Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28130 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/12/2020, (ud. 11/11/2020, dep. 10/12/2020), n.28130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21227/2019 R.G. proposto da:

Z.B., (C.F. (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’Avv.

RAFFAELLA VALLETTI, elettivamente domiciliata in Roma, Via Francesco

Sivori, 8;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,

n. 943/01/2019, depositata il 21 febbraio 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

dell’11 novembre 2020 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La contribuente ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta dell’anno 2009, con il quale – a seguito di un procedimento penale avente ad oggetto somme provenienti da condotte illecite – veniva accertato un maggior reddito imponibile, conseguente all’accertamento di trasferimenti all’estero di somme di danaro sottratte a imposizione fiscale tramite il money transfer “(OMISSIS)” sito in (OMISSIS), con recupero di IRPEF, IRAP e IVA, oltre accessori e sanzioni. La contribuente ha dedotto l’inutilizzabilità degli elementi acquisiti in sede penale, nonchè vizio di motivazione dell’atto impositivo.

La CTP di Roma ha accolto il ricorso e la CTR del Lazio, con sentenza in data 21 febbraio 2019, ha accolto l’appello dell’Ufficio.

Ha ritenuto il giudice di appello che l’intervenuta prescrizione in sede penale, con conseguente mancata assoluzione nel merito della contribuente dal reato, attribuisce agli elementi indiziari addotti dall’Ufficio pregnanza probatoria. Ha, inoltre, osservato il giudice di appello che la contribuente si è difesa assumendo solo di non essere stata coinvolta nel procedimento penale.

Propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria; l’Agenzia intimata si è costituita ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1 – Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p. e art. 129 c.p.p., comma 2, e del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 20 nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. delle regole di valutazione della prova, per avere la sentenza impugnata, nella parte in cui ha fondato il proprio convincimento sulla base delle risultanze del procedimento penale (procedimento conclusosi con la prescrizione del reato), violato il principio dell’autonomia del processo tributario rispetto a quello penale. Deduce la ricorrente la nullità della sentenza nella parte in cui la sentenza impugnata fa discendere dalla prescrizione ottenuta dalla contribuente in sede penale la fondatezza dell’accertamento tributario, senza procedere ad autonoma valutazione degli elementi acquisiti in sede penale. Deduce, inoltre, la ricorrente che la sentenza penale non farebbe stato nel processo tributario in assenza di autonoma ricostruzione del fatto, attese le limitazioni probatorie proprie del procedimento tributario, nè tanto meno questo può avvenire per effetto del recepimento in sede tributaria della sentenza penale di prescrizione.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2 e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, denunciandosi motivazione apparente nella parte in cui la sentenza impugnata ha fondato la ratio decidendi sulla sola sentenza penale, senza avere descritto in cosa consista la condotta illecita della ricorrente, nonchè senza esaminare gli elementi in fatto.

1.3 – Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2727,2729 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui la sentenza impugnata ha desunto, dalla definitività della sentenza penale di proscioglimento per prescrizione la pregnanza del coacervo indiziario addotto dall’Ufficio, laddove gli elementi acquisiti nel procedimento penale hanno natura processuale di meri indizi, da sottoporre al prudente apprezzamento del giudice, prudente apprezzamento che sarebbe del tutto mancato.

2 – Il Collegio ritiene, diversamente dalla proposta del relatore, che il secondo motivo, il quale riveste carattere pregiudiziale, è infondato.

2.1 – Secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che possono essere esaminate e si convertono, all’evidenza, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, con conseguente nullità della sentenza – di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), solo ove la motivazione sia totalmente mancante, ovvero risulti inidonea ad assolvere alla funzione di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598).

2.2 – Nel caso di specie la sentenza impugnata ha ritenuto fondati gli elementi posti a fondamento dell’avviso di accertamento del maggior reddito, conseguente alla sottrazione a tassazione di somme frutto di attività imprenditoriale in quanto trasferite all’estero. Sotto tale profilo, la CTR ha valorizzato la sentenza di prescrizione in sede penale quale fonte di innesco del ragionamento decisorio (“la dichiarata prescrizione dell’azione penale nei confronti della contribuente (…) fonda il suo presupposto (…) nell’esclusione (come esplicitata in sentenza, cfr. pag. 22) di una pronuncia di assoluzione nel merito ai sensi dell’art. 129 c.p.p.”), che, sulla base di tale circostanza, ha confermato il quadro indiziario addotto dall’Ufficio nel giudizio tributario (“non essendoci stata possibilità di escludere la sussistenza del fatto reato e la relativa commissione da parte dell’imputata, ciò che era fonte di dubbio nel giudizio tributario di primo grado (…) assume in questa sede di gravame una diversa e più rilevante importanza, corroborando le prove pur fornite dall’Agenzia delle Entrate (documentazione extra conta bile, trasferimenti frazionati e di importo ricorrente, codici fiscali di soggetti inesistenti ovvero inconsapevoli, conoscenza di una dipendente della ditta, numero telefonico, ecc.), che smettono di essere semplici ipotesi probabilistiche (…) per assumere la differente fisionomia di affermazioni di realtà”).

