Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28097 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 31/10/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 31/10/2019), n.28097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28277-2013 proposto da:

R.G., (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE SALVATORE CUTELLE’;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II N. 18, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO

IARIA, che lo rappresenta e difende;

– MINISTERO DELL’INTERNO, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrenti –

e contro

M.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 826/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 05/08/2013 R.G.N. 452/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/04/2019 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto;

udito l’Avvocato ATTILIO BARBIERI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.G. aveva convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Firenze, l’Agenzia Autonoma Gestione Albo Segretari Comunali e Provinciali, il Dott. M.M., nella qualità di Direttore Generale la Sezione Regionale Toscana Agenzia Autonoma Gestione Albo Segretari Comunali e Provinciali, e S.G., nella qualità di Presidente.

2. Il ricorrente aveva dedotto che: era stato illegittimamente collocato in disponibilità ex L. n. 127 del 1997 in data 22.5.1998; illegittimamente non era stato destinato a svolgere funzioni di segretario comunale presso sedi vacanti ai sensi del D.P.R. n. 465 del 1997, art. 19; era stato lasciato in forzata inattività fino al 2004, data in cui il Presidente dell’Agenzia, Dott. S., aveva avviato il procedimento di mobilità d’ufficio verso il ministero dei Beni Culturali.

3. Egli, sulla scorta di tali allegazioni, aveva chiesto: 1) l’accertamento della illegittimità del collocamento in disponibilità di cui alla L. n. 127 del 1997 a decorrere dal 22 maggio 1998; 2) la pronuncia del provvedimento di caducazione del collocamento in disponibilità; 3) l’accertamento della illegittimità del comportamento dei responsabili dell’Agenzia Autonoma di Gestione dell’Albo dei Segretari Comunali e Provinciali e della sezione Regionale Toscana dell’Agenzia, consistito nel suo esautoramento dalla funzione di Segretario comunale, al quale era conseguito, in data 17 maggio 2004, il procedimento di mobilità, che si era concluso in data 10 gennaio 2005 con il provvedimento dell’Agenzia di estromissione dall’Albo dei Segretari Comunali; 4) il risarcimento dei danni (professionali, l’immagine, morali, esistenziali, patrimoniali, previdenziali); 5) la condanna dell’Agenzia Autonoma di Gestione dell’Albo dei Segretari Comunali e Provinciali e della sezione Regionale Toscana dell’Agenzia a reiscriverlo nell’Albo dei Segretari comunali “e nelle relative funzioni”.

4. Con sentenza n. 71/2009 il Giudice del lavoro del Tribunale di Firenze: aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda avente oggetto il collocamento in disponibilità del 25 maggio 1998, e alle correlate domande risarcitorie, nonchè in ordine alla domanda volta alla revoca “ex tunc” di tale atto; aveva, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., sospeso il giudizio sulla domanda avente ad oggetto la procedura di mobilità di ufficio e le correlate domande risarcitorie sino alla pronunzia del TAR Lazio, dinanzi al quale pendeva il ricorso proposto dal medesimo R.; aveva respinto le ulteriori domande risarcitorie e aveva condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite.

5. La Corte di appello di Firenze, adita dal R., con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dal R. avverso il capo della sentenza di primo grado con il quale era stata disposta la sospensione del giudizio sulla domanda avente ad oggetto la procedura di mobilità d’ufficio e le conseguenti domande risarcitorie; ha respinto nel resto l’appello proposto dal R. e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero dell’Interno, quale successore dell’Agenzia Autonoma Gestione Albo Segretari Comunali e in favore di S.G., Presidente dell’Agenzia.

6. Il “decisum” della Corte territoriale, per quanto oggi rileva, fonda sulle argomentazioni motivazionali che seguono:

7. era infondata l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per asserita omessa lettura del dispositivo, perchè quest’ultima non deve necessariamente risultare da esplicita menzione nella sentenza medesima o nel verbale d’udienza, ben potendo essere documentata da qualsiasi altro atto processuale o desumersi per implicito da altre circostanze; la sentenza di primo grado risultava depositata in cancelleria nella stessa data in cui era stata tenuta l’udienza di discussione;

8. era infondata l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per omissione del libero interrogatorio delle parti e del tentativo di conciliazione, in quanto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, tali adempimenti non sono previsti a pena di nullità, essendo rimesso al potere discrezionale del giudice di merito di valutare se l’espletamento di tali attività sia utile o meno;

