Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28137 del 17/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 28137 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA
sul ricorso 3537-2012 proposto da:
ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A. P.I. 05779711000, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA DI SANT’ANDREA DELLA VALLE
6, presso lo studio dell’avvocato D’ERCOLE STEFANO,
v

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
2013
3292

PETRIZZI VINCENZO, PALOMBI NICOLA, giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

PEZONE GIOVANNI, DE NEO PASQUALE, ASSWALIA LE

Data pubblicazione: 17/12/2013

ASSICURAZIONI

D’ITALIA S.P.A.,

CAPOLINO GIOVANNI

CPLGNN56P24D708F, I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER
L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO
01165400589;
– intimati –

CAPOLINO GIOVANNI C.F. CPLGNN56P24D708F, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 25, presso lo
studio dell’avvocato LONGO PAOLO, che lo rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A. P.I. 05779711000, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA DI SANT’ANDREA DELLA VALLE
6, presso lo studio dell’avvocato D’ERCOLE STEFANO,
che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
PETRIZZI VINCENZO, PALOMBI NICOLA, giusta delega in
atti;
– controricorrente al ricorso incidentale nonchè contro

PEZONE GIOVANNI, DE MEC PASQUALE, ASSIITALIA LE
ASSICURAZIONI D’ITALIA S.P.A. , I.N.A.I.L. – ISTITUTO
NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL
LAVORO 01165400589;
– intimati –

Nonché da:

avverso

la

sentenza n.

1057/2010 della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/01/2011 R.G.N.
4178/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/11/2013 dal Consigliere Dott. ENRICA

udito l’Avvocato GARUTTI MASSIMO per delega D’ERCOLE
STEFANO;
udito l’Avvocato LONGO PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per: in
via principale integrazione del contraddittorio, in
subordine rigetto di entrambi i ricorsi.

D’ANTONIO;

RG n 3537/2012

Enel Distribuzione spa / Capolino Giovanni ed altri

Svolgimento del processo
Con sentenza depositata il 27/1/2011 la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del
Tribunale di Latina nella parte in cui il primo giudice ha affermato la responsabilità dell’Enel, e per
essa della soc Enel Distribuzioni , e dei dipendenti Pezone Giovanni e De Meo Pasquale per
l’infortunio sul lavoro occorso a Giovanni Capolino , dipendente dell’Enel con mansioni di operaio
elettricista.

Capolino, in luogo delle somme liquidate nella sentenza impugnata per risarcimento del danno
patrimoniale e morale , € 92.186,46, a titolo di risarcimento del danno differenziale ed €
150.000,00 a titolo di risarcimento del danno morale. Ha confermato, altresì la condanna al
pagamento a favore del Capolino € 430.000,00 a titolo di risarcimento del danno biologico e della
somma di € 150.000 a titolo di danno estetico e alla vita di relazione, oltre interessi legali sul
capitale via via rivalutato secondo il suo valore al momento dell’illecito, oltre la rivalutazione
monetaria dalla data della sentenza di primo grado . In riforma della sentenza del Tribunale ha
dichiarato inammissibile l’intervento dell’Inail ex art 105 cpc relativo all’azione di regresso ed ha
confermato la pronuncia di condanna di Assitalia a manlevare l’Enel e per essa la soc Enel
Distribuzione.
La Corte territoriale ha ricostruito la dinamica dell’incidente nel corso del quale il Capolino,aveva
subito due scariche elettriche mentre effettuava lavori di riparazione,senza l’utilizzo della
strumenti per la messa a terra, su un traliccio della linea elettrica in località Itri riportando
gravissime lesioni .
La Corte ha affermato la responsabilità sia di Pezone Giovanni , designato/ preposto,i1 quale
ritenendo terminata l’esecuzione dei lavori sul traliccio sulla base di quanto comunicatogli dal DE
Meo , aveva riattivato la corrente elettrica senza assicurarsi che non vi fossero lavoratori impegnati
sulla linea, e senza provvedere alla prescritta misura del concentramento di tutti gli addetti ai
lavori prima di chiedere la riattivazione della corrente elettrica.
La Corte ha affermato , altresì, la responsabilità di De Meo, capo nucleo e preposto alla squadra a
cui partecipava il Capolino,che avrebbe dovuto assicurare l’effettivo utilizzo degli strumenti idonei
a realizzare la messa a terra durante l’esecuzione dei lavori e che, senza assicurarsi dell’effettiva
conclusione di questi, aveva comunicato al Pezone l’avvenuto completamento dei lavori senza
verificare l’allontanamento degli addetti ai lavori.
Circa la responsabilità dell’Enel ,secondo la Corte, la mancata adozione di un piano dei lavori,
misura necessaria a fronte della lunghezza del tratto di linea su cui si svolgevano le operazioni