La motivazione, seppure sintetica, dà conto del percorso logico-giuridico seguito dal giudice di appello, secondo cui la sentenza penale di prescrizione è stata considerata quale elemento di rinforzo del quadro indiziario addotto dall’Ufficio ai fini della prova del fatto costitutivo della pretesa tributaria.

3 – Il primo motivo e il terzo motivo, i quali possono essere valutati congiuntamente, diversamente da quanto indicato in proposta, sono infondati, non risultando nella specie nè la violazione delle regole di valutazione della prova, nè risultando che la CTR abbia tratto il proprio convincimento esclusivamente sula base della sentenza penale di prescrizione.

3.1 – Si osserva preliminarmente come la motivazione di una sentenza in materia tributaria può essere redatta per relationem rispetto a quella resa in un’altra decisione, purchè riproduca i contenuti mutuati e li renda oggetto di un’autonoma valutazione critica, in modo da consentire la verifica della compatibilità logico giuridica del rinvio. E’, difatti, principio comunemente condiviso che il giudice tributario non può uniformarsi genericamente agli esiti di un procedimento conclusosi in sede penale, senza specificarne la rilevanza ai fini dell’accertamento tributario (Cass., Sez. VI, 6 marzo 2018, n. 5209), posto che la sentenza penale, conclusiva del procedimento, costituisce mera fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare (Cass., Sez. V, 27 giugno 2019, n. 17258).

Ciò accade anche in caso di procedimento penale conclusosi con la prescrizione del reato, la cui sentenza (che dichiari l’estinzione del reato per prescrizione) può essere valorizzata dal giudice tributario al fine di trarre da essa elementi di giudizio (Cass., Sez. V, 9 marzo 2020, n. 6532), essendo compito del giudice tributario, anche in questo caso, valutare incidentalmente la rilevanza penale della condotta del contribuente (Cass., Sez. V, 4 aprile 2019, n. 9419).

3.2 – Nella specie, la CTR ha riformato il giudizio del giudice di primo grado, circa la prova del coinvolgimento consapevole della contribuente nella sottrazione a tassazione delle somme inviate all’estero tramite money transfer, sulla base di un coacervo indiziario addotto dall’Ufficio e indicato sinteticamente (“documentazione extra contabile, trasferimenti frazionati e di importo ricorrente, codici fiscali di soggetti inesistenti ovvero inconsapevoli, conoscenza di una dipendente della ditta”). Tale coacervo indiziario è stato considerato pregnante sulla base della valutazione della mancata esclusione della responsabilità penale della contribuente in sede penale, quale effetto dell’applicazione della prescrizione ex art. 129 c.p.p.. La sentenza penale non ha costituito, pertanto, fonte esclusiva del convincimento del giudice tributario, ma elemento di rinforzo e di “corroboramento” degli elementi indiziari forniti dall’Ufficio e acquisiti nel procedimento tributario.

Nè tale sentenza è stata valutata acriticamente, in quanto la stessa è stata considerata quale elemento connotante gli indizi acquisiti sotto il profilo della consapevolezza del coinvolgimento della contribuente nel trasferimento all’estero delle somme, quale effetto della mancata assoluzione della contribuente in sede penale (“non essendoci stata la possibilità di escludere la sussistenza del fatto reato e la relativa commissione da parte dell’imputata (..) le prove pur fornite dall’Agenzia delle Entrate (..) smettono di essere semplici ipotesi”).

Nè il Collegio ritiene che le ulteriori argomentazioni contenute in memoria forniscano ulteriori utili spunti di discussione.

4 – Il ricorso va, pertanto rigettato. Nulla per le spese, in assenza di difese scritte dell’Amministrazione finanziaria. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso; dà atto che sussistono l’presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, se dovuti.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

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