Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28145 del 17/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28145 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA

sul ricorso 23186-2007 proposto da:
Societa’ RDR s.a.s. IMPRESA COSTRUZIONI di ROBERTO DE
RUGERIIS & C. 00274210681, in persona del liquidatore
MARIA CHIARA DE RUGERIIS, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA SABOTINO 45, presso lo studio dell’avvocato
MARZANO MARCO STEFANO,

rappresentato e difeso

dall’avvocato BRIOLINI MARIO;
– ricorrente contro

CARDELLI ANASTASIO, RUGGIERI CARMINE, IMEDIL S.R.L.;
– intimati –

Data pubblicazione: 17/12/2013

sul ricorso 27409-2007 proposto da:
CARDELLI ANASTASIO CRDNTS36H04G005D, RUGGIERI CARMINE
RGGCMN6OPO5G482R, “IMEDIL s.r.l.” gia’ “RUGGIERI MARIO
& CARMINE s.r.l.” 00948840681, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA LAURA MANTEGAZZA 24, presso

dall’avvocato DI PAOLO MASSIMO;
– c/ric. e ricorrenti incidentali contro

Societa’ RDR s.a.s. IMPRESA COSTRUZIONI di ROBERTO DE
RUGERIIS & C. 00274210681, in persona del liquidatore
MARIA CHIARA DE RUGERIIS, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA SABOTINO 45, presso lo studio dell’avvocato
MARZANO MARCO STEFANO, rappresentato e difeso
dall’avvocato BRIOLINI MARIO;
– controricorrenti al ric. incidentale –

avverso la sentenza n. 442/2007 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 14/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/11/2013 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato MARCO STEFANO MARZANO, con delega
dell’Avvocato MARIO BRIOLINI difensore della Societa’
RDR s.a.s., che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale e l’inammissibilità del ricorso
incidentale;

il Sig. MARCO GARDIN, rappresentati e difesi

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso principale e per

l’inammissibilità del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 8-7-2005 la Corte di Appello di L’Aquila,
in parziale accoglimento dell’appello proposto da Cardelli Anastasio,
Ruggieri Carmine e Imedil s.r.I., riduceva l’ammontare del

risarcimento liquidato in favore della R.D.R. s.a.s. Impresa di
Costruzioni di Roberto De Rugeriis e C. nella sentenza del Tribunale
di Pescara in data 26-6-2000, e al cui pagamento gli appellanti erano
stati condannati per essersi illecitamente appropriati del diritto di
sopraelevazione spettante alla R.D.R., inglobando la relativa
superficie in un fabbricato a cinque piani da essi realizzato.
Fardelli

AtItigtaRiO,

Ruggieri Carrnine e rimedii s.r.l.

chiedevano la revocazione delta predetta sentenza per errore di fatto,
ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c.
Con sentenza in data 6-7-2007 la Corte di Appello di L’Aquila
rigettava l’istanza di revocazione, compensando integralmente le
spese tra le parti.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la R.D.R.
s.a.s. Impresa di Costruzioni di Roberto De Rugeriis e C., sulla base
di un unico motivo.
Cardelli Anastasio, Ruggieri Carmine e l’Imedil s.r.l. hanno
resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale, affidato
a due motivi, e chiedendo la riunione del ricorso proposto avverso la

c,.

sentenza che ha deciso la revocazione con il ricorso per cassazione
proposto avverso la sentenza di appello dell’8-7-2005.
La R.D.R. ha resistito al ricorso incidentale con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

1)

Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso

principale e di quello incidentale, ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
Sempre in via preliminare si osserva che, poiché dalla
documentazione depositata dai ricorrenti in data 13-5-2013 risulta
che nelle more del presente giudizio, con sentenza del 29-7-2011, la
Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto dagli stessi
ricorrenti avverso la sentenza di appello dell’8-7-2005, è venuta
meno l’esigenza di provvedere sull’istanza dei controricorrenti di
riunione dei ricorsi avverso la due sentenze con le quali la Corte di
Appello di L’Aquila ha pronunciato sulla domanda di revocazione e
nel merito.
2) Con l’unico motivo la ricorrente principale si duole della
violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonché
dell’omessa, insufficiente e illogica motivazione, in ordine alla
pronuncia di compensazione delle spese, emessa in ragione della
sussistenza di giusti motivi” non meglio specificati.
Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito
di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile

