Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2810 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 02/02/2017, (ud. 13/01/2017, dep.02/02/2017),  n. 2810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23804/2013 proposto da:

G.P., (OMISSIS), G.C. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA VAL D’AOSTA 102 INT 8, presso lo studio

dell’avvocato PIERLUIGI SPEDICATI, rappresentati e difesi

dall’avvocato RAFFAELE LOMARTIRE;

– ricorrenti –

contro

G.M.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 458/2012 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 28/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo di ricorso, il rigetto del primo motivo e l’assorbimento del

terzo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 31 marzo 1999 G.M.G. conveniva davanti al Tribunale di Brindisi, G.P. e C., chiedendo che fosse dichiarato invalido o simulato l’atto pubblico del 26 luglio 1995 con cui i genitori M.E. e Gr.Co. avevano venduto al figlio P. un immobile in (OMISSIS) al prezzo di Lire 40.000.000. L’attrice domandava, altresì, che fosse accertato il suo credito di Lire 3.100.000 verso la massa ereditaria per le spese funebri della madre e che il fratello P. fosse condannato a risarcire il danno derivato dal godimento del summenzionato immobile ed a restituire gli importi da lui prelevati dal libretto nominativo cointestato con il padre. G.M.G. chiedeva, infine, la divisione dell’asse ereditario dei comuni genitori M.E. e Gr.Co..

G.C. si costituiva ed aderiva alla domanda di divisione, ma contestava le altre richieste ed agiva, in via riconvenzionale, perchè l’attrice imputasse la somma donatale dai genitori in seguito alla vendita di un loro terreno.

G.P. si costituiva chiedendo il rigetto delle domande e, in via riconvenzionale, il riconoscimento di un suo credito per spese funerarie del padre ed altri debiti gravanti sull’eredità.

Il Tribunale di Brindisi, con sentenza n. 498/2007 del 29 maggio 2007, disponeva lo scioglimento della comunione, rigettava le altre domande dell’attrice e la riconvenzionale della convenuta G.C., mentre accoglieva la domanda riconvenzionale di G.P. e divideva l’unico immobile relitto di Gr.Co. in due parti come da disposta Ctu, assegnando a G.M.G. la porzione indicata con la lettera B ed ai convenuti congiuntamente quella indicata con la lettera A. Veniva posto, altresì, a carico dell’attrice un conguaglio in favore dei convenuti.

G.M.G. proponeva appello davanti alla Corte di Appello di Lecce, e nel giudizio di gravame si costituiva il solo G.P., mentre restava contumace G.C.. La Corte di Appello di Lecce, con sentenza n. 458/2012 del 28 giugno 2012, accoglieva in parte l’appello, dichiarava la simulazione relativa della compravendita del (OMISSIS), determinava la quota di legittima dell’appellante e, ridotto il valore della porzione di bene attribuita a quest’ultima, condannava gli appellati a corrispondere in suo favore un conguaglio.

G.P. e C. hanno proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, mentre G.M.G., intimata, non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, poichè la Corte di Lecce, reputando errati i valori attribuiti dal Tribunale alla porzione A ed alla porzione B, non avrebbe tenuto conto che il giudice di primo grado aveva già preso in considerazione la circostanza che sulla porzione di G.M.G. erano necessari dei lavori ed aveva posto le relative spese a carico di tutti i comproprietari.

1.1. Tale motivo è infondato.

La Corte d’Appello ha riformato la sentenza del Tribunale di Brindisi, avendo ritenuto erronea l’omogeneità assunta dal primo giudice tra la porzione A e la porzione B poi assegnate ai condividenti, per aver trascurato che la porzione B necessitava di cospicui lavori murari, di manutenzione e di ristrutturazione, e così arrivando ad una rideterminazione del valore di tale porzione B (quella attribuita a assegnando a G.M.G.) al netto dei costi delle opere da svolgere (passando da Lire 35.597.020 a Lire 24.197.020, con conseguente conguaglio in favore di G.M.G. per integrare la quota di riserva stimata in Lire 27.000.000). I ricorrenti ora evidenziano che il Tribunale aveva ben considerato la disomogeneità tra le due porzioni, affermando che i lavori da svolgersi nella porzione B dovessero rimanere a carico di tutti e tre i condividenti, in quanto spese da sostenere nell’interesse comune per giungere alla divisione, salva la rivalsa spettante al coerede che avesse anticipato per prima le somme occorrenti.

Tuttavia, è evidente come, a norma dell’art. 336 c.p.c., la sentenza di riforma resa in grado d’appello ha posto nel nulla la sentenza di primo grado, sicchè la statuizione di quest’ultima, che poneva a carico di tutti i condividenti le spese indicate dal CTU per i lavori da svolgersi nella porzione B, ha perso efficacia, in quanto caducata e sostituita immediatamente – nei limiti dei capi riformati – dalla pronuncia di secondo grado.

D’altro canto, in tema di divisione giudiziale, la stima dei beni da dividere e la scelta del criterio da adottare per la determinazione del valore di tali beni, con riguardo, nella specie, alle condizioni di manutenzione ed ai lavori di ripristino occorrenti in uno dei lotti del progetto divisorio, rientrano nel potere discrezionale ed esclusivo del giudice del merito, trattandosi di valutazioni insindacabili in sede di legittimità, se sostenute da adeguate e razionale motivazione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7059 del 15/05/2002).