In parziale riforma della sentenza del Tribunale ha condannato al pagamento in favore del

(dagli atti risulta che la lunghezza della derivazione era di qualche chilometro e saliva da circa 200
mt. s.l.m. a circa 700 mt. lungo la dorsale della montagna) , aveva comportato la suddivisione in
loco dei lavoratori in due squadre, di cui una era mancante della designazione di un preposto , tra le
quali vi fu in evidente difetto di coordinamento tanto nella fase preliminare di definizione delle
modalità operative, quanto nella fase conclusiva delle operazioni
La Corte ha affermato, quindi che la pianificazione preventiva delle modalità di esecuzione
dell’intervento — il cui obbligo gravava sull’ ENEL — avrebbe consentito: a) la previa

nucleo operativo, stante la natura dei luoghi e la lunghezza della linea; b) la definizione dei compiti
o delle modalità di esecuzione, con l’adozione degli accorgimenti opportuni affinché per ovviare
alle evidenti difficoltà insite nel trasporto di materiali pesanti (come la cassetta contenente gli
strumenti per la messa a terra ) in luogo impervio e con un dislivello di circa 500 mt; c) di munire
le diverse squadre di sufficienti mezzi di comunicazione apparecchi radio ricetrasmittenti laddove
era del tutto pacifico che Capolino ed il collega, lasciati soli ad operare sul traliccio, ne erano privi.
La Corte , infine, ha escluso che il comportamento del Capolino potesse considerarsi anomalo ed
imprevedibile per aver operato in assenza degli strumenti della messa a terra e di strumenti di
comunicazione ed ha affermato la responsabilità dell’Enel per la mancata predisposizione di misure
organizzative atte ad assicurare l’osservanza e vigilanza sull’effettiva adozione delle misure di
sicurezza.
Circa la misura del risarcimento per lucro cessante la Corte,dato atto che il Capolino non aveva
potuto più svolgere mansioni di elettricista o altri lavori confacenti alle sue attitudini e che era stato
addetto a mansioni impiegatizie, ha affermato che il lavoratore aveva perso professionalità, gli
emolumenti legati alla qualifica di elettricista, la progressione in carriera e che era risultato
provato , anche con il ricorso a presunzioni semplici, in quale misura la menomazione fisica avesse
inciso sulla capacità di svolgimento dell’attività lavorativa e quindi sulla capacità di guadagno.
La Corte, pertanto, ha determinato in € 490.000,00 il danno patrimoniale a cui ha detratto la somma
che era stata corrisposta dall’Inail, residuando il danno differenziale pari ad € 92.186,46.
La Corte ha, poi riconosciuto il danno biologico applicando le tabelle milanesi e confermandone
l’entità stabilita dal Tribunale , il danno morale, ritenuto ontologicamente distinto dal danno
biologico e determinato in € 150.000,00 e cioè in misura superiore a quanto riconosciuto dal
Tribunale.
La Corte ha poi confermato il danno all’immagine ed il danno alla vita di relazione determinati dal
Tribunale che ha ritenuto solo genericamente contestati dagli appellanti e in assenza di
riproposizione in appello della questione della duplicazione di tale voce risarcitoria

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designazione di più preposti per le diverse squadre, nelle quali necessariamente doveva scindersi

Avverso la sentenza propone ricorso in Cassazione Enel Distribuzioni formulando tre motivi,
Si costituisce Capolino Giovanni depositando controricorso con ricorso incidentale. Entrambe le
parti hanno depositato memorie ex art 378 cpc .Pezone Giovanni e De Meo Pasquale sono rimasti
intimati .
Motivi della decisione
1) Con il primo motivo Enel Distribuzioni denuncia violazione e falsa applicazione degli
articoli 1227,2049, 2050 e 2087 c.c. nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione.