rottone

MOTIVI DELLA DECISIONE

temporis al ricorso in esame: “Nel caso in cui il giudice di appello,
adito con impugnazione per revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. di
sentenza da esso stessa emessa, rigetti per totale infondatezza la
domanda proposta, motivandone la reiezione con la rilevata

presunti errori di fatto allegati dall’attore, rimasto pertanto
totalmente soccombente, e nell’inesistenza altresì di un qualsiasi
elemento desumibile dallo svolgimento dello specifico processo
originato dalla domanda di revocazione che giustifichi in altro modo
la compensazione delle spese di causa, viola gli artt. 91 e 92 c.p.c.,
nonché per quanto del caso e di ragione l’art. 111 c.p.c., la
compensazione integrale delle spese ugualmente disposta col ricorso
alla formula “sussistono giusti motivi”, senza alcuna specificazione
di quali gli stessi sarebbero”.
3) Con il primo motivo i ricorrenti incidentali lamentano la
violazione e falsa applicazione degli artt. 395 ss. c.p.c., nonché
l’omessa e insufficiente motivazione, in relazione all’affermazione
secondo cui non costituisce errore decisivo quello in cui è incorsa la
Corte di Appello nell’affermare che la quantificazione dei danni in
curo 307.135.200 era stata effettuata dal

C.T.U. invece che dal

consulente di parte avversaria. Sostengono che, contrariamente a
quanto ritenuto dal giudice della revocazione, tale errore era
decisivo, in quanto senza di esso la riduzione del 35% sarebbe stata

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inesistenza ed inconfigurabilità ai sensi della normativa invocata dei

operata dal giudice di appello non sulla somma di lire 307.135.200,
bensì su un importo sicuramente inferiore.
Il quesito posto è – se la sentenza pronunciata nel giudizio di
revocazione abbia violato gli artt. 395 e segg. c.p.c., allorché: a) ha

d’appello, secondo cui la quantificazione del supposto danno in lire
307.135.200 era stata effettuata dal C.T.U. -e non dal consulente di
parte avversario- nonché recepita dal Tribunale; b) non ha
considerato che, senza. l’indicato errore, la menzionata riduzione del
35% sarebbe stata certamente operata dalla sentenza d’appello non
sulla somma di lire 307.135.200, ma su una sicuramente diversa e di
gran lunga inferiore”.
Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali denunciano la
violazione e falsa applicazione degli artt. 395 ss. c.p.c., nonché
l’omessa e insufficiente motivazione, in ordine all’affermazione
secondo cui non è configurabile un errore di fatto in relazione al
secondo motivo dedotto con l’impugnazione per revocazione.
Deducono che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte
territoriale, il travisamento dedotto dagli odierni ricorrenti
incidentali non consisteva nel fatto che la sentenza di appello avesse
escluso l’esistenza di due finestre, bensì nell’aver ritenuto che di
entrambe le finestre fosse proprietaria la Edilsole s.n.c. Sostengono
che, come risulta dallo stesso ricorso per denuncia di nuova opera

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ritenuto che non fosse decisivo l’errore in cui è incorsa la sentenza

proposto dalla predetta società, questa era proprietaria della sola
finestra posta al primo piano dell’edificio adiacente; sicché, in
ipotesi, la servitù di veduta avrebbe potuto essere esclusa solo con
riferimento a detta finestra, e non a quella posta al secondo piano, di

a pag. 8 della sua seconda relazione, pertanto, la R.D.R., per poter
edificare sulla colonna d’aria oggetto del suo preteso diritto di
sopraelevazione, avrebbe dovuto rispettare le distanze da tale ultima
finestra
Il quesito formulato è “se la sentenza che si impugna abbia
violato gli artt. 395 e segg. c.p.c. allorché: a) ha ritenuto che la
finestra posta al primo piano e quella sita al secondo fossero
entrambe di proprietà della Edilsole s.n.c., mentre è pacifico -e
risulta pure dal ricorso per denuncia di nuova opera da essa
proposto- che era proprietaria solo della finestra al primo piano; b)
ha ritenuto che la sentenza di appello non fosse incorsa nell’errore
dinanzi menzionato, errore che, peraltro, è obiettivo, evidente e
decisivo, dal momento che l’esistenza anche solo di una finestra al
secondo piano avrebbe costretto la R.D.R. a rispettare la distanza di
dieci, o almeno di tre metri, così limitando il suo preteso diritto di
sopralzo e, conseguentmente, il risarcimento del danno derivante
dalla violazione di tale supposto diritto”.

