Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28146 del 05/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 05/11/2018, (ud. 28/06/2018, dep. 05/11/2018), n.28146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4597/2017 proposto da:

B.G., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato VITO GIULITTO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

VISEMAR DI NAVIGAZIONE S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato DONATO MUTI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2621/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 27/10/2016 R.G.N. 898/2016.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza del 27 ottobre 2016 la Corte d’Appello di Bari ha confermato la pronuncia di primo grado, emessa all’esito del procedimento regolato dalla L. n. 92 del 2012, che aveva respinto l’impugnativa del licenziamento intimato a B.G. dalla Visemar di Navigazione Srl;

2. parte soccombente ha inoltrato in data 27 gennaio 2017 ricorso per la cassazione della sentenza impugnata sulla base di 3 motivi;

3. la società ha resistito con controricorso, con il quale ha pregiudizialmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione perchè proposto decorsi sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza impugnata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il ricorso risulta inammissibile;

1.1. esso innanzi tutto è stato proposto in data 27 gennaio 2017, decorso il termine previsto dalla L. 28 giugno 2012, n. 92, art. 1, comma 62, secondo cui il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello a definizione del reclamo “deve essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa o dalla notificazione se anteriore”; il successivo comma 64 aggiunge che “in mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica l’art. 327 c.p.c.”;

il disposto si pone come norma speciale rispetto alla disciplina generale del cosiddetto termine breve di impugnazione, dettata dagli artt. 325 e 326 c.p.c., poichè fa decorrere il termine perentorio dalla comunicazione della sentenza o dalla notificazione, ma solo se anteriore alla prima, e consente l’applicazione del termine stabilito dall’art. 327 c.p.c., unicamente nel caso in cui risultino omesse sia la notificazione che la comunicazione della decisione.

a sostegno dell’eccezione sollevata la parte controricorrente ha depositato attestazione della cancelleria, relativa alla pubblicazione della sentenza della Corte di Appello di Bari qui gravata, secondo cui dai dati desunti dal registro di cancelleria risulta che la comunicazione della sentenza è stata effettuata il 27 ottobre 2016;

inoltre questa Corte (v. Cass. n. 23526 del 2014, avallata da Cass. SS.UU. n. 25208 del 2015) ha chiarito che la modifica dell’art. 133 c.p.c. attiene al regime generale della comunicazione dei provvedimenti da parte della cancelleria, sicchè non può investire, neppure indirettamente, le previsioni speciali che appunto in via derogatoria, comportino la decorrenza di termini – anche perentori – dalla semplice comunicazione del provvedimento, e tale è certamente il caso previsto dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 62;

1.2. in secondo luogo il ricorso risulta privo di idonea procura speciale ex art. 365 c.p.c., in quanto il mandato contenuto in foglio separato spillato di seguito all’atto, non solo non contiene alcun riferimento alla sentenza impugnata nè reca alcuna data ma dalla sua lettera si riferisce ad una procura conferita per “tutte le fasi e gradi del presente giudizio” con un tenore incompatibile con l’esigenza di dimostrare la specialità della procura medesima;

questa Corte, infatti, ha più volte ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 c.p.c., comma 2, contenga espressioni incompatibili con la proposizione dell’impugnazione e con la specialità richiesta ed anzi dirette ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali (Cass. n. 18257 del 2017; Cass. n. 6070 2005);

2. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo; occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 3.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese forfettario al 15% e accessori secondo legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 28 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2018

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