creditore nonché l’omessa insufficiente motivazione.
In particolare lamenta che la Corte, dopo aver affermato che il Capolino doveva ritenersi
responsabile in via diretta per l’adozione dei mezzi di protezione individuali, quali il casco la cintura
di sicurezza e i guanti isolanti, al riconoscimento di tale responsabilità non aveva fatto seguire
alcuna condanna in capo al lavoratore, il quale ,eseguendo l’intervento senza gli indispensabili
mezzi di protezione messi a disposizione del datore di lavoro, si era esposto in modo consapevole al
pericolo di rimanere folgorato.
Ribadisce che l’Enel aveva pienamente assolto tutti gli obblighi di legge diretti a garantire la
sicurezza e l’incolumità dei propri lavoratori dipendenti e aveva adottato ogni possibile cautela.
Risultava, infatti, dimostrato, secondo la ricorrente, che i lavoratori disponessero di tutta
l’attrezzatura di comunicazione e di sicurezza necessaria per eseguire gli interventi sulle linee
elettriche e che pertanto in base a tali elementi di prova appariva del tutto ingiusta l’affermata
responsabilità dell’Enel .
Eccepisce che gli obblighi su di essa incombenti non potevano giungere fin ad impedire il
verificarsi di comportamenti imprevedibili ed abnormi del lavoratore dai quali era derivato
l’infortunio.
Le censure sono infondate.
La Corte territoriale, all’esito di un’accurata analisi della situazione di fatto ,ha accertato la
responsabilità dell’Enel in ordine all’infortunio occorso al Capolino. Il giudice di merito ha
rilevato, infatti, la mancata adozione da parte della società datrice di lavoro di un piano lavori,
misura necessaria a fronte della lunghezza del tratto di linea su cui si svolgevano le operazioni
(dagli atti risultava che la lunghezza della derivazione era di qualche chilometro e saliva da circa
200 mt. s.l.m. a circa 700 mt. s.l.m., lungo la dorsale della montagna) che aveva comportato la
suddivisione in loco dei lavoratori in due squadre, tra le quali vi era stato un evidente difetto di
coordinamento tanto nella fase preliminare di definizione delle modalità operative, quanto nella
fase conclusiva delle operazioni.
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Lamenta l’erronea applicazione delle norme in tema di responsabilità e concorso di colpa del

Secondo la Corte la pianificazione preventiva delle modalità di esecuzione dell’intervento — il cui
obbligo gravava sull’ ENEL — avrebbe consentito: a) la previa designazione di più preposti per le
diverse squadre, nelle quali necessariamente doveva scindersi il nucleo operativo, stante la natura
dei luoghi e la lunghezza della linea; b) la definizione dei compiti o delle modalità di esecuzione,
con l’adozione degli accorgimenti opportuni anche per ovviare alle evidenti difficoltà insite nel
trasporto di materiali pesanti (come la cassetta contenente gli strumenti per la messa a terra) in
luogo impervio e con un dislivello di circa 500 mt; c) munire le diverse squadre di sufficienti mezzi

collega Mastrogiacomo, lasciati soli ad operare sul traliccio, ne erano privi.
La Corte ha, quindi, sottolineato che “non è sufficiente opporre di avere fornito i mezzi di
protezione (rimasti poi nel veicolo in dotazione) o di avere impartito corsi di formazione, facendo
capo all’imprenditore l’obbligo di organizzare il lavoro in modo che sia distribuita la responsabilità
di sicurezza e sia assicurata l’osservanza e la vigilanza mediante delega a persona munita di una
formale investitura in tal senso (nella specie mancata) oltre che di adeguata formazione”.
La responsabilità dell’ENEL è ravvisata, dunque, nella mancata predisposizione di misure
organizzative atte ad assicurare l’ osservanza e vigilanza sulla effettiva adozione delle misure di
sicurezza stante la peculiarità del lavoro che doveva essere eseguito.
A fronte di tali precise affermazioni della Corte territoriale con il motivo in esame l’Enel si limita a
ribadire di aver fornito tutti i mezzi di protezione necessari , ma nessuna censura risulta formulata
con riferimento alla responsabilità per difetto di organizzazione, come accertata dal giudice di
merito . Né l’Enel indica le misure di sicurezza adottate atte in concreto a tutelare il lavoratore.
La ricorrente eccepisce, anche in questa sede, che la sua responsabilità non poteva giungere fino al
punto di impedire il verificarsi di comportamenti imprevedibili ed abnormi posti in essere
dall’infortunato , ma non censura in modo specifico l’affermazione della Corte territoriale secondo
cui il comportamento del Capolino non poteva considerarsi anomalo ed imprevedibile per aver
operato in assenza degli strumenti della messa a terra e di comunicazione e nell’esecuzione delle
mansioni sue proprie , considerato, inoltre, che l’addetto ai lavori , quale era l’infortunato, secondo
le disposizioni interne dell’Enel , è colui che esegue materialmente i lavori secondo le istruzioni
impartitegli ed è responsabile dell’osservanza delle misure individuali di sicurezza ,e cioè l’obbligo
di portare cinture, casco e guanti isolanti, dovendo per il resto eseguire le disposizioni impartite dal
preposto, responsabile dell’osservanza delle misure di sicurezza, che nella specie non era stato
formalmente designato per la seconda squadra operativa, cui partecipava il Capolino.

