Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28086 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 28086 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA

sul ricorso 13804-2012 proposto da:
AZIENDA

POLICLINICO

UMBERTO

I

DI

ROMA

C.F.

05865511009 in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata

n

ROMA, VIALE

POLICLINICO 155, presso lo studio dell’avvocato PAOLA
BAGLIO, che la rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– ricorrente 2017
3018

contro

TARQUINI DOMENICA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato GIANNI
EMILIO IACOBELLI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ILARIA ANITA FARES, giusta

I/\

Data pubblicazione: 24/11/2017

delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”;
– intimata –

D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/12/2011 R.G.N.
8527/2009;
Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

/
/

/
/
/

avverso la sentenza n. 8661/2011 della CORTE

R.G. n. 13804 del 2012


Ì\
a*

Rilevato

-.0

1. che la Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 8661 del 2011,
pronunciando sull’impugnazione proposta dall’Azienda Policlinico Umberto I
di Roma nei confronti di Domenica Tarquini, avverso la sentenza n. 5551 del
2009 del Tribunale di Roma, rigettava l’impugnazione;
2.

che

la Tarquini aveva adito il Tribunale chiedendo

il

riconoscimento dell’indennità per posizione organizzativa atteso che aveva

organizzative ex artt. 20 e 21 del CCNL Comparto sanità.
Chiedeva la condanna alla corresponsione di detto emolumento per
gli anni 2003 e 2004, e sosteneva, comunque, il diritto all’equiparazione
retributiva del personale ospedaliero di pari funzioni, mansioni ed anzianità,
con condanna dell’Amministrazione al pagamento spettante dall’ottobre
2003 all’attualità.
3.

che

il Tribunale accoglieva la domanda e condannava

l’Amministrazione al pagamento dell’indennità di posizione organizzativa per
il periodo ottobre 2003-febbraio 2004 e l’indennità di equiparazione da
ottobre 2004 al 20 dicembre 2007, provvedendo alla quantificazione;
4.

che la Corte d’Appello, con riguardo all’indennità di posizione

organizzativa di cui agli artt. 20 e 21 del CCNL, poneva in evidenza come il
diritto della ricorrente si fondava sulla delibera n. 52 del 2003 con la quale il
direttore generale dell’Azienda aveva proceduto all’identificazione almeno
delle posizioni organizzative quanto meno a carattere sperimentale per un
periodo di sei mesi che veniva a scadere il 28 febbraio 2004, stabilendo la
validità della sperimentazione in sei mesi, fissando l’indennità su base
annua in euro 4.000,00, e attuando in via immediata e temporanea le
posizioni organizzative nelle quali venivano confermati coloro che, da atti
certi, risultavano responsabili di uffici comunque individuati in precedenti
atti aziendali almeno a livello di determinazione e che presentino un elevato
grado di autonomia, affermando che risultava appartenere a tale ambito, tra
gli altri, la Tarquini.
4.1. che

il giudice di secondo grado riconosceva l’attribuzione

dell’indennità di posizione organizzativa per il periodo successivo al 28
febbraio 2004 sulla base dell’art. 31 del 761 del 1979, richiamato dall’art.

svolto attività che la stessa Azienda aveva individuato tra le posizioni

R.G. n. 13804 del 2012
51 del CCNL 1998-2001 Comparto università, in ragione dell’equiparazione
dei trattamenti con il personale del Comparto sanità.
La Corte d’Appello ha richiama la sentenza della Corte costituzionale
n. 136 del 1997 e ha rilevato che l’art. 32, primo comma, del CCNL sanità
1998-2001, prevede l’indennità di funzione di cui agli artt. 20 e 21 tra gli
elementi costituenti struttura della retribuzione;
4.2. che la Corte d’Appello osserva, infine, che il Tribunale applicava

