Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28106 del 14/10/2021
Cassazione civile sez. VI, 14/10/2021, (ud. 12/05/2021, dep. 14/10/2021), n.28106
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7857/2020 R.G., proposto da:
l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore
Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
– ricorrente –
contro
C.P., rappresentato e difeso dall’Avv. Luciano Bonito
Oliva, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato, giusta
procura in calce al controricorso di costituzione nel presente
procedimento;
– controricorrente –
avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale
del Lazio il 19 novembre 2018 n. 8070/13/2018, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12 maggio 2021 dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.
Fatto
RILEVATO
CHE:
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 19 novembre 2018 n. 8070/13/2018, non notificata, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento per l’IRPEF relativa all’anno 2011, ha accolto l’appello proposto da C.P. nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma il 20 settembre 2016 n. 20520/42/2018, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure sul presupposto che il giudicato penale non trovi automatica applicazione nel giudizio tributario, con la conseguenza che l’amministrazione finanziaria non possa far riferimento alpe risultanze delle indagini preliminari per la determinazione dei redditi derivanti da reato. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza, il controricorrente ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
Con unico motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727,2792 e 2730 c.c., della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che l’amministrazione finanziaria avrebbe dovuto chiarire le ragioni dello scostamento dalle valutazioni del giudice penale nella determinazione quantitativa della pretesa impositiva.
RITENUTO CHE:
1. Il motivo è fondato.
1.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. (c.d. “patteggiamento”) costituisce indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito, il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità ed il giudice penale vi abbia prestato fede. Detto riconoscimento, pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall’efficacia del giudicato, ben può essere utilizzato come prova dal giudice tributario nel giudizio di legittimità dell’accertamento (tra le tante: Cass., Sez. 5, 3 dicembre 2010, n. 24587; Cass., Sez. 5, Cass., Sez. 5, 24 maggio 2017, n. 13034; Cass., Sez. 5″, 30 dicembre 2019, n. 34579; Cass., Sez. 5, 21 gennaio 2020, n. 1249; Cass., Sez. 5, 23 marzo 2021, n. 8025).
1.2 Ciò non di meno, è altrettanto pacifico che, nel giudizio tributario, il materiale probatorio acquisito nel corso delle indagini preliminari con strumenti propri del procedimento penale è utilizzabile ai fini della prova della maggior pretesa tributaria (Cass., Sez. 5, 5 aprile 2019, n. 9593; Cass., Sez. 5, 30 luglio 2020, n. 16375; Cass., Sez. 5, 4 settembre 2020, n. 18419; Cass., Sez. 5, 11 settembre 2020, n. 18889; Cass., sez. 5, 7 dicembre 2020, n. 27967), fermo restandone il libero apprezzamento da parte del giudice tributario davanti al quale l’avviso di accertamento fondato su tali elementi sia stato impugnato (Cass., Sez. 5, 30 luglio 2020, n. 16375).
1.3 Nella specie, la Commissione Tributaria Regionale ha accolto l’appello del contribuente, ascrivendo valore privilegiato alla sentenza di patteggiamento in ragione della sola difformità in ordine al quantum dei proventi illeciti tra le risultanze delle indagini preliminari ed i termini del patteggiamento.
Così facendo, però, il giudice di appello ha fatto malgoverno dei principi enunciati, non tenendo in alcun conto le risultanze delle indagini preliminari (con particolare riguardo, oltre che alle dichiarazioni rese dalle persone informate sui fatti, alle dichiarazioni rese dallo stesso contribuente e da altro indagato in sede di interrogatorio) che l’amministrazione finanziaria aveva utilizzato ai fini dell’accertamento dei redditi derivanti da reato.
2. Valutandosi la fondatezza del motivo dedotto, dunque, il ricorso può essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 12 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021