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cui era proprietaria Cardelli Iris. Come era stato rilevato dal C.T.U.

I ricorrenti incidentali, inoltre, in relazione ad entrambi i
motivi, pongono il quesito – se la sentenza che si impugna abbia
violato gli artt. 395 e segg. c,p,c, nella misura in cui, senza
dichiarare l’esistenza o meno del vizio revocatorio, ha rigettato

incidentali avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila n.
639\205- per due distinte ragioni, di cui l’una era stata impugnata
per evocazione e l’altra era stata, invece, impugnata (od era
impugnabile) con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p e.”
4) Per ragioni di ordine logico e giuridico devono esaminarsi
in via prioritaria i due motivi di ricorso incidentale, il cui eventuale
accoglimento comporterebbe l’assorbimento di quello principale,
concernente esclusivamente il regolamento delle spese del giudizio
di revocazione.
Il primo motivo è infondato.
Deve premettersi, in via di principio, che l’errore di fatto che
può dare luogo alla revocazione di una sentenza consiste nell’erronea
percezione dei fatti di causa sostanziantesi nella supposizione
dell’esistenza di un fatto la cui verità risulta incontestabilmente
esclusa dagli atti, o nell’esistenza di un fatto la cui verità è
inconfutabilmente accertata, sempre che il fatto oggetto dell’asserito
errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la
pronuncia contestata abbia statuito. Il suddetto errore, inoltre, non

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l’impugnazione per evocazione -proposta dagli odierni ricorrenti

può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme
giuridiche; deve avere i caratteri dell’assoluta evidenza e della
semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza
impugnata e gli atti e documenti di causa, senza necessità di

essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione
asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione da lui
emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la
pronuncia sarebbe stata diversa (tra le tante v. Cass. S.U. 10-10-2000
n. 561; Cass. 28-6-2005 n. 13915; Cass. 21-4-2006 n. 9396).
L’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione, pertanto,
non soltanto deve essere la conseguenza di una falsa percezione delle
cose, ma deve avere anche carattere decisivo, nel senso di costituire
il motivo essenziale e determinante della pronuncia impugnata per
revocazione. Il giudizio sulla decisività dell’errore costituisce un
apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, non
sindacabile in sede di legittimità se sorretto da congrua motivazione,
non inficiata da vizi logici e da errori di diritto (Cass. 29-11-2006 n.
25376; Cass. 18-2-2009 n. 3935).
Nella specie, la Corte di Appello ha dato adeguato conto delle
ragioni per cui ha ritenuto che l’errore di fatto denunciato con il
primo motivo dell’impugnazione per revocazione non avesse
carattere di decisività. Essa ha spiegato, con argomentazioni congrue

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argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve

ed esaustive, che il rigetto delle censure mosse dagli appellanti in
ordine al

“quali/un?”

del risarcimento non era stato affatto

determinato dall’errore nell’individuazione del soggetto (C.T.U. o
C.T.P.) che ne aveva operato la stima, avendo al contrario il giudice

delle argomentazioni svolte dal Tribunale; argomentazioni che,
secondo la Corte territoriale, non erano state sottoposte ad un
sufficiente vaglio da parte degli appellanti, i quali si erano limitati
alla prospettazione di un diverso criterio di calcolo, senza indicare le
ragioni che lo rendessero preferibile. Secondo il giudice della
revocazione, in definitiva, l’indicazione, da parte della Corte di
Appello, del C.T.U. (e non del C.T.P.) come autore della relazione
utilizzata dal Tribunale, costituiva un mero errore formale, del tutto
irrilevante nell’ambito del processo decisionale seguito dal giudice
del gravame.
La statuizione impugnata, pertanto, si sottrae alle censure
mosse dai ricorrenti incidentali, avendo escluso il carattere di
decisività della falsa percezione denunciata in sede di revocazione
sulla base di una motivazione priva di vizi logici e giuridici, fondata
sulla rilevata esistenza, nella sentenza resa dalla Corte di Appello
nel giudizio di merito, di una motivazione idonea a sorreggere la
pronuncia di rigetto delle censure mosse dagli appellanti in ordine al

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di appello basato la propria decisione su un esame contenutistico

quantuni, a prescindere dalla circostanza sulla quale era caduto il
preteso errore revocatorio.
5) Anche il secondo motivo di ricorso incidentale è privo di
fondamento.

