Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28126 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 28126 Anno 2017
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 18901-2013 proposto da:
PONZANELLI LIVIO (PNZLVI65D29H183K), PADALINA
SANDRA (PDLSDR70P67D969Q), IOVINO CLEMENTINA
(VNICMN58T52D969P),

MEDICI

ROBERTO

(MDCRRT65C19D969M), elettivamente domiciliati in ROMA, V.
NAZARIO SAURO 16, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA
REHO, rappresentati e difesi dall’avvocato MASSIMO PISTILLI;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA
(80185250588), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;

Data pubblicazione: 24/11/2017

- controrkorrente nonché da
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA
(80185250588), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

difende ope legis;
– ricorrente successivo Contro
CLAVAREZZA CRISTINA, ROSSI FABIO, SECCHI MONTA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA, 2 presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCO AMERICO, che li rappresenta e difende
unitamente agli avvocati VITTORIO ANGIOLINI, BARSANTI
MAUCERI, GLORIA PIERI, FRANCESCO AMERICO;
– controricorrente al ricorso successivo nonché da
CLAVAREZZA CRISTINA, ROSSI FABIO, SECCHI MONTA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA, 2 presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCO AMERICO, che li rappresenta e difende
unitamente agli avvocati VITTORIO ANGIOLINI, BARSANTI
MAUCERI, GLORIA PIERI, FRANCESCO AMERICO;
– ricorrenti successivi contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, in
persona del Ministro pro tempore,
– intimato –

Ric. 2013 n. 18901 sez. ML – ud. 21-09-2017
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l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

avverso la sentenza n. 61/2013 della CORTE D’APPELLO di
GENOVA, depositata il 13/2/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 21/9/2017 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA.

– con la sentenza impugnata la Corte di appello di Genova, previa
riunione delle cause, in solo parziale riforma delle decisioni del Tribunale
di Genova, respingeva le domande proposte in primo grado da Livio
Ponzanelli, Monica Carità, Rosetta Butera, Federica Molinaro, Fabio
Rossi, Anna Rosa Tassone, Monia Secchi, Adriana Cannata, Cristina
Clavarezza e Giuseppe Isola, docenti ed appartenenti al personale ATA,
assunti con ripetuti contratti a tempo determinato, ritenendo la piena
legittimità dei contratti, confermava le decisioni nella parte in cui
avevano ritenuto la legittimità dei contratti stipulati da Raffaella Ferrari,
Simonetta Demuro, Simona Fazio, Roberto Medici, Sandra Padalina,
Maria Mirella Ruggiero e Clementina Iovino e nella parte in cui avevano
riconosciuto in favore di tutti i sopra indicati lavoratori la progressione
stipendiale maturata in forza di tali contratti;
– la Corte territoriale, richiamato quanto affermato da questa Corte
nella sentenza n. 10217/2012, ha sostenuto che i contratti a termine del
settore scolastico, tanto per il personale docente quanto per quello
amministrativo, tecnico ed ausiliario, non sono disciplinati dal d.lgs.
368/2001, ma dalle norme speciali contenute nel d.lgs. n. 297/1994 e
nella 1. n. 124/1999; ha escluso che la speciale disciplina fosse in
contrasto con la direttiva 1999/70/CE ed ha affermato che la
valutazione e.,c ante’ delle ragioni sottese a ciascuna tipologia contrattuale
a termine, tipizzata’ dall’art. 4, co. 1, 2 e 3, della 1. n. 124/1999, assolveva
in maniera idonea e sufficiente l’onere di specificazione delle ragioni di
Ric. 2013 n. 18901 sez. ML – ud. 21-09-2017
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Rilevato che:

apposizione della clausola di durata dei contratti di lavoro; per il resto la
Corte genovese, richiamato il principio di non discriminazione sancito
dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato,
trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999, nel respingere le
censure mosse dal Miur, ha svolto le seguenti considerazioni: – le

discriminazione, comprendono, in conformità con quanto chiarito dalla
Corte di Giustizia, tutti gli istituti idonei ad incidere sulla quantificazione
del trattamento retributivo, non essendo idonei a giustificare una
diversità di trattamento tanto la mera circostanza che un impiego nel
settore pubblico sia definito ‘non di ruolo’, quanto la specialità del
sistema del reclutamento scolastico; – la posizione del docente a tempo
indeterminato e quella di chi ha lavorato con continuità nella medesima
mansione in forza di una pluralità di rapporti a termine sono pertanto
pienamente equiparabili, non potendo essere preclusiva la circostanza
che si tratti di un impiegato ‘non di ruolo’, non assunto per pubblico
concorso e non soggetto a stabilizzazione dopo un periodo di prova;
– per la cassazione della sentenza hanno proposto separati ricorsi
Roberto Medici, Sandra Padalina, Livio Ponzanelli e Clementina Iovino
(ricorso cui il Miur ha resistito con controricorso), il Miur (ricorso cui
hanno resistito con controricorso Cristina Clavarezza, Fabio Rossi e
Monia Secchi) e Cristina Clavarezza, Fabio Rossi e Monia Secchi (ricorso
rispetto al quale il Miur non ha svolto attività difensiva);
– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.,
stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione
dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
– successivamente è stato depositato atto di rinuncia da parte del
Ministero;

