Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28087 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 28087 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA

sul ricorso 17078-2012 proposto da:
FREZZINI ROBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DORA 1, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO
DELL’UNTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
NICOLA VINCENZO SELVA VERZICA, ANTONELLA STORONI,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
3019

AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE DELLE MARCHE;
– intimata –

avverso la sentenza n. 507/2011 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 07/07/2011 R.G.N. 73/2011.

Data pubblicazione: 24/11/2017

R.G. n. 17078 del 2012
Rilevato
1. che la Corte d’Appello di Ancona, con la sentenza n. 507 del 2011,
pronunciando sull’impugnazione proposta da Frezzini Roberto nei confronti
dell’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche, avverso la sentenza
emessa tra le parti dal Tribunale di Pesaro n. 614 del 2010, rigettava
l’impugnazione;
2. che il Tribunale aveva rigettato la domanda proposta dal Frezzini

per ottenere l’indennità ex art. 10 del CCNL comparto sanità- biennio
economico 2000-2001, spettante, oltre che al personale inquadrato nella
categoria D, livello economico Ds a quello inquadrato in categoria C, cui
fosse riconosciuto l’effettivo espletamento di funzioni di coordinamento,
funzioni, che il lavoratore assumeva

essere state realmente svolte e

riconosciute con apposita relazione del responsabile del servizio d’igiene e
sanità pubblica del 28 gennaio 2002 e successiva nota del 15 febbraio
2002;
3.

che la Corte d’Appello rigettava l’impugnazione in quanto le

mansioni affidate al lavoratore non corrispondevano alla nozione di
coordinamento che deve ritenersi recepita dalle suddette disposizioni
contrattuali, atteso che il coordinamento è riferito ai servizi e ai personale, e
tiOrl poteva nuumptendersi nella nuziune VdttiviLà iStrutiutia u la neuessalia

correlazione per lo svolgimento dei compiti del lavoratore, con soggetti ed
enti esterni.
In particolare affermava la Corte d’Appello la circostanza che dagli
enti esterni occorresse acquisire pareri e che il lavoratore dovesse tenere in
considerazione quanto dagli stessi segnalato, riferito o apprezzato, al fine di
svolgere le istruttorie affidategli ed addivenire all’emanazione dei
provvedimenti conclusivi, non rappresentava altro che l’articolazione propria
delle funzioni svolte e non già il coordinamento operativo di tali distinti
soggetti e servizi;
4. che per la cassazione della sentenza resa in grado di appello
ricorre Roberto Frezzini prospettando tre motivi di ricorso;
5. che l’Azienda sanitaria è rimasta intimata.
Considerato
che con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione di legge ed
errata interpretazione delle norme dell’art. 10, commi 7 e 3, in relazione
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R.G. n. 17078 del 2012
all’art. 8, comma 4 e comma 6, del CCNL II biennio economico 2000-2001,
Comparto sanità, parte normativa, all’art. 24 della legge della Regione
Marche n. 26 del 1996, in relazione all’art. 360, n. 2, cod. proc. civ.
Il ricorrente, Ispettore di igiene, censura l’interpretazione che la
Corte d’Appello ha fatto dell’art. 10 del CCNL sotto più profili.
Compito istituzionale del dipartimento di prevenzione e quindi di
ciascun servizio nel quale è articolato, come stabilito dall’art. 24 (in