9. la domanda avente ad oggetto il provvedimento di collocamento in disponibilità e il pagamento dei danni correlati, al pari della domanda avente oggetto la revoca “ex tunc” di tale atto, apparteneva alla giurisdizione del giudice amministrativo in quanto, diversamente da quanto prospettato dall’appellante, il collocamento in disponibilità non configurava un’ illegittima situazione di fatto protrattasi fino al 2004, quindi oltre discrimine temporale del 30 giugno 1998, stabilito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7 per il riparto tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria in materia di impiego pubblico; il collocamento in disponibilità costituiva, di contro, a norma della L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 72, la conseguenza automatica ex lege della mancata conferma, o della revoca, del segretario comunale, così come conferma il D.P.R. n. 465 del 1997, art. 19, comma 1; in ogni caso, risultava documentato l’atto formale dell’avvenuto collocamento in disponibilità, consistente nella lettera del 20 maggio 1998 della Sezione Regionale Toscana dell’Agenzia Autonoma Gestione Albo Segretari comunali e provinciali, con cui era stata comunicata l’assegnazione al ricorrente di un incarico di reggenza a seguito del collocamento in disponibilità conseguito alla nomina di un nuovo segretario comunale del Comune di Capoliveri;

10. trovava applicazione l’orientamento di legittimità (Cass. n. 7504/2012, n. 3053/2009), secondo cui appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia promossa da un dipendente pubblico con qualifica di segretario comunale o provinciale per ottenere il risarcimento del danno conseguente ad un illegittimo provvedimento disposto in data anteriore al 1 luglio 1998;

11. era inammissibile il motivo di censura formulato nei confronti della statuizione di primo grado, che aveva disposto la sospensione del giudizio in relazione alla domanda avente ad oggetto la procedura di mobilità di ufficio e le correlate domande risarcitorie, in quanto la predetta pronuncia avrebbe dovuto essere impugnata con istanza di regolamento di competenza;

12. la domanda volta alla condanna dell’Agenzia al risarcimento dei danni conseguiti alla mancata assegnazione di sedi vacanti nel periodo di disponibilità era infondata in quanto la L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 78 e il D.P.R. n. 465 del 1997, art. 19, comma 2 attribuiscono all’Agenzia il compito di utilizzare i segretari in posizione di disponibilità in incarichi di supplenza e di reggenza, favorendone la collocazione nell’ambito della provincia di residenza, senza alcuna garanzia in ordine all’effettiva assegnazione degli incarichi, assegnazione rimessa, ai sensi della L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 70 al Sindaco e al Presidente della Provincia;

13. era pacifico che il ricorrente aveva ricevuto periodicamente le informazioni sulle sedi di volta in volta vacanti, ed era rimasto indimostrato l’assunto del ricorrente in ordine all’inadempimento degli obblighi gravanti sull’Agenzia;

14. sull’eccezione di illegittimità costituzionale del D.L. n. 8 del 1999, art. 2, comma 2, conv. in L. n. 75 del 1999, avrebbe dovuto pronunciarsi il giudice al quale apparteneva la giurisdizione in ordine al provvedimento di collocamento in disponibilità; la questione era, comunque, priva di rilevanza perchè l’appellante non aveva agito deducendo il proprio diritto a conservare l’incarico di segretario del Comune di Capoliveri, bensì quello di conseguire l’assegnazione di incarichi ulteriori;

15. Avverso questa sentenza R.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad otto motivi, al quale hanno resistito con controricorso il Ministero dell’Interno e S.G.. M.M. è rimasto intimato.

16. La causa all’Adunanza camerale del 13.6.2018 è stata rinviata a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza in considerazione della importanza delle questioni dedotte.

17. Il S. ha depositato memoria per segnalare che il ricorrente è deceduto e che con sentenza n. 23 del 2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 99, comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi.

18. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dei principi regolatori del giusto processo, ai sensi dell’art. 111 Cost., e nullità della sentenza o del procedimento del grado di appello ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione: 1) del principio di immodificabilità del collegio giudicante sancito dall’art. 276 c.p.c., comma 1, per avere il Presidente che ha sottoscritto la sentenza partecipato soltanto all’udienza finale in cui la causa è stata posta in decisione, ma non alle udienze precedenti; 2) dei principi regolatori del giusto processo e nullità del procedimento per non avere il Giudice relatore fatto la relazione della causa, come previsto espressamente dall’art. 437 c.p.c. e perchè non v’era stato contraddittorio con il Collegio di appello, in quanto “nell’udienza di discussione orale nessuno dei membri del Collegio giudicante aveva mai esplicitato ai difensori di avere reperito elementi in direzione del convincimento che andavano maturando in proposito e per avere perciò pronunciato una sentenza a sorpresa”; 3) del principio di durata ragionevole del processo a causa dei ripetuti rinvii.

19. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dei principi regolatori del giusto processo ai sensi dell’art. 111 Cost. e/o nullità della sentenza del procedimento relativamente a quanto avvenuto nel processo di primo grado, nullità che si era riverberata anche sul giudizio e sulla sentenza di appello, per mancato interrogatorio delle parti e per mancato espletamento del tentativo di conciliazione; il ricorrente, inoltre, deduce la nullità della sentenza impugnata sul rilievo della mancanza dello “svolgimento del processo” e sul rilievo che la Corte territoriale non ha pronunciato sui motivi di gravame relativi alla nullità del procedimento di primo grado.

20. Con il terzo motivo il ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, censura la statuizione che ha declinato la giurisdizione del giudice ordinario e denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto.

21. Il ricorrente in “in via incidentale,” denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. n. 465 del 1997, art. 6, comma 1, lett. a) e comma 3 e assume che il collocamento in disponibilità non rientra tra gli atti di competenza della sezione regionale della Toscana ma di quella nazionale e comunque non del Presidente di una sezione regionale come il S.; deduce che la nota del 20.5.1998 reca la dicitura ” Alla presente nota, anticipata tramite telefax segue provvedimento formale” e da siffatta circostanza trae la conseguenza che non vi è stato alcun provvedimento formale di collocamento in disponibilità, idoneo, in quanto tale a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo.

22. Sostiene che il collocamento in disponibilità costituisce un illecito permanente per cui, ai fini della giurisdizione, occorre fare riferimento al momento della cessazione della condotta inadempiente.

23. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. Richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 275 del 2001 e asserisce che non poteva essere ravvisata una ipotesi di pregiudiziale amministrativa in quanto l’azione promossa innanzi al Tar, diretta all’annullamento degli atti amministrativi impugnati, è diversa da quella proposta innanzi al giudice ordinario, il quale, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63 può disapplicare gli atti amministrativi illegittimi. Deduce, inoltre, che il TAR Lazio con la sentenza n. 5011/2009, passata in giudicato e prodotta all’udienza di merito del 18.6.2013, ha declinato la sua giurisdizione qualificando gli atti impugnati come atti di gestione del rapporto.

24. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e del procedimento di appello per avere la Corte territoriale, nel respingere la domanda risarcitoria per mancata assegnazione di sedi vacanti nel periodo di disponibilità, ricostruito il “petitum” e la “causa petendi” in termini “riduzionistici” e per avere omesso di riportare “lo svolgimento del processo”. Deduce che il periodo nel quale era stato tenuto inattivo era durato circa sei anni e l’Agenzia non aveva contestato di essere rimasta inerte per lunghi anni privando esso ricorrente di funzioni e di mansioni.

25. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla statuizione di rigetto della domanda risarcitoria per mancata assegnazione di sedi vacanti nel periodo di disponibilità. Assume che ai sensi della L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 78, lett. e) e del D.P.R. n. 465 del 1997, art. 6, comma 1, lett. f) dell’art. 19, comma 2 le amministrazioni devono ritenersi inadempienti non essendo stato contestato che le medesime non hanno utilizzato esso ricorrente in incarichi di reggenza e di supplenza presso i comuni ovvero nelle attività proprie del “funzionamento” dell’Agenzia e delle sedi regionali. Deduce che spettava al convenuto allegare l’adempimento. Asserisce che le informazioni inviate ad esso ricorrente non fanno venire meno gli obblighi imposti all’Agenzia dalle disposizioni di legge richiamate nella rubrica.

26. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo in relazione al rigetto della domanda risarcitoria correlata al periodo di collocamento in disponibilità. Addebita alla Corte territoriale di avere errato nel rigettare la domanda risarcitoria sul rilievo che l’Agenzia aveva periodicamente informato esso ricorrente delle sedi prive di segretario titolare e, ribadendo le prospettazioni esposte nel sesto motivo, assume che al segretario comunale collocato in disponibilità è attribuito il diritto ad ottenere gli incarichi previsti della L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 78, lett. e) e del D.P.R. n. 465 del 1997, art. 6, comma 1, lett. f) dell’art. 19, comma 2.

27. Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione falsa applicazione di norme di diritto, per avere la Corte territoriale ritenuto priva di rilevanza la questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 8 del 1999, art. 2, comma 2 convertito in L. n. 75 del 1999 sul rilievo che sulla stessa avrebbe dovuto pronunciare il giudice amministrativo.

28. In via preliminare va rilevato che il Collegio è delegato a trattare la questione di giurisdizione in virtù di specifico D.PRIMO PRESIDENTE del 16/7/2018.

Esame dei motivi.

29. Il primo motivo, oltrechè inammissibile, in quanto formulato senza il rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, non avendo il ricorrente riprodotto nel ricorso nelle parti salienti e rilevanti, gli atti processuali del giudizio di merito, che non risultano allegati al ricorso e nemmeno òne è stata indicatà la sede di produzione (Cass. SSUU 8077/2012; 25038/2013; Cass. 31997/2018), è anche infondato nei diversi profili in cui è articolato.

30. Il principio di immutabilità del giudice, di cui all’art. 276 c.p.c., prevede che la decisione sia deliberata dai giudici che hanno assistito alla discussione, i quali non devono essere necessariamente gli stessi davanti ai quali la causa sia stata trattata nel corso di tutto il giudizio (ex plurimis Cass. 14415/2018, 22238/2017).

31. La relazione della causa che, nei giudizi innanzi ad organi collegiali, deve precedere la discussione delle parti, sia nel rito ordinario (art. 275 c.p.c.) che in quello del lavoro (art. 437 c.p.c.), non è prescritta a pena di nullità e la sua omissione non inficia la validità della successiva sentenza, non essendo tale sanzione contemplata da alcuna specifica norma, nè derivando la stessa dai principi fondamentali che regolano il processo civile (Cass. 23495/2010).

32. In tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, siccome inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, (nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 13), se rilevate d’ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l’esercizio delle domande giudiziali (Cass. 6218/2019). E’, poi, da escludere, che il giudice possa o addirittura debba anticipare alle parti, per evitare sentenze “a sorpresa”, gli elementi su cui si formerà, nella fase decisoria, il libero convincimento.

33. Infine, la denuncia di violazione del principio di durata ragionevole del processo a causa dei ripetuti rinvii, oltrechè inammissibile perchè, come già rilevato (cfr. punto 30 di questa sentenza) il ricorrente non ha allegato gli atti processuali relativi ai giudizi di merito sui quali è fondata la doglianza, è infondata perchè, a fronte del principio di durata ragionevole del processo, violazione che non produce nullità del procedimento e della sentenza, l’ordinamento mette a disposizione specifici rimedi e tutele.

34. Il secondo motivo è infondato nella parte in cui è dedotta la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato perchè la Corte territoriale ha preso in esame i motivi di censura formulati sul dedotto difetto nel processo di primo grado del libero interrogatorio e del tentativo di conciliazione, e le ha rigettate, in conformità ai principi affermati da questa Corte ‘ (“ex plurimis” Cass. 641/2004), secondo cui il mancato interrogatorio delle parti ed il mancato espletamento del tentativo di conciliazione non determina nullità della sentenza.

35. Il motivo è infondato anche nella parte in cui è denunciata la nullità della sentenza per mancata indicazione dello “svolgimento del processo” atteso che la Corte territoriale ha dato ampio conto dello sviluppo della vicenda processuale in conformità all’art. 132 c.p.c.

36. Il terzo motivo è infondato nella parte in cui censura la statuizione declinatoria della giurisdizione sulle domande aventi ad oggetto il provvedimento di collocamento in disponibilità e il risarcimento dei danni dedotti come subiti in conseguenza di tale provvedimento.

