Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28092 del 14/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2021, (ud. 06/05/2021, dep. 14/10/2021), n.28092

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15687-2019 proposto da:

B. PETROLI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa

dall’avvocato LORENZO DE CARLO;

– ricorrente –

contro

T.G., elettivamente domiciliato presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e

difeso dall’avvocato PASQUALE PIETRO AULISA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 432/2018 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZ.

DISTACCATA di TARANTO, depositata il 13/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 06/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

SCODITTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

B. Petroli s.p.a. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Taranto T.G. chiedendo la risoluzione del contratto di affitto di terreno di proprietà del convenuto e la condanna al risarcimento del danno per l’importo complessivo di Euro 1.302.047,60. Espose l’attrice di avere stipulato con il convenuto il contratto di cui sopra con l’obbligo della società di costruire sul terreno una stazione di servizio, impianto da concedere in comodato al T. con obbligo di quest’ultimo di sottoscrivere contratto di fornitura in via esclusiva dei carburanti e di volturazione in favore della società dell’autorizzazione petrolifera a servizio dell’impianto. Aggiunse che il Comune aveva disatteso l’istanza di autorizzazione in variante e conseguente voltura e che il T. dapprima aveva fatto decorrere inutilmente il termine per presentare osservazioni e documenti, in seguito aveva opposto il rifiuto alla volturazione determinando il rigetto dell’istanza di riesame proposta dalla società. Il Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello la società. Con sentenza di data 13 novembre 2018 la Corte d’appello di Lecce rigettò l’appello.

Osservò la corte territoriale che dal tenore letterale del contratto non si evinceva alcuna clausola di esclusiva in favore della società, né potevano trarsi elementi dalle deposizioni testimoniali stanti il divieto di cui all’art. 2722 c.c., di testimonianza su patti aggiunti al contenuto di documento e l’eccezione di inammissibilità della prova sollevata dal T. all’udienza del 25 marzo 2013, e che appariva “fortemente anomalo che una clausola così essenziale, secondo quanto prospettato dall’appellate, non fosse stata inserita expressis verbis nella scrittura negoziale”. Aggiunse che il rigetto da parte del Comune dell’istanza di voltura dell’autorizzazione proposta dal T. non era stato opposto da nessuno e che ininfluente era il contegno ostruzionistico che costui avrebbe mantenuto rispetto ad analoga istanza presentata dalla società, avendo il T. comunque inizialmente adempiuto all’impegno assunto e rendendo non importante l’obbligo da costui assunto il notevole lasso di tempo (oltre quattro anni) sia dalla conclusione del contratto che dall’istanza dello stesso T.. Osservò ancora che la società non era di fatto risultata pregiudicata perché dalla documentazione (in specie la corrispondenza fra le parti) si evinceva che il T. aveva commercializzato i prodotti petroliferi della società, al punto che ancora nel 2011 (dopo l’istanza di voltura) questa gli aveva offerto uno sconto sui propri prodotti. Aggiunse, a comprova che doveva negarsi l’esistenza di pregiudizi economici, che l’impianto realizzato era rimasto nella proprietà della società, i canoni versati attenevano all’affitto del terreno di proprietà del T. ed il mancato guadagno non era sorretto da congrui riscontri probatori, avendo comunque il T. collocato i prodotti petroliferi dell’appellante, con corrispondenti guadagni da parte di quest’ultima.

Ha proposto ricorso per cassazione B. Petroli s.p.a. sulla base di tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi d’inammissibilità del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1371,1453 e 1455 c.c., dell’art. 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il T. non ha ottemperato all’obbligo di volturare in favore della società l’autorizzazione petrolifera, costituente l’interesse principale nel rapporto contrattuale, sicché l’inadempimento non può essere ritenuto di scarsa importanza. Aggiunge che non si comprenderebbe perché la società abbia realizzato, investendo ingenti somme di denaro, l’impianto al solo scopo di concederlo al T. e che pertanto, come emerso anche dalle testimonianze, la voltura petrolifera era la qualità essenziale del bene oggetto di affitto. Osserva infine che non vi era stato disinteresse, essendosi la società subito attivata per la volturazione in proprio favore dell’autorizzazione.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 157 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che non è stata sollevata alcuna eccezione di inammissibilità ai sensi dell’art. 2722 c.c., essendosi il T. genericamente opposto ai mezzi istruttori prima della loro ammissione e non avendo il medesimo sollevato alcuna eccezione all’esito dell’escussione dei testi, come invece avrebbe dovuto fare. Aggiunge che la clausola non è stata inserita nel contratto perché il relativo accordo è intervenuto successivamente alla conclusione del contratto medesimo.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale ha escluso l’esistenza di pregiudizi economici senza considerare i registri di carico e scarico da cui si evinceva il diradamento degli ordini da parte del T. e senza disporre una CTU, richiesta dalla società, grazie alla quale quest’ultima avrebbe potuto assolvere all’onere della prova su di essa incombente.

I motivi primo e terzo, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono inammissibili. Deve premettersi che, se è vero che la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito (fra le tante da ultimo Cass. n. 12182 del 2020), è altresì vero che il giudizio di fatto è governato dal parametro normativo rappresentato sia da un criterio di valutazione in astratto circa l’entità dell’incidenza dell’inadempimento sull’economia complessiva del rapporto, sia da una valutazione in concreto, relativa al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente (Cass. n. 24206 del 2015; n. 22346 del 2014). Sotto quest’ultimo aspetto viene in rilievo una questione non di giudizio di fatto, ma di sussunzione della fattispecie nel parametro della non scarsa importanza dell’inadempimento.

Il profilo della rilevanza in concreto dell’inadempimento è stato valutato dal giudice di merito che ha escluso, esaminando le diverse circostanze, l’esistenza di un pregiudizio economico. Trattasi di valutazione che è stata censurata con il terzo motivo sul piano del mero giudizio di fatto, sulla base dunque di un profilo non scrutinabile nella presente sede di legittimità. Nel quadro di tale censura è stato poi osservato che se il giudice avesse disposto la consulenza tecnica sarebbe stato assolto l’onere probatorio della ricorrente. Anche per tale aspetto il motivo è inammissibile perché la mancata disposizione della consulenza tecnica d’ufficio da parte del giudice, di cui si asserisce l’indispensabilità, è incensurabile in sede di legittimità ove la consulenza sia intesa come finalizzata ad esonerare la parte dall’onere della prova (fra le tante Cass. n. 15219 del 2007 e altre conformi).

Una volta che il giudizio di inesistenza di pregiudizio economico permanga, i rilievi mossi con il primo motivo si rivelano privi di decisività, in quanto pertinenti alla valutazione in astratto, e non in concreto, dell’inadempimento, scivolando così nel giudizio di fatto.

Il secondo motivo è inammissibile. La censura non coglie la ratio decidendi ed è dunque priva di decisività. Il motivo verte sull’assenza dell’eccezione di nullità all’esito dell’assunzione della prova, ma non considera che il giudice di merito, a prescindere dalla valutazione di inammissibilità della testimonianza, ha formulato un giudizio di fatto nel senso che appare “fortemente anomalo che una clausola così essenziale, secondo quanto prospettato dall’appellate, non fosse stata inserita expressis verbis nella scrittura negoziale”. Tale giudizio di fatto non è stato censurato con una rituale denuncia di vizio motivazionale (ove peraltro consentito dall’art. 348-ter c.p.c.), da cui la non decisività del motivo di censura.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021

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