particolare commi 4, 6 e 14) della legge n. 26 del 1996, è quello di
caratterizzarsi per la necessaria integrazione e il coordinamento tra gli
stessi servizi, come ex lege articolati.
In sostanza, il compito di ciascun servizio di rapportarsi ad altre
medesime unità di servizi sia interni al dipartimento, ovvero organicamente
collegati ad enti esterni, costituisce tratto fondamentale ed essenziale
dell’attività di istituto del dipartimento di prevenzione di ciascun servizio nel
quale è articolato, e pertanto dell’attività dei dipendenti specificamente
incaricati a relazionarsi con gli stessi enti, ed altri per l’attuazione dei
compiti di istituto.
Quindi il ricorrente assume che è sufficiente lo svolgimento effettivo
di tali funzioni ai fini del diritto all’indennità di coordinamento, trattandosi di
funzioni di coordinamento, venendo in rilievo capacità organizzative, di
coordinamento e gestionali, delle attività dei servizi di assegnazione, ossia
delle attività proprie del servizio;
2. che con il secondo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa
applicazione delle norme dell’art. 10, commi 7 e 3, in relazione all’art. 8,
comma 4, del CCNL II biennio economico 2000-2001, Comparto sanità,
parte normativa, dell’art. 24 della legge della Regione Marche n. 26 del
1996, in relazione all’art. 360, n. 2, cod. proc. civ.
Espone il ricorrente che la sentenza di appello, pur non contestando
le attività, esclude lo svolgimento della funzione di coordinamento, poiché
ritiene che nella nozione di coordinamento rientrerebbe solo il
coordinamento interno all’organo dei servizi e del personale, mentre il
coordinamento esterno esulerebbe dall’ambito dell’art. 10 del CCNL.
Quest’ultimo, infatti assume rilievo in quanto è connaturale dei
servizi e delle mansioni affidate al ricorrente, atteso che per realizzare i
compiti di istituto (siano essi il rilascio di autorizzazioni o altri compiti per i
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quali è richiesta la partecipazione necessaria o eventuale di altri Enti) risulta
funzione fondamentale quella di assicurare il coordinamento degli altri
servizi, ad es. per garantire procedure su tutto il territorio della Regione per
il rilascio delle autorizzazioni;
3. che con il terzo motivo di ricorso è dedotto il vizio di omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.

Viene censurata la valutazione effettuata dalla Corte d’Appello delle
note del dirigente del servizio igiene sanità pubblica, in ragione del non
essere lo stesso abilitato ad esprimere la volontà datoriale.
In base alla legge reg. n. 26 del 1996 al servizio è preposto un
dirigente di II livello che risulta investito della direzione dell’Azienda o parte
di essa e che esplica le sue funzioni con autonomia decisionale, con
conseguente piena riferibilità all’ente delle note in questione, con cui veniva
riconosciuto al Frezzini lo svolgimento di fatto delle funzioni di effettivo
coordinamento;
4. che atteso il tenore delle censure di cui al primo ed al secondo
motivo,

le stesse si devono intendersi proposte ai sensi dell’art. 360,

comma 1, n. 3,

e non n. 2, che attiene a questioni relative alla

competenza, che nella specie non sono dedotte;
4.1. che i suddetti tre

motivi di ricorso devono essere trattati

congiuntamente in ragione della loro connessione e che gli stessi non sono
fondati;
4.2. che preliminarmente va osservato che l’art. 24 della legge della
Regione Marche n. 26 del 1996, prevede l’articolazione del Dipartimento di
prevenzione (struttura dell’Azienda USL preposta all’organizzazione e alla
promozione, nel territorio di competenza, della tutela della salute della
popolazione, attraverso azioni tendenti a conoscere, prevedere e prevenire
gli infortuni e le cause di malattia, in particolare quelle diffusive di più
rilevante tendenza epidemiologica in tutte le realtà in cui la salute della
popolazione è sottoposta a rischio), istituito in ogni Azienda USL, nei
seguenti servizi (art. 24, comma 4):
a) igiene e sanità pubblica;
b) prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro;
c) igiene degli alimenti e della nutrizione;
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d) veterinario, articolato distintamente nelle tre aree funzionali della
animale,

sanità

dell’igiene

della

produzione,

trasformazione,

commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine
animale e loro derivati e dell’igiene degli allevamenti e delle produzioni
zootecniche.
Al comma 6, il citato art. 24 precisa che «I servizi di cui al comma 4
hanno autonomia tecnica ed operativa, ferma restando la necessaria

