenza di appello, la Beninvest s.r.l. provvedeva a riassumere il giudizio dinanzi ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze al fine di ottenere la condanna della C. e del B. a corrispondere, in suo favore, la provvigione rispettivamente concordata nella misura di Euro 3.873,43, oltre iva, interessi e rifusione delle complessive spese legali.

Resistevano alla domanda in riassunzione sia il B. che la C. che ne invocavano il rigetto e si costituiva anche la DEA s.r.l. (già Edilgreen s.r.l.) che chiedeva l’estinzione del procedimento promosso nei suoi confronti.

Il giudizio veniva dichiarato interrotto per il sopravvenuto fallimento della menzionata DEA s.r.l. e, a seguito della ulteriore riassunzione ad opera della Beninvest s.r.l., il giudizio veniva definito dal giudice di rinvio con la sentenza n. 622/2015, mediante la quale – in parziale riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Firenze n. 1963/2002 – veniva condannato (oltre alla C., che lo era già stato con quest’ultima sentenza) anche il B.E. al pagamento in favore della società mediatrice dell’importo di Euro 3.873,43, (oltre iva ed interessi) a titolo di provvigione, mentre venivano dichiarate inammissibili le domande formulate dalla C. nei riguardi del B., provvedendosi, infine, a regolare tra le parti le complessive spese giudiziali.

A fondamento della decisione adottata dalla Corte toscana in sede di rinvio, si rilevava che era rimasta esclusa la sussistenza di prove (il cui onere incombeva sul convenuto in riassunzione) in ordine alla consapevolezza da parte della Beninvest s.r.l. della circostanza relativa al mancato rilascio del certificato di agibilità/abitabilità dell’immobile oggetto della trattativa ed alla mancata comunicazione di tale fatto al B., osservandosi come gli obblighi di correttezza nell’adempimento della prestazione professionale (previsti dall’art. 1759 c.c., comma 1) non comprendevano, in difetto di uno specifico incarico, lo svolgimento di particolari indagini di natura tecnico-giuridica e che, nel caso di specie, la conformità alla normativa urbanistica era stata garantita dalla C., la quale si era anche impegnata a fornire la documentazione di rito necessaria per l’espletamento dell’incarico, impegno tuttavia non adempiuto.

Pertanto, non ravvisandosi alcun inadempimento da parte della Beninvest s.r.l., alla stessa avrebbe dovuto essere corrisposto l’importo dovuto a titolo di provvigione ad opera di entrambe le parti tra le quali si era svolta la trattativa (con la formulazione di una proposta irrevocabile di acquisto conforme alla condizioni pattuite, da parte del B., e con l’accettazione della stessa ad opera della C.) e, quindi, specificamente anche da parte del B., essendo stata la C. già condannata a tanto con la decisione di primo grado.

1.4. Avverso la suddetta sentenza adottata all’esito del giudizio di rinvio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, C.F., resistito con distinti controricorsi da entrambe le parti intimate e dal B. anche con ricorso incidentale riferito a quattro motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

RICORSO PRINCIPALE.

2. Con il primo dei nove motivi proposti la ricorrente principale ha denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la nullità della sentenza e/o del procedimento di secondo grado nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 85,141,291 e 330 c.p.c. oltre alla violazione dell’art. 307 c.p.c., commi 3 e 4, sull’asserito presupposto che – a seguito dell’interruzione nel giudizio di rinvio per effetto del dichiarato fallimento della DEA s.r.l. e della sopravvenuta revoca del mandato ad uno dei suoi due difensori (avv. Elisa Barone), con elezione di nuovo domicilio – il processo era stato illegittimamente riassunto dalla Beninvest s.r.l. con atto notificato presso il vecchio domicilio ed indirizzato ad entrambi i difensori precedentemente costituiti.