37. La Corte territoriale ha accertato che dell’avvenuto collocamento in disponibilità del R., conseguito automaticamente ex lege alla mancata conferma nelle funzioni di segretario Comunale presso il Comune di Capoliveri, la sezione Regionale Toscana dell’Agenzia Autonoma della Gestione Albo Segretari Comunali e Provinciali aveva dato atto con il provvedimento in data 20.5.1998 con il quale era stata comunicata al R. l’attribuzione dell’incarico di reggenza.

38. Non risulta che, dopo tale data vi siano stati atti dell’amministrazione, di legge, regolamentari o della contrattazione collettiva direttamente incidenti sulla posizione soggettiva del ricorrente oggetto della odierna pretesa.

39. Tanto consente di affermare che, secondo la stessa prospettazione attorea, il fatto allegato dal quale sarebbe, poi, scaturita la lesione del diritto di cui si chiede tutela in questa sede è costituito unicamente dal provvedimento di collocamento in disponibilità del 20.5.1998: il “petitum” sostanziale si fonda sull’inadempimento dell’amministrazione per l’avvenuto collocamento in disponibilità, inadempimento al quale deve riconoscersi natura istantanea come recentemente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 7208/2019, che ha richiamato le precedenti sentenze Cass. SS.UU nn. 8363/2007, 26786/2008, 19549/2010, 3053/2009 (le ultime due pronunciate proprio in materia di rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali), sebbene i suoi effetti dannosi potevano o possono riverberarsi sull’ulteriore corso del rapporto.

40. Si tratta, come osservato dalle SSUU nella richiamata sentenza n. 7208/2019 (che ha richiamato Cass. SSUU n. 16303/2014) “di un riflesso meramente fattuale, collegabile al protrarsi dell’inerzia non solo della parte asseritamente inadempiente ma della stessa parte adempiente che non ha tempestivamente reagito all’altrui inadempienza, che per ciò solo non muta la natura istantanea dell’inadempimento. In altri termini, permanenti possono essere gli effetti ma non l’illecito, giacchè esso si è consumato con un’azione puntuale e non reiterata. Diversamente si perverrebbe all’inaccettabile conclusione di dividere la giurisdizione sulla base di elementi rimessi alla condotta delle parti, separatamente dal complesso degli atti procedimentali intervenuti”.

41. Le SSU di questa Corte nella già richiamata sentenza n. 7208/2019 hanno osservato che questi principi reggono anche al vaglio della giurisprudenza delle Sezioni Unite (inaugurata da Cass. Sez.Un. 3183/2012, poi consacrata da Cass. Sez. Un. 220726/2012, e seguita, tra le tante, da 4251/2016) che, ai fini del riparto di giurisdizione, superando il diverso orientamento fondato sul principio del frazionamento (su cui, ex multis, Cass. 25258/2009), ha valorizzato l’unitarietà sostanziale della fattispecie dedotta in giudizio nelle questioni cosiddette “a cavallo”, ossia ricadenti in parte prima e in parte dopo il 30 giugno 1998.

42. Questa giurisprudenza, invero, pur sancendo che in materia di pubblico impiego privatizzato la giurisdizione del giudice ordinario è la regola mentre quella del giudice amministrativo è ipotesi eccezionale, mantiene ferma la potestà giurisdizionale di quest’ultimo per tutte quelle controversie concernenti questioni che, in concreto, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 80 del 1998, il pubblico dipendente avrebbe potuto instaurare e che aveva tempo fino al 15 settembre 2000 per instaurare.

43. E’ stato precisato che il “canone della “fattispecie sostanzialmente unitaria” costituisce una nozione di sintesi ricavata dalla controversia in concreto sottoposta al giudice e connotata da identità di “petitum” e “causa petendi” della pretesa azionata con riferimento all’intero periodo controverso, anche se “a cavallo” del 30 giugno 1998″.

44. Ebbene, come si è già rilevato, il “petitum” e la “causa petendi” dell’odierna controversia sono costruiti sull’asserita lesione del diritto del ricorrente a non essere collocato in disponibilità, lesione che si è consumata in un momento certo e collocabile nel tempo, e precisamente il 20.5.1998, data della adozione del provvedimento di collocamento in disponibilità e di attribuzione dell’incarico di reggenza, pacificamente avvenuto prima del 30 giugno 1998.

45. Nè risulta intervenuto (nulla essendo stato dedotto al riguardo) un atto, amministrativo, legislativo o contrattuale, che abbia inciso sulla situazione giuridica sostanziale dedotta in giudizio rendendola azionabile dopo il 30 giugno 1998.