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di comunicazione (apparecchi radio ricetrasmittenti ) essendo del tutto pacifico che Capolino e il

Le censure dell’Enel non valgono , pertanto, ad invalidare la decisione impugnata sia con
riferimento alle specifiche responsabilità dell’Enel , sia in relazione al comportamento del Capolino
ed all’eventuale concorso dello stesso nella causazione dell’evento .
2)Con il secondo motivo l’Enel Distribuzioni denuncia falsa applicazione dell’articolo
2697 cc nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione.
Censura la sentenza nella parte in cui, pur riconoscendo astrattamente l’efficacia protettiva dei
guanti da lavoro nonché il fatto che questi erano nella disponibilità del lavoratore, aveva affermato

adibito e che in ogni caso non sarebbe stato possibile quantificare di quanto il loro corretto utilizzo
avrebbe potuto ridurre le conseguenze dannose dell’incidente pur avendo ammesso che le avrebbe
comunque attenuate anche se in misura presumibilmente non rilevante.
L’uso dei guanti, secondo l’Enel, avrebbe comunque contribuito se non ad evitare le lesioni
quantomeno a contenerle.
Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha ben chiarito , richiamando le conclusioni del CTU ,che l’esecuzione del
lavoro cui era stato adibito il Capolino non rendeva possibile l’uso dei guanti per operare su linee
ad alta tensione trattandosi di operazioni a delicata manualità quali la legatura e slegatura di fili
intorno ad un conduttore o isolante. La Corte territoriale ha poi riferito che il CTU aveva concluso
rilevando che il verosimile mancato uso dei guanti di protezione non aveva avuto incidenza causale
sull’evento e la scarica elettrica non sarebbe stata evitata : l’uso dei guanti “avrebbe al massimo
potuto attenuare la consistenza delle lesioni , ma in misura non quantificabile e presumibilmente
non rilevante ” .
La ricorrente ha solo parzialmente riportato le conclusioni del CTU omettendo di valutare che il
CTU aveva osservato che l’uso dei guanti avrebbe influito comunque in misura non quantificabile e
non rilevante ad attenuare la consistenza delle lesioni .
Le censure svolte avverso le conclusioni del CTU , accolte dal Tribunale, sono del tutto generiche
e prive di qualsiasi riscontro scientifico risolvendosi in una mera richiesta di accoglimento della
diversa tesi sostenuta dall’Enel .
3) Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione degli articoli 2059 c.c. e 185 c.p.
nonché omessa insufficiente motivazione.
Contesta la quantificazione del danno non patrimoniale effettuata dalla Corte distinguendo tre
sottocategorie del medesimo : danno morale, biologico, estetico e alla vita di relazione . Tale
liquidazione è in contrasto con i principi richiamati dalla stessa Corte ed ormai consolidati nella
giurisprudenza sull’interpretazione dell’articolo 2059 cc. Osserva che il danno non patrimoniale da
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che con i guanti in dotazione non sarebbe stato possibile svolgere le attività cui il lavoratore era

