Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2811 del 06/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 2811 Anno 2018
Presidente: AMBROSIO ANNAMARIA
Relatore: FICHERA GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27852/2012 R.G. proposto da
Consorzio

Agrario

di

Benevento,

in

liquidazione

coatta

amministrativa (C.F. 00040710626), in persona del commissario
liquidatore pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Renato
Milone, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Gianni
Emilio Iacobelli in Roma, via Panama 74.

ricorrente

contro
Vincenzo Di Rosario (C.F. 004318660584), rappresentato e difeso
dall’avv. Giuseppe Fauceglia, elettivamente domiciliato presso lo
studio dell’avv. Donato Bruno in Roma, via Vittorio Veneto 7.

con troricorrente

e contro
Ministero dello Sviluppo Economico (C.F.), in persona del ministro

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pro tempore,

rappresentato e difeso

ex lege

dall’avvocatura

generale dello Stato, elettivamente domiciliato presso i suoi uffici in
Roma, via dei Portoghesi 12.
– controricorrente –

Data pubblicazione: 06/02/2018

avverso
la sentenza n. 2894/2012 della Corte d’appello di Roma, depositata
il 6 luglio 2012.
Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 ottobre
2017 dal Consigliere Giuseppe Fichera.
FATTI DI CAUSA
Vincenzo Di Rosario, già commissario liquidatore del Consorzio

amministrativa (di seguito breviter il Consorzio), ritenendo non
congrua la liquidazione da parte del Ministero dello Sviluppo
Economico dei compensi spettanti per l’incarico ricoperto, avanzò
innanzi al Tribunale di Benevento domanda di insinuazione tardiva
allo stato passivo della detta procedura per i detti crediti vantati in
prededuzione.
Rigettata la domanda in primo grado, il ricorrente propose
gravame innanzi alla Corte d’appello di Napoli che, con sentenza
depositata il 6 luglio 2012, accogliendo l’eccezione di nullità della
notifica avanzata dal Ministero dello Sviluppo Economico, rimasto
contumace nel giudizio avanti al tribunale, rimise le parti innanzi al
primo giudice.
Ritenne il giudice d’appello, anzitutto, che l’appello fosse
ammissibile, nonostante i provvedimenti in materia di liquidazione
dei compensi degli organi delle procedure fossero suscettibili solo di
ricorso straordinario per cassazione, dovendo farsi applicazione del
principio dell’apparenza, poiché il tribunale aveva deciso sulla lite
con sentenza, anziché con decreto; soggiunse che, essendo stato
notificato il ricorso introduttivo al Ministero dello Sviluppo
Economico presso la sua sede anziché all’avvocatura dello Stato, le
parti andavano senz’altro rimesse davanti al tribunale.
Il Consorzio ha proposto ricorso per cassazione avverso la detta
sentenza, affidato a tre mezzi, cui resiste con controricorso

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Agrario Provinciale di Benevento, in liquidazione coatta

Vincenzo Di Rosario, mentre il Ministero dello Sviluppo Economico
ha depositato “atto di costituzione”.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il Consorzio deduce violazione della
legge processuale e degli artt. 26 e 39 I.fall., poiché la corte
d’appello una volta qualificata la domanda proposta dal Di Rosario,
quale reclamo avverso il provvedimento di liquidazione, avrebbe

il termine di dieci giorni prescritto.
Con il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 39 I.fall.,
atteso che essendo previsto avverso il provvedimento di
liquidazione dei compensi spettanti agli organi della procedura,
soltanto il ricorso per cassazione, l’appello doveva essere dichiarato
inammissibile.
Con il terzo motivo lamenta violazione degli artt. 112, 157,
161, 345, 346 c.p.c., dell’art. 11 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611,
nonché vizio di motivazione, ex art. 360, primo comma, n. 5),
c.p.c., avendo il giudice di merito rimesso le parti innanzi al primo
giudice, nonostante il Ministero dello Sviluppo Economico, che non
aveva proposto appello, avesse eccepito soltanto la nullità della
citazione in sede di gravame e non nella fase del primo grado.
2. Il primo motivo non è fondato.
A tenore di un risalente orientamento di questa Corte, ma dal
quale non v’è ragione di discostarsi, la domanda proposta dal
commissario liquidatore di un ente sottoposto a liquidazione coatta
amministrativa per il riesame della liquidazione del compenso a lui
spettante, deve essere proposta al tribunale del luogo dove l’ente
ha la sede principale, applicandosi analogicamente l’art. 39 I.fall.,
pure in difetto di un espresso richiamo in seno all’art. 199 I.fall.,
giacché le funzioni del commissario liquidatore sono del tutto simili
a quelle del curatore fallimentare (Cass. 30/07/2004, n. 14546;

