Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28120 del 10/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/12/2020, (ud. 11/11/2020, dep. 10/12/2020), n.28120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33841-2018 proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LAURA

MANTEGAZZA 24, presso il sig. MARCO GARDIN, rappresentato e difeso

dall’avvocato STEFANO LOPARDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS), AGENZIA DELLE

ENTRATE (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3592//2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’ABRUZZO, depositata il 16/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

ENZA LA TORRE.

 

Fatto

RITENUTO

che:

S.F. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR dell’Abruzzo, che in controversia su impugnazione del diniego dell’Amministrazione finanziaria di provvedere in autotutela alla revoca della cartella D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis – emessa per il recupero di un credito d’imposta a titolo di acconti anno 2009 (dichiarazione dei redditi 2010), non versati per effetto della sospensione degli adempimenti fiscali per gli eventi sismici in Abruzzo del 6 aprile 2009 ha rigettato l’appello del contribuente.

La CTR ha preliminarmente rilevato che contro il diniego dell’Amministrazione di procedere all’esercizio dell’autotutela può essere proposta impugnazione solo per lamentare eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria.

Nel merito, preso atto del D.L. 28 aprile 2009, che ha sospeso i versamenti fiscali anche con riferimento a eventuali acconti per l’anno fiscale in corso, e della L. n. 902 del 2009, che ha fissato al 31.12.2010 la ripresa dei versamenti, ha precisato che la indicata normativa riguardava solo i residenti fuori dal cosiddetto cratere sismico. Per i residenti nell’area del “cratere” la L. n. 183 del 2011 ha stabilito la ripresa della riscossione dal 1 gennaio 2012, con obbligo di versamento degli acconti riportati in dichiarazione e non versati, perchè sospesi, a partire da tale data. La diversa disciplina tra i residenti fuori e all’interno del cd. Cratere sismico trova giustificazione nel diverso livello di danno subito; nè rientra nel potere dell’Ufficio applicare una diversa disciplina.

L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso, sollevando la questione pregiudiziale della non impugnabilità dell’atto di parziale accoglimento dell’istanza di revoca in via amministrativa della liquidazione dell’imposta, ribadendo per il resto la legittimità della sentenza impugnata. Il ricorrente deposita memoria.

Il ricorrente ha rubricato le censure nel seguente modo 1) violazione e falsa applicazione della normativa speciale per le zone colpite dal terremoto, ex art. 360 c.p.c., n. 3; 2) nullità del procedimento per difetto e carenza assoluta del presupposto ex art. 360 c.p.c., n. 4; 3) omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5; 4) violazione del principio del giusto processo, ex art. 360 c.p.c., n. 4 e difetto assoluto di motivazione in relazione all’errore sul fatto della residenza nel o fuori cratere. Nella parte motiva del ricorso si lamenta che la CTR avrebbe dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto con l’atto parziale di sgravio, a suo dire pienamente impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19. Ha poi dedotto che tale statuizione è affetta da nullità per motivazione apparente, inoltre censurando l’erroneità della decisione di merito, che pure la CTR aveva esaminato, estendendo a suo dire illegittimamente la normativa dei residenti fuori cratere al ricorrente, residente nel cratere.

Orbene, la censura relativa all’assenza di motivazione della pronunzia della CTR quanto alla ritenuta inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente perchè rivolto ad impugnare un atto emesso in sede di autotutela è infondata, risultando la motivazione assolutamente cristallina, laddove ha escluso che l’atto di sgravio parziale emesso in autotutela integrasse un atto novativo, sicchè non poteva essere impugnato, a fronte dell’emanazione di tale atto, l’avviso di accertamento a suo tempo non impugnato dal contribuente. Tanto è sufficiente per ritenere assolto il c.d. minimo costituzionale al quale hanno fatto riferimento le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 8053/2014).

Quanto all’erroneità della decisione sulla ritenuta non impugnabilità dell’atto di sgravio parziale emesso in autotutela dall’amministrazione fiscale, la censura è infondata.

Ed invero, quanto alla non impugnabilità dell’atto di sgravio parziale, ritiene la Corte che esso, come correttamente statuito dalla CTR, non rientra fra gli atti impugnabili D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19 essendosi reso definitivo l’atto originario ed impugnabile prima dell’emissione del provvedimento in autotutela, oggetto della odierna causa.

Essendo l’atto impositivo di cui si pretende il ritiro in via di autotutela divenuto definitivo per mancata impugnazione, in mancanza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, ne consegue che contro il diniego dell’Amministrazione di procedere all’esercizio del potere di autotutela puo essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria (Cass. 12622/17; Cass. n. 11457 del 2010; nn. 25524 e 25563 del 2014).

Va dunque confermata sul punto la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’esercizio in autotutela di una potestà meramente ed effettivamente riduttiva “non puo comportare alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui già noto e consolidatosi in ragione della mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento” (Cass. n. 7511/16).

E’ stato altresì statuito, con decisione qui condivisa, che “in tema di contenzioso tributario, l’annullamento parziale adottato dall’Amministrazione in via di autotutela o comunque il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi, non rientra nella previsione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e none quindi impugnabile, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnaione del precedente accertamento, laddove, invece, deve ritenersi ammissibile un’autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliativa rispetto pretesa” (Cass. n. 29595 dell6 /11/2018; n. 7511/16; 25673/16).

Nella fattispecie il provvedimento di sgravio parziale conteneva una pretesa tributaria ridotta e più contenuta rispetto all’originario atto impositivo, per cui la sua impugnazione deve ritenersi inammissibile, come correttamente statuito nella sentenza impugnata.

Il fatto che la CTR abbia poi aggiunto alla dichiarazione di inammissibilità una motivazione anche nel merito della questione, non ne comporta la nullità, come preteso dal ricorrente, in quanto qualora il giudice che abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, così spogliandosi della “potestas iudicandi” sul relativo merito, proceda poi comunque all’esame di quest’ultimo, è inammissibile, per difetto di interesse il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta “ad abundantiam”: su tale ultimo aspetto Sei Un., n. 24469 del30/10/2013; cfr. Cass. n. 30393 del19/12/2017).

Il ricorso va pertanto respinto. Le spese, in ragione dell’evoluzione della giurisprudenza, vanno integralmente compensate. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Spese compensate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2020

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