l’art. 31 del dPR n. 769 del 1971 proprio perché non si erano perfezionate le
procedure previste per l’attribuzione dell’indennità e quindi non poteva
assumere rilievo la censura del mancato svolgimento di consultazioni e
trattative con i sindacati;
5. che per la cassazione della sentenza resa in grado di appello
ricorre l’Azienda Policlinico Umberto I di Roma, prospettando cinque motivi
di ricorso.
6. che resiste con controricorso Tarquini Domenica.
7. che il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.
8. che Tarquini Domenica ha depositato memoria.
Considerato
1. che con il primo motivo di ricorso (pag. 20 del ricorso) è dedotta
violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del dPR n. 761 del 1979 e dell’art.
32 del CCNL Comparto sanità 1998-2001 in relazione all’art. 360, n. 3, cod.
proc. civ.
Assume la ricorrente che la domanda della ricorrente non ha alcuna
attinenza con l’applicazione dei principi di cui all’art. 31 del suddetto dPR, in
ragione del contenuto precettivo dello stesso, atteso che il legislatore ha
inteso equiparare la retribuzione degli universitari che operano presso i
policlinici con i colleghi svolgenti pari mansioni, funzioni e anzianità
dipendenti dalle aziende sanitarie in seno agli stesi policlinici.
L’indennità di funzione erogata per la posizione organizzativa non può
essere conteggiata ai fini equiparativi in quanto si tratta di una indennità
aggiuntiva rispetto allo stipendio tabellare, ovvero il solo che per legge può
costituire oggetto della comparazione.
Ai fini dell’equiparazione vengono prese in considerazione tutte le voci
stipendiali a carattere fisso, come indicate nell’art. 32 del CCNL comparto
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sanità, che prevede l’attribuzione dell’indennità di funzione “ove spettante”
(comma 2, lettera i);
2. che con il secondo motivo di ricorso (pag. 28) è dedotta violazione
degli artt. 20 e 21 del CCNL Comparto sanità 1998-2001, degli artt. 1372 e
1324 del cod. civ. e dell’art. 31 del dPR n. 761 del 1979, in relazione all’art.
360, n. 3, cod. proc. civ.
Il ricorrente contesta la statuizione che ha riconosciuto il diritto a

percepire l’indennità di funzione in ragione della delibera n. 52 del 2003,
atteso che detta delibera veniva sospesa da successiva delibera n. 66 del
2003. Inoltre la delibera in questione non può ritenersi atto di natura
privatistica, che non può essere sciolto o sospeso unilateralmente, atteso
che l’istituzione delle posizioni organizzative costituisce atto di natura
discrezionale e pertanto revocabile dall’amministrazione.
È censurata, altresì, la statuizione che ha attribuito l’indennità di
funzione ex

dPR 761 del 1979, poiché i criteri perequativi non tengono in

considerazione gli incarichi aggiuntivi. Né si era conclusa la procedura per la
determinazione delle posizioni organizzative (determinazioni 79 e 89 del
2004).
Peraltro al ricorrente non svolgeva alcuna funzione riferibile ad un
incarico altamente qualificato.

Né era intervenuto atto scritto di

conferimento dell’incarico.
Rilevava, infine, che la determinazione

n. 111 del 2004 non poteva

essere applicata anche al personale universitario, in quanto per
l’attribuzione delle posizioni organizzative, non era ancora stato siglato
l’accordo con le 00.SS. della componente universitaria e con la delegazione
universitari da cui la ricorrente dipende;
3. che

i primi due motivi di ricorso devono essere trattati

congiuntamente in ragione della loro connessione;
3.1. che non è fondata la censura relativa al riconoscimento della
indennità di funzione in ragione della delibera n. 52 del 2003.
Occorre rilevare che la ricorrente non prospetta di aver introdotto
nelle fasi di merito la questione della revoca della delibera (la sentenza di
appello assume la mancata revoca e annullamento della delibera 52 del
2003 e la mancanza di deduzione da parte dell’Azienda in ordine alla

