Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28091 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 28091 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: PERINU RENATO

ORDINANZA

sul ricorso 17090-2012 proposto da:
VANTAGGIATO DANIELA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA QUINTINO SELLA, 41, presso lo studio
dell’avvocato MARGHERITA VALENTINI, rappresentata e
difesa dall’avvocato FERNANDO PEPE, giusta delega in
atti;
– ricorrente contro
2017
3104

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F.
80078750587, in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,

presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Data pubblicazione: 24/11/2017

Avvocati

VINCENZO

TRIOLO,

EMANUELE

DE

ROSE,

ANTONIETTA CORETTI, giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1127/2011 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 20/11/2012 R.G.N.

880/2009.

RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 20 gennaio 2012 la Corte d’appello di
Milano confermava la pronuncia del giudice di primo grado, che aveva rigettato
la domanda dell’attuale ricorrente, Vantaggiato Daniela, tendente ad ottenere
dall’INPS, quale gestore del Fondo di garanzia ex I. n. 297/1982 e succ. mod. e
integraz., il TFR maturato alle dipendenze del proprio datore di lavoro (la S.a.s.
Bartorilla di Bartorilla S&C.), e non riscosso nonostante la stessa avesse,
infruttuosamente, promosso un’esecuzione mobiliare;
che, la Corte d’appello, per quanto qui rileva, riteneva che la lavoratrice
non avesse dimostrato l’insolvenza del proprio datore di lavoro, essendosi
limitata all’infruttuosa esecuzione mobiliare senza assumere le necessarie
informazioni documentali in ordine alla consistenza patrimoniale dei soci
illimitatamente responsabili della S.a.s Bartorilla;
che, avverso tale pronuncia ricorre per cassazione Vantaggiato Daniela,
affidandosi a due motivi con i quali denuncia la violazione dell’art. 2, comma 5
della legge n. 297/1982, e l’omessa, o comunque contraddittoria motivazione
resa dalla Corte territoriale in ordine alla sussistenza dei presupposti
legittimanti l’accesso al Fondo di garanzia;
che, l’INPS difende con controricorso; ed entrambe le parti hanno
presentato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO

che, entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente, per la loro
connessione, s’appalesano infondati;
che, con essi il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo (relativo al mancato
esperimento da parte della lavoratrice di seri e concreti tentativi di esecuzione

Udienza del 5 luglio 2017 – Aula B
n. 28 del ruolo – RG n. 17090/12
Presidente:D’Antonio – Relatore:Perinu

forzata, al fine di conseguire la prova dell’insufficienza delle garanzie
patrimoniali del debitore), nonché violazione dell’art. 2, comma 5, I. n.
297/1982, per avere la Corte territoriale ritenuto che, al fine di poter accedere
alle prestazioni del Fondo di garanzia, non fosse sufficiente esperire senza esito
una procedura esecutiva mobiliare, ma fosse necessario, altresì, promuovere il
tentativo di realizzare il credito, anche nei confronti dei soci, illimitatamente
responsabili, della Bartorilla Sas, attestando in tal modo la diligenza necessaria
per la corretta applicazione dell’art. 2, comma 5, I. n. 297/1982;
invece, parte ricorrente
contesta tale argomentazione, e
richiamando il dato testuale del citato art. 2, perviene ad affermare, come lo
stesso ” non prescriva alcuna specifica procedura e/o azione”, e “neppure
indichi un numero minimo di tentativi” che il lavoratore deve espletare per
accedere alle prestazioni del Fondo di garanzia istituito presso l’INPS;
che,

pertanto, il “thema decidendum” consiste nell’individuare i
presupposti e l’ambito di applicazione dell’art. 2, comma 5, I. n. 297/1982;
che, al riguardo, il Collegio ritiene di dover dare continuità a quell’indirizzo
giurisprudenziale ( ex plurimis v. sent. 2 aprile 2002, n.4666) di questa Corte,
secondo il quale l’art. 2, 5 comma, I. n. 297/1982 nel precisare i presupposti
per l’intervento del Fondo di garanzia nell’ipotesi di impossibilità di fallimento
del datore di lavoro, ha sancito il principio di diritto per cui, in caso di
insolvenza del datore di lavoro non soggetto alle disposizioni della legge
fallimentare, ai fini dell’accoglimento della domanda di intervento del Fondo di
garanzia per il trattamento di fine rapporto, istituito presso l’INPS dall’art. 2
della legge 29 maggio 1982, n. 297, grava sul lavoratore l’onere di dimostrare
che, a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata (che deve conformarsi
al criterio dell’ordinaria diligenza) per la realizzazione del relativo credito, le
garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte insufficienti;
che, a tal fine, non può ritenersi sufficiente la mera parvenza di
esecuzione, quale deve considerarsi l’inutile esperimento di un tentativo di
pignoramento mobiliare presso il debitore, quando, in violazione del richiamato
criterio di diligenza, non siano state effettuate idonee ricerche, sul debitore
medesimo in ordine alla eventuale titolarità, in capo allo stesso, di crediti verso
terzi o di beni e diritti immobiliari, nonché su altri soggetti personalmente e
solidalmente coobbligati con lo stesso datore di lavoro;
che, pare evidente che il fine perseguito dal legislatore con il dettato
normativo previsto dall’art. 2 della I.n. 297/1982 consista nell’assicurare al
lavoratore l’integrale pagamento del trattamento di fine rapporto e dei crediti
vantati nei confronti del datore di lavoro, anche se per la mancanza in capo a
2

