Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2812 del 07/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2812 Anno 2014
Presidente: LUCCIOLI MARIA GABRIELLA
Relatore: SALVAGO SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso 23220-2008 proposto da:
BUZZONI MASSIMO, BUZZONI UMBERTO, MARIA BARIGAZZI,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FRANCESCO
ORESTANO 21, presso l’avvocato PONTESILLI FABIO,
che

li

rappresenta

e

difende

Data pubblicazione: 07/02/2014

unitamente

all’avvocato CALVI GIAN LUCA, giusta procura
2013

1955

speciale per Notaio dott. ARTURO DALLA TANA di
PARMA – Rep. n. 111.831 del 21.5.2012;
– ricorrenti contro

1

ROSI FRANCO (c.f. rsofnc50m20a944c), nella qualità
di erede legittimo di ROSI NELLO, nonchè in
proprio, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FLAMINIA 357, presso l’avvocato DI SIMONE GIUSEPPE,
rappresentato e difeso dall’avvocato MAURO ROSA,

– controricorrente contro

ROSI NELLO (DECEDUTO) IN PERSONA DEGLI EREDI,
UNIONE GAS AUTO S.P.A.;

avverso la sentenza n.

intimati

797/2008 della CORTE

D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 21/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 10/12/2013 dal Consigliere
Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato PONTESILLI che
si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

giusta procura a margine del controricorso;

Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

Svolgimento del processo
Il Collegio arbitrale previsto dall’art.25 dello Statuto
della s.p.a. Unione Gas Auto (UGA) con lodo del 3 maggio
2006,affermò la responsabilità -dedotta dai soci di
minoranza Massimo ed Umberto Buzzoni- di Nello Rosi,

.■

amministratore della società i per la cessione in conflitto
di interessi e ad un prezzo non di mercato, di una quota
di partecipazione di questa nella soc. Gas Auto Sud e lo
condannò al risarcimento del danno in favore della società
in complessivi C 789.000,00.
In riforma della decisione,la Corte di appello di Bologna,
con sentenza del 21 maggio 2008, ha dichiarato la nullità
del lodo per assoluta carenza di potestas iudicandi degli
arbitri,in quanto: a)la clausola dell’art.25 dello Statuto
della società,come integrata dagli art.33 segg. legge
5/2003,aveva previsto un arbitrato rituale,impugnabile ai
sensi dell’art.829 cod. proc.civ. e perciò necessariamente
richiedente la potestaSiudicandi del collegio arbitrale a
pronunciarlo; b)tale potestas iudicandi, tuttavia,nel
caso non sussisteva perché la clausola aveva per oggetto
le controversie tra soci e società,ovvero tra soci,e non
comprendeva quelle con gli amministratori/non incluse
neppure a seguito della menzionata legge 5/2003.

3

Per la cassazione della sentenza i Buzzoni hanno proposto
ricorso per due motivi/cui resiste il Rosi con
controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo,i Buzzoni,deducendo violazione degli

art.817 ed 829 cod.proc. civ. censurano la sentenza
impugnata per avere annullato il lodo per carenza di
potestas iudicandi degli arbitri senza considerare: a)che
il Rosi non era soltanto amministratore della società,ma
anche socio sicchè la controversia rientrava proprio fra
quelle indicate dall’art.25 che aveva sik compromesso agli
arbitri ogni questione tra soci e soci; b)che era del
tutto irrilevante il riferimento contenuto nella sentenza
ora all’istituto della rappresentanza,affatto diverso dal
rapporto esistente tra società ed amministratore, ora
all’art.34 d.lgs. 572003 rivolto ad estendere l’efficacia
della sentenza anche nei confronti di amministratori e
componenti di organi di controllo; c)che una volta
accertato che il Rosi era anche socio della società, la
circostanza che gli Lrbitri avevano giudicato su questioni
non comprese nella clausola,a1 di fuori dei limiti del
compromesso,poteva dar luogo soltanto al vizio di cui
all’art.829 n.4 cod.proc.civ. non rilevabile di ufficio,e
neppure (per la prima volta) nel giudizio di impugnazione.
Le censure sono fondate.
4

La sentenza impugnata ha annullato il lodo accogliendo
l’eccezione di carenza della potestas iudicandi degli
arbitri,pur non contestata da alcuna delle parti nel corso del
procedimento arbitrale, per aver accertato che la clausola
contenuta nell’art.25 dello Statuto dell’UGA aveva

devoluto al Collegio arbitrale “qualsiasi controversia
possa insorgere fra la società ed i soci,o tra i soci in
dipendenza del rapporto sociale…”; e che invece i Buzzoni
avevano intrapreso la speciale azione di responsabilità di
ò.c.f.
cui all’art.2393 bis nei confronti dell’amministratore
della società,che aveva dismesso a prezzo irrisorio -ed in
situazione di conflitto di interessi- la quota della
società di partecipazione alla s.r.l. Gas Auto Sud.
Ha in tal modo aderito all’indirizzo giurisprudenziale
seguito in tempi non recenti l che la potestas iudicandi
conferita dalle parti agli arbitri nasce necessariamente
subordinata non solo alla esistenza e validità del
compromesso o della clausola compromissoria,ma anche ai
relativi limiti applicativi predisposti dai contraenti;per
cui

essa

si

estende,rimanendone

coinvolta,

anche

all’accertamento della “legitimatio ad causam” delle parti
e

quindi

ai

limiti

(cfr.Cass.6208/2013):nel

soggettivi

della

clausola

caso appunto violati perché

destinatari della stessa potevano essere soltanto i soci e

5

la società UGA,e non anche gli amministratori,rimasti del
tutto estranei alla pattuizione.
Sennonchè l’orientamento più recente di questa Corte,ormai
divenuto assolutamente prevalente, ha recepito una diversa
opzione fondata sulla contrapposizione fra la fattispecie
del n.1 dell’art.829 cod. proc.civ. e quelle