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. n. 13804 del 2012
rrilevanza della sospensione di efficacia della medesima delibera), per cui
tale censura si presenta nuova e pertanto inammissibile.
Comunque, va osservato che, diversamente da quanto prospetta
l’Azienda, gli atti di individuazione e di conferimento di tali posizioni
organizzative al personale non dirigente delle pubbliche amministrazioni
inquadrato nelle aree, laddove trovano fondamento nella contrattazione
collettiva che ha previsto e disciplinato l’istituto demandandone

l’applicazione agli enti pubblici- datori di lavoro, esulano dall’ambito delle
determinazioni amministrative autoritative (d.lgs. n. 165 del 2001, art. 2,
comma 2) e si iscrivono nella categoria degli atti negoziali, adottati con la
capacità e i poteri del datore di lavoro (d.lgs. n. 165 del 2001, artt. 5,
comma 2, e 63, commi 1 e 4).
L’attività dell’ Amministrazione – nell’applicazione della disposizione
contrattuale – non costituisce, quindi, esercizio di un potere di
organizzazione ma adempimento di un obbligo di ricognizione e di
individuazione degli aventi diritto che, trovando fondamento nella disciplina
pattizia, non può che avere natura paritetica. In tal senso depone il rilievo
che, in ossequio al principio di legalità, occorre una disposizione normativa
ai fini dell’ attribuzione alla P.A. del potere/dovere di adottare atti
amministrativi di natura autoritativa. Per converso, i compiti relativi
all’individuazione ed all’attribuzione delle posizioni organizzative, trovando
fondamento nella contrattazione collettiva, si traducono in atti di diritto
privato di micro-organizzazione, non sussumibili nel numerus clausus degli
atti di macro-organizzazione (di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 165 del 2001),
soggetta a preventiva valutazione dei requisiti, capacità attitudini ed
esperienza del candidato.
Questa Corte

(Cass., n. 14639 del 2016) ha già affermato il

principio, che va qui ribadito, rispetto al quale

secondo cui “l’art. 20,

comma 1 del CCNL, Comparto sanità 1998-2001, stipulato il 17 aprile 1999,
tanto per il suo contenuto testuale quanto per effetto del suo coordinamento
con le disposizioni dei successivi commi 2 e 3, nonchè dei commi 1 e 2 del
successivo articolo 21, nel prevedere la istituzione, da parte delle Aziende e
degli enti del comparto, delle posizioni organizzative, non impone un obbligo
incondizionato, ma lascia spazio ad un ampio margine di apprezzamento in
ordine alle specifiche esigenze aziendali, e, in ogni caso, non consente di
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configurare le relative decisioni come meramente ricognitive della situazione
esistente, esplicando queste, invece, funzione costitutiva delle precisate
posizioni organizzative” (Cass. 6.9.2011 n. 18248 e negli stessi termini
Cass. 25.5.2012 n. 8297).
Dal principio discende che il diritto soggettivo a percepire l’indennità
di posizione sorge solo all’esito della procedura disciplinata dagli artt. 20 e
21 del richiamato CCNL, comportante anche la graduazione delle posizioni in

relazione ai parametri indicati dall’art. 20, graduazione che incide sulla
quantificazione della indennità, nell’ambito dei limiti minimi e massimi fissati
dalle parti collettive.
Si è, altresì, affermato che In tema di personale sanitario non
dirigente, l’art. 20, comma 1, del CCNL 1998-2001 del comparto sanità,
stipulato il 17 aprile 1999, per il contenuto testuale e per il coordinamento
con le disposizioni dei successivi commi 2 e 3 nonché dei commi 1 e 2
dell’art. 21, nel prevedere l’istituzione delle posizioni organizzative, non
impone alle aziende e agli enti di comparto un obbligo incondizionato, ma
concede loro ampio margine di apprezzamento, sicché le relative decisioni
non sono meramente ricognitive, ma esplicano una funzione costitutiva, non
essendo quindi configurabile, prima dell’istituzione delle posizioni
organizzative, un danno da perdita di “chance” per il dipendente che
assuma l’elevata probabilità di esserne destinatario. Ne consegue
ulteriormente che, a questi fini, rileva soltanto l’atto costitutivo delle
posizioni organizzative, mentre sono irrilevanti gli eventuali atti preparatori
endoprocedimentali (citata Cass., n. 8297 del 2012).
3.2. che nella specie, dunque, correttamente la Corte d’Appello ha
confermato la sentenza del Tribunale, fondando il diritto della ricorrente
sino alla scadenza della sperimentazione sulla delibera n. 52 del 2003 che
riconosceva alla lavoratrice, per il periodo ivi previsto, la posizione
organizzativa.
3.3. che è fondata e va accolta la censura relativa alla non
attribuibilità dell’indennità di funzione (per posizione organizzativa) in
ragione dell’art. 31 del dPR 769 del 1979.
Occorre ricordare che le posizioni organizzative sono state istituite
con il CCNL 7 aprile 1999 nel Comparto sanità. Le stesse trovano disciplina
nell’art. 40, secondo comma, ultimo periodo, del d.lgs. n. 165 del 2001 in
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cui si prevede la possibilità che “Nell’ambito dei comparti di contrattazione
possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche
professionalità”. Tali posizioni rispondono all’esigenza di costituire, ad un
livello inferiore a quello della dirigenza incarichi a termine specificamente
retribuiti (cd. indennità di funzione), per lo svolgimento di mansioni di
particolare valore e contenuto gerarchico, professionale e di staff.
Il titolare della posizione organizzativa non ricopre un incarico stabile