lesioni della salute costituisce una categoria ampia e onnicomprensiva nella cui liquidazione il
giudice deve tener conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima senza duplicare il
risarcimento attraverso l’attribuzione di diverse categorie autonomamente valutabili per pregiudizi
identici, ciò che invece era avvenuto nella fattispecie.
Le censure sono infondate.
La Corte territoriale non ha violato i principi affermati da questa Corte circa il divieto di
duplicazione del risarcimento . La Corte di merito ,infatti, richiamati i principi enunciati dalle

composito universo dei danni risarcibili , ha sottolineato sia la necessità di non dar luogo ad
inammissibili duplicazioni atteso che la lettura costituzionalmente orientata dell’ari 2059 cc non
costituiva occasione di incremento delle poste di danno , sia quella realizzare un’integrale
risarcimento del danno alla persona.
In tal senso la Corte dopo aver accertato il danno biologico in senso stretto inteso come lesione
dell’interesse costituzionalmente garantito all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente
all’accertamento medico svolto dal tecnico , ha affermato , quale danno ontologicamente distinto ed
ulteriore, il danno morale soggettivo inteso come turbamento dello stato d’animo che il soggetto
vittima di una lesione medicalmente accertabile subisce e di cui legittimamente avanza pretese
risarcitorie , danno , quindi, dotato di logica autonomia in relazione alla diversità del bene

protetto, che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona ovvero all’integrità
morale, quale massima espressione della dignità umana, desumibile dall’art. 2 della
Costituzione in relazione all’art. 1 della Carta di Nizza, contenuta nel Trattato di
Lisbona, ratificato dall’Italia con legge 2 agosto 2008 n. 190.
In fatto la Corte di merito ha accertato , circa la sussistenza ed entità del danno morale, che”
…elementi di apprezzamento della sofferenza psicologica sono desumibili dalle modalità
dell’infortunio sopra descritto . Il Capolino subì in sequenza due folgorazioni , rimanendo appeso al
traliccio; venne soccorso dal Maggiacomo e in mancanza di mezzi di trasporto e di comunicazione,
fu trasportato fisicamente dal collega fino al raggiungimento di un utile mezzo di locomozione ;
dopo circa un’ora dal verificarsi del fatto …venne medicato. Le modalità del fatto appaiono
particolarmente traumatizzanti e tali da giustificare un risarcimento ….”La Corte territoriale,
quindi, senza procedere ad una liquidazione di tipo automatico, ha quantificato tale voce di danno
tenendo conto della situazione concreta e degli elementi di fatto emersi nel corso del giudizio.
Con riferimento alla distinzione del danno morale, quale voce di danno integrante la più ampia
categoria del danno morale, rispetto al danno biologico devono richiamarsi le pronunce di questa
Corte ( n. 18641/2011; n 20292/2012 )1e quali hanno richiamato un “preciso indirizzo legislativo,
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SSUU di questa Corte ( n 26972,26973,26974 e 26975 del 2008) , che hanno ricondotto ad unità il

manifestatosi in epoca successiva alle sentenze del 2008 di queste sezioni unite, dal quale il giudice,
di legittimità e non, non può in alcun modo prescindere, in una disciplina (e in una armonia) di
sistema che, nella gerarchia delle fonti del diritto, privilegia ancora la disposizione normativa
rispetto alla produzione giurisprudenziale. L’indirizzo di cui si discorre si è espressamente
manifestato attraverso la emanazione di due successivi D.P.R. n. 37 del 2009 e il D.P.R. n. 191 del
2009, in seno ai quali una specifica disposizione normativa (l’art. 5) ha inequivocamente resa
manifesta la volontà del legislatore di distinguere, morfologicamente prima ancora che

