Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2810 del 09/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 09/02/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 09/02/2010), n.2810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –
Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Eugenia – Consigliere –
Dott. MARIGLIANI Eugenia – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 8768-2005 proposto da:
M.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE CARSO N.
71, presso lo studio dell’avvocato MARONCELLI SERENA, rappresentato e
difeso dall’avvocato BONIFACIO GIOVANNI, giusta delega a margine;
– ricorrente –
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE;
– intimato –
sul ricorso 13328-2005 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro
tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali condizionati –
contro
M.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE CARSO 71,
presso lo studio dell’avvocato MARONCELLI SERENA, rappresentato e
difeso dall’avvocato BONIFACIO GIOVANNI, giusta delega a margine;
– controricorrente ex art. 371 c.p.c., comma 4 –
avverso la sentenza n. 31/2004 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,
depositata il 07/01/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/11/2009 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito per il resistente l’Avvocato GIORDANO, che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
NUNZIO WLADIMIRO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
incidentale, inammissibilità del principale, in subordine
trasmissione alle Sezioni Unite.

Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 7/1/2005 la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in accoglimento del gravame interposto dall’Agenzia delle entrate Ufficio Torino (OMISSIS), riformava la pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Torino di accoglimento dell’impugnazione del contribuente sig. M.R. del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso delle asseritamente maggiori ritenute IRPEF operate per l’anno d’imposta 1998 sulle somme corrispostegli da parte della Telecom s.p.a., a titolo di premio ex D.Lgs. n. 314 del 1997 ai fini di incentivazione all’esodo.

Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello il M. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate, che spiegano altresì ricorso incidentale condizionato sulla base di unico motivo, cui il M. resiste con controricorso.

Già chiamata all’udienza camerale del 14/1/2009, la causa è stata rimessa alla p.u., nell’ordinarsi il rinnovo della notificazione dell’avviso di udienza al difensore del M. al nuovo indirizzo di viale (OMISSIS).

Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1^ motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17 – T.U.I.R., come modif. dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 5, comma 4, e art. 4 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che il giudice dell’appello abbia erroneamente affermato che l’aliquota agevolata va fissata con riferimento al momento della cessazione del rapporto e non già a quello della corresponsione del cd. incentivo all’esodo.

Lamenta che l’affermazione del giudice posta a fondamento dell’esclusione del beneficio dell’applicazione dell’aliquota ridotta è “del tutto arbitraria”, in quanto “basata su una presunta “intenzione del legislatore” ai sensi dell’art. 1 preleggi, quale criterio da seguire per l’applicazione della legge nel caso in esame, che il giudice dell’appello pretenderebbe individuare fondandosi esclusivamente su valutazioni di logica prescindendo completamente dai principi generali che regolano la materia, tra i quali il “principio di cassa” che consente di determinare il reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Si duole altresì della contraddittorietà della motivazione laddove, a fronte della corretta affermazione che “il criterio per la determinazione del reddito imponibile non deve necessariamente coincidere con quello dettato per la determinazione dell’aliquota da applicare al reddito in tal modo determinato”, il giudice dell’appello perviene quindi ad affermare che il legislatore avrebbe introdotto una deroga al principio generale cd. “di cassa”, in assenza di una norma espressa derogativa di tale principio.

11 motivo è fondato nei termini di seguito indicati.

Nel superare il diverso orientamento espresso da Cass., 27/9/2004, n. 19333, Cass., 28/7/2004, n. 14204, Cass., e cui l’impugnata sentenza risulta invero informata, questa Corte ha ormai più volte avuto modo di affermare che in tema di IRPEF e con riguardo all’indennità di fine rapporto di lavoro, fermo il criterio di determinazione dell’aliquota con riferimento all’anno in cui è sorto il diritto alla percezione, previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 1, la moderazione a metà dell’aliquota stessa per le somme “corrisposte in occasione della cessazione del rapporto al fine di incentivare l’esodo” – stabilita dal comma 4 bis, introdotto nel citato art. 17, dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 5, comma 1, lett. d) n. 2, a decorrere dal 1 gennaio 1998 – deve ricevere applicazione per le somme liquidate all’indicato titolo successivamente alla detta data del 1 gennaio 1998, ancorchè in relazione a rapporti anteriormente cessati, atteso che il criterio generale, secondo cui il momento di riferimento per l’imposizione è quello dell’effettiva percezione del reddito, non solo non è derogato dalla nuova disciplina, ma ne risulta ribadito dall’espresso richiamo alla corresponsione delle somme considerate (v. Cass., 23/7/2004, n. 13866. Conformemente v. Cass., 5/12/2005, n. 26395, e, da ultimo, Cass., 4/11/2008, n. 26483).