nell’ambito dell’organizzazione amministrativa, in quanto deve operare in
funzione dell’attuazione del programma da realizzare fino alla scadenza del
termine apposto all’incarico.
La titolarità della posizione organizzativa è legata ad una funzione
temporanea. Prima di individuare il dipendente assegnatario della posizione
organizzativa l’Amministrazione deve procedere ad una graduazione delle
funzioni, tenendo conto dei seguenti elementi (art. 20 CCNL):
a) livello di autonomia e responsabilità della posizione, anche in
relazione alla effettiva presenza di posizioni dirigenziali sovraordinate;
b) grado di specializzazione richiesta dai compiti affidati;
c) complessità delle competenze attribuite;
d) entità delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e strumentali
direttamente gestite;
e) valenza strategica della posizione rispetto agli obiettivi aziendali
L’art. 21 del CCNL procedimentalizza l’iter di assegnazione della
posizione organizzativa.
La nomina deve essere definita con atto scritto e motivato e al
dipendente viene corrisposta oltre alla retribuzione base, un’indennità di
funzione, da attribuire per la durata dell’incarico (art. 21 CCNL) definita
dall’art. 36 del CCNL 1998-2001 che assorbe i compensi per lavoro
straordinario e per la pronta disponibilità;
3.4. che l’art. 31 del dPR 761 del 1979 prevede, al comma 1 «Al
personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le cliniche e gli
istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le regioni e con le
unità sanitarie locali, anche se gestiti direttamente dalle università, è
corrisposta una indennità, non utile ai fini previdenziali e assistenziali, nella
misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico
complessivo a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari
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R.G. n. 13804 del 2012
funzioni, mansioni e anzianità; analoga integrazione è corrisposta sui
compensi per lavoro straordinario e per le altre indennità previste
dall’accordo nazionale unico, escluse le quote di aggiunta di famiglia»;
3.5. che, come affermato da questa Corte con la sentenza Cass.,
S.U., n. 16580 del 2008, le cd. posizioni organizzative si concretano nel
conferimento, al personale inquadrato nelle aree, di incarichi relativi allo
svolgimento di compiti che comportano elevate capacità professionali e

culturali corrispondenti alla direzione di unità organizzative complesse e
all’espletamento di attività professionali e nell’attribuzione della relativa
posizione funzionale (…). Specificamente, il conferimento dell’incarico di
posizione organizzativa è possibile esclusivamente per situazioni tipizzate,
descritte nel contratto; può essere concesso solo a termine; è connotato da
una specifica retribuzione variabile, in quanto sottoposta alla logica del
programma da attuare e del risultato; è, infine, revocabile. Emerge, da ciò,
che la posizione organizzativa non determina un mutamento di profilo
professionale, che rimane invariato, nè un mutamento di area, ma comporta
soltanto un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare dell’incarico.
Si tratta, in definitiva, di una funzione ad tempus di alta responsabilità la cui
definizione – nell’ambito della classificazione del personale di ciascun
comparto – è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva. Inoltre,
per come è strutturata la relativa disciplina, rivolta al personale non
dirigente già inquadrato nelle aree e in possesso di determinati profili
professionali, il conferimento dell’incarico presuppone che le
amministrazioni abbiano attuato i principi di razionalizzazione previsti dal
d.lgs. n. 165 del 2001, e abbiano ridefinito le strutture organizzative e le
dotazioni organiche;
3.6. che analoghe considerazioni si rinvengono nella giurisprudenza
amministrativa (Consiglio di Stato, decisione n. 815 del 2010);
3.7. che la giurisprudenza di legittimità, nel confermare Cass. n.
16580 del 2008, ha poi affermato (Cass. n. 18248 del 2011, n. 8297 del
2012) che l’art. 20, comma 1 del CCNL Comparto sanità 1998-2001,
stipulato il 17 aprile 1999, tanto per il suo contenuto testuale quanto per
effetto del suo coordinamento con le disposizioni dei successivi commi 2 e
3, nonchè dei commi 1 e 2 del successivo articolo 21, nel prevedere la
istituzione, da parte delle Aziende e degli enti del comparto, delle posizioni
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R.G. n. 13804 del 2012
organizzative, non impone un obbligo incondizionato, ma lascia spazio ad un
ampio margine di apprezzamento in ordine alle specifiche esigenze
aziendali, e, in ogni caso, non consente di configurare le relative decisioni
come meramente ricognitive della situazione esistente, esplicando queste,
invece, funzione costitutiva delle precisate posizioni organizzative. Ne
consegue che, prima della istituzione di tali posizioni, non è configurabile un
danno da perdita di chances per il dipendente che assuma che egli sarebbe