una più attenta lettura, non hanno mai predicato un principio di diritto volto alla soppressione per
assorbimento, ipso facto, del danno morale nel danno biologico, avendo esse viceversa indicato al
giudice del merito soltanto la necessità di evitare, attraverso una rigorosa analisi dell’evidenza
probatoria, duplicazioni risarcitorie) tra la “voce” di danno c.d. biologico da un canto, e la “voce” di
danno morale dall’altro: si legge difatti alle lettere a) e b) del citato art. 5, nel primo dei due
provvedimenti normativi citati: – che “la percentuale di danno biologico è determinata in base alle
tabelle delle menomazioni e relativi criteri di cui agli arti. 138 e 139 del codice delle assicurazioni; che “la determinazione della percentuale di danno morale viene effettuata, caso per caso, tenendo
conto dell’entità della sofferenza e del turbamento dello stato d’animo, oltre che della lesione alla
dignità della persona, connessi e in rapporto all’evento dannoso, in misura fino a un massimo di due
terzi del valore percentuale del danno biologico”.
La sentenza impugnata non risulta, dunque censurabile per aver riconosciuto l’autonomia del danno
morale rispetto a quello biologico dopo averne evidenziato , nella fattispecie in esame, le
caratteristiche dell’uno e dell’altro.
Quanto, invece, al danno all’immagine ed alla vita di relazione la Corte territoriale ha confermato
la pronuncia del Tribunale evidenziando che l’Enel non aveva proposto specifici motivi di censura
senza, in particolare, riproporre in appello la questione della duplicazione di tale voce risarcitoria.
Nel presente giudizio , sul punto, Enel Distribuzioni si è limitata a riferire di aver sempre contestato
le statuizioni di primo grado in merito alla qualificazione e quantificazione del diritto al
risarcimento del danno ma non ha formulato una specifica censura circa l’affermazione della Corte
territoriale relativa alla mancata riproposizione della questione della duplicazione. Era onere degli
appellanti contestare in appello non solo la quantificazione ma la stessa sussistenza del diritto
e, dunque, la censura sotto tale profilo è inammissibile.
In conclusione il ricorso principale va respinto.

RICORSO INCIDENTALE
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funzionalmente, all’indomani delle pronunce delle sezioni unite di questa corte (che, in realtà, ad

I )Con il primo motivo il Capolino denuncia violazione dell’articolo 112 c.p.c. sotto il
profilo dell’articolo 360 n. quattro c.p.c. nonché violazione falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c.
e insufficiente e contraddittoria motivazione.
a) Lamenta che la Corte ,tenuto conto della riforma di alcuni capi della sentenza di primo grado,
aveva compensato le spese di causa per un terzo.
Osserva che se in appello la sentenza era stata in parte riformata , ciò era avvenuto a favore dell’una
e dell’altra parte,senza considerare, inoltre, che il Capolino era largamente vincitore e parzialmente

b) Lamenta inoltre che erroneamente il giudice aveva ridotto la somma concessa a titolo di spese
del giudice di primo grado sebbene nessuna delle parti avesse proposto uno specifico gravame sul
punto.
c) Contesta, inoltre, la liquidazione delle spese del grado di appello avendo la Corte territoriale
ridotto senza alcuna motivazione la nota spese dell’avvocato.
Le censure sono infondate.
Circa la modifica della disciplina delle spese e della loro quantificazione relativa al giudizio del
Tribunale va rilevato che il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza
impugnata, deve procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali quale
conseguenza della pronuncia di merito adottata, dato che l’onere di esse va attribuito e ripartito
tenendo presente l’esito complessivo della lite. ( cfr Cass. n 18837/2010) . Il giudice d’appello ,
invece, non può modificare la pronuncia del primo giudice sulle spese allorché confermi la
sentenza del Tribunale, a meno che detta pronuncia non sia stata oggetto di uno specifico motivo di
impugnazione. Nella specie la Corte d’Appello di Roma ha riformato la sentenza del Tribunale sia
con riferimento al danno da lucro cessante sia con riferimento al danno morale ,con la conseguenza
che ha correttamente proceduto anche ad una nuova liquidazione delle spese del primo grado sulla
base del diverso esito finale del giudizio ( “Il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere
delle spese processuali , non si fraziona a seconda dell’esito delle varie fasi del giudizio, ma va
riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del
giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole”
ord. n 6369/2013 ) . Non è poi, censurabile in cassazione, rientrando tra i poteri discrezionali del
giudice di merito, la decisione di disporre la compensazione per un terzo delle spese processuali
considerato un parziale accoglimento delle richieste della parte ricorrente. Non sussiste, pertanto,
nessuna violazione del criterio della soccombenza che va inteso nel senso che soltanto la parte
interamente vittoriosa non può essere condannata al pagamento delle spese ,mentre qualora ricorra
la soccombenza reciproca è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito quale parte debba
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soccombente per un aspetto marginale.

