Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28092 del 24/11/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 28092 Anno 2017
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: DE FELICE ALFONSINA

SENTENZA

sul ricorso 24441-2012 proposto da:
PRESTIFILIPPO

GRAZIA

c.f.

PRSGRZ51B56G580D,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASILINA 3/U,
presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO TORRIERO,
rappresentata e

dall’vvocàto CERANA NICO,

difesa

giusta delega in atti;
– ricorrente –

2017

contro

3178

SAMMARTINO GIUSEPPE, ZENGA ANTONIO nella loro qualità
di

Dirigente

Provinciale

di

Scolastico

dell’Ufficio

Milano,

rappresentati

Scolastico
e

difesi

Data pubblicazione: 24/11/2017

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui
Uffici domiciliano in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI
N. 12 (Atto di costituzione del 21/12/2012);
– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 2562/2012 della CORTE

2418/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/07/2017 dal Consigliere Dott.
ALFONSINA DE FELICE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato CERANA NICO;
udito l’Avvocato RICCARDO MONTAGNOLI.

D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/07/2012 R.G.N.

R.G.24441/2012

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza in data 11/07/2012, a conferma
della decisione del Tribunale, stessa sede, n.2224/2009, ha rigettato il ricorso

Giuseppe Sammartino e del Dirigente del Provveditorato agli Studi di Milano,
Antonio Zenga. La domanda aveva a oggetto la condanna in solido degli
appellati, al pagamento del danno non patrimoniale, per il periodo 1997-2009,
derivante dalle gravi conseguenze dovute all’errata registrazione della
domanda di collocamento a riposo da parte degli uffici, danno calcolato in Euro
200000 o, comunque, da disporre in via equitativa.
L’istanza fu presentata allo scopo di beneficiare dei requisiti pensionistici
introdotti dall’art. 13, co.5, I. n.724/1994, ma venne respinta
dall’amministrazione per tardività. Depositata presso l’istituto scolastico il
27/09/1994, essa fu protocollata il 29/09/1994, mentre la legge in oggetto
indicava quale data di scadenza dell’accettazione, quella del 28/09/1994.
Contro ogni sua volontà, soltanto al fine di non subire le conseguenze
pregiudizievoli delle sue intempestive dimissioni, Grazia Prestifilippo revocò la
domanda di collocamento a riposo e rimase in servizio, e, nonostante la revoca
dell’istanza di cessazione dal servizio, chiese al giudice amministrativo di poter
beneficiare comunque della normativa pensionistica di suo interesse. Nelle
more del processo amministrativo l’appellante intraprese un giudizio per
querela di falso avente a oggetto il cambiamento della data dell’istanza sul
registro del protocollo, il cui esito fu a lei favorevole sia in primo grado che in
appello e, tuttavia, alla ripresa del procedimento amministrativo il Tar, e
successivamente il Consiglio di Stato, ritennero che la revoca incondizionata
della domanda di dimissioni avesse determinato acquiescenza da parte della
ricorrente rispetto al provvedimento di reiezione dell’istanza di collocamento a
riposo per tardività.

di Grazia Prestifilippo, insegnante, nei confronti del Dirigente Scolastico,

Grazia Prestifilippo avviò poi un altro giudizio dinanzi al giudice del lavoro
per sentir dichiarare l’illegittimità del rifiuto del riesame, da parte del Dirigente
del Provveditorato, dell’originario provvedimento di rigetto dell’istanza per
tardività, che si concluse con la pronuncia delle Sezioni Unite (n.16611/2005),
che dichiarò il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario ex art. 69, co.7
d.lgs. n.165/2001, essendo il ricorso proposto avverso un provvedimento del

