Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28141 del 17/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28141 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 18980-2006 proposto da:
CONDOMINIO PASSO X DICEMBRE 8 e 10 – GENOVA, in
persona dell’Amministratore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. CORRIDONI
15 SC. A int.1, presso lo studio dell’avvocato AGNINO
PAOLO, che lo rappresenta e difende unitamente agli
avvocati ONORATO ANGELO, ROSSETTI FRANCO;
– ricorrente contro

SABBADIN CRISTINA SBBCST65H48D969B, MARRE’ BRUNENGHI
GIORGIO MRRGRG6OPO3D969J, elettivamente domiciliati

(A»)

Data pubblicazione: 17/12/2013

in ROMA, VIA ALBERICO II 33, presso lo studio
dell’avvocato LUDINI ELIO, che li rappresenta e
difende unitamente agli avvocati BUFFA GIUSEPPE,
BUFFA LAURA;
– controricorrenti –

BORRA ELISABETTA, REBECCHI SARA, ZUNINO GIANCARLA, DE
FRANCESCHI PATRIZIA, MARELLI GIULIANO, SANTINI
STELVIO, MAISTRELLO MARIO, VIOTTI LUCIANO, PASINI
MARIA LUISA, CIRIO MARIA GRAZIA, REBECCHI MILENA,
MIGLIAZZA PAOLO, SIGIMBOSCO ANNA, ZAPPETTINI MARTINA,
NEBBIA ANNA, NALDI TARQUINIO, DE BATTE’ ALDO,
FRADELETTO ANGELICA, SARDELLI STEFANO, TACCONI CARLO;
SARDELLI ALESSANDRO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 273/2006 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 14/03/2006;
preliminarmente il Consigliere relatore Dott. EMILIO
MIGLIUCCI fa presente che l’integrazione del
contraddittorio non è andata completamente a buon
fine e chiede spiegazioni a riguardo all’Avvocato di
parte ricorrente, quindi viene udita la relazione
della causa svolta nella pubblica udienza del
09/10/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;
udito

l’Avvocato AGNINO

PAOLO,

difensore

del

ricorrente, che, per quanto riguarda l’osservazione

nonchè contro

del Cons. relatore, chiede il rinnovo del termine per
l’integrazione del contraddittorio, nel merito si
riporta al ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso

necessaria l’integrazione del contraddittorio.

per l’accoglimento del ricorso ritenendo non

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l.- Il Condominio di Passo X Dicembre n. 8 e 10, in Genova, conveniva in
giudizio Giorgio Marre Brunenghi e Cristina Sabbadin, proprietari
dell’appartamento int.10, per sentirli condannare all’immediato rilascio

e collegato con il predetto appartamento. Deduceva che il sottotetto
era praticabile e destinato alla collocazione del ripartitore centrale
dell’impianto idrico, che aveva unicamente accesso dalle scali comuni e
non era in comunicazione con alcun bene privato.
I convenuti si costituivano in giudizio, opponendosi

alle domande

attoree e avanzavano domanda riconvenzionale volta al riconoscimento
della proprietà esclusiva del locale sottotetto e del diritto di aprire
abbaini sullo stesso.
Con ordinanza del 9-5-00 il Tribunale di Genova ordinava l’integrazione del
contraddittorio nei confronti di tutti i condomini che si costituivano in
giudizio comparsa del 18-10-00, aderendo alle domande del Condominio attore.
Con sentenza depositata il 27-3-2002, il Tribunale di Genova, in
accoglimento della domanda attorea, dichiarava Che il locale sottotetto è
di proprietà condominiale e per l’effetto condannava Giorgio Marrè Brunenghi
e Cristina Sabbadin a rilasciarlo immediatamente
Con sentenza dep. il 14 marzo 2006 la Corte di appello di Genova,
in riforma della decisione impugnata dai convenuti, rigettava la domanda
proposta dall’attore e, in accoglimento della riconvenzionale, dichiarava
che la porzione di sottotetto sovrastante l’appartamento di proprietà
dei convenuti era di proprietà dei medesimi. Secondo i Giudici,

del sottotetto, di pertinenza condominiale, da loro abusivamente occupato

assumevano rilevanza il titolo di proprietà dei convenuti del 2/6/1994,
in cui il confine della loro proprietà era individuato con il tetto
di copertura e quindi non con la soletta in cannicciato che dal basso
delimita orizzontalmente il sottotetto: il che era confermato dai

nel regolamento non era indicata fra i beni comuni la camera d’aria
esistente tra le falde del tetto e del cannicciato, mentre l’art.15, 6 °
comma prevedeva che i condomini degli appartamenti situati all’ultimo
piano sono tenuti a concedere il libero passaggio al tetto, ai lastrici
solari, agli impianti distributori dell’acqua, quando altrimenti non vi
si possa accedere regolarmente. Il sottotetto non è fra le parti comuni
di cui all’art. 1117 cod. civ. né sussistevano nella specie le
caratteristiche oggettive in base al quale potesse ritenersi destinato
all’uso comune, anche tenuto conto della non calpestabilità della
porzione rivendicata del soffitto in cannicciato e calce e della
calpestabilità solo della parte destinata a sorreggere l’impianto
idrico, mentre era fra l’altro richiamato anche il principio generale
delle pertinenze della proprietà esclusiva.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Condominio
di Passo X Dicembre n. 8 e 10 in Genova sulla base di cinque motivi.
gli intimati,

depositando memoria

Era acquisita la delibera dell’

assemblea del

Condominio di ratifica

dell’operato dell’amministratore

relativamente

alla proposizione del

Resistono con

controricorso

illustrativa.

