Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28136 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 31/10/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 31/10/2019), n.28136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22478-2018 proposto da:

V.A.T., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PENTONE ANTONIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 117/26/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 09/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

ANTONIO FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO

Che:

Con sentenza in data 9 gennaio 2018 la Commissione tributaria regionale della Campania confermava la decisione della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva respinto il ricorso proposto da V.A.T. contro l’avviso di accertamento con il quale, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), veniva rettificato, ai fini IRPEF, IRAP ed IVA, il reddito di impresa del contribuente, recuperando a tassazione costi non documentati. Osservava la CTR che il contribuente non aveva dimostrato che i costi indicati nelle fatture relative a prestazioni effettate in suo favore erano stati effettivamente sostenuti, considerato che le suddette fatture non contenevano gli elementi prescritti dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21 e che non sussisteva corrispondenza tra i prelevamenti dal conto corrente documentati dal contribuente e gli importi e le date delle fatture. Rilevava, inoltre, che l’omessa indicazione nelle fatture dei dati prescritti dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, integrava quelle gravi irregolarità che, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, legittimano l’Amministrazione finanziaria a ricorrere all’accertamento induttivo del reddito imponibile.

Avverso la suddetta sentenza, con atto del 4 luglio 2018, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo il ricorrente – denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21 – lamenta che la CTR abbia ritenuto ininfluenti i documenti prodotti dal contribuente al fine di dimostrare l’effettiva esecuzione dei lavori cui si riferivano le fatture e, quindi, il sostenimento dei relativi costi.

La censura è inammissibile per difetto di autosufficienza, avendo il ricorrente omesso di riprodurre in ricorso ovvero allegare allo stesso le fatture in questione e la documentazione attestante i lavori eseguiti ed i relativi costi, non consentendo in tal modo a questa Corte di verificare, sulla base del riscontro documentale, la portata delle censure mosse alla sentenza impugnata.

Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata ex artt. 111 Cost., comma 6, e art. 132 c.p.c., per illogicità della motivazione e per avere la CTR ritenuto che la mancanza nelle fatture degli elementi prescritti dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comportasse per il contribuente l’onere di provare i relativi pagamenti.

Il motivo è infondato.

Posto che la motivazione della sentenza impugnata, nei termini in precedenza riassunti, consente di individuare il percorso logico seguito dal giudice per addivenire alla decisione, va rammentato che, in tema di imposte sui redditi, l’irregolarità della fattura, non redatta in conformità ai requisiti di forma e contenuto prescritti dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, fa venir meno la presunzione di veridicità di quanto in essa rappresentato e la rende inidonea a costituire titolo per il contribuente ai fini del diritto alla deduzione del costo relativo, per cui l’Amministrazione finanziaria può limitarsi a contestare l’effettività delle operazioni ad essa sottese e ritenere indeducibili i costi nella stessa indicati (tra le tante, Cass. n. 21446 del 2014), con conseguente onere del contribuente di integrare il contenuto generico della fattura con idonei elementi di prova (Cass. n. 14858 del 2018).

In conclusione, il ricorso, diversamente dalla proposta del relatore, deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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