Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28098 del 14/10/2021
Cassazione civile sez. VI, 14/10/2021, (ud. 18/05/2021, dep. 14/10/2021), n.28098
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28762-2019 proposto da:
T.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ACQUA DONZELA
N. 27, presso lo studio dell’avvocato SALVINO GRECO, che la
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
INTESA SAN PAOLO SPA, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA GRAZIOLI
15, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1519/2019 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata
l’01/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 18/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO
PORRECA.
Fatto
CONSIDERATO
che:
Intesa San Paolo, s.p.a., si opponeva al precetto intimatole da T.G. sulla base di assegno circolare di cui era stato indicato il rifiuto di pagamento;
l’opponente deduceva la nullità del precetto per attestazione di conformità del titolo da parte di soggetto incompetente, la mancata documentazione del rifiuto di pagamento, la conformità del rifiuto, qualora avvenuto, alla normativa antiriciclaggio;
l’opposta controdeduceva l’inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi per incompetenza funzionale del Giudice di Pace, l’inesistenza di un obbligo di trascrizione del titolo o certificazione da parte dell’Ufficiale giudiziario, e l’infondatezza del riferimento alla normativa antiriciclaggio;
il Giudice di pace dichiarava cessata la materia del contendere con compensazione delle spese di lite, osservando che, dopo un primo dissequestro del titolo allegato dalla parte opposta come anteriore alla notificazione del precetto, l’assegno, nelle more del giudizio, era stato sottoposto a sequestro penale, con conseguente impossibilità di circolazione del titolo;
il Tribunale rigettava l’appello proposto da T.G. osservando che il sopravvenuto sequestro aveva privato d’interesse l’opponente ad ottenere una pronuncia sulla illegittimità del precetto, e che non era stata specificatamente censurata la compensazione delle spese in ragione della differente applicazione del criterio della soccombenza virtuale;
avverso questa decisione ricorre per cassazione T.G. sulla base di tre motivi, avversato dal controricorso di Intesa San Paolo, s.p.a..
Diritto
RITENUTO
che:
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 100,112,115 e 116 c.p.c., dell’art. 360 c.p.c., n. 5, poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di constatare la stessa opponente, nell’atto di appello, aveva dato atto del dissequestro del titolo prima della notifica del precetto, e della sua negoziabilità sia pure presso altro intermediario;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 100,112,115,116 e 91 c.p.c., dell’art. 360 c.p.c., n. 5, del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 55, poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che, per l’ipotesi di successivo sequestro del titolo, i procedimenti esecutivi pendenti e del pari le correlative opposizioni avrebbero dovuto sospendersi, fermo restando che il giudice avrebbe dovuto provvedere d’ufficio a regolare le spese secondo il criterio della soccombenza virtuale;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 100,112 e 115 c.p.c., dell’art. 360 c.p.c., n. 5, poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che le parti avevano insistito nelle proprie richieste sicché non era giustificabile una dichiarazione di cessazione della materia del contendere;
Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
Rilevato che:
i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati, per ragioni di pronta soluzione;
innanzi tutto le prime due censure per un verso non si misurano con la “ratio decidendi”, per altro verso pongono urla questione nuova;
sotto il primo profilo, come conferma la stessa parte ricorrente (a pag. 2 del ricorso), i giudici di merito hanno avuto riguardo al sequestro sopravvenuto, nelle more del giudizio (pag. 4 della sentenza di appello), al primo, indicato come revocato, quest’ultimo, prima della notificazione del precetto;
sotto il secondo profilo, volto ad affrontare, questo sì, il tema del sequestro sopravvenuto, non si dimostra di aver posto la questione dell’applicabilità del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 55, nelle fasi di merito, sicché la stessa non è proponibile, per la prima volta, nel giudizio impugnatorio a critica vincolata di legittimità;
quanto al resto, il Tribunale ha avallato la dichiarazione di sopravvenuto difetto d’interesse in ragione del sopra richiamato secondo sequestro, anche se impropriamente definita nei termini di cessazione della materia del contendere, osservando che sulle spese il giudice di prime cure si era pronunciato compensandole, senza che vi fosse stata censura specifica sulla compensazione, sicché è infondata anche la deduzione di mancata regolazione officiosa delle stesse: le spese sono state regolate e la compensazione di prime cure non è stata oggetto di appello – grado definito con rigetto e spese secondo soccombenza – con giudicato interno sul punto (cfr. Cass., 03/07/2020, n. 14916: il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio a un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, poiché gli oneri della lite devono essere ripartiti in ragione del suo esito complessivo, mentre in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata dal giudice del gravame soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione);
spese di questo giudizio di legittimità secondo soccombenza, liquidate come da disposto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in Euro 1.100,00, oltre a 200,00 Euro per esborsi, oltre il 15 per cento di spese forfettarie, oltre accessori legali se dovuti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021