Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28094 del 14/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2021, (ud. 06/05/2021, dep. 14/10/2021), n.28094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20356-2019 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANTONIO MAZZEO;

– ricorrente –

contro

C.P., C.G., C.M.G.,

elettivamente domiciliati presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIUSEPPE GENNACCARI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 100/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 02/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 06/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

SCODITTI

 

Fatto

RILEVATO

che:

C.P., C.G. e C.M.G. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Lecce P.M. chiedendo la dichiarazione di risoluzione del contratto di concessione in comodato gratuito dell’unità immobiliare sita in (OMISSIS) e la condanna al rilascio dell’immobile. Il Tribunale adito accolse la domanda. Avverso detta sentenza propose appello la P.. Con sentenza di data 2 aprile 2019 la Corte d’appello di Lecce rigettò l’appello.

Osservò la corte territoriale che l’appellante non aveva provato che a far data dal 2003 era stato stipulato un contratto atipico di natura obbligatoria di concessione del diritto di abitazione vita natural durante, in disparte la circostanza che un siffatto contratto confliggeva con il principio di tipicità dei contratti reali, e che per un verso non risultava plausibile fosse stato concesso il diritto di abitazione per tutto il corso della vita della P. (spogliandosi così, stante la giovane età di quest’ultima, i proprietari del bene per un lunghissimo tempo senza contropartita), per l’altro sulla base delle allegazioni degli originari ricorrenti, non tempestivamente disconosciute dalla convenuta e confermate dalla testimonianza di M.G. (che per quanto a sua conoscenza aveva confermato la circostanza della concessione a titolo di comodato per un breve periodo), non era revocabile in dubbio che si fosse trattato di un comodato precario.

Ha proposto ricorso per cassazione P.M. sulla base di due motivi e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi d’inammissibilità del ricorso.

Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1803,1810,1322 e 1022 c.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osserva la parte ricorrente che, contrariamente alle asserzioni del tutto apodittiche del giudice di merito, risultava provata l’esistenza del diritto della P. di abitare con la propria famiglia per tutta la vita l’immobile alla luce del godimento protrattosi dal 2003 e degli ingenti lavori eseguiti, costituenti una sorta di corrispettivo per il godimento dell’immobile. Aggiunge che ricorre un contratto atipico a termine di natura obbligatoria (di uso e/o abitazione), espressione del principio di autonomia contrattuale.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Osserva la parte ricorrente che il giudice di merito ha basato il proprio convincimento sulle dichiarazioni di un teste de relato ex partis actoris prive di valenza probatoria e che irragionevole ed apodittica è la preferenza accordata alla ricostruzione attorea dei fatti di causa. Conclude nel senso che la decisione non risulta supportata da motivazione adeguata in violazione dell’art. 116 c.p.c..

I motivi da valutare unitariamente sono inammissibili. Le censure attengono complessivamente al giudizio di fatto che è profilo sottratto al sindacato di legittimità in quanto di competenza del giudice di merito. Il sindacato sulla valutazione della prova viene richiesto anche a titolo di violazione dell’art. 116 c.p.c.. In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 1229 del 2019). La censura non risulta proposta secondo tali modalità.

Quanto alla denuncia di irrilevanza della testimonianza de relato ex parte actoris, la ricorrente in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non ha specificatamente indicato, eventualmente trascrivendone le parti rilevanti, il contenuto della dichiarazione testimoniale, in modo da valutare se ricorressero le caratteristiche denunciate con la censura. Il motivo comunque sul punto non coglie la ratio decidendi perché il giudice di merito è pervenuto alle sue conclusioni non sulla base della mera dichiarazione testimoniale, ma sulla base delle allegazioni dei ricorrenti, non contestate dalla controparte come rilevato dal giudice di merito (accertamento questo non oggetto di specifica impugnativa), e rispetto alle quali la testimonianza in discorso ha costituito soltanto elemento di riscontro (si rammenti che la testimonianza “de relato ex parte actoris” può assurgere a valido elemento di prova quando sia suffragata da ulteriori risultanze probatorie, che concorrano a confermarne la credibilità – Cass. n. 18352 del 2013).

Infine si denuncia il vizio di motivazione, non solo sulla base del paradigma non più vigente (non vi è denuncia di omesso esame di fatto decisivo e controverso), ma anche senza assolvere il seguente onere processuale: nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 10 marzo 2014, n. 5528; 27 settembre 2016, n. 19001; 22 dicembre 2016, n. 26774).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021

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