essere condannata e se in quale misura debba farsi luogo a compensazione ( cfr Cass . n
19158/2013) . Nella specie , inoltre, non risulta neppure denunciata la violazione delle tariffe
professionali, con obbligo, in tal caso, di indicare le singole voci contestate, in modo da consentire
il controllo di legittimità senza necessità di ulteriori indagini ( cfi – Cass n 14542/2011), né il
ricorrente riporta la nota spese presentata in Tribunale
Quanto alle censure relative alla quantificazione delle spese relative al giudizio d’appello deve

delle tariffe ,né risulta riportata o ridepositata la nota spese, mentre per quanto attiene alla parziale
compensazione disposta dalla Corte territoriale deve richiamarsi quanto sopra esposto con
riferimento alla liquidazione delle spese in considerazione dell’esito finale del giudizio.
2)Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione degli artt. 2056 e
1223 c.c. ,nonché omessa insufficiente motivazione.
a) Rileva con riferimento al danno patrimoniale che la Corte aveva del tutto omesso di
comprendere nel danno patrimoniale anche tutti gli esborsi sostenuti dal lavoratore per cure
mediche e spese connesse, medicine, terapia fisica, diagnostica documentate ed ammontanti ad
euro 6901,75. A dette spese vanno aggiunte , secondo il Capolino ,le spese di trasferimento da
Roma-Formia sostenute dai familiari per l’ assistenza,quantificate in euro 1148, 00 come da biglietti
allegati ( totale € 8.049,75).
Il motivo sul punto difetta di autosufficienza . Deve , infatti, rilevarsi che la sentenza impugnata
non contiene alcun riferimento a detta voce. Il Capolino ha omesso da un lato di indicare quale
fosse stata la decisione del Tribunale sul punto. Dall’altro lato ha omesso anche di indicare l’atto
processuale in cui aveva formulata tale richiesta di rimborso. Secondo giurisprudenza consolidata
di questa Corte, invero, qualora una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento
di fatto, come nella specie, non risulti trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga
la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per
novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al
giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di
indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare
“ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 2
aprile 2004 n. 6542, Cass. Cass. 21 febbraio 2006 n.3664 e Cass. 28 luglio 2008 n. 20518).
b) Circa il danno patrimoniale il Capolino lamenta che la sentenza, riconoscendo il danno
differenziale, non aveva tenuto conto che nella liquidazione effettuata dal Tribunale si era tenuto
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rilevarsi che, anche con riferimento a detta liquidazione, non risulta denunciata alcuna violazione

conto della perdita di chances non avendo potuto maturare e percepire tutte quelle spettanze che,
invece, avevano maturato i suoi colleghi. Osserva che la somma liquidata dall’Inail garantiva
soltanto il reddito che il Capolino già percepiva al momento dell’infortunio, ma in tal modo nessuna
somma aveva ricevuto sulla possibilità futura di ottenere occasioni di lavoro migliori e che pertanto
era giusto tenere distinta la somma liquidata dall’Inail riconoscendo al lavoratore l’intero importo
di € 490.000.
La censura è infondata oltre che generica. La Corte d’Appello ,con riferimento alla determinazione

quantificazione e in particolare: perdita della professionalità, mancata progressione in carriera ..,
perdita di emolumenti legati all’esercizio delle mansioni di elettricista , minore trattamento
pensionistico. La Corte territoriale ha , pertanto, valutato tutti gli elementi concreti atti a
giustificare la liquidazione nella misura accolta , restando le censure del controricorrente del tutto
generiche.
e) Il Capolino lamenta, inoltre, che nella liquidazione dell’Inail erano compresi curo
42.478 che non avrebbero dovuto essere sottratti, quali indennità temporanea,visite ,accertamento
postumi, accertamento medico-legale, visita collegiale, interessi ,trattandosi di spese per l’Inail che
non incidevano sulla formazione della rendita a favore del Capolino che non le avrebbe mai
incassate.
Anche su tale punto la censura difetta di autosufficienza. La questione di cui al motivo in esame
non risulta trattata in alcun modo nella sentenza impugnata. Deve , pertanto, essere richiamato
quanto affermato in ordine al punto a) che precede rilevando che anche con riferimento a detta
censura il Capolino ha omesso di indicare la decisione sul punto del Tribunale ,nonché l’atto
processuale in cui aveva sollevato tale questione.
d) Circa il danno biologico il Capolino rileva che la Corte d’Appello non aveva risposto
all’appello incidentale con il quale aveva chiesto la liquidazione di detto danno come previsto dal
contratto collettivo e cioè come se l’invalidità subita ammontasse al 100% e non al 80% perché
appunto da tale misura il contratto collettivo prevedeva l’equiparazione alla misura massima.
La censura, sotto tale profilo, risulta inammissibile .
Premesso che lo stralcio del CCN L non è rinvenibile nel fascicolo di cassazione va, comunque, sul
punto,N richiamata la giurisprudenza di questa Corte ( cfr Cass SSUU n 20075/2010) secondo cui