integrazione e il coordinamento tra gli stessi, nell’ambito della
programmazione degli interventi e delle risorse. A ciascuno di essi è
preposto un Dirigente di secondo livello in possesso di idoneità nella
disciplina specifica».
Al Dipartimento è preposto un dirigente Responsabile scelto fra i
Responsabili dei servizi del Dipartimento. Il Responsabile del Dipartimento
di prevenzione può conservare la direzione del proprio servizio.
I Dipartimenti ed i servizi possono costituire al loro interno (art. 24,
comma 12):
a) gruppi di lavoro permanenti e temporanei, istituiti dal Responsabile
del Dipartimento e costituiti da operatori dei diversi servizi;
b) unità operative territoriali dei servizi a seconda delle dimensioni e
dei problemi delle Aziende USL per lo svolgimento delle attività ed in ambiti
territoriali indicati dal Piano triennale del Dipartimento.
I Dipartimenti di prevenzione assicurano (art. 24, comma 14) il
coordinamento e l’integrazione della propria attività con la Provincia, con i
servizi di prevenzione ambientale dell’Agenzia regionale per la protezione
ambientale delle Marche e con l’Istituto zooprofilattico sperimentale
dell’Umbria e delle Marche. A tale scopo provvedono nelle materie di
comune interesse ad:
a) allestire archivi e banche dati comuni;
b)

elaborare e realizzare programmi di vigilanza e controllo

coordinati;
c) attuare forme di collaborazione sia in ambito tecnico-scientifico sia
nell’eventuale erogazione di prestazioni al fine di garantire identiche
procedure autorizzative su tutto il territorio della regione.

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Il Dirigente preposto al Dipartimento di prevenzione è responsabile
dell’assetto organizzativo complessivo della struttura e svolge i seguenti
compiti:
a) coordina le attività relative all’elaborazione del piano triennale (…);
b)

verifica

periodicamente i

risultati

raggiunti al fine del

conseguimento degli obiettivi del piano triennale;
c) ripartisce il budget per la realizzazione del piano tra i vari servizi

che ne hanno la gestione e la responsabilità;
d) istituisce gruppi di lavoro di cui al comma 12 lettera a);
4.3. che la giurisprudenza di questa Corte con le sentenze n. 16088
del 2016 e n. 15444 del 2016, alle quali si intende dare continuità, atteso
che le deduzioni del ricorrente non introducono argomenti per una diversa
statuizione, ha affermato quanto segue:
l’attribuzione

al

personale

proveniente

dalla

categoria

C

dell’indennità di coordinamento, ai sensi dell’art. 7, comma 10, del CCNL di
settore, richiede una valutazione aziendale in ragione della propria
situazione organizzativa, non sussistendo, in fase di prima applicazione del
contratto collettivo, per il personale proveniente dalla categoria C, un
automatismo tra indennità di coordinamento e svolgimento della funzione di
coordinamento;
il contratto collettivo nazionale di lavoro, comparto sanità, II biennio
economico 2000-2001, per favorire il processo di riordino e
riorganizzazione delle professioni sanitarie prevedeva — ravvisando che
l’insieme dei requisiti richiesti al personale appartenente alla categoria C del
ruolo sanitario nonché al profilo di operatore professionale assistente sociale
del ruolo tecnico, per contenuti di competenze, conoscenze e capacità
necessarie per l’espletamento delle relative attività lavorative, corrisponde
a quello della categoria D dei rispettivi profili — la ricollocazione del
personale della categoria C nella categoria D;
al personale già appartenente alla categoria D e svolgente funzioni
effettive di coordinamento veniva attribuita una specifica indennità (cfr.
artt. 9 e 10);
ai sensi del comma 7 dell’art. 10, del citato CCNL, in sede di prima
applicazione del contratto, al fine di evitare duplicazione di benefici,
l’incarico di coordinamento era affidato di norma al personale già
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appartenente alla categoria D alla data del contratto stesso, ed era rimessa
alla valutazione aziendale, in base alla propria situazione organizzativa, la
possibilità di attribuire l’indennità di coordinamento di cui al comma l’art.
10, comma 1, anche al personale proveniente dalla categoria C cui sia
riconosciuto l’espletamento di funzioni di effettivo coordinamento ai sensi
dell’art. 8 commi 4 e 5;
4.4. che si è, altresì, statuito con la sentenza n. 18679 del 2015