La Corte d’Appello ha così congruamente argomentato le modalità di calcolo che hanno portato ad una proporzionale divisione degli immobili delle porzioni A e B, in maniera da garantire il diritto dei condividenti ad una quota dei beni comuni qualitativamente omogenea all’intero.

D’altro canto, proprio come correttamente fatto dalla Corte d’Appello di Lecce, le spese occorrenti per sopperire alla vetustà degli elementi strutturali di alcuni dei beni da dividere vanno calcolate nella stima della porzione che li comprende, ai fini della tutela, appunto, del diritto dei condividenti all’uguaglianza qualitativa delle distinte quote (così Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14665 del 07/06/2016, non massimata), e non poste a carico della massa, non trattandosi di spese necessarie allo svolgimento del giudizio nel comune interesse (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3083 del 13/02/2006; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7059 del 15/05/2002).

2. Con il secondo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione degli artt. 556 e 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. e della contraddittorietà della motivazione, in quanto la Corte d’Appello non avrebbe considerato che G.M.G. non aveva impugnato il capo della decisione del Tribunale di Brindisi con cui erano stati accertati i debiti dell’eredità di Gr.Co.. La Corte di Lecce, quindi, avrebbe errato nel non valutare, al fine di determinare l’asse ereditario di Gr.Co., il credito vantato dal ricorrente G.P. per le spese funerarie del padre (spese ammontanti a complessive Lire 6.634.860, con conseguente onere di Lire 2.211.620 a carico di ciascuna delle sorelle). Inoltre, i giudici di secondo grado non avrebbero tenuto conto che G.M.G. era risultata soccombente in ordine ad alcune domande, in particolare con riferimento a quella rivolta verso G.P. per la restituzione degli importi di cui al libretto di deposito cointestato ed a quella concernente l’indivisibilità del bene.

2.1. Anche tale motivo è infondato.

La Corte d’Appello di Lecce ha evidenziato che la sentenza del Tribunale di Brindisi, da essa parzialmente riformata, aveva condannato G.M.G. e G.C. a pagare la somma di Euro 1.142,21 ciascuna a G.P. quale quota pro capite delle spese funerarie di Gr.Co. anticipate dal fratello. Di seguito, nel determinare l’asse ereditario di Gr.Co., la Corte di Lecce ha calcolato soltanto il relictum pari ad Lire 86.500.000 ed il donatum pari a Lire 20.000.000.

Ora, in via di principio è corretto che le spese per le onoranze funebri al de cuius sono da comprendere tra i pesi ereditari, cioè tra quegli oneri che sorgono in conseguenza dell’apertura della successione e che, pur dovendo essere distinti dai debiti ereditari cioè dai debiti esistenti in capo al de cuius e che si trasmettono, con il patrimonio del medesimo, a coloro che gli succedono per legge o per testamento – gravano sugli eredi per effetto dell’acquisto dell’eredità, concorrendo a costituire il passivo ereditario, che è composto sia dai debiti del defunto sia dai debiti dell’eredita (cfr. da ultimo Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1994 del 02/02/2016). Tuttavia, come visto, la sentenza del Tribunale di Brindisi non aveva soltanto calcolato le somme per le spese funerarie anticipate da G.P. ai fini della formazione della massa ereditaria, per poi procedere alla determinazione delle quote della divisione, ma aveva espressamente ed autonomamente statuito sulla domanda di rimborso da quello avanzata nei confronti delle coeredi. Non essendo stata impugnata tale autonomo e distinto capo della sentenza di primo grado, essa è rimasta coperta dal giudicato e correttamente la Corte d’Appello ha ritenuto preclusa una riconsiderazione dello stesso importo già accordato a G.P. ai fini della formazione delle singole porzioni, disponendo, a favore del condividente creditore a tale titolo, un ulteriore prelievo di beni dalla massa in proporzione.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti contestano la violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nonchè il difetto assoluto di motivazione in ordine alla compensazione parziale delle spese.

3.1. Anche il terzo motivo è infondato.

La Corte d’Appello di Lecce, a proposito delle spese processuali del giudizio di primo grado, ha considerato che G.M.G., il cui appello veniva accolto, fosse comunque soccombente su due domande (spese funerarie della madre e mancato godimento dell’immobile di via Grandi), decidendo perciò di compensare le spese stesse di quel grado in ragione di 1/3. In identica misura, ed implicitamente per le stesse ragioni, la Corte d’Appello compensava nella stessa proporzione le spese del giudizio di secondo grado.

Trovando applicazione la disciplina anteriore a quella introdotta dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” deve trovare soltanto un adeguato supporto motivazionale, e, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito, come è certamente riscontrabile nel caso in esame (Cass. Sez. U, Sentenza n. 20598 del 30/07/2008). La Corte di Lecce ha motivato la parziale compensazione delle spese del giudizio d’appello con riguardo alla parziale soccombenza di G.M.G., essendo stata accolta solo la sua domanda di reintegrazione della quota ed invece rigettate le restanti. Secondo unanime orientamento di questa Corte, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; mentre esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite nell’ipotesi di soccombenza reciproca, spettando allo stesso giudice di merito la valutazione della sussistenza della reciprocità della soccombenza e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2 (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2149 del 31/01/2014; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15317 del 19/06/2013).

4. Consegue il rigetto del ricorso. Non occorre regolare le spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimata non ha svolto attività difensiva.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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