Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28108 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 28108 Anno 2017
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

ORDINANZA

sul ricorso 10399 2013 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo
studio dell’Avvocato ARTURO MARESCA, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
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TOSTO ROSARIA;
– intimata-

avverso la sentenza n. 444/2012 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 20/04/2012 R.G.N. 129/09.

Data pubblicazione: 24/11/2017

R.G. n. 10399/2013

RILEVATO

che con sentenza in data 20 aprile 2012 la Corte di Appello di Milano ha
confermato la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato la
nullità del!,a, clausola appositiva del termine al contratto per ragioni sostitutive di
■ac4ouL4tz..)
personaleVal servizio smistamento/trasporto presso il polo logistico Lombardia,

e, in parziale riforma di detta sentenza, ha dichiarato cessata la materia del
contendere quanto alla riammissione in servizio ed ha condannato la società al
risarcimento del danno pari a 10 mensilità della retribuzione globale di fatto,
oltre accessori con decorrenza dalla scadenza del termine originariamente
apposto al contratto;
che avverso tale sentenza Poste Italiane Spa ha proposto ricorso affidato a
plurimi motivi, illustrati da memoria, cui non ha opposto difese la Tosto;

CONSIDERATO

che con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.,
“insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio”,
criticando la Corte milanese per avere ritenuto la carenza di prova in ordine alle
condizioni legittimanti l’assunzione a termine, senza valutare attentamente i
capitoli di prova testimoniale richiesti né la documentazione prodotta;
che detta censura, la quale investe pienamente l’accertamento di un fatto ricorrenza in concreto della causale – compiuto dal giudice di merito, anche in
ordine alla genericità della prova testimoniale richiesta e di quella documentale
prodotta dalla datrice di lavoro, non può trovare accoglimento;
che, infatti, per pacifica giurisprudenza di legittimità, l’onere probatorio di
provare la sussistenza delle ragioni legittimanti l’apposizione del termine grava
sul datore di lavoro (tra tante: Cass. n. 2279 del 2010; Cass. n. 3325 del 2014),
mentre la doglianza che lamenta la mancata ammissione di mezzi istruttori ed il
mancato esercizio dei poteri officiosi è sussumibile nell’ambito del vizio di
motivazione, di cui deve avere forma e sostanza (Cass. n. 16997 del 2002; Cass.
n. 15633 del 2003) e può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui

per il periodo 30.11.2005 – 29.12.2005, tra Rosaria Tosto e Poste Italiane Spa,

R.G. n. 10399/2013

essa abbia determinato l’omissione su di un fatto decisivo della controversia e,
quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a
dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di
mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno
determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi
venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. n. 11457 del 2007; Cass. n. 4369
del 2009; Cass. n. 5377 del 2011); in definitiva, le censure in esame,

anche secondo il previgente testo dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., prospettano
una diversa ricostruzione della vicenda storica in ordine alla sussistenza fattuale
della causale giustificativa, così scivolando “sul piano dell’apprezzamento di
merito, che presupporrebbe un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, in
punto di fatto, incompatibili con il giudizio innanzi a questa Corte Suprema” (da
ultimo Cass. n. 16346 del 2016);
che il secondo motivo, con cui si lamenta violazione e falsa applicazione di legge
per avere i giudici di merito dichiarato la conversione del contratto in rapporto a
tempo indeterminato, è privo di fondamento per le ragioni già espresse da questa
Corte in numerose pronunce dalle quali non v’è ragione di discostarsi (Cass. n.
12985 del 2008; conf. Cass. n. 7244 del 2014);
che il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 32, co. 6, I.
n. 183 del 2010, per non avere applicato la Corte territoriale la riduzione della
misura del risarcimento prevista da detta disposizione in presenza di accordi di
stabilizzazione del personale del 13.1.2006, del 10.7.2008, del 27.7.2010, del
18.5.2012 e del 21.3.2013;
che il motivo non può trovare accoglimento atteso che nel corpo di esso non
vengono adeguatamente specificati – in violazione del canone dell’autosufficienza
– i contenuti degli accordi di stabilizzazione in modo da verificare se gli stessi
consentissero poi la possibilità della riduzione alla metà del limite massimo
dell’indennità prevista dall’art. 32, comma 5, I. n. 183/2010, ai sensi del comma
6 dello stesso articolo;
che la censura con cui si lamenta omessa motivazione circa la quantificazione
dell’indennità risarcitoria non è fondata in ragione del principio secondo cui “in
tema di contratto a termine, la determinazione, tra il minimo e il massimo, della

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trascurando tali principi e mancando di enucleare il fatto controverso e decisivo

R.G. n. 10399/2013

misura dell’indennità prevista dall’art. 32, comma 5, della legge 4 novembre
2010, n. 183 – che richiama i criteri indicati dall’art. 8 della legge 15 luglio 1966,
n. 604 – spetta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per
motivazione assente, illogica o contraddittoria” (per tutte: Cass. n. 7458, n. 6122
e n. 1320 del 2014), vizi motivazionali che il Collegio nella specie non riscontra;
che, conclusivamente, il ricorso deve essere respinto, senza provvedere sulle
spese in difetto di attività difensiva dell’intimata, ma, poiché il ricorso per

della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del
2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso nella Adunanza camerale del 20 luglio 2017

cassazione risulta nella specie notificato in data 18 aprile 2013 occorre dare atto

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