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condizioni di impiego, rispetto alle quali sussiste il divieto di

- i lavoratori Roberto Medici, Sandra Padalina, Livio Ponzanelli e
Clementina ‘ovino hanno depositato memorie;
– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Considerato che:

il ricorso del Miur va dichiarato inammissibile in quanto, non

(rinuncia notificata alla parte costituta o comunicata agli avvocati della
stessa), non può farsi luogo alla dichiarazione di estinzione del processo
ai sensi di tale norma (nella specie manca la prova dell’avvenuta notifica
risultando solo l’avvenuta consegna all’UNEP della Corte di appello di
Roma in data 4 settembre 2017 dell’atto da notificare);
– invero, l’atto di rinuncia ha carattere recettizio, esigendo l’art. 390
cod. proc. civ. che esso sia notificato alle parti costituite o comunicata ai
loro avvocati che vi appongono il visto (cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio
2010, n. 3876; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2259) e che l’accettazione della
controparte rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese,
stabilendo il secondo comma dell’art. 391 cod. proc. civ. che, in assenza
di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la
parte che vi ha dato causa alle spese;
– la rinuncia non notificata, sebbene non idonea a determinare
l’estinzione del processo, denota comunque il venire meno di ogni
interesse alla decisione e comporta pertanto l’inammissibilità del ricorso
(cfr. Cass. n. 2259/2013, Cass. n. 11606/2011, Cass., Sez. Un., n.
3876/2010, Cass. n. 23685/2008, Cass. n. 3456/2007, Cass. n.
24514/2006, Cass. n. 15980/2006, Cass. n. 22806/2004);
– con il primo motivo i ricorrenti Roberto Medici, Sandra Padalina,
Livio Ponzanelli e Clementina Iovino denunciano violazione e/o falsa
applicazione del considerando n. 16, dell’art. 2 della direttiva
1999/70/CE, nonché del preambolo (commi 2, 3 e 4 dei punti 6, 7, 10
Ric. 2013 n. 18901 sez. ML – ud. 21-09-2017
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essendo rispettate le formalità previste dall’art. 390 cod. proc. civ.

delle considerazioni generali, della clausola 1, lettera b, della clausola 2,
punto 1), della clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro CES – UNICE CEEP sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, recepito e
allegato alla direttiva comunitaria 1999/70/CE; violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 1, 4, 5 (commi 4 e 4 bis), 10, 11 del d.lgs. n.

1999 n. 124. Premettono che le supplenze disciplinate dall’art. 4 della 1. n.
124/1999 sono volte a soddisfare esigenze permanenti sia nella ipotesi in
cui attengano a vacanze sul cosiddetto organico di diritto, sia qualora si
riferiscano a posti disponibili di fatto, atteso che solo i contratti a termine
previsti dal comma 3 del richiamato art. 4 presuppongono una ragione
effettivamente temporanea e transitoria, essendo per lo più stipulati nei
casi di sostituzione di personale assente. Deducono che la normativa
speciale, in quanto in insanabile contrasto con le previsioni del d.lgs. n.
368/2001, è stata da quest’ultimo abrogata, in forza della norma di
chiusura dettata dall’art. 11 dello stesso decreto. Aggiungono che il
sistema del reclutamento del personale a termine della scuola viola la
direttiva richiamata in rubrica, perché consente la reiterazione del
contratto a tempo determinato in assenza di ragioni oggettive, non
potendosi ritenere tali le esigenze di contenimento della spesa pubblica, e
senza porre alcun limite al numero dei rinnovi o alla durata massima dei
contratti;
– con il secondo motivo denunciano la violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 oltre che della direttiva
eurounitaria e del già richiamato d.lgs. n. 368/2001. Sostengono che, una
volta accertata l’illegittimità della reiterazione, dovrebbe essere disposta la
trasformazione del rapporto a termine in contratto a tempo
indeterminato, in quanto il personale da immettere definitivamente nei
ruoli del Ministero viene individuato sulla base della posizione rivestita
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368/2001, anche in combinato disposto con l’art. 4 della legge 4 giugno