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dovuto d’ufficio rilevarne l’inammissibilità in quanto proposto oltre

Cass. 19/04/2001, n. 5769; Cass. 25/06/1977, n. 2719; vedi
anche Cass. s.u. 22/02/2002, n. 2627).
Se dunque, può dirsi incontroverso che il commissario
giudiziale, nel caso in cui intenda contestare la liquidazione
effettuata dal ministero vigilante, debba proporre ricorso al
Tribunale che provvede con decreto non soggetto a reclamo, resta
invece escluso che si applichi anche la disciplina prevista per il

quest’ultimo l’autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione,
non essendovi sul punto analogia alcuna da invocare rispetto alle
norme sul compenso del curatore fallimentare.
3. Il secondo motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360-bis,
n. 1), c.c. (Cass. s.u. 21/03/2017, n. 7155).
Invero, secondo l’orientamento ormai consolidato di questa
Corte, contro il quale il ricorrente non offre argomenti persuasivi
per una sua rimeditazione, l’identificazione del mezzo di
impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale
deve essere compiuta in base al principio dell’apparenza, vale a
dire con riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione
effettuata dal giudice nello stesso provvedimento,
indipendentemente dall’esattezza di essa, nonché da quella operata
dalla parte, potendo, in ogni caso, il giudice “ad quem” esercitare il
potere di qualificazione, che non sia stato esercitato dal giudice “a

quo”, non solo ai fini del merito, ma anche dell’ammissibilità stessa
dell’impugnazione (Cass. 02/03/2012, n. 3338; Cass. 15/02/2011,
n. 3712; Cass. s.u. 11/01/2011, n. 390).
Dunque, correttamente il giudice d’appello, tenuto conto della
decisione del tribunale di applicare il rito ordinario di cognizione, a
seguito peraltro di una domanda giudiziale che era stata formulata
dal ricorrente ai sensi dell’art. 101 I.fall., pronunciando poi il
provvedimento definitivo con sentenza, ha ritenuto che fosse

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reclamo avverso i decreti del giudice delegato, sostituto a

ammissibile l’appello e non il solo ricorso straordinario per
cassazione, come consentito dall’art. 39 I.fall.
4. Il terzo motivo è infondato.
È sufficiente ricordare, al riguardo, che la parte rimasta
contumace nel giudizio di primo grado, definito con sentenza ad
essa favorevole nel merito, non ha l’onere, ove tale pronuncia sia
appellata dalla controparte, di proporre appello incidentale per

della nullità della notifica del ricorso introduttivo del (primo)
giudizio, la quale deve essere dal giudice d’appello esaminata in via
preliminare, ancorché dall’appellato proposta, nella propria
memoria di costituzione, subordinatamente alla mancata conferma
nel merito della sentenza impugnata (Cass. s.u. 03/05/1991, n.
4874).
Dunque, è chiaro che l’avvocatura dello Stato, da un lato, non
era affatto tenuta a proporre appello incidentale avverso la
sentenza resa dal Tribunale di Benevento che aveva respinto ogni
pretesa del ricorrente, e dall’altro, in seno alla comparsa di risposta
intese lamentare l’avvenuta violazione del contraddittorio anche nel
giudizio di primo grado, avendo espressamente eccepito “la nullità
dell’atto introduttivo del presente giudizio scaturente dalla
violazione di quanto previsto dall’art. 11 del RD 30 ottobre 1933, n.
1611”.
5. Le spese seguono la soccombenza in favore della parte che
ha spiegato difese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente
Vincenzo Di Rosario delle spese del giudizio di legittimità, liquidate
in complessivi Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

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sollevare la questione (non esaminata dal giudice di primo grado)

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2017.

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