2.1. Con la seconda censura detta ricorrente ha dedotto – in virtù dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, o, in subordine, per violazione e/o falsa applicazione dello stesso articolo, ritenendo che la Corte di rinvio non si era uniformata al principio di diritto contenuto nella sentenza di cassazione, asserendo che con essa non era stato concretamente accertato se la società mediatrice, nell’esecuzione dei propri obblighi di informativa con l’intermediato, avesse o meno mai informato il B. che essa C. aveva precedentemente dichiarato alla Beninvest s.r.l. che l’immobile era già provvisto di abitabilità.

2.2. Con la terza doglianza la difesa della C. ha prospettato – avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 1759 c.c., comma 1, in correlazione con gli artt. 1175,1176 c.c. e con la disciplina dettata dalla L. n. 39 del 1989 (con riferimento agli artt. 2 e 6), in ordine alle circostanze note al mediatore, non avendo la Beninvest s.r.l. informato le parti anche delle circostanze di cui aveva avuto notizia o che sarebbero state agevolmente conoscibili, rilevandosi che nella specie trattavasi del certificato di abitabilità dell’immobile oggetto di compravendita.

2.3. Con il quarto mezzo la ricorrente principale ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 1759 c.c., comma 1, in coordinamento con gli artt. 1175,1176 c.c. e con la disciplina dettata dalla L. n. 39 del 1989 (artt. 2 e 6), avuto riguardo al mancato accertamento – da parte del giudice di rinvio – delle circostanze agevolmente conoscibili dalla società mediatrice, con violazione dell’art. 384 c.p.c., congiuntamente al vizio di omesso esame circa l’appena richiamato fatto decisivo che era stato oggetto di discussione tra le parti, congiuntamente alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c..

2.4. Con il quinto motivo la stessa ricorrente principale ha denunciato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1759 c.c., comma 1, in correlazione con l’art. 2733 c.c., unitamente alla nullità della sentenza o del procedimento, per non aver il giudice di rinvio – ai fini dell’accertamento della responsabilità della mediatrice per ciò che atteneva alle circostanze meramente conoscibili – tenuto conto delle dichiarazioni, sostanzialmente confessorie, rese dal procuratore della Beninvest s.r.l. nei suoi scritti difensivi in altro giudizio avente ad oggetto analogo immobile e per aver lo stesso giudice invertito, nell’impugnata sentenza, il nesso di regola ad eccezione intercedente tra il prudente apprezzamento e la prova legale.

2.5. Con la sesta censura la difesa della C. ha dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1754 c.c., art. 1759 c.c., comma 1, art. 1176 c.c., comma 2 e art. 2697 c.c., non avendo la Corte di rinvio tenuto conto della responsabilità (presunta) da contatto sociale della società mediatrice, accollando illegittimamente sulla parte convenuta (asseritamente inadempiente all’obbligo di corrispondere la provvigione) in riassunzione l’onere della prova in ordine alla consapevolezza della stessa mediatrice della circostanza relativa al mancato rilascio del certificato di agibilità/abitabilità dell’immobile in questione ed in ordine all’omessa comunicazione di detta circostanza al B..

2.6. Con la settima doglianza la ricorrente principale ha prospettato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1759 c.c., comma 1, in correlazione con l’art. 1176 c.c., comma 1 e art. 2697 c.c. e con l’art. 233 c.p.c., oltre che la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, o, in subordine, la nullità della sentenza o del procedimento, avuto riguardo alla considerazione della rilevanza probatoria della missiva inviata dalla Beninvest s.r.l. ad essa C. in data 5 luglio 2000, la cui dichiarazione (dalla stessa trasparente) avrebbe potuto rilevare, al più, ai fini della “non contestazione in ordine alla assicurazione alla Beninvest della regolarità urbanistica dell’immobile”, ma non avrebbe potuto essere validamente assunta dal giudice di rinvio quale conferma della mancata conoscenza – da parte della mediatrice – di problematiche inerenti il mancato rilascio del certificato di agibilità in data antecedente alla proposta del B..