“il deposito suddetto deve avere ad oggetto non solo l’estratto recante le singole
disposizioni collettive invocate nel ricorso, ma l’integrale testo del contratto od accordo
collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni, rispondendo tale
adempimento alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte di cassazione
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del danno da lucro cessante, ha analiticamente indicato gli elementi di cui ha tenuto conto nella

nell’esercizio del sindacato di legittimità sull’interpretazione della contrattazione
collettiva di livello nazionale”. Il motivo , sotto il profilo denunciato, è, pertanto, inammissibile
e) Infine il contro ricorrente lamenta la quantificazione effettuata dalla Corte del danno
morale nella misura di un terzo invece che nella metà tenuto conto della gravità delle lesioni.
La censura è infondata. La Corte territoriale ha adeguatamente motivato le ragioni della sua
decisione effettuata in via equitativa ma tenendo conto delle condizioni soggettive della persona
umana e della gravità del fatto.

esame degli atti e valutazioni di merito non consentite nel giudizio di legittimità.
Il ricorso incidentale deve, pertanto, essere respinto.
Infine, per completezza deve rilevarsi circa l’eccezione di inammissibilità del ricorso e di
intervenuto giudicato nel confronti di Enel per la mancata proposizione del ricorso in cassazione
anche da parte di quest’ultima che ,da un lato, detta mancata partecipazione dell’originario
debitore non si risolve nell’affermazione del formarsi del giudicato nei confronti dell’Enel o di
inammissibilità del ricorso proposto da Enel Distribuzioni , soggetto cessionario, ponendosi
soltanto un problema di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’originario debitore,
litisconsorte necessario ex art 111 cpc ( cfi – Cass n 1535/2010). Nella specie , tuttavia, può
affermarsi che a seguito dell’intervento di Enel Distribuzioni , quale successore di Enel ex art 111
cpc, quest’ultima può ritenersi tacitamente estromessa per effetto del comportamento delle parti,
pur in assenza di un esplicito provvedimento di estromissione del giudice ma anche al fine di
garantire una maggiore celerità nella definizione del giudizio ( cfr Cass SSUU n 26373/2010).
Ed invero ,deve essere valutato che la cedente non ha ,a sua volta, impugnato la decisione

manifestando disinteresse per la gestione diretta delle sorti del processo ; né è stata
proposta alcuna domanda nei suoi confronti ma anzi lo stesso Capolino ha notificato il
ricorso incidentale nei soli confronti di Enel Distribuzioni e che ,pertanto, in assenza di
alcuna concreta violazione del contraddittorio, Enel può essere ritenuta estromessa dal
giudizio.
Le spese processuali relative al presente giudizio , considerato il rigetto del ricorso
principale e di quello incidentale , ma valutato che il rigetto del ricorso principale ha
determinato la conferma delle responsabilità del datore di lavoro e< dei conseguenti obblighi risarcitori mentre il ricorso incidentale ha riguardato aspetti meno rilevanti della decisione , stimasi equo compensare per la metà le spese processuali ponendo a carico della ricorrente la restante parte di dette spese ,liquidate come in dispositivo. Il Le censure del Capolino per ottenere una liquidazione più elevata del danno morale implicano PQM Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e quello incidentale ; condanna la ricorrente Enel Distribuzioni a pagare al Capolino la metà delle spese processuali liquidate per questa parte in E 100,00 per esborsi ed E 7.500,00 per compensi professionali , oltre accessori di legge , compensa le spese processuali per la restante parte Nulla per spese per le parti rimaste intimate. Roma 19/11/2013 •

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