successive,per la quale il difetto di potestas iudicandi
del collegio decidente, comportante un vizio insanabile
del lodo, può e deve essere rilevato di ufficio nel
giudizio di impugnazione, e anche in sede di legittimità,
con il solo limite del giudicato, indipendentemente dalla
sua precedente deduzione nella fase arbitrale (soltanto)
qualora derivi dalla nullità del compromesso o della
clausola compromissoria (cfr. sentt. nn. 10561/2004,
6230/1999, 8410/1998, 9604/1991, 4934/1982, 4317/1982,
5942/1981, 4360/1981). In particolare, tale conseguenza
riguarda l’ipotesi di esercizio da parte degli stessi
arbitri di un potere loro non attribuito, ossia il caso di
usurpazione della relativa funzione per vizio radicale
della clausola i ovvero perché la controversia sia sottratta
per legge alla cognizione del giudice privato, così da
doversi ricondurre la pronuncia da essi) resa nella
categoria dell’inesistenza, ed è chiaramente invocabile
ove il vizio prospettato investa la validità della
clausola e/o del compromesso e i relativi limiti
6

sostanziali e temporaliinonché la possibilità giuridica di
devoluzione della controversia ad arbitri
(Cass.10729/2013; 6425 e 10132/2006;10561/2004).
Pertanto nella fattispecie di potestas iudicandi degli
arbitri,in tal modo intesa non può farsi rientrare alcun

. altro caso che riguardi le più semplici ipotesi di
nomine avvenute con modalità diverse da quelle previste
dalle parti o, in mancanza, dal codice di procedura
civile, (v., fra le altre, Cass. 1066 e
ovvero

14182/2002;14588/1999);
fattispecie,

investa,come

nella

questioni relative alla determinazione

dell’ambito oggettivo della clausola compromissoria
ossia alla individuazione delle controversie, nascenti dal
contratto,

che le parti, nell’esercizio della loro

autonomia privata, hanno inteso compromettere in arbitri ovvero del

suo ambito

soggettivo,

inerente

alla

individuazione dei soggetti di essa destinatari: e per
ciascuno di essi resta ferma la regola che tanto
l’irregolare composizione del collegio decidente quanto i
vizi di interpretazione e di applicazione della clausola
possono costituire motivo d’impugnazione soltanto qualora
siano già stati denunciati nel corso del giudizio
arbitrale.kX

Si deve aggiungere che tale opzione

trova puntuale

conferma nell’analogo principio enunciato da questa Corte
7

in relazione al potere del giudice dell’impugnazione,una
volta annullato il lodo,di procedere alla fase rescissoria
del giudizio:ritenendolo precluso unicamente nell’ipotesi
di inesistenza del lodo arbitrale, che si verifica quando,
per essere inesistente il compromesso o la clausola

compromissoria l o per essere la materia del contendere
estranea a quelle suscettibili di formare oggetto di
arbitrato, viene a mancare in radice la potestas decidendi
degli arbitri/ la cui pronuncia perciò costituisce una
vera e propria usurpazione di potere (Cass.11688/2007;
2598 e 4207/2006; 19994/ 2004).
Il Collegio deve conclusivamente dare ulteriore continuità
a quest’ultimo indirizzo che ha trovato di recente piena
corrispondenza

anche

in

altre

aree

del

diritto

processuale, laddove le Sezioni Unite della Corte,
nell’individuare l’estensione del potere di controllo del
giudice in ordine alle nullità di ordine processuale, ne
hanno escluso la compatibilita con il canone della
ragionevole durata del processo,
dall’art. 111 Cost.

costituzionalizzato

(nel testo introdotto dalla legge

costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, ‘art. 1), ogni
qualvolta la nullità sia connessa alla carenza di potestas
judicandi del giudice (assoluta o attinente al riparto di
giurisdizione tra il giudice ordinario ed i giudici
speciali) e sul punto si sia formato un giudicato
8

-

implicito, per effetto della mancata proposizione della

relativa questione in sede di impugnazione della pronuncia
sul merito (cfr. Cass., Sez. Un., 9 ottobre 2008, n.
24883; 18 novembre 2008, n. 27348). Ed hanno ravvisato le
ragioni di questa preclusione s nell’attenuazione del

convincimento secondo cui il riparto di giurisdizione
attiene all’espressione della sovranità statale, e nella
conseguente sottolineatura del rischio di vanificazione
delle attività processuali già svolte, connesso al
riconoscimento della possibilità di sollevare tali
questioni in fasi avanzate del processo:perciò pervenendo
ad escluderne l’operatività in relazione ad altri vizi,
anch’essi tradizionalmente ricondotti al difetto di
potestas judicandi, nonché all’ulteriore risultato che la
rilevabilità d’ufficio del vizio deve riferirsi non già
a provvedimenti pronunciati da un giudice privo di
competenza per materia o di competenza giurisdizionale, ma
a provvedimenti che nessun giudice avrebbe potuto
pronunciare, difettando i presupposti o le condizioni per
il giudizio (cfr. Cass., Sez. Un. 30 ottobre 2008, n.
26019; Cass., Sez. lav., 13 ottobre 2009, n. 21703).
Assorbito il secondo motivo del ricorso,la sentenza
impugnata va cassata in relazione alle censure accolte,
con rinvio alla stessa Corte di appello di Bologna,che in
diversa composizione si atterrà ai principi esposti e
9

provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte,accoglie il primo motivo del ricorso,assorbito il

liquidazione delle spese processuali,alla Corte di appello
di Bologna in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 12 dicembre 2013.

secondo,cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la

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