Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28142 del 21/12/2011
Cassazione civile sez. II, 21/12/2011, (ud. 30/11/2011, dep. 21/12/2011), n.28142
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 15293/2008 proposto da:
B.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE
MILIZIE 108, presso lo studio dell’Avvocato ORSINI Alessandro, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA DI LATINA, in persona del Prefetto pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza n. 689/2008 del TRIBUNALE di LATINA, depositata
il 18/04/2008.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
30/11/2011 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che il Tribunale di Latina, con sentenza depositata il 18 aprile 2008, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in riassunzione proposto da B.P. nel giudizio promosso nei confronti della Prefettura di Latina, avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di sospensione della patente di guida;
che per la cassazione della sentenza del Tribunale il B. ha proposto ricorso, con atto notificato il 29 maggio 2008, sulla base di un motivo;
che l’intimata Amministrazione non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;
che l’unico mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 50 cod. proc. civ.;
che il motivo è inammissibile, perchè – essendo privo del quesito di diritto – non rispetta la prescrizione formale dell’art. 366 bis cod. proc. civ.;
che questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione, i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519, Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640);
che per questo – la funzione nomofilattica demandata al giudice di legittimità travalicando la risoluzione della singola controversia – il legislatore ha inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale, diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità: donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai criteri informatori della norma;
che il motivo non si conclude con un quesito che individui tanto il principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, il principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata applicazione ad opera della Corte possa condurre ad una decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata;
che pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimata Amministrazione svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte dichiara, il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011