presente ricorso; veniva disposta l’integrazione del contraddittorio nei

2

titoli di provenienza precedenti, pure prodotti in causa. Del resto,

confronti di tutti i condomini facenti parte del Condominio ricorrente:
tale ordine era peraltro eseguito soltanto in parte, essendo risultato
che due condomini erano deceduti.
MOTIVI DELLA DECISIONE

nei confronti di tutti i condomini disposto dal Collegio, tenuto conto
che, ai sensi dell’art. 1131 cod. civ., l’amministratore del condominio è
legittimato passivamente nelle liti aventi a oggetto le azioni reali
relative alle parti comuni, per cui deve ritenersi non necessaria la
partecipazione al giudizio di tutti i condomini. Qui occorre chiarire che
il problema dell’integrità del contraddittorio si pone con riferimento
alla domanda con la quale in via riconvenzionale i convenuti hanno
chiesto l’accertamento della proprietà esclusiva del sottotetto. Ed
invero, se non si dubita che, dal lato attivo, non occorre la
partecipazione di tutti i condomini nei giudizi promossi a tutela
dell’utilizzazione e del godimento dei beni comuni (art. 1130 n. 4 cod.
civ.), non diversamente deve ritenersi per quanto concerne la
legittimazione passiva dell’amministratore, che è prevista dal secondo
comma art. 1131 cod. civ. con specifica disposizione dettata in materia
di condominio: peraltro, tale legittimazione ha portata
quanto estesa a

ogni interesse condominiale,

generale

in

essendo la ratio della

norma diretta a evitare il gravoso onere a carico del terzo o del
condomino, che intenda agire nei confronti del condominio, di evocare in
giudizio tutti i condomini; naturalmente, per le cause aventi a oggetto
materie che eccedono le attribuzioni dell’amministratore, ai sensi del
3

Preliminarmente va revocato l’ordine di integrazione del contraddittorio

terzo comma del citato art. 1131 cod. civ., il potere di rappresentanza
in giudizio dell’amministratore è subordinato alla autorizzazione a
resistere (o anche alla ratifica) da parte dell’assemblea, alla quale
l’amministratore è tenuto senza indugio a riferire

Tale conclusione non è in contrasto con la recente decisione delle
Sezioni Unite della Cassazione (n. 25454/2013) secondo cui, qualora un
condomino agisca per l’accertamento della natura condominiale di un bene,
non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri
condomini, se il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva, senza
formulare, tuttavia, un’apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza
mettere in discussione – con finalità di ampliare il tema del decidere ed
ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato – la
comproprietà degli altri soggetti: in effetti, la Corte era stata
investita di una controversia fra due condomini, in cui il convenuto

(S.U.18331/2010;22294/2004).

(t
aveva proposto una eccezione e non una domanda riconvenzionale con cui
era stata invocata la proprietà esclusiva di uno spazio che l’attore
aveva rivendicato come condominiale; la questione – circa la
legittimazione passiva dell’amministratore ovvero la sussistenza di un
litisconsorzio necessario nei confronti di tutti i condomini nel caso in
cui sia proposta da un condomino o da un terzo una domanda di
accertamento della proprietà esclusiva di un bene condominiale – non è
stata in alcun modo esaminata, non assumendo alcun rilievo ai fini della
decisione di quel giudizio ( sul punto in particolare, v. pag. 4 della
citata sentenza).
4

1.-

Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione

dell’art. 1117 cod. civ., censura la decisione gravata laddove aveva
escluso che il locale de quo fosse destinato all’uso comune, quando esso
era indicato nel regolamento condominiale come locale del serbatoio

vari piani; il pavimento era ampiamente calpestabile ; non era stato mai
accessibile dall’appartamento dei convenuti prima dell’iniziativa da
questi posta in essere.
La natura condominiale del sottotetto derivava dalla sua destinazione al
servizio comune e dall’uso al quale era stato adibito fino dalla
costruzione – 1984 – dell’edificio, dovendo escludersi che lo stesso
avesse la funzione esclusiva di isolamento e protezione delle singole
unità immobiliari
2.-