nelle graduatorie permanenti, utilizzate anche per il conferimento delle
supplenze annuali. Nell’ambito scolastico, quindi, alla pronuncia di
conversione non risulta ostativo il principio costituzionale del pubblico
concorso, giacché il reclutamento, anche nella sua forma ordinaria,
prescinde da quest’ultimo. Aggiungono che la giurisprudenza della Corte

sanzionato anche attraverso una misura diversa dalla conversione, purché
quest’ultima sia effettiva, dissuasiva ed equivalente. Il risarcimento del
danno, pertanto, deve essere congruo e deve avere anche una finalità
sanzionatoria;
– con il terzo motivo denunciano la violazione e/o falsa applicazione
del diritto comunitario avuto riguardo alla direttiva 1999/70 CE e la
violazione dell’obbligo internazionale derivante dall’art. 6/1 della
Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Asseriscono che il comma
18 dell’art. 9 del d.l. n. 70/2011 sarebbe in contrasto con la citata
direttiva 1999/70/CE;
– i suddetti ricorrenti chiedono anche darsi avvio, ai sensi dell’art. 267
del TFUE, alla procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE,
formulata sulla dedotta contrarietà con la clausola 5, punti 1 e 2,
dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla
Direttiva 1999/70/CE, e della clausola 4 dello stesso accordo quadro, e
sull’ipotizzato contrasto 3 del principio di uguaglianza e non
discriminazione del diritto UE, del trattamento previsto nel nostro
ordinamento rispettivamente per i contratti di lavoro a tempo
determinato stipulati con la pubblica amministrazione, in particolare nel
Comparto Scuola;
– rilievi sostanzialmente analoghi sono mossi dai ricorrenti successivi
Cristina Clavarezza, Fabio Rossi e Morda Secchi;

Ric. 2013 n. 18901 sez. ML – ud. 21-09-2017
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di Giustizia è chiara nell’affermare che l’abuso può essere represso e

- in particolare, con il primo motivo detti ricorrenti denunciano
violazione del d.lgs. n. 368/2001. Rilevano la mancanza di disposizioni
volte ad escluderne l’applicazione ai contratti stipulati con il personale
scolastico ed assumono che dovrebbe farsi applicazione congiunta delle
disposizioni contenute nei decreti legislativi n. 165 e n. 368 del 2001 al

a termine del personale scolastico, posto che la disciplina sulle supplenze
scolastiche non conterrebbe alcuna disposizione volta a reprimerne la
reiterazione;
– con il secondo motivo denunciano la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 5, co. 4 bis, del d.lgs. n. 368/2001. Sostengono che
detta disposizione mira ad ostacolare l’esito positivo dei giudizi instaurati
dai lavoratori del comparto giudizi fondati sui principi affermati
nell’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP del 1999, recepito nella
Direttiva 70/99/CE. Deducono che il ricorso reiterato e continuo ai
contratti a tempo determinato mira a far fronte ad esigenze non
temporanee e di fatto realizza violazione del principio di parità di
trattamento tra dipendenti a tempo determinato e dipendenti a tempo
indeterminate;
– con il terzo motivo denunciano omessa e comunque insufficiente
motivazione in relazione alla richiesta di disapplicazione dell’art. 9, co.
18, del d.l. n. 70/2011 conv. in 1. n. 106/2011, della eccezione di
illegittimità comunitaria e costituzionale di detta norma, anche con
riguardo all’art. 6 della Convenzione EDU. Lamentano che la Corte
territoriale non ha esposto le ragioni del mancato accoglimento di tali
richieste;
– con il quarto motivo denunciano violazione e falsa applicazione
dell’art. 1 del d.lgs. n. 368/2001. Assumono che, diversamente da quanto
affermato nella sentenza impugnata, troverebbe applicazione l’art. 1, co.
Ric. 2013 n. 18901 sez. ML – ud. 21-09-2017
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fine di rendere conforme alla Direttiva Europea la disciplina dei contratti

1, del d.lgs. n. 368/2001 che afferma che il contratto a tempo
determinato costituisce eccezione rispetto al contratto di lavoro a tempo
indeterminato. Sostengono, inoltre, che nel settore pubblico il legislatore,
nel modificare l’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001, ha consentito alle
pubbliche amministrazione di fare ricorso al lavoro flessibile solo in

