Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28142 del 17/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28142 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA

sul ricorso 21705-2012 proposto da:
BOFFARDI RAFFAELE BFFRFL58R05F912D, domiciliato in
ROMA, P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE
rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIELLO
GIUSEPPE;
– ricorrente contro

2013
2221

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;

Data pubblicazione: 17/12/2013

- resistente kuo ~i p toc • kf

avverso il decreto7rg.2341/11 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositato il 27/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/11/2013 dal Consigliere Dott. BRUNO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per
l’accoglimento del II e III motivo rigetto del primo

BIANCHINI;

In fatto ed in diritto
1 — Raffaele Boffardi propose ricorso innanzi alla Corte di Appello di Napoli per sentirsi
riconosciuto un indennizzo per il danno non patrimoniale e patrimoniale, ai sensi della
legge 24 marzo 2001 n. 89, da parte del Ministero della Giustizia, lamentando l’asserito

Europea, ratificata dall’Italia con legge 848/1955, per l’eccessiva durata di un giudizio di
risarcimento del danno, iniziato con citazione notificata innanzi al Tribunale di Salerno il
9 aprile 1984 e terminato, dopo due rinvii dalla cassazione, con sentenza del 20
novembre 2007 della Corte di Appello di Napoli, giudice del secondo rinvio

2 — La Corte del merito giudicò che l’intero giudizio fosse stato definito eccedendo di
dodici anni, quattro mesi e quattordici giorni la durata da ritenere congrua, liquidando un
indennizzo, per il solo pregiudizio non patrimoniale, di euro 11.621,68 , già rapportato ai
valori attuali della moneta, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo e respingendo
la domanda risarcitoria per danno patrimoniale , ritenendola non provata.

3 — Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Boffardi sulla base di tre
motivi; il Ministero ha depositato “atto di costituzione” diretto all’eventuale
partecipazione alla discussione orale.

4 — E’ stata disposta la redazione della motivazione in forma semplificata.
I — Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2 della legge 89/2001;
dell’art. 6 CEDU; degli artt. 1223 e segg.; 2056; 2967 cod. civ.; 40 e 41 c.p.; 115, 116 cpc
nonché l’omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ,
rilevando di aver chiesto di esser risarcito del danno patrimoniale “rappresentato dalla
perdita delle somme per interessi e rivalutazione in misura eccedente il massimale,
dovute per il periodo successivo alla data in cui il processo si sarebbe dovuto
concludere” e che la sussistenza di tale pregiudizio avrebbe dovuto considerarsi pacifica
non avendo sul punto mosso contestazioni il Ministero convenuto.

I.a — Quale svolgimento argomentativo del primo assunto deduce il Boffardi che se il
processo si fosse svolto in tempi ragionevoli, il danno liquidatogli sarebbe rimasto nei
limiti del massimale di polizza : la deduzione, assume un senso attraverso la lettura della
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42,-,a, -yr-

mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6, § 1, della Convenzione

sentenza n. 4677/1998 di questa Corte in cui emergeva che il Boffardi , attore in un
giudizio di risarcimento del danno, non solo nei confronti del soggetto che lo aveva
investito, ma anche della compagnia di assicurazione di costui, solo in grado di appello
aveva chiesto che gli venissero liquidati gli anzidetti accessori a carico dell’assicuratore —
e quindi dell’Impresa designata ai sensi dell’art. 21 u.c. della legge 24 dicembre 1969 n.

amministrativa-, agendo quindi per un titolo diverso ( c.d. Inala gesti° ) rispetto a quello
originariamente fatto valere , incorrendo quindi nella censura di novità della domanda ex
art. 345 cpc

I.a.1 Ne deriva che la perdita degli accessori non può dirsi connessa con la durata non
congrua del processo, trovando invece origine in una scelta difensiva che fu disattesa nel
giudizio di merito.

I.a.2 — Del pari non condivisibile appare il tentativo di pervenire, in questa sede, al
medesimo risultato precluso nel giudizio presupposto , mutando la catena eziologica
produttiva del danno, dal momento che assumere che esso sarebbe stato originato dalla
lungaggine del procedimento che, a sua volta, avrebbe impedito la tempestiva messa a
disposizione del massimale di polizza, ripropone la questione della mala gestio assicurativa
preclusa nel giudizio presupposto; difetta in ogni caso nel profilo di censura che qui si
esamina, la necessaria specificità nella descrizione della condotta tenuta dal Boffardi e
dalle altre parti nel giudizio risarcitorio per dar giustificazione del fatto che, pur essendo
state riconosciute sin dal primo grado del giudizio somme a titolo risarcitorio, queste
non gli sarebbero state versate nel limite del massimale — detratta la c.d. rivalsa INAIL –