2.7. Con l’ottavo mezzo la difesa della C. ha dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. o, in subordine, la nullità della sentenza o del procedimento per lesione del principio del giusto processo ex art. 111 Cost. posto in correlazione con il citato art. 345 c.p.c., avuto riguardo alla non rilevata inammissibilità della missiva inviata dalla Beninvest s.r.l. ad essa C. in data 5 luglio 2000, siccome prodotta per la prima volta nel giudizio di appello in sede di rinvio dalla società mediatrice e, quindi, in violazione del richiamato art. 345 c.p.c..

2.8. Con il nono ed ultimo motivo la ricorrente principale ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullità della sentenza o del procedimento per asserita lesione del contraddittorio e del correlato diritto di difesa sanciti dall’art. 101 c.p.c., comma 2, e art. 3 Cost., art. 111 Cost., comma 2 e art. 24 Cost., comma 2, con specifico riguardo al capo dell’impugnata sentenza in cui era stata rilevata la mancata conoscenza della Beninvest s.r.l. di problematiche inerenti il mancato rilascio del certificato di agibilità in data precedente alla sottoscrizione della proposta irrevocabile da parte del B. sul presupposto della missiva inviata dalla stessa mediatrice alla C. in data 5 luglio 2000 ed a quella successiva inviata dalla C. al B..

RICORSO INCIDENTALE.

3. Con il suo primo motivo il ricorrente incidentale B.E. ha dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697,1218 e 1460 c.c., avuto riguardo all’esclusione dell’inadempimento in capo alla società mediatrice Beninvest s.r.l. e alla violazione del riparto dell’onere probatorio in caso di proposizione dell’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c..

3.1. Con la seconda censura la difesa del B. ha denunciato – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1759 c.c. in relazione agli artt. 1175 e 1176 c.c., oltre che alla L. n. 39 del 1989, nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, unitamente alla prospettazione di un “error in procedendo” in ordine alla violazione di quest’ultimo articolo, prospettando l’illegittimità dell’impugnata sentenza nella parte in cui aveva accollato ad esso B. l’onere della prova dell’inadempimento della società mediatrice e che, inoltre, detto inadempimento potesse consistere solo nell’aver taciuto circostanze note. 3.2. Con la terza doglianza il ricorrente incidentale ha prospettato le stesse violazioni di legge di cui al secondo motivo inerenti l’art. 384 c.p.c., comma 2, congiuntamente al vizio di omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio pure risultante dalla seconda censura – che era stato oggetto di discussione fra le parti.

3.3. Con il quarto ed ultimo motivo il B. ha denunciato la medesima violazione di cui all’ottavo motivo proposto dalla ricorrente principale avuto riguardo alla non rilevata inammissibilità della missiva inviata dalla Beninvest s.r.l. ad essa C. in data 5 luglio 2000, siccome prodotta per la prima volta nel giudizio di appello in sede di rinvio dalla società mediatrice e, quindi, in violazione dell’art. 345 c.p.c..

ESAME DEI MOTIVI.

4. Rileva il collegio che il primo motivo di ordine processuale – avente carattere pregiudiziale – sollevato dalla ricorrente principale è destituito di fondamento e va respinto.