46. In conclusione, deve ritenersi che nella fattispecie in esame, tanto la genesi quanto l’azionabilità del diritto ricadono interamente nel periodo precedente il 30 giugno 1998, sicchè si è fuori dalle ipotesi cosiddette “a cavallo”, per le quali può trovare applicazione il principio della “fattispecie sostanzialmente unitaria dal punto di vista giuridico e fattuale”.

47. Sussiste pertanto “ratione temporis” la giurisdizione del giudice amministrativo.

48. Occorre al riguardo richiamare il principio più volte affermato da questa Corte (Cass. SSUU 8363/2007, 6573/2006, 14858/2006) secondo cui il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7, nel trasferire al giudice ordinario le controversie del pubblico impiego privatizzato, pone il discrimine temporale – individuato in relazione alla data del 30 giugno 1998 – tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa con riferimento al dato storico costituito dall’avverarsi delle circostanze e dei fatti materiali posti alla base della pretesa avanzata, in ordine alla cui giuridica rilevanza sia insorta controversia. E qualora la lesione d’un diritto sia stata prodotta da un atto (avente natura negoziale o di provvedimento amministrativo), la giurisdizione va individuata con riferimento alla data dell’atto medesimo (“ex plurimis” Cass. SSUU: 13981/2017, 7305/2017, 28808/2011, 16393/2011, 9446/2011, 8363/2007, 14858/2006; Cass. 31333/2018), dovendosi escludere in ogni caso che eventi successivi al 30 giugno 1998, quali la formazione di indirizzi giurisprudenziali, l’intervento di chiarimenti interpretativi di disposizioni di legge ed i conseguenti mutamenti delle prassi applicative successive al 30 giugno 1998, possano valere a determinare la competenza del giudice ordinario per fattispecie perfezionatesi in epoca anteriore (Cass. SSUU 12493/2007).

49. Non vale a contrastare tale conclusione l’assunto del ricorrente secondo cui il provvedimento di collocamento in disponibilità non sarebbe mai stato formalmente adottato ovvero sarebbe stato adottato da organo incompetente (questione questa ovviamente riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo) in quanto la censura fondata su tale assunto mira a sollecitare il non consentito (Cass. SSU 24148/2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, 15208/2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007, 181214/2006, 3436/2005, 8718/2005), riesame del merito della causa in ordine alla sussistenza del provvedimento di collocamento in disponibilità e al tempo in cui questo fu adottato.

50. Il quarto motivo, da riferirsi al mezzo impugnatorio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto le censure denunciano in sostanza “error in procedendo” per la violazione delle regole del processo di cui agli artt. 285 e 42 c.p.c., è inammissibile perchè formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4 (cfr. punto 30 di questa sentenza).

51. Il ricorrente non ha, infatti, riprodotto nelle parti essenziali e rilevanti gli atti processuali sui quali è fondata la denuncia di violazione degli artt. 295 e 42 c.p.c. (ricorso introduttivo del giudizio, provvedimento del giudice di primo grado di sospensione del giudizio, ricorso al TAR, sentenza del TAR), atti che non risultano allegati al ricorso e di cui non risulta specificata la sede di produzione processuale.

52. La mancata allegazione di tali atti non consente a questa Corte di accertare se il giudizio di merito medesimo dovesse o no essere sospeso in applicazione dell’art. 295 c.p.c., per essere pendente una controversia pregiudiziale e quale fosse il rimedio processuale esperibile.

53. Il quinto motivo, nella parte in cui il ricorrente, riproducendo le censure già formulate nel secondo motivo, addebita alla Corte territoriale anche di avere riportato in termini “riduzionistici” la domanda e di essersi concentrata sul “petitum” formale, trascurando il “petitum” sostanziale e l’oggetto del giudizio e di avere omesso di pronunciare sulla sua è infondato.

54. Nella sentenza impugnata, infatti, la vicenda dedotta in giudizio nella quale si inserivano le rivendicazioni in fatto ed in diritto del ricorrente, risultano ricostruite in maniera esaustiva e tale da far comprendere tutti gli elementi di fatto e i presupposti sui quali è stato fondato il “decisum”.

