Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28145 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 28145 Anno 2017
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DORONZO ADRIANA

4.

ORDINANZA
sul ricorso 8479-2014 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E
DELLA RICERCA 80185250588, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in RONLX, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope

– ricorrente contro •
CERASARI STEFANIA, elettivamente domiciliata in RONIA, VIA
NAZARIO SAURO 16, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA
REHO, che 1A rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MASSIMO PISTILLI;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 24/11/2017

avverso la sentenza n. 7574/2013 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 12/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’08/11/2017 dal Presidente Relatore Dott. ADRLM\TA
DORONZO.

la Corte di _Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado
che aveva respinto il ricorso, ha accolto la domanda di Stefania
Cerasari, assunta alle dipendenze del Ministero della Istruzione, della
Università “e della Ricerca con reiterati contratti di lavoro a tempo
determinato, e ha dichiarato il diritto dell’appellante alla progressione
professionale retributiva riconosciuta ai lavoratori assunti a tempo
indeterminato, condannando di conseguenza il Ministero al pagamento
delle differenze retributive, maggiorate degli interessi legali;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il MIUR,
affidandolo ad un unico motivo cui resiste con controricorso la
lavoratrice; •
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 – bis cod.
proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di
fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

Considerato che:
con l’unico motivo di ricorso il Ministero denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 53 della L. 11 luglio 1980, n. 312; degli artt. 142
CCNL 24 luglio 2003 e 146 CCNL Comparto scuola del 29 novembre
2007; dell’art. 3 del d.P.R. 23 agosto 1988, n. 399; dell’art. 9, comma
18, del D.L. n. 70 del 13 maggio 2011, come convertito con
modificazioni dall’art. 1, comma 2, della L. 12 luglio 2011, n. 106;
dell’art. 4 della L. 3 maggio 1999 n. 124; della direttiva 99/70/CE,
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Rilevato che:

dell’art. 9, comma 23, L. 122 del 2010 ( in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 3, cod. proc. civ.);
deduce in sintesi che i rapporti di lavoro a tempo determinato del
settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale di
settore, sicché agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal

correlato all’abuso del contratto a termine, nella specie da escludersi in
quanto il ricorso alla stipula di contratti a termine del personale
docente trova giustificazione in ragioni oggettive e non è
maliliosamente finalizzato a consentire al datore di lavoro un
risparmio di spesa; che il lavoratore assunto a tempo determinato nel
settore scolastico non è comparabile al docente di ruolo, perché ogni
singolo rapporto è distinto ed autonomo rispetto al precedente; che,
sull’applicabilità dell’art. 53 1. 312/1980, alla luce degli interventi
legislativi, la lettura dei richiamati articoli della contrattazione collettiva
doveva essere nel senso che l’art. 53 menzionato indicava la perdurante
vigenza della disciplina specificamente dettata per gli insegnanti di
religione, senza alcun riferimento al mantenimento del trattamento
giuridico ed economico di una categoria di personale non più esistente,
e cioè gli “incaricati” annuali con nomina del Provveditore;
preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso
sollevata dalla parte controricorrente in quanto l’esposizione sommaria
dei fatti di causa contenuta nel ricorso riassume i termini della vicenda
e il contenuto degli scritti difensivi delle parti, fornendo alla Corte tutti
gli elementi necessari per la decisione della questione controversa;
sempre con riguardo alle questioni poste con il controricorso, è
opportuno precisare che tanto dal contenuto della sentenza quanto dai
motivi di doglianza emerge che la domanda avanzata in primo grado

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d. lgs. n. 368 del 2001 e che il principio di non discriminazione è

aveva ad oggetto il diritto della parte alla progressione professionale
retribuiva e a percepire le relative differenze stipendiali;
la Corte territoriale non ha affrontato il tema della spettanza degli scatti
anzianità ex art. 53 della legge n.312 del 1980, perché, come si è su
evidenziato, la originaria parte ricorrente aveva domandato il

CCNL di comparto e connesse alla anzianità di servizio;
appaiono pertanto inconferenti le questioni prospettate in ricorso ed
inerenti alla inapplicabilità dell’art. 53 della L. n. 312 del 1980;
per la restante parte, il motivo è nella sua intera articolazione infondato
in quanto la sentenza impugnata è amfortlfe al principio di diritto
affermato da questa Corte (Cass. 7.11.2016 n. 22558, e 23.11.2016 n.
23868 alle cui motivazioni ci si riporta integralmente in quanto del
tutto condivise) secondo cui « nel settore scolastico, la clausola 4
dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla
direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di
riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto
scuola assunto con contratti a termine, ai fini dell’attribuzione della
medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo
indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicché vanno
disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo
dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione
degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale
previsto per i dipendenti a tempo indeterminato »;
a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi
affettnati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della
clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a
carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo
detetntinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli
Ric. 2014 n. 08479 sez. ML – ud. 08-11-2017
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riconoscimento del diritto alle progressioni stipendiali, previste dai

rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato
comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine
apposto al contratto;
il motivo di ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a
disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poiché le

qui richiamate ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., sono integralmente
condivise dal Collegio (v. da ultimo, Cass. ord., 20/7/2017, n. 17933);
pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore il ricorso va
rigettato;
la novità e la complessità della questione, diversamente risolta dalle
Corti territoriali e soltanto dopo il deposito del ricorso da questa
Corte, giustificano la compensazione delle spese del presente giudizio
di legittimità tra le parti;
non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni
dello Stato l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n.
228, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a
debito, sono esentateldal pagamento delle imposte e tasse che gravano
sul processo (cfr. Cass. 1778/2016);

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto
della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

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ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi

quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, il giorno 8 novembre 2017

Il Presidente estensore

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