Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28104 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 28104 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: SPENA FRANCESCA

ORDINANZA

sul ricorso 6552-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 134 presso lo studio
dell’avvocato FIORILLO LUIGI che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
3336

SARNATARO

MARIA

ROSARIA

NICOLETTA

C.F.

SRNMRS61H49D63S, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE DEL VIGNOLA, 11 (ST. LEONE), presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCA MARANDO, rappresentata e
difesa dall’avvocato BENINO MIGLIACCIO, giusta delega

Data pubblicazione: 24/11/2017

in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 949/2012 della CORTE D’APPELLO

di ROMA, depositata il 01/03/2012 R.G.N. 949/12;

\

PROC. nr . 6552/2013 RG

RILEVATO

che con sentenza in data 8 febbraio- 1 marzo 2012 ( nr. 949/2012) la
Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale della
stessa sede, che aveva accolto la domanda della lavoratrice e per l’effetto
ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato
tra MARIA ROSARIA NICOLETTA SARNATARO e POSTE ITALIANE spa nel

organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a
processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale
riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni
tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di
nuove tecnologie, prodotti o servizi nonché alla attuazione delle previsioni
di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio,
13 febbraio, 17 aprile, 30 luglio e 18 settembre 2002»;

che avverso tale sentenza ha proposto ricorso la società POSTE
ITALIANE spa, affidato a sei motivi, al quale ha opposto difese MARIA
ROSARIA NICOLETTA SARNATARO con controricorso;

CONSIDERATO

che la società POSTE ITALIANE ha dedotto:
-con il primo motivo— ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione dell’art. 11 D.Lgs. 368/2001 e dell’articolo 25
del CCNL 2001, in vigore fino al 31.12.2001, per avere il giudice
dell’appello fatto erroneamente riferimento alla disciplina del D.Ivo
368/2001 laddove all’epoca di stipulazione del contratto di lavoro erano
ancora in vigore le clausole dell’articolo 25 CCNL, la cui sopravvivenza era
stata disposta dall’articolo 11 del D.L.vo 368/2001;
– con il secondo motivo: ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.,
violazione e falsa applicazione degli artt.1, co.1 e 2 D.L.vo 368/2001, 4
co.2, D.L.vo 368/2001, 12 disp.prel. cod.civ., 1362 e ss. cod.civ., 1325 e
ss. cod civ., per avere la sentenza ritenuto la genericità della causale senza
considerare la specificazione compiuta per

relationem,

attraverso il

riferimento al contenuto degli accordi sindacali indicati in contratto;

1

periodo dal 18 ottobre al 31 dicembre 2002 per «esigenze tecniche,

PROC. nr . 6552/2013 RG

– con il terzo motivo —ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.— omessa
motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, censurando la medesima
statuizione di genericità della causale, fondata anche sulla presenza di più
ragioni giustificative, senza esaminare il contenuto degli accordi richiamati
nel contratto di lavoro;
– con il quarto motivo— ai sensi dell’art. 360 nr.3 cod.proc.civ.—

cod.civ., 115, 116, 244, 253, 421 co.2 cod.proc.civ., per avere la sentenza
posto a carico del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza delle
ragioni legittimanti la clausola del termine, prova che comunque era stata
offerta con la produzione degli accordi richiamati in contratto e con la
richiesta della prova orale, reiterata in appello, al fine di evidenziare che i
processi organizzativi avevano coinvolto anche l’unità produttiva di
applicazione della lavoratrice. In ogni caso la società ha dedotto che la
valutazione sulla specificità dei capitoli di prova doveva essere compiuta
avendo riguardo al complesso delle allegazioni difensive ed agli atti di causa
e tendendo conto della facoltà del giudice di chiedere chiarimenti ai testi
nonché di integrare gli atti istruttori ex officio ;
-con il quinto motivo — ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.—
violazione e falsa applicazione degli artt. 253, 420 e 421 cod.proc.civ. per il
mancato esame del capitolo di prova nr. 11 («i descritti processi hanno
indotto numerosi squilibri nella distribuzione sul territorio del personale e
situazioni di temporanea carenza di organico, incidenti sul regolare
funzionamento dei servizi che hanno investito la stessa unità produttiva cui
l’istante è stato addetto»), che comunque, al limite, in caso di implicita
statuizione di genericità, avrebbe potuto essere integrato per iniziativa del
giudice, nell’esercizio dei suoi poteri di approfondimento della prova ex art.
253 cod. proc. civ. o di istruzione d’ufficio ex art. 421 cod. proc.civ.;
– con il sesto motivo: ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.
violazione dell’articolo 32 L.183/2010 nonché ai sensi dell’articolo 360 nr. 5
cod. proc. civ. omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per
il giudizio, per la mancata applicazione della norma di legge in mancanza di
motivazione;

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violazione e falsa applicazione degli articoli 4 co.2 D.Lvo 368/2001, 2697

