Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28088 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 28088 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA

sul ricorso 18199-2012 proposto da:
TOMASSETTI UTILIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE LIEGI

2, presso

lo

studio dll’avvocato MARIO

ROSATI, che lo rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– ricorrente contro

CAMERA
2017
3021

DI

COMMERCIO,

INDUSTRIA,

ARTIGIANATO DI RIETI C.F. 20001090572,

AGRICOLTURA

in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo
studio dell’avvocato GOFFREDO GOBBI, rappresentata e
difesa dall’avvocato ALARICO MARIANI MARINI, giusta

Data pubblicazione: 24/11/2017

delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 560/2012 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 28/02/2012 r.g.n. 9714/2009;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

R.G. n. 18199 del 2012
Rilevato
1. che Tomassetti Utilio ha proposto ricorso per cassazione, articolato
in un motivo,

nei confronti della Camera di Commercio, Industria,

Artigianato ed Agricoltura (CCIAA) di Rieti, avverso la sentenza n. 560/12
emessa tra le parti dalla Corte d’Appello di Roma, che ha riformato,
accogliendo l’impugnazione della CCIAA di Rieti, la sentenza del Tribunale
di Rieti n. 466 del 2009;

vedere ricompreso, nel calcolo per la determinazione

2. che il Tribunale aveva riconosciuto il diritto del lavoratore a
dell’indennità di

anzianità, anche le voci quale retribuzione accessoria, indennità per ferie
non godute,

indennità di disagio, in quanto percepite dal lavoratore

nell’ultimo anno di servizio, dovendo trovare applicazione, per tutti i
rapporti di lavoro, tra cui quello del ricorrente, cessati dopo il 1° gennaio
1996, l’art. 2, comma 9, della legge n. 335 del 1995 e, conseguentemente,
l’art. 12 della legge n. 153 del 1969;
2. che la Corte d’Appello ha disatteso tale interpretazione e ha fatto
applicazione dei principi enunciati da Cass. n. 12288 del 2009 (recte: n.
18288 del 2009, cui adde Cass., n. 20037 del 2009, n. 6233 del 2011),
secondo cui: in tema di indennità di anzianità per il personale dipendente
delle Camere di commercio assunto anteriormente al primo gennaio 1996,
la cui unica fonte di disciplina è costituita, ex art. 2, comma 7, della legge n.
335 del 1995, dalla contrattazione collettiva, alla stregua
dell’interpretazione letterale e logico-sistematica del CCNL Regioni e
Autonomie locali del 14 settembre 2000 e, in particolare, dell’allegata
dichiarazione congiunta n. 3, che ha confermato espressamente la
perdurante vigenza del decreto interministeriale 12 luglio 1982 e successive
modifiche, deve escludersi l’omnicomprensività dell’indennità di anzianità e
il computo, nell’ultima retribuzione, delle voci retributive considerate
pensionabili a fini diversi dall’art. 2, comma 9, della citata legge n. 335,
dovendosi ritenere una diversa interpretazione confliggente con i principi di
parità di trattamento tra appartenenti al medesimo comparto e di
armonizzazione ed equiparazione tra dipendenti pubblici e privati, oltrechè
idonea ad inficiare la disposizione contrattuale “de qua” per il maggiore e
significativo onere di spesa che essa implicherebbe.
2. che resiste con controricorso la CCIAA;
i

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3. che

il Consigliere estensore predisponeva relazione ai sensi

dell’art. 380-bis, cod. proc. civ., ritenendo il ricorso manifestamente
infondato;
3. che la causa veniva trattata alla adunanza in camera di consiglio
del 9 giugno 2014, in esito alla quale il Collegio, rilevato che la materia era
problematica ed esistevano orientamenti diversi all’interno della Sezione
lavoro, disponeva la trasmissione alla pubblica udienza.
ratione temporis, essendo stata disposta la trattazione in

4. che,

udienza pubblica prima della novella introdotta dal decreto-legge n. 168
del 2016, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n.
197 del 2017, non osta alla trattazione in adunanza camerale la previsione
dell’art. 375 ultimo comma, cod. proc. civ., aggiunta dal suddetto decretolegge;
5.

che

le parti, in prossimità dell’adunanza camerale hanno

depositato memoria;
6. che il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato
1. che il ricorrente premette che l’art. 2, comma 9, della legge n.
335 del 1995, ha previsto l’estensione ai pubblici dipendenti dell’art. 12
della legge n. 153 del 1969, secondo cui, ai fini della determinazione della
base contributiva, la retribuzione deve intendersi come tutto ciò che il
lavoratore riceve dal datore di lavoro in danaro o in natura, al lordo di
ritenute, in dipendenza del rapporto di lavoro, e che la formulazione
utilizzata dall’art. 77 del decreto interministeriale del 12 luglio 1982 per
indicare la base di calcolo dell’indennità di anzianità, “altri assegni
pensionabili e quiescibili”,

è

di tale ampiezza da ricomprendervi

qualsivoglia emolumento retributivo, anche sopravvenuto,

purchè

pensionabile e quiescibile;
1.1. che con l’unico motivo di ricorso è prospettata la violazione e
falsa applicazione del D.I. del 12 luglio 1982, violazione e falsa applicazione
dell’art. 49 del CCNL Comparto Regioni e Autonomie locali del 14
settembre 2000, violazione e falsa applicazione della dichiarazione
congiunta n. 3 del suddetto CCNL 14 settembre 2000, violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 cod. civ. Insufficiente e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
2