che,

che, il citato comma 5 dell’art. 2, I. n. 297/1982, dispone che, ricorrendo
il presupposto dato dalla mancanza, in capo al datore di lavoro della condizione
soggettiva contemplata nell’art. 1 del r.d. 16 marzo 1942 n. 267, e sussistendo
le altre due condizioni richieste dalla legge (la cessazione del rapporto di lavoro
e l’inadempimento totale o parziale, del datore di lavoro), il lavoratore (o i suoi
aventi causa) possono inoltrare domanda di pagamento del trattamento di fine
rapporto al Fondo di garanzia, sempre che, a seguito dell’esperimento
dell’esecuzione forzata per la realizzazione del credito relativo a tale
trattamento, le “garanzie patrimoniali” siano risultate in tutto o in parte
insufficienti;
che, avuto conto di ciò, la legittimazione ad agire nei confronti del Fondo
di garanzia deve ritenersi subordinata alla preventiva escussione del debitore
inadempiente, richiedendosi che venga esperita l’esecuzione forzata in danno
di quest’ultimo e che, a seguito di essa, le “garanzie patrimoniali” dello stesso,
siano risultate in tutto o in parte insufficienti;
che, il richiamo al concetto di “garanzie patrimoniali” pone in stretta
correlazione l’art. 2, comma 5, I. n. 297/1982, con l’art. 2740 c.c., norma,
quest’ultima, che assoggetta tutti i beni del debitore, presenti e futuri, alla
funzione di garanzia dell’adempimento dell’obbligazione;
che, il delineato rapporto di collegamento normativo tra l’art. 2740 c.c., e
I. 2, comma 5, I. n. 297/1982, conduce a ritenere che l’esito negativo della
procedura individuale di esecuzione forzata sia, di per se stessa, come nel caso
di specie, insufficiente al fine di ottenere il pagamento di quanto dovuto dal
Fondo di garanzia, risultando piuttosto meramente funzionale, all’accertamento
dell’insufficienza totale o parziale delle garanzie patrimoniali del datore di
lavoro inadempiente, in coerenza con il disposto dell’art. 2740 c.c. e con
l’assunzione in via sussidiaria delle obbligazioni già gravanti sul datore di
lavoro da parte del Fondo di garanzia ( cfr. Cass. n. 12105 del 2008);
che, occorre, pertanto, ribadire il principio ricavabile dalle pronunce
emesse da questa Corte sulla tematica in oggetto, e sopra richiamate, secondo
il quale, a mente del combinato disposto degli artt. 2 della I. n. 297/1982 e
2740 c.c., nel caso di insolvenza del datore di lavoro rappresentato da una
società non assoggettabile a procedura fallimentare, e con soci solidalmente ed
illimitatamente responsabili, incombe , sul lavoratore, nel rispetto delle cautele
di ordinaria diligenza desumibili dal citato art. 2, comma 5, esperire, al fine di
accedere alle prestazioni del Fondo di garanzia, le necessarie procedure
3

quest’ultimo del presupposto soggettivo, non possa essere dimostrato lo stato
di insolvenza del medesimo;

esecutive nei confronti di tutti i coobbligati solidali ed illimitatamente
responsabili;

che, le conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale paiono conformi ai
principi di diritto espressi in materia da questa Corte di legittimità, mentre
rientrano nell’ambito di valutazione discrezionale del giudice di merito
(insindacabile in questa sede ove sorretto, come nel caso che occupa, da
sufficiente motivazione) le questioni in merito all’idoneità degli elementi
allegati quale prova presuntiva ai fini della sussistenza del fatto principale,
rappresentato dall’idoneità delle garanzie patrimoniali del debitore;
che; alla stregua delle argomentazioni che precedono deve concludersi
per l’infondatezza delle doglianze mosse in ricorso nei confronti dell’impugnata
sentenza;
che, pertanto, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità
seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M
La Corte rigetta il ricorso, condanna parte ricorrente alla rifusione delle
spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 1500,00, per compensi
professionali, ed in euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed
accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 5.7.2017.
Il Pre ente
LkA-.-

Il Funzionario Gi
Dott.s

che; ciò posto, va evidenziato, come sopra, già rilevato in punto di fatto,
che la Corte di secondo grado ha basato la propria decisione sul rilevo che
l’odierna ricorrente non avesse comprovato l’insolvenza del datore di lavoro
(Bartorilla S.a.s.) senza, peraltro, nulla documentare ed allegare in merito al
patrimonio dei soci, della medesima, solidalmente ed illimitatamente
responsabili;

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