I.b — Non può poi essere affermata una non contestabilità del pregiudizio come sopra
rappresentato per effetto della condotta riportata come silente da parte del Ministero,
atteso che la materia controversa riguardava il procedimento di merito e non già quello
di equa riparazione.
II – Con il secondo motivo denunzia nuovamente la violazione della legge 89/2001 e
della CEDU in relazione ai principi elaborati dalla stessa CEDU in materia di
ragionevole durata del processo nonché infine dell’art. 111 Cost.; con il terzo e connesso
motivo fa valere nuovamente un vizio di motivazione che avrebbe determinato la nullità

990, essendo la originaria compagnia di assicurazione posta in liquidazione coatta

della sentenza in ragione della non corretta valutazione della durata “ragionevole ” dei
giudizi di rinvio , indicata in due anni anziché in un anno.

II.a — I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per le reciproche inferenze
argomentative, sono infondati

Il.a.1 — E’ erronea la tesi dell’istante, nella parte in cui prospetta la possibilità di stabilire

art. 2, comma 2 — nella formulazione all’epoca in vigore- , disponeva che la ragionevole
durata di un processo andasse verificata in concreto, facendo applicazione dei criteri
stabiliti da detta norma la quale, statuendo che il giudice dovesse accertare la esistenza
della violazione considerando la complessità della fattispecie, il comportamento delle
parti e del giudice del procedimento, nonché quello di ogni altra autorità chiamata a
concorrervi o comunque a contribuire alla sua definizione, imponeva di avere riguardo
alla specificità del caso che egli era chiamato a valutare; in quest’ottica rivestivano valore
solo indicativo i parametri suggeriti dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti
dell’uomo (tra le molte, sentenza 1^ sezione del 23 ottobre 2003, sul ricorso n.
39758/98) che aveva fissato tendenzialmente la durata ragionevole del giudizio,
rispettivamente, in anni tre, due ed uno per il giudizio di primo, di secondo grado e di
legittimità; la specificità dunque del giudizio di rinvio sfugge ad una precisa
categotizzazione e impone per converso alla parte, che impugni come eccessiva la durata
ritenuta congrua di detto procedimento, di riportare l’oggetto di quel giudizio al fine di
consentire alla Corte, non già un novello scrutinio di merito, bensì una valutazione della
sufficienza della motivazione che aveva accomunato la durata ragionevole del giudizio di
appello ordinario a quella del giudizio di rinvio nel medesimo grado

II.a.2 — Carente di interesse è poi il ricorrente a far valere la diversa decorrenza della
giudizio di primo grado, prendendo a riferimento la data di prima comparizione ( 5
luglio 1984) e non la data di notifica di citazione ( 9 aprile 1984) atteso che, essendo
stato disatteso il precedente profilo relativo alla durata dei due procedimenti di rinvio, la
differenza tra la durata non congrua calcolata nei due modi si riduce a due mesi e
ventisei giorni, da ulteriormente ridurre di sessanta giorni, atteso che “In tema di equa
riparaione per violnione della durata ragionevole de/processo civile, nel caso di giudizio introdotto con atto

un termine di durata del giudizio rigido e predeterminato, atteso che la L. n. 89 del 2001,

di citazione, il “dies a quo” in relazione al quale valutare la durata del processo è costituito dal momento in
cui si notifica tatto di citazione ed, ai _fini del calcolo vanno sottratti dalla durata complessiva, i tempi
addebitabili al comportamento delle parti; ne consegue che deve essere espunto, dal calcolo complessivo, il
tempo “ulteriore” tra la scadenza dei sessanta giorni necessari per la costituzione del convenuto e l’udienza di
prima comparizione, rientrando nella diJponibilità dell’attore fissare la data di detta udienza”. (cass.

sez. I n. 23323/2007) così da dare come risultato un preteso ulteriore periodo durata

pregiudizio psichico del quale il ricorrente si lamenta.
III — Il ricorso va dunque respinto e parte ricorrente va condannata al pagamento delle
spese come indicate in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente la pagamento delle spese del giudizio di
legittimità che liquida in euro 292,50 oltre spese prenotate e prenotande a debito.

Così deciso in Roma 5 undite 2013
Il consigliere estensore

Il Preside te

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eccedente la ragionevole inferiore al mese, inidoneo, come tale, a determinare il

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