E’ stato dedotto (e risulta pacifico in causa) che, nel corso dell’interruzione verificatasi durante il giudizio di rinvio, la C. aveva provveduto a revocare il mandato ad uno dei due precedenti difensori costituiti nel suo interesse (avv. Barone) ed aveva eletto nuovo domicilio per le notificazioni e le comunicazioni presso lo studio dell’avv. Annalisa Gordigiani, ma, malgrado tali eventi sopravvenuti, la riassumente Beninvest s.r.l. aveva notificato l’atto di riassunzione presso il precedente domicilio, indirizzando l’atto processuale ai due precedenti difensori congiuntamente costituiti per conto della stessa C.. Orbene, a parte il fatto che non risulta essere stato accertato che l’intervenuta revoca del predetto difensore fosse stata ritualmente portata a conoscenza della riassumente società unitamente alla circostanza dell’elezione del nuovo domicilio, è indiscutibile che la notifica dell’atto di riassunzione – ancorchè eseguita nel precedente domicilio relativo ad uno dei due difensori a cui non era stato revocato il mandato – aveva comunque, in senso risolutivo, conseguito il suo scopo con la costituzione della C. in sede di prosecuzione del giudizio come riassunto, che ha esplicato il pieno esercizio del suo diritto di difesa (cfr. Cass. n. 23848/2008), anche mediante la rituale precisazione delle conclusioni all’esito del processo celebrato dinanzi al giudice di rinvio.

5. Osserva, a questo punto, il collegio che – sul piano dell’ordine logico-giuridico – devono essere esaminati, innanzitutto, l’ottavo motivo del ricorso principale ed il quarto, in quanto speculare all’altro, del ricorso incidentale.

Essi afferiscono, infatti, all’asserita inammissibilità – ai sensi dell’art. 345 c.p.c. – della produzione della lettera inviata dalla società mediatrice alla C. il 5 luglio 2000, la cui valutazione è risultata decisiva – considerata unitamente agli altri elementi di fatto già accertati – per la definizione nel merito del giudizio di rinvio e per la conformazione ai principi di diritto enunciati nella sentenza della Corte di Cassazione con riferimento ai presupposti per ravvisare l’inadempimento o meno in capo alla stessa società mediatrice ai fini del riconoscimento o meno del suo diritto a ricevere la provvigione da entrambe le parti.

Il collegio ritiene che detti motivi – i quali avrebbero dovuto involgere semmai la denuncia della violazione dell’art. 394 c.p.c. e non dell’art. 345 c.p.c. – siano infondati perchè la produzione del citato documento nel giudizio di rinvio è stato considerato ammissibile dalla Corte toscana in tale fase sul presupposto che l’accertamento fattuale ad esso riconducibile è risultato propedeutico a consentire allo stesso giudice di rinvio di uniformarsi ai principi di diritto stabiliti nella sentenza di annullamento di questa Corte n. 8374 del 2009.

A tal proposito deve, infatti, essere rimarcato che nel giudizio di rinvio, configurato dall’art. 394 c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente “chiusa”, pur essendo – di regola – preclusa l’acquisizione di nuove prove, e segnatamente la produzione di nuovi documenti, quest’ultima possibilità è da considerarsi ammissibile qualora sia riconducibile ad esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione (cfr., ad es., Cass. n. 19424/215 e, da ultimo, Cass. n. 26108/2018).

Ed è proprio ciò che è venuto a verificarsi nella causa in esame, avendo la Corte di rinvio – sul presupposto che nessuna delle parti aveva precedentemente chiarito quale documentazione fosse stata fornita alla Beninvest s.r.l. dalla C. (ai fine di poter eventualmente evincere l’assenza del certificato di abitabilità dell’immobile oggetto di trattativa) – ritenuto necessario esaminare il contenuto della prodotta missiva del 5 luglio 2000 inviata dalla società riassumente proprio alla C. e dalla quale, al fine di applicare il principio di diritto enunciato nella richiamata sentenza della Cassazione n. 8374/2009, sarebbe stato possibile desumere la mancata conoscenza, da parte della stessa società Beninvest, di circostanze inerenti il rilascio del suddetto certificato di abitabilità.

6. Tutto ciò premesso, si può ora passare alla disamina degli altri motivi nell’ordine in cui sono stati proposti.

Ritiene il collegio che il secondo, terzo e quarto motivo del ricorso principale possono essere analizzati congiuntamente siccome tra loro connessi.

