Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28094 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. un., 31/10/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 31/10/2019), n.28094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di sez. –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente di sez. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente di sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16818-2018 proposto da:

COMITATO BELLUNESE ACQUA BENE COMUNE, W.W.F. ASSOCIAZIONE ITALIANA

PER IL WORLD WIDE FUND FOR NATURE – O.N.L.U.S., in persona dei

rispettivi Presidenti pro tempore, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato

ALESSIO PETRETTI, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MATTEO CERUTI;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI SAPPADA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI MONTE FIORE 22, presso lo studio

dell’avvocato RENZO CUONZO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato STEFANO CANAL;

REGIONE VENETO, in persona del Presidente pro tempore della Giunta

regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VARRONE 9, presso

lo studio dell’avvocato BRUNA D’AMARIO PALLOTTINO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati EZIO ZANON, CHIARA

DRAGO e CRISTINA ZAMPIERI;

– controricorrenti –

e contro

AUTORITA’ DI BACINO DEI FIUMI ISONZO, TAGLIAMENTO, PIAVE,

BRENTA-BACCHIGLIONE, MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI,

A.R.P.A. – AGENZIA PER LA PROTEZIONE AMBIENTALE DEL VENETO,

PROVINCIA DI BELLUNO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 240/2017 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 20/12/2017;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/09/2019 dal Consigliere Dott. ERNESTINO LUIGI BRUSCHETTA;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale MATERA

Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

uditi gli avvocati Alessio Petretti, Renzo Cuonzo e Bruna D’Amario

Pallottino.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con l’impugnata sentenza il TSAP respingeva il ricorso promosso da WWW Italia Onlus – congiuntamente al Comitato Bellunese Acqua Bene Comune e all’Associazione Pescatori Dilettanti e Sportivi di Comelico e Sappada – per l’annullamento della Delib. Giunta Regionale del Veneto 3 ottobre 2013, n. 1773 con la quale veniva autorizzata la costruzione di una centrale idroelettrica sul fiume Piave nel Comune di Sappada, del presupposto parere di valutazione d’impatto ambientale VIA e in parte qua del Piano di Gestione del Distretto Idrografico delle Alpi Orientali e di ogni altro atto collegato conseguente e derivato.

2. Il TSAP, dichiarato dapprima il “difetto di legittimazione attiva” dell’Associazione Pescatori, respingeva nel merito le domande di annullamento.

2.1. Per quanto di stretto interesse, dopo aver ricordato che sulla scorta di una più recente valutazione ecologica delle acque in parola come “di stato elevato”, valutazione condotta in conformità alla Dir. CE 23 ottobre 2000 n. 60, ARPA Veneto aveva espresso parere contrario al rilascio della concessione di costruzione della centrale idroelettrica, il TSAP riteneva di dover comunque respingere le domande di annullamento, sia perchè lo “stato elevato” delle acque al momento della Delib. non si era ancora tradotto in atto normativo regionale, vigendo ancora il Piano di Gestione del Distretto Idrografico delle Alpi Orientali, che prevedeva per quel tratto di fiume il minore stato ecologico “buono”; sia perchè, il favorevole parere VIA, in mancanza di una scientifica certezza circa il peggioramento ecologico di quelle acque di bacino, non poteva essere ritenuto in contrasto con il principio, anche unionale, di “precauzione”.

3. Il WWF e il Comitato Bellunese ricorrevano per dieci motivi, mentre la Regione Veneto e il Comune di Sappada resistevano con controricorso; gli altri intimati, invece, non si costituivano; i ricorrenti e il Comune di Sappada depositavano memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo complesso motivo, variamente rubricato, i ricorrenti lamentavano, in sintesi, che erroneamente il TSAP aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione del Piano di Gestione del Distretto Idrografico delle Alpi Orientali, nella parte in cui, quest’ultimo, indicando come obbiettivo di quel tratto di fiume in Comune di Sappada uno “stato buono” delle acque, poteva permettere la costruzione della centrale idroelettrica.