dedotto con il secondo motivo di revocazione, rilevando che la
sentenza impugnata aveva dato ampiamente atto dell’esistenza,
rilevata dal consulente, di due finestre nel fabbricato adiacente a
quello per cui è causa. Essa ha evidenziato che, in realtà, ciò che era
stato escluso dal giudice del gravame era l’esistenza della servitù di
veduta, non dimostrata a sufficienza a giudizio della Corte, dalla
sola presenza delle predette finestre; ma ha fatto presente che la
valutazione giuridica circa la configurabilità della servitù di veduta
può dar luogo solo ad un eventuale errore di diritto.
La decisione gravata resiste alle censure mosse con il motivo
in esame, essendo sorretta da argomentazioni immuni da vizi logici,
ed avendo fatto corretta applicazione del principio secondo cui
l’errore revocatorio ex art. 395 n. 4 c.p.c. è configurabile nelle sole
ipotesi di errore meramente percettivo e non può, di conseguenza,
risolversi nella prospettazione di un vizio di diritto o nella pretesa
errata valutazione di fatti esattamente rappresentati.
Irrilevante, in particolare, appare la deduzione dei ricorrenti
incidentali, secondo cui, nella specie, il travisamento dedotto con

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La Corte dì Appello ha ritenuto insussistente l’errore di fatto

l’impugnazione per revocazione non consisteva nel fatto che la
sentenza di appello avesse escluso l’esistenza delle due finestre,
bensì nell’aver ritenuto che di entrambe le finestre fosse proprietaria
la EDILSOLE, la quale, al contrario, era proprietaria solo della

successivo rilievo secondo cui la servitù di veduta avrebbe potuto
essere esclusa soltanto con riferimento alla predetta finestra al primo
piano, e non anche con riguardo a quella posta al secondo piano, di
cui era proprietaria Cardelli Iris, non muta i termini della questione.
Le censure mosse, infatti, confermano che l’errore
sostanzialmente addebitato con la domanda di revocazione al giudice
di appello non era un errore di fatto, riguardando, sia pure con
riferimento esclusivo alla finestra al secondo piano, l’erronea
valutazione dell’esistenza di una situazione di diritto riconducibile
alla servitù di veduta.
Per le ragioni esposte, il ricorso incidentale deve essere
rigettato.
6) Appare, invece, meritevole di accoglimento il motivo di
ricorso principale, che, contrariamente a quanto eccepito dai
ricorrenti principali nella memoria ex art. 378 c.p.c., risulta
corredato da un quesito di diritto idoneo, per le modalità di
formulazione, a soddisfare il requisito richiesto dall’art. 366 bis

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finestra al primo piano. Tale affermazione, messa in rapporto con il

c.p.c., essendo sufficientemente calato nella fattispecie concreta, sì
da focalizzare questioni di diritto essenziali ai fini della decisione.
Questa Corte ha più volte avuto di affermare che nel regime
anteriore a quello introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. a) della legge

parziale o totale delle spese “per giusti motivi” deve trovare un
adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è
necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto
provvedimento, purché, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello
stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal
complesso della motivazione posta a sostegno della adottata
statuizione (Cass. Sii. 30-7-2008 n. 20598; Cass. 16-2-2009 n. 3715;
Cass. 23-3-2009 n. 6970; Cass. 31-7-2009 n. 17868; Cass. 2-12-2010
n. 24531).
Nella specie, dalla lettura della sentenza impugnata non è
possibile desumere alcuna plausibile giustificazione a supporto della
disposta statuizione di compensazione delle spese, che risulta,
pertanto, del tutto immotivata, a fronte del totale rigetto della
proposta domanda di revocazione.
Di conseguenza, in accoglimento del ricorso principale, la
sentenza impugnata va cassata nella parte de qua, con rinvio alla
Corte di Appello di Roma, la quale provvederà a riesaminare la
statuizione sulle spese, attenendosi ai principi di diritto innanzi

28 dicembre 2005, n. 263, il provvedimento di compensazione

enunciati La stessa Corte provvederà anche alla regolamentazione
delle spese del presente grado di giudizio
P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, rigetta

ricorso accolto e rinvia anche per le spese del presente grado di
giudizio alla Corte di Appello di Roma
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14-1 1-20 13
Il Consigliere estensore

Il

eente

quello incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al

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