Con essi, la difesa della C. ha inteso contestare l’impugnata la sentenza di rinvio sotto vari plurimi profili tra loro convergenti sul presupposto che la Corte di rinvio non si sia conformata al principio di diritto enunciato nella sentenza di cassazione n. 8374/2009 nell’accertare la sussistenza dell’inadempimento della società mediatrice nel rappresentare alle parti la circostanza – ritenuta conoscibile – circa la possibile incommerciabilità dell’immobile per non essere provvisto del certificato di abitabilità.

Le censure sono prive di fondamento dal momento che – diversamente da quanto denunciato – il giudice di rinvio si è legittimamente uniformato ai principi di cui alla citata sentenza di cassazione proprio perchè, valorizzando anche le emergenze dei nuovi documenti prodotti, ha accertato l’insussistenza delle condizioni per ravvisare l’inadempimento della società assicuratrice circa l’imputabilità in capo alla stessa dell’obbligo informativo completo in ordine all’intervenuto rilascio o meno del certificato di abitabilità dell’immobile oggetto della trattativa di compravendita, con ciò ritenendo non essersi configurata la violazione nè dell’art. 1759 c.c., comma 1, nè dell’art. 384 c.p.c., comma 2, oltre che di quelle processuali relative all’apprezzamento probatorio delle risultanze istruttorie e al riparto dell’onere probatorio.

Pertanto, alla stregua di questi ulteriori accertamenti fattuali e dell’applicazione dei conferenti principi giuridici discendenti dalla sentenza di cassazione con rinvio, è stato considerato legittimamente sussistente il diritto della mediatrice a ricevere la provvigione da parte della C. e del B., tra i quali si era perfezionato l’accordo con l’accettazione della proposta irrevocabile di acquisto alle condizioni con la stessa pattuite e pienamente conosciute ed anche conoscibili con riferimento alla condizione di abitabilità dell’immobile per effetto delle dichiarazioni compiute dalla stessa C. ed alla stregua del contenuto della corrispondenza intercorsa fra le parti medesime.

7. Il quinto ed il settimo mezzo prospettati dalla ricorrente principale possono essere esaminati unitariamente perchè riguardano la medesima questione.

Essi sono inammissibili poichè attengono ad un profilo nuovo non risultando dedotto in causa (non avendo la difesa della C. chiarito quando e in quale atto processuale aveva introdotto tale fatto nella materia del contendere) nè emergendo alcun riferimento allo stesso dal contenuto dell’impugnata sentenza.

In ogni caso, esso non può considerarsi pertinente direttamente all’oggetto della causa (siccome riguardante altra trattativa concernente “analogo appartamento”) in ordine alla possibile apprezzabilità come confessione giudiziale delle dichiarazioni rese dal difensore di una delle parti.

8. Il sesto motivo del ricorso principale si palesa infondato perchè diversamente da quanto denunciato – la società mediatrice ha assolto l’onere probatorio sulla stessa incombente diretto a dimostrare l’esclusione del suo inadempimento (come compiutamente accertato ed adeguatamente e logicamente motivato con la sentenza emessa all’esito del giudizio di rinvio qui impugnata) e, quindi, ha superato la presunzione della sussistenza della sua responsabilità.