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1.2. che il ricorrente censura i principi enunciati dalla giurisprudenza
di legittimità, sopra richiamati, di cui ha fatto applicazione la Corte
d’Appello, atteso che la suddetta dichiarazione congiunta riguardava un
numero limitato di dipendenti che fino a quel momento avevano fruito di un
trattamento di fine servizio comunque differenziato rispetto al restante
personale destinatario del CCNL.
Non poteva trovare applicazione l’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001,

atteso che alla contrattazione collettiva partecipavano oltre l’ARAN anche le
00.SS., che non erano qualificabili pubbliche amministrazioni. La
contrattazione collettiva non era tenuta al rispetto di alcun vincolo di parità
di trattamento, né all’interno dello stesso comparto, né all’interno dello
stesso CCNL, dal cui esame si poteva rilevare la sussistenza di trattamenti
economici diffusamente differenziati che incidono in termini diretti sulla
quantificazione dell’indennità di fine servizio.
1.3. che non poteva paventarsi un maggior onere economico, sia
perché il CCNL non recava l’indicazione di alcuna delle spese che dallo
stesso originavano, sia perché l’ultrattività parziale e limitata dell’art. 77
del D.I. del 1982, prevista dalla dichiarazione congiunta n. 3, non poteva
determinare l’introduzione di alcuna spesa, ma se del caso la conservazione
di quella già in atto;
1.4. che osserva, altresì, il ricorrente che la dichiarazione congiunta
n. 3, che commisurava l’indennità di anzianità a tante mensilità dell’ultima
retribuzione fruita a titolo di stipendio, di tredicesima mensilità e di altri
assegni pensionabili e quiescibili, quanti sono gli anni di servizio prestati,
doveva interpretarsi, in ragione delle regole dell’ermeneutica contrattuale,
insieme all’art. 49 del CCNL del 14 settembre 2000, che dispone che la
retribuzione annua da prendersi a base per la liquidazione del trattamento
di fine rapporto di lavoro, deve ricomprendere, oltre il trattamento
economico iniziale, molteplici ed eterogenee voci che indica analiticamente,
quali gli incrementi economici correlati alla progressione economica della
categoria, l’indennità integrativa speciale, la tredicesima mensilità ed altri;
1.5. che, quindi, a fronte del regime generale dettato dall’art. 49, la
dichiarazione congiunta intendeva introdurre per i soli dipendenti camerali
in servizio alla data di entrata in vigore del d.P.C.M. 20 dicembre 1999, un
regime derogatorio di maggior favore, comprendendo nel calcolo
3

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dell’indennità di fine servizio tutti gli assegni pensionabili e quiescibili in
godimento;
2. che il motivo di ricorso non è fondato;
2.1. che, come ricordato da ultimo da Cass. n. 4817 del 2017,
secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (Cass. n.
18288 del 2009; conf. Cass. n. 18382 e n. 20037 del 2009, nonchè Cass. n.
10654 del 2012; n. 20753 del 2013; n. 20527 del 2014; n. 20525 del 2014,

n. 3149 del 2016), in tema di indennità di anzianità per il personale
dipendente delle Camere di commercio assunto anteriormente al 1° gennaio
1996 – la cui unica fonte di disciplina è costituita, ai sensi della legge n.
335 del 1995, art. 2, comma 7, dalla contrattazione collettiva, alla stregua
dell’interpretazione letterale e logico-sistematica del CCNL Regioni e
Autonomie locali del 14 settembre 2000 e, in particolare, dell’allegata
dichiarazione congiunta n. 3, che ha confermato espressamente la
perdurante vigenza del D.I. 12 luglio 1982 e successive modifiche – deve
escludersi l’onnicomprensività dell’indennità di anzianità e il computo,
nell’ultima retribuzione, delle voci retributive considerate pensionabili a fini
diversi dalla citata legge n. 335, art. 2, comma 9.
2.2. che la giurisprudenza di legittimità richiamata ha posto in
evidenza che una diversa interpretazione sarebbe confliggente con i principi
di parità di trattamento tra appartenenti al medesimo comparto e di
armonizzazione ed equiparazione tra dipendenti pubblici e privati, oltrechè
idonea ad inficiare la disposizione contrattuale “de qua” per il maggiore e
significativo onere di spesa che essa implicherebbe;
2.3. che,

in particolare, con la sentenza n. 18288 del 2009,

richiamata dalla Corte di Appello di Roma, questa Corte ha proceduto, ai
sensi del d.lgs. n. 165 del 2001, art. 65, comma 5, all’interpretazione
diretta del CCNL Regioni e Autonomie locali del 14 settembre 2000 per
l’anno 2000 e dell’allegata dichiarazione congiunta n. 3, ed ha confermato la
decisione della Corte territoriale che aveva escluso il computo, nell’ultima
retribuzione, del compenso per lavoro straordinario, del compenso
incentivante, e dell’indennità ex art. 36 del CCNL di comparto;
2.4. che con le suddette sentenze la Corte ha motivatamente
disatteso le precedenti pronunce di legittimità n. 10437 e n. 11519 del
2006, e n. 3189 del 2009;
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2.5. che a tale orientamento, consolidatosi nel tempo, va data
continuità;

2.6. che il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, non essendo
compatibile con la ricostruzione normativa e giurisprudenziale sopra
richiamata, e qui condivisa, una diversa soluzione che preveda un criterio di
liquidazione dell’indennità di anzianità basato sulla nozione
omnicomprensiva di retribuzione dettata dalla legge n. 153 del 1969, art.

2.7. che le spese del giudizio sono compensate tra le parti in ragione
della complessità delle questioni giuridiche, che hanno visto succedersi nel
tempo diversi orientamenti giurisprudenziali.

PQM
La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 28 giugno 2017.

Il Presidente
Giuseppe Napolet no

IL CAN
Maria

LIERE

Giaccia

12.

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