stato, con elevata probabilità, destinatario di una di esse. Ne consegue
ulteriormente che, a questi fini, rileva soltanto l’atto costitutivo delle
posizioni organizzative, mentre sono irrilevanti gli eventuali atti preparatori
endoprocedimentali;
3.8. che con riguardo all’applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 761
del 1979, questa Corte ha affermato (Cass., n. 19190 del 2013, che
richiama Cass., S.U., nn. 6104 e 6105 del 2012, riprese dalla successiva
sentenza n. 8521 del 2012) che la “corrispondenza con il personale di pari
qualifica e mansione del ruolo sanitario (…) deve essere determinata in base
all’inquadramento del personale universitario nelle aree funzionali, nelle
qualifiche e per profili professionali secondo le mansioni svolte ed i compiti
assegnati” e che “le mansioni di riferimento per accertare la
corrispondenza sono quelle ricomprese nella qualifica professionale di
appartenenza poichè il raffronto è, appunto, fra le funzioni proprie di
determinate qualifiche. Se quello che rileva è, dunque, il dato formale quale
risultato di una valutazione in termini di equivalenza, quest’ultima va,
allora, ricercata all’interno della qualifica di appartenenza”.
3.9. che con la sentenza Cass., n.

13382 del 2015 si è poi

affermato che la corresponsione dell’indennità perequativa di cui all’art. 31
del d.P.R. 10 dicembre 1979, n. 761 (cd. indennità De Maria), è dovuta ai
collaboratori o funzionari tecnici, che, a parità di funzioni, mansioni e
anzianità, ed a prescindere dall’elemento formale del titolo di studio
posseduto, sono equiparati, sulla base delle tabelle allegate al D.I. 9
novembre 1982, alle figure dirigenziali dei ruoli sanitari ordinari, senza che
rilevi la sopravvenuta perdita di efficacia del citato decreto, posto che la
contrattazione collettiva successivamente intervenuta ha avuto l’effetto di
comportare l’adeguamento della suddetta indennità di perequazione.

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R.G. n. 13804 del 2012
Da ultimo, le Sezioni Unite con la sentenza n. 9279 del 2016 (alla
quale è seguita Cass., n. 14036 del 2016) hanno statuito che l’indennità di
perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio
presso strutture sanitarie (“indennità De Maria”) deve essere determinata
senza includere automaticamente nel criterio di computo la retribuzione di
posizione dei dirigenti del comparto sanità, la quale può essere riconosciuta
solo se collegata all’effettivo conferimento di un incarico direttivo;
3.10. che, infine, occorre ricordare che la Corte costituzionale, con