Il giudizio de quo costituisce, pertanto, l’epilogo di un’annosa vicenda
giudiziaria che ha visto pronunciarsi giudici di vario ordine e grado; il ricorso di
Grazia Prestifilippo, illustrato da memoria difensiva, in questo caso si rivolge,
con tre censure, alla cassazione della sentenza con cui la Corte d’Appello di
Milano ha negato alla stessa il diritto al risarcimento del danno non
patrimoniale, non avendone ritenuta raggiunta prova nel giudizio di merito,
anche muovendo dal presupposto che i rilievi nei confronti delle presunte
condotte illecite degli appellati fossero stati formulati solo successivamente alla
revoca incondizionata delle dimissioni da parte dell’appellante.
Giuseppe Sammartino e Antonio Zenga risultano costituiti.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con la prima censura parte ricorrente deduce omessa e insufficiente
motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, consistenti
nell’avere la sentenza gravata ritenuto che, di fronte all’accertamento, da parte
del giudice amministrativo, dell’esistenza di una revoca incondizionata delle
dimissioni da parte della ricorrente, non avessero rilevanza i fatti illeciti
ingenerati dai provvedimenti amministrativi censurati: per Sammartino, la
cattiva tenuta del registro del protocollo, e per Zenga, l’omessa trasmissione
della dichiarazione di rettifica.
Deduce, altresì, riguardo alla responsabilità di Giuseppe Sammartino,
violazione dell’art. 3 d.lgs. n.29/1993 e dell’art. 85 del R.D. n.965/1924
nonché omessa, insufficiente e incongrua motivazione. Sotto il primo profilo

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19/05/1995, ratione temporis ricadente sotto la giurisdizione amministrativa.

censura la sentenza per aver genericamente escluso la responsabilità dello
stesso circa la ritardata registrazione della domanda di dimissioni nel registro
del protocollo, disattendendo le norme richiamate in epigrafe, dalle quali risulta
che tale responsabilità è sempre stata posta in capo al Preside (art. 85 R.D.
n.965/1924) e, successivamente, al Dirigente Scolastico (art. e d.lgs.
n.29/1993); sotto il secondo profilo l’omessa motivazione avrebbe riguardato il

ricorrente avrebbe goduto dei benefici della norma pensionistica a decorrere
dal 1/07/1997, il che conferma che sussiste una responsabilità per danno da
ritardata registrazione in capo a Giuseppe Sammartino.
Deduce ancora, sempre con riferimento alla responsabilità di quest’ultimo,
una serie di violazioni di norme penali (artt. 323, 328, 479 e 493), e di norme
della I. n.241/1990 (artt. 1, 2, 3, 7, 8), nonché omessa e insufficiente
motivazione di una serie di fatti controversi decisivi per il giudizio. La sentenza
è censurata per aver negato la natura dolosa o gravemente colposa
dell’ulteriore condotta del controricorrente, consistente nella mancata
trasmissione della dichiarazione che precisava l’errore di registrazione,
ritenendo sufficiente la giustificazione che questi aveva dato nel giudizio per
querela di falso, secondo la quale, il mancato inoltro della rettifica era dipeso
dal non avere egli acquisito certezza della ritardata registrazione; e ancora la
sentenza è contestata per aver ritenuto legittima la condotta del Dirigente
Scolastico, nonostante questa fosse in contrasto con i principi di correttezza,
buona fede e trasparenza amministrativa.
La prima censura è inammissibile.
La motivazione della sentenza gravata è corretta e non sindacabile sul
punto della validità della revoca incondizionata delle dimissioni da parte della
ricorrente (in data 28/09/1994) con effetto di acquiescenza al provvedimento
di diniego di ammissione della sua domanda di collocamento a riposo per
tardività (in data 19/05/1995).
La censura non si palesa autosufficiente, là dove, facendo originare il fatto
illecito da una determinazione diversa da quella (19/05/1995) prospettata in
premessa, e risalente al 19/07/2002 (ribadita il 7/10/2002) con cui il Dirigente

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fatto per il quale, se la domanda fosse stata correttamente protocollata la

del Provveditorato avrebbe “…deliberatamente ignorato i comportamenti
contrari all’ordinamento dell’ing. Sammartino (irregolare tenuta dei registri del
protocollo; e, ciò che più conta, mancata trasmissione della decisiva
dichiarazione di rettifica), conculcando illecitamente il diritto della ricorrente al
pensionamento dall’1/09/2002 ex art. 13, co. 5 cit.” (p. 8 del ricorso), non
chiarisce in qual modo, la presunta omissione in motivazione del giudizio

motivato, di contro, come l’accertata reiterazione della revoca incondizionata
delle dimissioni da parte della ricorrente avesse escluso ogni volontà colpevole
da parte del Dirigente Scolastico, il cui comportamento si era rivelato del tutto
legittimo.
Di conseguenza, quanto al ruolo del Sammartino, il giudizio della Corte
territoriale non può dirsi viziato da alcuna omissione, di tal che, la censura di
omessa motivazione formulata non si palesa autosufficiente e declina verso
una valutazione del fatto, inibita in sede di legittimità.
Tutte le altre doglianze dedotte nella prima censura mossa all’impugnata
sentenza si risolvono sostanzialmente in una domanda di riesame del merito
della causa, e cioè, in un’inammissibile richiesta di revisione delle valutazioni e
del convincimento del giudice del merito, e perciò diretta ad ottenere una
nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura e alla finalità del giudizio di
Cassazione (v. Sez. Un. n.8053/2014).
E allora è bene ribadire che il ricorso per cassazione non introduce un terzo
giudizio di merito tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza
impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica
vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia dei vizi
previsti dall’art. 360 cod. proc. civ.
In altri termini, non è consentito alla Corte di Cassazione il potere di
riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto
il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione
fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del
proprio convincimento e all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità

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d’illiceità dei comportamenti abbia inciso sulla decisione. La sentenza ha

e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute
idonee a dimostrare i fatti in discussione.
Nella fattispecie in esame la sentenza impugnata, valutando nel complesso
il materiale probatorio acquisito ha dato conto in modo adeguatamente
motivato della decisione adottata, seguendo un iter logico-argomentativo
congruo, coerente e privo di vizi logico-giuridici, pervenendo alla conclusione

comportamento di Giuseppe Sam martino.
2. Con la seconda censura parte ricorrente contesta omessa e insufficiente
motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio.
Alla condotta illecita tenuta dal Dirigente Scolastico si sarebbe aggiunta
anche quella del Dirigente del Provveditorato Antonio Zenga, che volutamente
ignorando il danno inflitto dalla condotta del primo, lo ha aggravato mediante il
provvedimento in data 7/10/2002 col quale rifiutava un riesame della
situazione, trincerandosi dietro l’assenza di fatti rilevanti che ne confermassero
l’opportunità e dietro il paravento (fuorviante) del giudicato amministrativo.
Diversamente la ricorrente sarebbe stata collocata in quiescenza
dall’1/09/2002.
La seconda censura è inammissibile.
Anche in merito alla posizione di Antonio Zenga, la sentenza gravata appare
adeguatamente motivata, nell’escludere l’illiceità del comportamento di questi
per non aver revocato il primo rifiuto dell’Ufficio, affermandone, anzi, la piena
legittimità, una volta accertata l’acquiescenza, da parte della ricorrente, al
primo provvedimento di rigetto dell’istanza, attraverso la revoca incondizionata
delle sue dimissioni. Per ogni altra valutazione contenuta nella censura,
restano valide le stesse ragioni espresse in precedenza sull’inammissibilità,
dinanzi a questa Corte, del motivo di ricorso che tenda a introdurre
surrettiziamente, attraverso l’invocazione del vizio di omessa motivazione, un
riesame del merito della causa.
3. La terza e ultima doglianza, si appunta sia sulla violazione di legge (art.
2 Cost., art. 2059 cod. civ., art. 9 d.lgs.n.61/2000), sia sull’omessa e
insufficiente motivazione. Rispetto alla presunta mancata prova del pregiudizio

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che gli elementi acquisiti non consentissero di ritenere illecito il

subito parte ricorrente, richiamando la giurisprudenza di questa Corte
sull’immaterialità del danno esistenziale, ritiene di aver dimostrato comunque
quanto il comportamento dei controricorrenti abbia inciso pesantemente sulle
sue scelte di vita, tra le quali la trasformazione necessitata del rapporto di
lavoro in part time, e la penalizzazione che ne sarebbe derivata sotto il profilo
sia retributivo sia previdenziale (per il minore ammontare del t.f.r. e della

La terza censura è altresì inammissibile.
La sentenza gravata (pag.6) dà esattamente conto della mancata prova del
danno subito dalla ricorrente a causa dei provvedimenti di cui lamenta
l’ingiustizia, che, emessi successivamente alla revoca incondizionata della sua
domanda di prepensionamento, hanno finito per rivelarsi ininfluenti sulla sua
sfera giuridica, in alcun modo pregiudicando il proprio diritto a proseguire la
sua attività di insegnante scolastica fino al raggiungimento naturale dei
requisiti di legge per il collocamento a riposo.
Pertanto, essendo le censure inammissibili, il ricorso va rigettato. Le spese
seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento nei
confronti dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida
in Euro 2500 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso all’Udienza dell’11/07/2017

Il Consigliere Estensore
(Dott. Alf nsin

. 99A

Felice)
A141~1~~~…..~11/4- ,

Il Presi ente

I (Dott. Lui Macioce)

pensione maturata nel 2009).

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