1.1. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentavano come il TSAP nulla avesse statuito circa la eccepita violazione, da parte della Commissione regionale VIA, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 118 norma che imponeva l’individuazione di bacini idrografici allo scopo di monitorare le conseguenze dell’attività antropica; i ricorrenti facevano in particolare rilevare che, nel contrario parere di ARPA, quel tratto di fiume Piave era stato difatti designato come “sito di riferimento” per queste obbligatorie analisi; tanto che, pochi giorni dopo, con d.g.r. 28 ottobre 2013, n. 1950, quel bacino veniva dalla Regione così classificato, con la derivata impossibilità di ogni sua modificazione.

1.2. Con il terzo motivo, infine, i ricorrenti ancora lamentavano che erroneamente il TSAP non avesse tenuto in alcun conto il contrario parere di ARPA, reso in conformità alla dir. CE n. 60 cit., parere in cui lo stato ecologico di quelle acque era stato catalogato come “elevato”, come del resto subito dopo riconosciuto dalla Regione con d.g.r. n. 1950 cit., con impossibilità di un loro peggioramento, per cause antropiche; e, tutto ciò, concludevano i ricorrenti, in violazione, anche, del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 12 bis come sostituto dal D.Lgs. n. 152 cit., art. 96, comma 3, oltrechè in violazione del principio unionale di “precauzione”; e risultando, ad ogni modo, insufficienti le prescrizioni impartite.

2. I motivi, che possono essere esaminati unitariamente per la loro stretta connessione, sono complessivamente fondati.

2.4. Deve essere a riguardo evidenziato che il contrario parere di ARPA Veneto si fondava su indagini scientifiche, svolte in conformità ai criteri stabiliti dalla dir. CE n. 60 cit., indagini a mezzo delle quali veniva senza contestazione accertato che lo stato ecologico delle acque interessate era di grado “elevato”; indagini, la cui validità venne di lì a pochissimo ex lege confermata dalla ricezione in normativa regionale, avvenuta a mezzo della d.g.r. n. 1950 cit., con il derivato vincolo di non peggioramento; cosicchè, in ragione del principio unionale di “precauzione”, anche contenuto nel D.Lgs. n. 152 cit., art. 3 ter che impone in caso di incertezza scientifica, a scopo di prevenzione, di adottare il comportamento più prudente (in tema di conservazione di habitat, Corte giust. UE sez. II n. 521 del 14; in generale, Cons. St. sez. V n. 2495 del 2015; Cons. St. sez. IV n. 5525 del 2014), la Commissione regionale VIA avrebbe dovuto dar dimostrazione, con idonea attività istruttoria, nella fattispecie, non solo mancante, ma contraddetta dagli esiti dell’indagine ARPA, che la costruzione della centrale idroelettrica, nonostante il rilevante intervento antropico, non avrebbe modificato lo stato “elevato” delle acque, così come classificate in base ai criteri di cui alla dir. CE n. 60 cit.; uno “stato elevato” che, con la d.g.r. n. 1950 cit., è divenuto, in effetti, subito dopo, obbligatorio mantenere; e, ciò, appunto, conformemente alla superiore fonte Europea; alla quale superiore fonte, la Commissione regionale VIA era pertanto tenuta a dare, al momento della Delib. qui impugnata, applicazione; una applicazione che, invece, la Commissione regionale VIA non ha fatto, dando così luogo al vizio di eccesso di potere, anche sotto il profilo della assenza di attività istruttoria; un eccesso di potere manifestatosi nella illogicità e incongruità della motivazione della Delib. VIA; illogicità e incongruità confermate, in maniera conclamata, dalla rammentata circostanza che, pochissimo più tardi, con d.g.r. n. 1950 cit., fu la Regione stessa a far legislativamente proprie, in palese contraddizione con la Delib. VIA, le conclusioni del parere ARPA circa lo stato ecologico “elevato” di quelle acque (Cass. sez. un. 33665 del 2018; Cass. sez. un. 33538 del 2018).

3. Assorbiti gli altri motivi.

4. Il ricorso deve essere pertanto accolto.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, annulla ai sensi di cui in motivazione l’impugnata concessione; condanna i controricorrenti in solido alle spese, a favore dei ricorrenti, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, per il giudizio avanti al TSAP, e per il presente giudizio, in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi; oltre a spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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