Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28088 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 31/10/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 31/10/2019), n.28088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19712-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

NOMENTANA 403, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA FIORINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO RAGNI;

– ricorrente –

contro

B.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

OSLAVIA 30, presso lo studio dell’avvocato MARTINA PEZZA,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI DE NUCCI;

– controricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO,

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO,

ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 01/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 10 gennaio – 1 marzo 2018, n. 12, la Corte d’Appello di TORINO confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto l’opposizione proposta da B.M.G. nei confronti di AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE (già EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.p.A.) e dell’INPS per l’impugnazione della comunicazione preventiva di iscrizione di ipoteca notificatale in data 7.4.2016 a garanzia del recupero di crediti previdenziali, fondata su quattro cartelle esattoriali per contributi dovuti alla gestione commercianti negli anni dal 2003 al 2008;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che l’appellante AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE assumeva essere applicabile il termine decennale di prescrizione in luogo del termine quinquennale previsto dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9 e seguenti; tale deduzione era infondata, per quanto affermato dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nell’arresto del 17 novembre 2016 numero 23397 anche con riguardo alle previsioni del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 19 e 20.

che avverso la sentenza ha proposto ricorso AGENZIA DELLE ENTRATE- RISCOSSIONE, articolato in due motivi, cui hanno resistito con controricorso B.M.G. e l’INPS, anche quale procuratore speciale di SCCI spa;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti – unitamente al decreto di fissazione dell’udienza- ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. che AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che la parte ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, in relazione all’art. 2946 c.c..

La impugnazione afferisce alla dichiarazione di prescrizione del credito riportato in tre cartelle di pagamento notificate nell’anno 2010 (n. (OMISSIS), n. (OMISSIS), n. (OMISSIS)).

La ricorrente ha assunto che con la trasmissione del ruolo all’Agente della riscossione si determinerebbe un effetto novativo dell’obbligazione posta in riscossione: le singole obbligazioni per contributi, sanzioni, accessori e spese – dovute a separate ragioni di credito – verrebbero inglobate in un unico credito, senza che sia possibile scorporarne le voci; con la conseguenza che la prescrizione non seguirebbe il regime originario dei crediti contributivi portati dal ruolo.

Ferma la inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. (come enunciata da Cass., SU, sentenza n. 23397/2016), il diritto ad azionare il credito da parte dell’Agente della riscossione, in assenza di disposizioni speciali, sarebbe dunque soggetto alla generale prescrizione di cui all’art. 2946 c.c..

– con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 -violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20, in relazione all’art. 2946 c.c..

A riscontro della rinnovata natura della obbligazione la parte ricorrente ha indicato vari indici normativi.

Ha dedotto che una univoca indicazione nel senso dell’applicazione ai crediti esattoriali della prescrizione ordinaria si trarrebbe dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, a tenore del quale l’ente creditore, dopo il discarico dell’Agente della riscossione per inesigibilità del credito iscritto, può riaffidarlo in riscossione ove individui significativi elementi reddituali e patrimoniali riferibili ai debitori, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione “decennale”. La norma era applicabile alla generalità dei crediti da iscriversi a ruolo e da essa emergeva la individuazione in dieci anni del termine di prescrizione dopo l’affidamento del ruolo all’agente della riscossione. Il legislatore delle leggi esattoriali si era ispirato al criterio dell’adozione di una disciplina uniforme della riscossione a mezzo ruolo e quando aveva inteso limitare l’ambito di applicazione di talune disposizioni alle sole entrate tributarie -ovvero alle imposte sui redditi – lo aveva previsto espressamente. Gli artt. 19 e ss. erano tra l’altro contemplati nel capo secondo del D.Lgs. n. 112 del 1999, relativo ai principi generali dei diritti e degli obblighi del concessionario ed erano, dunque, applicabili alla generalità dei crediti da iscriversi a ruolo.

che ritiene il Collegio si debba dichiarare inammissibile il ricorso a mente dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1;

che le censure svolte con i due motivi, che possono essere esaminate congiuntamente per la stretta connessione, non pongono in discussione il principio, enunciato dalle sezioni Unite di questa Corte nell’arresto del 17 novembre 2016, n. 23397, secondo cui la scadenza del termine per proporre opposizione avverso la cartella esattoriale non determina la conversione del termine di prescrizione breve (nella specie quinquennale, ai sensi della L. n. 335 del 1995, ex art. 3, commi 9 e 10) in termine decennale, secondo il regime dell’art. 2953 c.c.; si assume, piuttosto, che lo stesso effetto derivi dalla novazione della obbligazione prodotta dalla iscrizione a ruolo, in ragione della disciplina prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973.

L’assunto non è condivisibile.

Questa Corte si è già pronunciata in relazione a ricorsi proposti in tal senso dalla medesima Agenzia con ordinanze del 4.12.2018 n. 31352 e 6.12.2018 n. 31658 e successivamente con ordinanze numeri 6888, 10025, 10595, 10796, 10797 del 2019; ai principi ivi espressi si intende assicurare continuità in questa sede.

Non si individuano, in primo luogo, tratti di novità nella disciplina del credito iscritto a ruolo tali da far ritenere la estinzione del credito originario e la costituzione di un nuovo credito avente titolo nel ruolo.

Il legislatore individua i crediti per cui si procede come “credito” iscritto a ruolo a meri fini descrittivi, che non attestano alcun effetto giuridico.

Il preteso effetto di novazione “ex lege” dovrebbe trovare riscontro in una diretta disposizione normativa o, comunque, in una disposizione inequivoca,nella specie carente.

Le deduzioni svolte dalla parte ricorrente in riferimento alla disciplina del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6 – nella parte in cui prevede il riaffidamento della riscossione del credito “a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale” – non valgono a porre in dubbio quanto già osservato in riferimento alla norma dalle Sezioni Unite di questa Corte nell’arresto n. 23397/2016.

Invero – anche a voler ammettere, come sostiene parte ricorrente, la applicabilità della procedura di discarico alla riscossione dei crediti previdenziali e la sua rilevanza anche esterna ai rapporti tra ente impositore ed agente della riscossione – resterebbe preclusivo il rilievo (cfr. sentenza citata, in motivazione, punto 19.6 e 19.7) che la norma fa riferimento al termine di prescrizione decennale, con espressione ellittica, unicamente in quanto trattasi del termine che si applica ordinariamente per la riscossione delle imposte, senza alcun possibile riferimento all’art. 2953 c.c. ed, a maggior ragione, ad un effetto novativo derivante dalla iscrizione a ruolo dei crediti (fiscali e previdenziali).

Da ultimo, l’effetto di novazione della obbligazione previdenziale non può farsi discendere dai principi di efficienza ed economicità della azione amministrativa, perchè tali principi si prestano, all’opposto, a sorreggere la ratio acceleratoria sottesa alla fissazione del termine breve di prescrizione oltre che alla generalizzazione per i crediti degli enti pubblici previdenziali del regime della riscossione mediante ruolo;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio, ex art. 375 c.p.c.;

che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti dei controricorrenti INPS e B.M.G.;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in favore di ciascuna parte in Euro 200 per spese ed Euro 1.800 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2019

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