– con il quinto motivo denunciano la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1, co. 1 e 2, 5, co. 4 bis del d.lgs. n. 368/2001, ed omessa ed
insufficiente motivazione per aver ritenuto la Corte territoriale di non
entrare nel merito delle conseguente derivanti dalla illegittimità dei
termini apposti ai contratti in questione;
– con il sesto motivo denunciano la violazione dell’art. 32, co. 5 della 1
.n. 183/2010 ed omessa ed insufficiente motivazione, per non avere la
Corte territoriale esaminato la domanda volta al pagamento della
indennità omnicomprensiva di cui al citato art. 32;
– con il settimo motivo denunciano la violazione dell’art. 36 del d.lgs.
n. 165/2001 per non avere la Corte territoriale considerato che, a fronte
di assunzioni a tempo determinato attraverso procedure selettive
trasparenti e conformi ai criteri di cui all’art. 35 del d.lgs. n. 165/2001, i
rapporti di lavoro a tempo determinato, ben sarebbero potuti proseguire,
una volta accertata la illegittimità del termine, come rapporti di lavoro
subordinato a tempo indeterminato e comunque per non aver
riconosciuto, a fronte di una illegittima reiterazione di contratti a termine,
stipulati in violazione dei principi generali di diritto comunitario, alcun
risarcimento;
– ripropongono, infine, le questioni di pregiudiziale comunitaria, di
illegittimità costituzionale, richiamando i principi affermati dalla Corte di
Giustizia, dalla Corte di Strasburgo con riguardo all’art. 6 della CEDU (

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presenza di esigenze temporanee ed eccezionali;

art. 6), e invocano le disposizioni contenute negli artt. 47 e 52 della Carta
di Nizza;
– le questioni oggetto dei motivi di entrambi i ricorsi dei lavoratori
sono già state scrutinate da questa Corte nelle recenti decisioni del 2016
nn. da 22552 a 22557, 23534, 23535, 23750, 23751, 23866, 23867 , da

24813 a 24816, in relazione a fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a
quella in esame;
– in particolare è stato affermato (punto 118.A della citata Cass. n.
22557/2016) che la disciplina del reclutamento del personale a termine
del settore scolastico, contenuta nel d.lgs. n. 297/1994, non è stata
abrogata dal d.lgs. n. 368/2001, essendone stata disposta la salvezza
dall’art. 70, comma 8, del d.lgs. n. 165/2001, che ad essa attribuisce un
connotato di specialità;
– è stato anche precisato (punto 119.B) che, per effetto della
dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 4, co. 1, e 11 della 1. n.
124/1999 e in applicazione della direttiva 1999/70/CE, è illegittima la
reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi di detti artt. 4, co. 1, e
11 della 1. n. 124/1999, prima dell’entrata in vigore della 1. n. 107/2015,
rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo,
tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e
disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano
prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, stipulati a far tempo dal
10.7.2001 e che abbiano avuto durata complessiva, anche non
continuativa superiore a trentasei mesi;
– è stato rimarcato (punto 120.C) che, ai sensi dell’art. 36 (originario
comma 2, ora comma 5) del d.lgs. n. 165/2001, la violazione di
disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori,
da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la
Ric. 2013 n. 18901 sez. ML – ud. 21-09-2017
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24934 a 24040, da 24126 a 24130, 24272, 24273, 24275, 24276, e da

costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le
medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità
e sanzione;
– è stato, altresì, chiarito (punto 121.D) che nelle ipotesi di
reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4, co. 1, della

107/2015, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti
vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano
prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata
misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a
sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della
violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista
nella citata 1. n. 107/2015, attraverso il piano straordinario destinato alla
copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto,
relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione
del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi
certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel
tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad
esaurimento, secondo quanto previsto dal comma 109 dell’art. 1 della 1.
n. 107/2015 e così anche (punto 122.E) nelle ipotesi di reiterazione,
realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore dell’indicata
legge, rispettivamente con il personale docente e con quello
amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti
vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano
prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata
misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a
sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della
violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti

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1. n. 124/1999, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della 1. n.

e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare
dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali;
– qualora trattasi unto 124.G) di ipotesi di reiterazione di contratti a
termine stipulati ai sensi dell’ art. 4, co. 1, 1. n. 124/1999, avveratasi a far
data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed

precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al
risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella
sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072/2016;
– invece (punti 102 e 125.H) nelle ipotesi di reiterazione di contratti a
termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su ‘organico di
fatto’ e per le supplenze temporanee non è in sé configurabile alcun
abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva fermo
restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio
o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola
reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima;
– va rilevato che nelle fattispecie dedotte in giudizio non è
configurabile comunque alcuna abusiva reiterazione dei contratti a
termine in quanto pare evincersi dalle pur scarne indicazioni contenute
tanto nella sentenza impugnata quanto nel ricorso per cassazione
(almeno in quello proposto da Roberto Medici, Sandra Padalina, Livio
Ponzanelli e Clementina Iovino) che si è trattato esclusivamente di
assunzioni a termine a termine su posti di organico di diritto che non
hanno avuto durata superiore a trentasei mesi (né invero i suddetti
ricorrenti hanno specificamente dedotto che detto termine sia stato
superato, limitandosi ad una generica affermazione di non brevità o
temporaneità e senza alcun distinguo tra le posizioni di un ricorrente e
l’altro) ovvero di assunzioni su posti di organico di fatto, per coprire
posti che non sono tecnicamente vacanti, ma si rendono di fatto
Ric. 2013 n. 18901 sez. ML – ud. 21-09-2017
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ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi

disponibili, per varie ragioni, quali l’aumento imprevisto della
popolazione scolastica nel singolo istituto, la cui pianta organica resti
tuttavia imtnutata, oppure per l’aumento del numero di classi, dovuto a
motivi contingenti, ad esempio di carattere logistico – cfr. punto 19 della
citata Cass. n. 22557/2016 -; tale circostanza è assolutamente chiara per

Rossi e Monia Secchi – pag. 3 del ricorso per cassazione -;
– tutti gli indicati ricorrenti non hanno, d’altra parte mai dedotto o
allegato – se non con apodittica e generica affermazione – che vi sia stato,
nella concreta attribuzione delle supplenze sui posti in organico di fatto,
un uso improprio o distorto del potere di macrorganizzazione delegato
dal legislatore al Ministero in ordine alla ricognizione dei posti e delle
concrete esigenze del servizio nè tampoco ha allegato circostanze
concrete (quali il susseguirsi delle assegnazioni presso lo stesso Istituto e
con riguardo alla stessa cattedra) che consentissero di ritenere
permanenti e durature le esigenze di copertura dei posti di fatto
disponibili;
– quanto evidenziato ai punti che precedono rende non solo superfluo
l’esame dei motivi relativi alle conseguenze risarcitorie ma anche
irrilevante la questione posta in sede di memoria da Roberto Medici,
Sandra Padalina, Livio Ponzanelli e Clementina Iovino circa la
permanenza di un diritto al risarcimento del danno anche in ipotesi di
immissione in ruolo, questione che presuppone una declaratoria di
illegittimità delle assunzioni;
– vanno, poi, richiamate le considerazioni esposte nei punti da 105 a
116 della citata decisione di questa Corte in merito alla non necessità di
un nuovo rinvio pregiudiziale, giacché sul concetto di equivalenza ed
effettività la Corte di Giustizia si è più volte pronunciata e proprio su

Ric. 2013 n. 18901 sez. ML – ud. 21-09-2017
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quanto attiene alle posizioni dei ricorrenti Cristina Clavarezza, Fabio

dette pronunce le Sezioni Unite di questa Corte hanno fondato il
principio di diritto affermato con la sentenza n. 5072/2016;
– quanto innanzi considerato evidenzia l’insussistenza di alcuna
ragione per accogliere la richiesta, formulata nella memoria da Roberto
Medici, Sandra Padalina, Livio Ponzanelli e Clementina Iovino, per la

– sulla scorta delle considerazioni svolte discende che la sentenza
impugnata, seppur erronea nella parte in cui ha escluso qualsiasi profilo
di contrasto fra la normativa speciale del settore scolastico e la direttiva
1999/70/CE, deve essere confermata, ex art. 384, co. 4, cod. proc. civ.,
perchè il suo dispositivo è conforme a diritto sulla base della diversa
motivazione qui enunciata;
– pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, i ricorsi
dei lavoratori vanno rigettati e va dichiarata l’inammissibilità del ricorso
del Miur;
– la novità e la complessità delle questioni, diversamente risolta dalle
Corti territoriali e solo di recente affrontata dalla Corte di legittimità,
giustificano la compensazione delle spese del giudizio;
– va dato atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, co. 17, della 1. n.
228/2012, in quanto l’obbligo del previsto pagamento aggiuntivo non è
collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto
integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del ricorso
(così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014);
– l’indicata norma, tuttavia, non può trovare applicazione nei
confronti delle Amministrazioni dello Stato atteso che le stesse, mediante
il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento
delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. n. 1778/2016);

P.Q.M.
Ric. 2013 n. 18901 sez. ML – ud. 21-09-2017
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rirnessione alla pubblica udienza;

La Corte, rigetta i ricorsi dei lavoratori e dichiara l’inammissibilità
del ricorso del Miur; compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei lavoratori
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 settembre 2017.

quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

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