Il

secondo motivo,

lamentando

omessa,

insufficiente e

contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo della
controversia, censura la sentenza impugnata laddove aveva escluso la
condominialità del sottotetto desumendo il titolo idoneo a escludere
l’applicabilità dell’art. 1117 cod. civ. dagli atti di acquisto prodotti
– che peraltro iniziavano a decorrere dal 1986 – nei quali l’immobile de
quo era dichiarato confinante con il tetto; tali indicazioni non erano in
contrasto con quanto risultante dal regolamento condominiale, nel quale
fra le parti comuni era menzionato il locale del serbatoio dell’ acqua
che era per l’appunto ubicato nel sottotetto. Al riguardo, osserva che,
in mancanza di un titolo che attribuisca la proprietà esclusiva, il
sottotetto rientra nel novero dei beni di cui all’art. 1117 cod. civ.
5

dell’acqua e aveva accesso dal vano scala condominiale di servizio ai

quando è destinato all’uso comune, mentre costituisce pertinenza
dell’appartamento dell’ultimo piano nel caso in cui assolva la funzione
di isolare e proteggerlo dal caldo, dal freddo e dall’umidità.
La mera indicazione del confine, senza alcuna descrizione specifica del

esclusiva del sottotetto che , secondo quanto accertato dal consulente di
parte attrice, non aveva mai assolto la funzione di camera di aria al
servizio dell’appartamento dei predetti; ancora attualmente,

3.

ripartitori dell’acqua erano presenti nel sottotetto che era munito di
pavimento calpestabile.
3.

Il terzo

motivo, lamentando omessa, insufficiente e

contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia
deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, nel
regolamento era descritto come bene comune il locale del serbatoio
dell’acqua oggi sostituito dai ripartitori menzionato.
4.- Il quarto motivo deduce l’erroneità del riferimento compiuto dai
Giudici di appello all’art.15, 6 ° comma del regolamento condominiale
per desumere l’esistenza di una servitù posta a carico del sottotetto(
comprovante la non condominialità), secondo cui i condomini degli
appartamenti situati all’ultimo piano sono tenuti a concedere il libero
passaggio al tetto, ai lastrici solari, agli impianti distributori
dell’acqua, quando altrimenti non vi si possa accedere regolarmente,
tenuto conto che nella specie esisteva l’accesso che era possibile
attraverso la botola, secondo quanto risultante dalla fotografia in
atti.
6

bene, era nella specie inidonea ad attribuire ai convenuti la proprietà

5.-

Il quinto motivo denuncia che erroneamente la sentenza impugnata

aveva ritenuto la non calpestabilità del sottotetto quando, secondo
quanto accertato dal CTU, era risultato calpestabile per il 50% mentre
il residuo non era praticabile in ragione dell’altezza.

congiuntamente – sono fondati.
In tema di condominio,

la natura del sottotetto di un edificio è, in

primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi,
può ritenersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue
caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche
solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di
interesse comune. Il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza
dell’appartamento sito all’ultimo piano solo quando assolva alla
esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal
caldo, dal freddo e dall’umidità, tramite la creazione di una camera
d’aria e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da
consentirne l’utilizzazione come vano autonomo.
Innanzitutto i Giudici hanno sbrigativamente escluso la destinazione
comune del sottotetto, ritenendolo di proprietà esclusiva dei convenuti,
senza compiere una sufficiente analisi critica degli elementi di fatto,
dei quali pure si fa cenno in sentenza a proposito della esistenza
dell’impianto idrico esistente nel sottotetto e della sua parziale
calpestabilità. Ancora lacunosa si è rivelata la decisione impugnata
laddove non ha compiuto alcuna indagine per verificare se in concreto vi
fosse un accesso diretto ed esclusivo al sottotetto dai beni comuni
7

6.- I motivi – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati

ovvero vi fosse un collegamento

diretto con l’appartamento dei

convenuti. D’altra parte, appare del tutto inadeguata la motivazione
laddove ha ritenuto di potere fondare la esistenza di un titolo idoneo a
sottrare comunque il sottotetto dal novero dei beni di cui all’art. 1117

Al riguardo occorre considerare in primo luogo che, al fine di stabilire
la natura comune o meno dei beni ubicati nel fabbricato condominiale,
sarebbe stato necessario risalire al primo atto con cui l’originario
unico proprietario aveva alienato la prima unità immobiliare, dovendo a
questo momento ricondursi la nascita del condominio e non potendo
successivamente sottrarsi i beni condominiali alla loro destinazione: non
risulta che tale accertamento sia stato compiuto dai Giudici i quali
hanno fatto riferimento all’atto di acquisto dei convenuti (del 1994) e,
in modo assolutamente generico, al

cod. civ. in base ai titoli di acquisto e al regolamento condominiale.

24,

titoli di provenienza precedenti pure

prodotti in atti.
Peraltro, l’esclusione dal novero dei beni comuni postula una espressa
e non equivoca indicazione contenuta nel titolo, mentre le espressioni
riportate in sentenza dell’atto di acquisto dei convenuti a proposito
della indicazione del confine del loro appartamento con il tetto si
appalesano estremamente equivoche in merito a quella che sarebbe stata la
volontà contrattuale.
Infine, appare tautologico il riferimento all’acquisto delle pertinenze,
che evidentemente non sono un modo di acquisto della proprietà, posto che
la questione era quella di stabilire preventivamente la natura ( comune
o meno ) del sottotetto.
8

La sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese della
presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Genova.

P.Q.M.

spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di
Genova.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 o t e
Il Cons. estensore

io

201

Ilesiden opr

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le

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