(che richiama , tra l’altro, Cass. n. 25198 del 2013, n. 1009 del 2010) che
l’attività di coordinamento deve avere ad oggetto le attività dei servizi di
assegnazione nonché del personale, e che requisito imprescindibile per il
diritto a detta indennità è, dunque, il coordinamento anche del personale;
4.5. che

la disciplina normativa regionale sopra richiamata, in

ragione della giurisprudenza di legittimità che ha interpretato le disposizioni
contrattuali che vengono in rilievo, pone in evidenza come il raccordo tra i
diversi servizi, tra i quali quello ove presta servizio il ricorrente come
ispettore d’igiene, in cui è articolato il Dipartimento, è intrinseco alle
mansioni dei soggetti addetti agli stessi ed è reciproco, assumendo rilievo
una nozione di equiordinazione e collaborazione, piuttosto che di
coordinamento, ragione per la quale non può ravvisarsi l’esercizio di
funzioni di coordinamento dei restanti servizi da parte dei lavoratori addetti
ad uno degli stessi, per il solo fatto di doversi necessariamente relazionare,
ed è il Dipartimento e non il singolo servizio a curare il coordinamento con
gli enti esterni;
4.6. che, come affermato dalla Corte d’Appello, il dirigente preposto
al servizio igiene sanità pubblica, se non riveste anche l’incarico di
Responsabile del Dipartimento, circostanza nella specie non dedotta, non
può manifestare la volontà datoriale circa lo svolgimento di funzioni di
coordinamento dei diversi servizi compresi nel Dipartimento o tra
quest’ultimo e gli enti esterni, atteso che la responsabilità del
Dipartimento, a cui andrebbe riferito il coordinamento dei servizi, è
affidata a un distinto Dirigente Responsabile;
4.7. che, peraltro, il ricorrente, nel fatto del ricorso,

richiama

quanto dichiarato dal dirigente del servizio “l’ispettore d’igiene Frezzini
Roberto ha svolto alla data del 31 agosto 2001, oltre alle altre competenze
di questo servizio, la funzione di effettivo coordinamento delle attività
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richieste dalla delibera n. 289/1997 (doc. n. 7) ed i successivi incarichi
introdotti dalla recente legge reg. n. 20 del 2000 (doc. n. 8)”, ma non
illustra, offrendo la propria lettura della documentazione e disciplina
richiamata, in relazione alle statuizioni della Corte d’Appello nell’ambito
delle censure proposte, in cosa si fossero sostanziate tale funzioni, in
relazione al proprio profilo professionale e alla previsione dell’art. 10 del
CCNL, non consentendo alla Corte di apprezzare la rilevanza di tale
quid pluris rispetto alle

mansioni di inquadramento;
4.8. che la Corte d’Appello, quindi, correttamente

ha escluso il

diritto all’indennità, non ravvisando nella specie lo svolgimento dell’
attività di coordinamento, secondo quanto previsto dalla declaratoria
contrattuale;
4.9. che quanto all’affermazione, contenuta nella parte finale del
terzo motivo, che il giudice di primo grado non poneva in discussione la
circostanza dell’effettivo svolgimento delle funzioni di coordinamento alla
data del 31 agosto 2001, la stessa va intesa come volta a sottoporre al
Collegio sotto il profilo del vizio di motivazione le questioni già oggetto del
primo e del secondo motivo di ricorso, atteso che il rigetto della domanda
sia in primo che in secondo grado avveniva in ragione del mancato
svolgimento di funzioni rientranti nella nozione contrattuale di
coordinamento;
5. che il ricorso deve essere rigettato; nulla spese non essendosi
costituita l’Azienda sanitaria.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 28 giugno 2017.
Il Presidente
Giuseppe Napoletano

IL CAV
ari

LLIERE
Giaccia

deduzione, in relazione alla sussistenza di un

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