,22)

la sentenza n. 136 del 1997 (che dichiara non fondate le questioni di
legittimità costituzionale proposte dalle ordinanze in epigrafe concernono gli
artt. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213, 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979,
n. 761 e 102 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, nella parte in cui, non
prevedendo un qualche compenso per la maggiore attività svolta dai docenti
universitari medici in servizio presso cliniche o istituti convenzionati,
impediscono anche la corresponsione dell’indennità prevista, quando, come
accade attualmente per i docenti medici al vertice della carriera
universitaria, il loro livello retributivo abbia raggiunto e superato quello
dell’omologo profilo ospedaliero, violando così i principi di cui agli artt. 3 e
36 della Costituzione), ha affermato, con riguardo al citato art. 31 che
questo criterio perequativo, oltre ai docenti universitari medici, tutto il
restante personale universitario, che presta servizio presso le cliniche e gli
istituti universitari, equiparandolo, per quanto concerne non solo il
trattamento economico complessivo, ma anche i compensi per lavoro
straordinario e le altre indennità previste dall’accordo nazionale unico, al
personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni ed anzianità,
non palesandosi dunque argomenti a sostegno della statuizione della Corte
d’Appello, come invece affermato dalla stessa.
3.11. che in ragione della ricostruzione normativa e giurisprudenziale
svolta va affermato che la natura e la finalità dell’indennità di funzione per
posizione organizzativa di cui agli artt. 20 e 21 del CCNL del Comparto
sanità, nonché le caratteristiche di attribuzione della stessa, ne escludono
l’attribuzione, in via di equiparazione, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 761
del 1979, atteso in particolare che il conferimento della posizione
organizzativa presuppone che le Amministrazioni abbiano attuato i principi

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R.G. n. 13804 del 2012
razionalizzazione previsti dal d.lgs. n. 165 del 2001, e abbiano ridefinito
e strutture organizzative e le dotazioni organiche;
4. che con il terzo motivo di ricorso (pag. 36 del ricorso) è dedotta la
violazione dell’art. 36 CCNL Comparto sanità in relazione all’art. 360, n.3,
cod. proc. civ.
Si assume che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuta tardiva
l’eccezione di detrazione dall’indennità di posizione, qualora riconosciuta del

compenso per il lavoro straordinario, trattandosi di mera precisazione in
relazione all’applicazione dell’istituto dell’indennità di funzione.
4.1. che il motivo è inammissibile in quanto la mancata trascrizione
dell’eccezione che si assume prospettata in appello non consente di
apprezzare la rilevanza della censura;
5. che con il quarto motivo (pag. 38, indicato anch’esso, per lapsus
calami con n. 3) di ricorso è dedotta illogica e contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il procedimento , art. 360, n. 5,
cod. proc. civ.
Si censura la statuizione che ha attribuito l’indennità di funzione alla
ricorrente anche in considerazione dell’attribuzione ad altro dipendente che
versava nelle stesse condizioni. Ed infatti assume il ricorrente le due
posizioni non sono assimilabili, atteso che l’Azienda non aveva attribuito alla
lavoratrice alcun incarico professionale relativo a posizioni organizzative;
5.1. che il motivo è inammissibile. Occorre premettere che il motivo
di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga
censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la
rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al
diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può
proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei
molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito
della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e
dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e
non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai
sensi della disposizione di cui all’art. 360, comma primo, n. 5, cpc; in caso
contrario, questo motivo di ricorso si risolverebbe, come nella specie, in
una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti
del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all’ottenimento di
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R.G. n. 13804 del 2012
una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle
finalità del giudizio di cassazione (Cass., sentenza n. 9233 del 2006);
6. che (pag. 40 del ricorso, punto 6, quinto motivo), il ricorrente
insiste sulla decurtazione del compenso per lavoro straordinario;
6.1. che la suddetta deduzione, poiché non si traduce in una
censura impugnatoria, ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ. è inammissibile;
7. che il primo ed il secondo motivo di ricorso devono essere accolti

impugnata va cassata

in relazione ai motivi accolti per quanto in

motivazione, con rinvio anche per le spese del presente giudizio alla Corte
di Appello di Roma in diversa composizione.
PQM
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo ed il secondo motivo
di ricorso. Inammissibili i restanti motivi di ricorso. Cassa la sentenza
impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte di
Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 28 giugno 2017.
Il Presidente
Giuseppe Napoletano

IL CANc1 LLIEE
cola
Maria

/

t)

per quanto di ragione. Inammissibili i restanti motivi. La sentenza

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