Infatti, la Corte toscana ha dato conto – in virtù dei complessivi riscontri probatori acquisiti in conseguenza della completa istruttoria svoltasi – che la Beninvest s.r.l. ha provato la decisiva circostanza relativa alla sua mancata conoscenza di problematiche inerenti il rilascio o meno del certificato di abitabilità in data precedente alla sottoscrizione della proposta irrevocabile di acquisto da parte del B., poichè la conformità alla normativa urbanistica era stata garantita dalla C. e che, solo successivamente alla predetta data, la società mediatrice, per effetto della sollecitazione proveniente dal promissario acquirente sulla possibile carenza di tale documento riguardante l’agibilità dell’immobile, aveva informato la stessa C. del problema, la quale, a sua volta, aveva inviato altra missiva al B. per rassicurarlo sul fatto che tale aspetto non impediva comunque la conclusione del contratto, invitando il medesimo al versamento di quanto dovuto in conseguenza dell’obbligo derivante dall’accettazione della proposta irrevocabili di acquisto. Alla luce di tali univoci accertamenti fattuali il giudice di rinvio ha, quindi, correttamente e sufficientemente motivato – perciò insindacabilmente nella presente sede di legittimità – sul fatto che la Beninvest s.r.l. aveva assolto al proprio onere probatorio circa l’esclusione di ogni sua responsabilità in ordine alla sopravvenuta emergenza della possibile incidenza dell’assenza del certificato di abitabilità sulla conclusione del contratto tra la C. ed il B..

9. Il nono motivo del ricorso principale è inscindibilmente collegato all’ottavo (già inizialmente esaminato e giudicato infondato), ragion per cui, una volta ritenuta l’ammissibilità della produzione in sede di rinvio dei nuovi documenti per quanto prima chiarito, la Corte fiorentina ne ha tratto le corrette conclusioni sulla loro rilevanza probatoria senza incorrere in alcuna lesione del diritto di difesa delle parti in causa.

10. Si può ora procedere oltre nella disamina dei primi tre motivi del ricorso incidentale proposto dal B., ricordando come sia già stato valutato come infondato il quarto, analizzato contestualmente all’ottavo del ricorso principale.

Tali motivi possono essere esaminati congiuntamente perchè afferiscono, per più aspetti, alla stessa questione sulla ravvisata esclusione della responsabilità della Beninvest s.r.l. nei confronti del B. con riguardo alla svoltasi vicenda sostanziale, tale da legittimare l’affermazione dell’obbligo dello stesso ricorrente incidentale a pagare la provvigione spettante alla predetta società mediatrice.

Fermi i principi di diritto stabiliti con la sentenza di annullamento di questa Corte n. 8374/2009 (riportati nel paragr. 1.2. dello svolgimento dei fatti di causa), con questa – avuto riguardo alla struttura di mediazione atipica che veniva in rilievo nel caso di specie – era stato demandato al giudice di rinvio, ai fini dell’applicazione dei medesimi principi giuridici fissati, di accertare se la divergenza tra i contratti rispettivamente sottoscritti dalla C. in data 5 giugno 2000 e dal B. il successivo 13 giugno 2000, fosse dipesa dal fatto che la Beninvest s.r.l. avesse o meno assicurato al B. l’esistenza del certificato di abitabilità e, quindi, se si fosse trovata nella condizione di evitare di fornire al medesimo una fuorviante rappresentazione della realtà in funzione della stipula del relativo contratto preliminare.

Tale accertamento avrebbe, tuttavia, dovuto tener conto che la C., nella scrittura dalla medesima firmata del 5 giugno 2000, aveva dichiarato (diversamente dal vero) che l’immobile era provvisto del certificato di abitabilità, mentre nella proposta di acquisto sottoscritta dal B. non risultava alcun riferimento all’esistenza del suddetto certificato.

Sulla scorta di questa cornice e dell’acquisito quadro probatorio (anche per effetto delle ulteriori acquisizione documentali sopravvenute e – come già evidenziato – legittimamente ammesse), il giudice di rinvio, per quanto già posto in risalto, ha idoneamente e logicamente spiegato come la società mediatrice avesse conosciuto del possibile impedimento a concludere il contratto preliminare (derivante dal non avvenuto rilascio del certificato di abitabilità) solo successivamente alla formazione delle due anzidette scritture provenienti dalle parti del 5 e 13 giugno 2000, e che non ne fosse stata a conoscenza in precedenza, confidando nell’assicurazione dell’inesistenza di ogni pregiudizio incombente sull’immobile proveniente dalla stessa proprietaria C. sostanziata nella dichiarazione da ella sottoscritta il 6 giugno 2000 che, perciò, di fatto non aveva determinato la necessità in capo alla Beninvest s.r.l. di accertarsi dell’esistenza del certificato di abitabilità, circostanza, oltretutto, che di per sè non ostacolava la possibile valida conclusione (sul piano giuridico) del contratto preliminare di vendita (non potendo ritenersi esserne illecito l’oggetto: cfr. Cass. n. 3687/1995).