Costituisce d’altro canto massima ormai risalente ed incontroversa che il momento dell’imposizione coincide con quello dell’effettiva percezione (cfr. già Cass., 27/8/1993, n. 9099).

Orbene, nell’affermare che il “beneficio della riduzione dell’aliquota spetti con riferimento alla data di cessazione del rapporto di lavoro e non alla data dell’erogazione dell’indennità” e che “in questo caso si deve fare riferimento alla data in cui, essendosi realizzato l’evento matura il diritto alla percezione delle somme”, nel ritenere che “le nuove disposizioni trovano applicazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro e decorrono dall’1 gennaio 1998 nei confronti di soggetti in costanza di servizio alla data del 31.12.1997 e il cui diritto alla percezione delle somme sorge dal 1 gennaio 1998”, il giudice dell’appello ha invero disatteso il suindicato principio.

Dell’impugnata sentenza, assorbito il 2 (con il quale il ricorrente denunzia insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), s’impone pertanto la cassazione in relazione.

Con il 1 motivo i ricorrenti incidentali denunziano violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè insufficienza della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che il giudice dell’appello abbia erroneamente ritenuto, con motivazione per relationem, che l’erronea individuazione dell’organo destinatario dell’istanza di rimborso (nel caso, il Centro di Servizio delle imposte dirette ed indirette di Torino) non osta alla formazione del provvedimento negativo, anche nella forma del silenzio-rifiuto, determinando l’inammissibilità del ricorso al giudice tributario, per difetto del provvedimento impugnabile.

Il motivo è infondato.

Come questa Corte, mutando il precedente orientamento (per il quale v. Cass., 13/12/2007, n. 26138, e già Cass., Sez. Un., 13/11/1997, n. 11217), ha recentemente avuto modo di affermare, in termini condivisibili e che meritano di essere confermati e ribaditi, in tema di rimborso delle imposte sui redditi disciplinato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 2, la presentazione di un’istanza di rimborso ad un organo diverso da quello territorialmente competente a provvedere costituisce atto idoneo non solo ad impedire la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso, ma anche a determinare la formazione del silenzio-rifiuto impugnabile dinanzi al giudice tributario, sia perchè l’ufficio non competente (quando non estraneo all’Amministrazione finanziaria e, nella specie, coincidente con una diversa Direzione regionale) è tenuto a trasmettere l’istanza all’ufficio competente, in conformità delle regole di collaborazione tra organi della stessa Amministrazione, sia alla luce dell’esigenza di una sollecita definizione dei diritti delle parti, ai sensi dell’art. 111 Cost. (v. Cass., 27/2/2009, n. 4773. E già Cass., 8/8/1988, n. 4878).

Orbene, nell’affermare che “l’istanza che sia stata rivolta alla direzione Regionale delle Entrate, anzichè al Centro di Servizio (così come, in generale, ad organismo diverso da quello competente, ma appartenente alla stessa amministrazione centrale), sia valida ai fini della formazione del silenzio-rifiuto, essendo compito dell’ufficio ricevente inoltrare l’istanza a quello competente. Tanto anche in considerazione del fatto che la legittimazione a stare in giudizio nei procedimenti aventi ad oggetto le domande di rimborso spettava alle Direzioni Regionali delle Entrate anche successivamente all’attivazione dei Centri di Servizio e sino alla istituzione delle Agenzie delle Entrate”, il giudice dell’appello ha fatto invero puntuale e corretta del suindicato principio.

Principio di cui si è sottolineato il carattere generale, nel ritenerlo applicabile in ipotesi di domanda giurisdizionale proposta al giudice competente, con salvezza dei relativi effetti sostanziali e processuali in presenza di riassunzione avanti al giudice competente, effettuata anche spontaneamente dalla parte ricorrente, nel termine massimo di sei mesi stabilito dall’art. 50 c.p.c., cui si è affermato doversi riconoscere valore di regola generale in argomento, con conseguente applicabilità in mancanza di specifica diversa indicazione normativa (v. Cass., 6/8/2009, n. 18015).

All’infondatezza del motivo consegue il rigetto del ricorso incidentale.

Attesa la fondatezza del ricorso principale, nei suesposti termini, e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il conseguente accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente.

Le ragioni della decisione costituiscono peraltro giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il 1 motivo del ricorso principale, assorbito il 2.

Rigetta il ricorso incidentale. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2010

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