55. Il quinto motivo, nella parte in cui imputa alla Corte territoriale di non avere considerato l’inerte comportamento dell’Agenzia, il sesto ed il settimo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto correlati al dedotto inadempimento dell’Agenzia nel periodo successivo al collocamento in disponibilità, sono infondati nella parte in cui richiamano, denunciandone la violazione, le disposizioni di legge e di regolamento che disciplinano le modalità di utilizzazione dei segretari comunali e provinciali collocati in disponibilità.

56. L’art. 17, comma 78 ha delegato al Regolamento “da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 2” “la disciplina le modalità di utilizzazione dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria” precisando alla lett. e) che i segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria devono essere utilizzati in via prioritaria per le esigenze dell’Agenzia e per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per l’espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche con oneri retributivi a loro carico.

57. Il D.P.R. n. 465 del 1997 all’art. 19 ha dettato la disciplina relativa ai segretari collocati in disponibilità, disponendo che devono essere favorite “ove possibile” le prestazioni di servizio e lo svolgimento di incarichi nell’ambito della provincia di residenza o comunque negli ambiti territoriali più vicini alla residenza stessa e che i segretari collocati in disponibilità sono utilizzati prioritariamente per gli incarichi di supplenza e reggenza, sulla base della graduatoria formata secondo criteri stabiliti dal consiglio nazionale di amministrazione e ha previsto al c. 4 che “L’Agenzia, per l’esigenza del proprio funzionamento, sulla base dei criteri stabiliti dal consiglio nazionale di amministrazione, può disporre l’assegnazione dei segretari in disponibilità anche presso le sezioni regionali tenendo conto delle richieste in tal senso formulate dai segretari in disponibilità”.

58. Disposizione di analogo contenuto si rinviene nel D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 101 che prevede che il segretario “Durante il periodo di disponibilità rimane iscritto all’albo ed è posto a disposizione dell’Agenzia autonoma di cui all’art. 102 per le attività dell’Agenzia stessa o per l’attività di consulenza, nonchè per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per l’espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche che lo richiedano con oneri a carico dell’ente presso cui presta servizio”.

59. Il tenore letterale delle disposizioni sopra richiamate, chiaro ed inequivoco, attesta che, diversamente da quanto opina il ricorrente, non vi è alcun criterio di priorità nella individuazione dell’una o dell’altra tipologia di incarichi conferibili al segretario in disponibilità nè alcun obbligo di utilizzare quest’ultimo per le esigenze di funzionamento dell’Agenzia.

60. La sentenza impugnata è, pertanto, corretta nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che l’Agenzia è tenuta ad utilizzare i segretari in posizione di disponibilità in incarichi di supplenza e di reggenza favorendone la collocazione nell’ambito della Provincia di residenza.

61. Va anche osservato che l’iniziativa concreta dell’assegnazione dell’incarico al segretario comunale o provinciale è rimessa al Sindaco o al Presidente della Provincia (D.P.R. n. 465 del 1997, art. 17, comma 70) e non all’Agenzia.

62. Le censure formulate nel quinto e nel sesto motivo sono inammissibili nella parte in cui mirano al non consentito riesame in sede di legittimità (cfr. punto 50 di questa sentenza) del merito della causa e alla rivalutazione del materiale istruttorio in ordine alla condotta tenuta dall’Agenzia durante il periodo di collocamento in disponibilità.

63. La censura (settimo motivo) che addebita alla sentenza motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria è inammissibile perchè estranea al perimetro del mezzo di impugnazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile “ratione temporis” (la sentenza impugnata è stata pubblicata il 5.8.2013), prevede che la sentenza può essere impugnata per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

64. Dal rigetto del terzo motivo consegue l’assorbimento delle censure formulate nell’ottavo motivo nei confronti della statuizione con la quale la Corte territoriale ha ritenuto che sulla questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 8 del 1999, art. 2, comma 2 convertito con L. n. 75 del 1999 a questione di costituzionalità di cui al D.Lgs. n. 8 del 1998, art. 2, comma 2 convertito in L. n. 75 del 1999 dovesse pronunciarsi il giudice amministrativo e nella parte in cui ha ritenuto comunque irrilevante detta questione.

65. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

66. Le spese del giudizio, nella misura indicata nel dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente.

67. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

LA CORTE

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate quanto al Ministero dell’Interno in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito e quanto al S. in Euro 3.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie, oltre IVA e CPA. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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