La Corte di rinvio ha, quindi, adeguatamente accertato – sulla base della corrispondenza intercorsa anche tra le parti (e, in particolare, di quella proveniente dalla C. e destinata al B. per garantirlo sul fatto che l’assenza del certificato di abitabilità non rappresentava un impedimento alla vendita, così confermando di aver preventivamente omesso di riferire alla Beninvest s.r.l. tale circostanza) – l’insussistenza di prove atte a riscontrare la consapevolezza, da parte della società mediatrice (che aveva messo in contatto le parti stesse, così favorendo la possibile definizione della trattativa), del mancato rilascio del suddetto certificato, risultando, piuttosto, giustificato il rifiuto del B. a stipulare il contratto sulla base del venir meno della fiducia riposta nella promissaria venditrice che, colpevolmente, aveva dichiarato una circostanza non rispondente al vero (ovvero, per l’appunto, quella relativa all’esistenza del certificato di abitabilità) al momento del conferimento dell’incarico alla società mediatrice.

Pertanto, la Corte toscana, quale giudice di rinvio, nel procedere ai suddetti accertamenti complessivi conseguenti alla sentenza di annullamento di questa Corte, si è conformato al perimetro della rivalutazione degli ulteriori riscontri fattuali da eseguire e, per l’effetto, si è uniformata ai principi di diritto stabiliti con la stessa sentenza n. 8374/2009, ragion per cui non si è venuta a configurare alcuna violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, nè delle denunciate norme sostanziali sulla possibile configurabilità della responsabilità per inadempimento della società mediatrice nè del suo dedotto mancato assolvimento dell’inerente onere probatorio nè si è concretizzato alcun omesso esame di circostanze decisive.

Quindi, proprio in conseguenza dei suddetti accertamenti, il giudice di rinvio ha legittimamente ritenuto che, in difetto di un incarico specifico e per effetto dell’assicurazione espressa data dalla parte conferente sulla conformità alla normativa urbanistica dell’immobile oggetto del mandato professionale (la quale, nel caso di specie, si era obbligata a fornire la documentazione necessaria per lo svolgimento dell’incarico stesso), non poteva ravvisarsi la responsabilità della mediatrice con riferimento all’art. 1759 c.c., comma 1, (cfr., sul punto, Cass. n. 6962/2012).

In definitiva, essendo rimasto escluso un inadempimento specifico da ricondurre al contratto di mediazione ed avendo la società mediatrice posto in essere la messa in contatto tra le parti in conseguenza della quale il B. aveva sottoscritto la proposta di acquisto accettata dalla C., ne deriva che alla Beninvest s.r.l. era dovuta la provvigione ad opera di entrambe le parti (e, quindi, anche del B.), avendo essa realizzato – ai sensi dell’art. 1754 c.c. l’attività di “messa in relazione” delle parti stesse stabilita per favorire la definizione della trattativa e la conclusione del contratto (a prescindere dal buon esito di quest’ultimo), come legittimamente ritenuto dalla Corte toscana in sede di rinvio.

11. Alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, entrambi i ricorsi vanno respinti, con la conseguente condanna dei ricorrenti, con vincolo solidale, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della Beninvest s.r.l., che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Va, infine, dato atto anche atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, con obbligo a carico di ognuna delle parti ricorrenti, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta entrambi i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre iva, cap e contributo forfettario nella misura del 15% sulle voci come per legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di ciascuno dei ricorrenti, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda civile, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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