PROC. nr . 6552/2013 RG

che ritiene il collegio si debba accogliere il sesto motivo di ricorso;
che, infatti:
– il primo motivo è infondato giacchè la sentenza , non censurata sul
punto, ha accertato che il CCNL 2001 era scaduto alla data di stipula del
contratto a termine. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, cui si
intende dare in questa sede continuità,

i contratti a termine conclusi

alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001 non possono
rientrare nella disciplina transitoria prevista dalli art. 11 dello stesso DLgs.
ma restano interamente soggetti al nuovo regime normativo, senza che
possa invocarsi l’ultrattività delle pregresse disposizioni per il periodo di
vacanza contrattuale collettiva (Cass. 13 luglio 2010, n. 16424; Cass. 14
marzo 2013, n. 6513; Cass. 13 giugno 2013, n. 14808; Cass. 3 ottobre
2014, n. 20951; Cass. 18 dicembre 2015, n. 25558);

il secondo ed il terzo motivo, che possono essere esaminati

congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili, in quanto non
colgono la ratio decidendi della sentenza, fondata non già sulla genericità
della causale del termine ( come assunto dalla società qui ricorrente) ma sul
difetto di prova della effettività della causale ovvero del concreto rapporto
tra la ragione indicata nel contratto di lavoro e la assunzione compiuta;
– il quarto e quinto motivo, entrambi relativi alla statuizione di difetto
di prova della causale organizzativa, sono infondati. Questa Corte si è già
ripetutamente pronunziata nel senso che l’onere di provare le ragioni
obiettive poste a giustificazione della clausola appositiva del termine grava
sul datore di lavoro e deve essere assolto sulla base delle istanze istruttorie
dallo stesso formulate ( Cass. n. 10742/2016; Cass. n. 2279/10; Cass. 21
maggio 2008 n. 12985), rilevando come anche anteriormente alla esplicita
introduzione del comma «premesso» dalla L. 24 dicembre 2007, n. 247, art.
39 (secondo cui «il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a
tempo indeterminato») il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, ha confermato il
principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è
normalmente a tempo indeterminato, costituendo pur sempre l’apposizione
del termine una ipotesi derogatoria.

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successivamente alla scadenza dei contratti collettivi nazionali in corso

PROC. nr . 6552/2013 RG

Sotto il profilo della prova il giudice del merito ha affermato che le
allegazioni difensive di

POSTE ITALIANE e le istanze istruttorie non

dimostravano il collegamento fra la assunzione della lavoratrice

e la

situazione di riorganizzazione in essi rappresentata giacchè carenti di ogni
riferimento alla posizione della medesima ed alla situazione che aveva
coinvolto la unità periferica cui ella era stata assegnata. Il giudizio di fatto

di motivazione ovvero allegando un preciso fatto storico decisivo non
esaminato in sentenza ovvero esaminato in modo insufficiente e
contraddittorio; tale allegazione — anche a voler superare l’erronea
deduzione della censura in termini di errore di diritto ex art. 360 nr. 3
cod.proc.civ.— non è rinvenibile nel quinto motivo giacchè anche il capitolo
di prova nr. 11, trascritto nel ricorso, non contiene la indicazione della
situazione organizzativa dell’ufficio di adibizione della lavoratrice, che il
giudice del merito, nell’esercizio del suo potere discrezionale, ha ritenuto
necessaria ad assolvere al requisito di specificità delle istanze di prova. Il
giudice del merito non era poi tenuto a supplire alla genericità dei capitoli di
prova con l’esercizio dei suoi poteri ufficiosi di integrazione della prova, che
nella specie si sarebbero risolti nella sostituzione ad una attività processuale
di parte piuttosto che nella ricerca della verità materiale in presenza di
significativi dati di indagine.
– ricorre il vizio, denunziato con il sesto motivo,

di mancata

applicazione dell’articolo 32 legge 183/2010, disposizione entrata in vigore
nel corso del giudizio di appello (il ricorso era iscritto nel ruolo generale
appelli nell’anno 2008 e veniva definito alla udienza dell’8.2.2012).
Premesso che, come chiarito dalle sezioni unite di questa Corte
nell’arresto del 27/10/2016 n. 21691, la pronunzia risarcitoria resa nel
primo grado non era oggetto di giudicato interno, per essere oggetto di
impugnazione la statuizione principale di illegittimità del termine, il giudice
dell’appello era tenuto alla applicazione dello ius superveniens in punto di
risarcimento del danno, in quanto dichiarato espressamente applicabile ai
giudizi in corso, come dal comma sette dello stesso articolo 32. Le Sezioni
Unite nella pronunzia citata hanno evidenziato che il disposto del suddetto

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così espresso avrebbe dovuto essere censurato con la deduzione di un vizio

PROC. nr . 6552/2013 RG

articolo 32, comma 7, per il quale «le disposizioni di cui ai commi 5 e 6
trovano applicazione a tutti i giudizi, compresi quelli pendenti alla data di
entrata in vigore della presente legge», deve intendersi nel senso che
«pendenti» sono anche i giudizi in cui stato proposto appello contro la parte
principale della decisione di primo grado, dalla quale dipende, in quanto
legata da un nesso di causalità imprescindibile, la parte relativa al

che,

pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata in

accoglimento del sesto motivo e gli atti rinviati ad altro giudice, che si
individua nella Corte di Appello di Roma in diversa composizione, affinchè
provveda alla applicazione dello ius superveniens;

che il giudice del rinvio provvederà altresì alla disciplina delle spese del
presente grado

PQM
Accoglie il sesto motivo di ricorso, rigettati gli altri. Cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia—anche per le spese— alla
Corte di Appello di Roma in diversa composizione
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 19 luglio 2017

risarcimento del danno;

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