Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28119 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 28119 Anno 2017
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: GHINOY PAOLA

ORDINANZA
sul ricorso 18239-2016 proposto da:
TORTORICI GABRIELLA, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA
AVOLA;

– ricorrente contro
EUROCASA SRL, in persona del legale rappresentante, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA
della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
MASSIMILIANO MARINELLI;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 24/11/2017

avverso la sentenza n. 1443/2015 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO, depositata il 27/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;
rilevato:

Tribunale di Termini Imerese, dichiarava illegittimo per difetto di
giustificato motivo oggettivo il licenziamento intimato da Eurocasa Srl
a Gabriella Tortorici in data 13/2/2009 e condannava la società alla
riassunzione entro tre giorni ovvero al pagamento di quattro mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori di legge. La
Corte disattendeva la soluzione del Tribunale, secondo il quale il
licenziamento avrebbe avuto natura ritorsiva, da ricollegarsi alle
rivendicazioni della lavoratrice avanzate con la richiesta di tentativo di
conciliazione pervenuta in data 30/12/2008, ed inoltre sarebbe stato
insussistente il giustificato motivo oggettivo che formalmente lo
giustificava;
2. che Gabriella Tortorici ha proposto ricorso, con il quale
denuncia come primo motivo la violazione e falsa applicazione del
combinato disposto degli artt. 1418 comma due c.c., 1345 e 1324 c.c.,
116 c.p.c. e lamenta che la Corte d’appello non abbia ritenuto
sussistente il motivo ritorsivo come determinante il licenziamento.
Ribadisce che i fatti accertati, da porre a corredo della propria
prospettazione, erano la denuncia di vertenza proposta dalla ricorrente
all’ufficio del lavoro, il demansionamento propostole, da qualificarsi
come provocazione, l’omesso pagamento della retribuzione del mese di
gennaio, unica lavoratrice a non averla percepita, l’obbligo di godere di
un periodo di ferie, tutte presunzioni concordanti da valutarsi alla luce
del fatto che nessuna contrazione dell’attività si era registrata, tanto che
Ric. 2016 n. 18239 sez. MI – ud. 18-10-2017
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1. che la Corte d’appello di Palermo, in riforma della sentenza del

la società aveva dovuto far ricorso a personale esterno alla propria
compagine. Come secondo motivo, deduce l’erronea e falsa
applicazione dell’articolo 2697 c.c. e sostiene di aver fornito gli
elementi fattuali a sostegno della natura ritorsiva del licenziamento;
3. che Eurocasa s.r.l. ha resistito con controricorso;

forma semplificata.
Considerato:
1. che in relazione al licenziamento ritorsivo, la giurisprudenza di
questa Corte (v. da ultimo Cass. n. 23149 del 14/11/2016 , Cass. n.
6575 del 5/04/2016, e precedenti ivi richiamati) ha affermato non
essere sufficiente che il licenziamento sia ingiustificato, essendo
piuttosto necessario che il motivo pretesamente illecito sia stato l’unico
determinante, la cui prova è posta a carico del lavoratore, che allo
scopo può valersi anche di presunzioni (v. Cass. n. 3986 del
27/02/2015, n. 24648 del 03/12/2015, n. 17087 del 08/08/2011);
2. che nel caso, in relazione ad entrambi i motivi e con riguardo
alla critica della ricostruzione delle risultanze fattuali, occorre
premettere che al presente giudizio si applica

ratione temporis la

formulazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. introdotta dall’art. 54 del
D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7
agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al “minimo costituzionale” il
sindacato di legittimità sulla motivazione, nel senso chiarito dalle
Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014, secondo il quale la
lacunosità e la contraddittorietà della motivazione possono essere
censurate solo quando il vizio sia talmente grave da ridondare in una
sostanziale omissione, né può fondare il motivo in questione l’omesso
esame di una risultanza probatoria, quando essa attenga ad una
circostanza che è stata comunque valutata dal giudice del merito;
Ric. 2016 n. 18239 sez. ML – ud. 18-10-2017
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4. che il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in

3. che è però da escludere che nel caso ci si trovi innanzi a una
delle indicate patologie estreme dell’apparato argomentativo,
considerato che gli aspetti valorizzati nel ricorso sono stati tutti
esaminati dalla Corte territoriale, ma ritenuti non decisivi nel senso
voluto dalla lavoratrice, considerato che sono stati fatti rientrare nelle

da sole non sufficienti a dimostrare la pretesa natura ritorsiva del
licenziamento. Ne deriva che sotto nessun profilo la motivazione può
dirsi omessa, né può quindi procedersi in questa sede a nuova
valutazione delle medesime circostanze;
3. che neppure risulta pertinente la critica alla sentenza gravata
formulata sotto il profilo della violazione di legge, considerato che
quello che qui si lamenta non è in effetti l’avere la Corte di merito
adottato una nozione di licenziamento ritorsivo contraria a diritto, ma
l’avere erroneamente valutato le risultanze fattuali, ed in particolare
applicato il ragionamento presuntivo, in modo da escluderne la
ricomprensione nella richiamata figura giuridica, e quindi ancora, sotto
altro profilo, il giudizio di merito effettuato in relazione alle stesse che,
in quanto correttamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità;
4. che pertanto il Collegio, condividendo la proposta del relatore,
notificata alle parti ex art. 380 bis comma 2 c.p.c., all’esito della quale le
parti non hanno formulato memorie, ritiene che il ricorso risulti
inammissibile ex art. 375 comma 1 n. 1 c.p.c., e debba in tal senso
essere deciso con ordinanza in camera di consiglio;
5. che la regolamentazione delle spese processuali segue la
soccombenza;
6. che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n.
Ric. 2016 n. 18239 sez. ML – ud. 18-10-2017

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tensioni spesso presenti nell’ambito dei rapporti di lavoro subordinato,

115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n.
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P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in C

generali nella misura del 15`)/0 ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18.10.2017

3.000,00 per compensi, oltre ad C 200,00 per csborsi, rimborso spese

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