Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28091 del 09/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 09/12/2020), n.28091

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11465-2019 proposto da:

PROVINCIA RELIGIOSA DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO DELL’OPERA DI

DON ORIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CARMINE DI RISIO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PESCARA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 871/7/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’ABRUZZO SEZIONE DISTACCATA di PESCARA, depositata il

21/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Provincia Religiosa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo dell’Opera di Don Orione (di seguito denominato per brevità “Ente religioso”) proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Pescara avverso l’avviso di accertamento ICI con la quale veniva richiesto alla contribuente dal Comune di Pescara il pagamento della somma di Euro 39.146 dovuta per omesso versamento dell’ICI, relativa all’anno di imposta 2010, per il possesso del complesso immobiliare classificato in B/1, B/2 e D8.

2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso non ritenendo provati i fatti costitutivi che giustificavano la dedotta esenzione dal pagamento del tributo.

3. La sentenza veniva impugnata dall’Ente religioso e la Commissione Regionale Tributaria della Regionale dell’Abruzzo respingeva l’appello ritenendo che l’Ente religioso non aveva assolto all’onere probatorio della sussistenza della causa di esenzione dal pagamento dell’imposta costituita dall’utilizzazione del complesso immobiliare per fini esclusivamente religiosi o assistenziali.

5. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione l’Ente religioso affidandosi a due motivi. Il Comune di Pescara non si è costituito.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i) e dell’art. 87 TUIR, comma 4, si argomenta che la Corte di secondo grado ha errato nel non escludere la sussistenza di attività oggettiva commerciale dal momento che l’Ente gestiva una casa di cura senza fine di lucro e che l’area demaniale presa in concessione veniva utilizzata come deposito di ombrelloni e sdraio da spiaggia riservata agli anziani e ai disabili ospiti dei Centri Don Orione di tutta Italia.

1.1.Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per avere i giudici di seconde cure omesso di esaminare un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti costituito dalla dimostrazione da parte dell’ente che gli immobili non erano destinati ad attività commerciale

2. IL primo motivo è infondato.

2.1 La norma di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i), è stata oggetto di ripetuti interventi legislativi, e precisamente, per quanto in questa sede interessa: a) L. 2 dicembre 2005, n. 248 (di conversione del D.L. 30 settembre 2005, n. 203), che ha inserito nel D.L. convertito, art. 7, il comma 2 bis del seguente tenore testuale: “l’esenzione disposta dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse”; b) L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 2, comma 133, che, a sua volta, ha aggiunto, in fine al comma 2 bis detto, il seguente periodo: ” con riferimento ad eventuali pagamenti effettuati prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non si fa comunque luogo a rimborsi e restituzioni di imposta”; c) D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39 (convertito in L. 4 agosto 2006, n. 248), specificamente rubricato modifica della disciplina di esenzione dall’ICI, che, infine, ha sostituito il riprodotto testo originario del comma 2-bis con il seguente:” l’esenzione disposta dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i) si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale”.

2.2 Con riferimento all’avverbio “esclusivamente” la Circolare ministeriale del 26.1.2009 nr 2 /DF ha chiarito che un’attività o è commerciale o non lo è non essendo possibile individuare una terza categorie sicchè tale inciso deve essere riferito non alla natura dell’attività, ma alle specifiche modalità di esercizio di tale attività; in sostanza le attività svolte negli immobili non dovrebbero essere disponibili sul mercato oppure dovrebbero essere svolte per rispondere a bisogni rilevanti che non sono sempre soddisfatti dalle strutture pubbliche nè dagli operatori privati commerciali.

2.3 Ciò premesso, risultando pacifico il presupposto soggettivo per poter usufruire dell’esenzione costituito dalla natura non commerciale dell’ente religioso, la contestazione è sulla sussistenza dell’elemento oggettivo e cioè se il complesso immobiliare fosse destinato esclusivamente allo svolgimento di una delle attività tassativamente elencate dalla norma e che dette attività non fossero gestite con modalità commerciali.

2.4 Va precisato che, con riferimento alle disposizioni che regolamentano l’esenzione ICI, di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), deve tenersi conto della decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, secondo cui tale disposizione, nelle sue formulazione succedutesi nel tempo, concretizza un aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione, sicchè anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato; la Commissione ha osservato che anche laddove un’attività abbia una finalità sociale, questa non basta da sola a escluderne la classificazione di attività economica. E’ necessario, quindi, al fine dell’esclusione del carattere economico dell’attività, che quest’ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico Vanno pertanto considerate irrilevanti ai fini tributari le finalità solidaristiche che connotano le attività ricettive religiose, essendo necessario verificare se l’attività ricettiva è rivolta ad un pubblico indifferenziato o, invece, a categorie predefinite e che il servizio non sia offerto per l’intero anno solare. Il fornitore di servizi è, inoltre, tenuto ad applicare tariffe di importo ridotto rispetto ai prezzi di mercato e la struttura non deve funzionare come un normale albergo (Cass. n. 7415 del 2019).

2.5 Va, inoltre, precisato che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, essendo le norme agevolatrici derogative di principi generali e, quindi, di stretta interpretazione (art. 14 preleggi), incombe al contribuente, l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti oggettivi dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di una attività commerciale. (Cass. n. 6711 del 2015; Cass. n. 7415 del 2019).

2.6 Nella fattispecie in esame, come si evince dalla lettura della narrativa della sentenza, la difesa dell’amministrazione comunale ha prospettato l’esistenza di una palestra e uno stabilimento balneare dove si esercitava attività commerciale La contribuente ha invece sostenuto che gli immobili erano utilizzati per l’attività di culto, assistenza e sanitaria.

2.7 Al riguardo l’impugnata sentenza afferma quanto segue:” nella fattispecie con specifico riferimento alle censure del contribuente nell’odierno giudizio va osservato che l’Ente si è limitato a produrre autorizzazioni all’esercizio dell’attività sanitaria concesse all’istituto Don Orione e ad addurre argomentazioni prive di adeguate sostegno probatorio”

2.8 Si tratta di accertamenti in punto di fatto non censurabili in sede di legittimità se non nei ristretti limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nell’attuale formulazione. Il motivo di ricorso formulato come violazione o falsa applicazione di legge mira in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito.

3. Il secondo motivo è inammissibile.

3.1 Ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., commi IV e V, applicabile ratione temporis al caso concreto in quanto il giudizio di appello è stato introdotto dopo l’11 settembre 2012, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, non può essere proposto riscorso per Cassazione per il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 avverso la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado.

3.2 Nella fattispecie in esame sia i giudici di primo che di secondo grado hanno rigettato il ricorso ritenendo che l’Ente religioso non avesse assolto all’onere della prova della sussistenza della causa di esenzione.. Non vi è prova che la “doppia conforme” si fondi su differenti ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado; anzi, dalla lettura dell’impugnata sentenza e dall’esame del ricorso emerge che la CTR abbia integralmente condiviso la valutazione dei fatti e le argomentazioni contenute nella sentenza di primo grado.

4. Il ricorso va, quindi, rigettato.

4.1 Nulla è statuire sulle spese del presente giudizio non essendosi costituito il Comune di Pescara.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2020

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