Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28085 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 28085 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA

sul ricorso 5324-2012 proposto da:
TORRE

ROBERTO

TRRRRT6OH02Z114Z,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA VAL MAIRA 75, presso lo
studio dell’avvocato GIACOMO FIGA’, che lo rappresenta
e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

AZIENDA POLICLINO UMBERTO I DI ROMA, in persona del
2017
3017

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE POLICLINICO 155, presso lo
studio dell’avvocato PAOLA BAGLIO, che la rappresenta
e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 24/11/2017

nonchè contro
oorv A,JUNIVERSITA’

DEGLI STUDI “LA SAPIENZA” di ROMA,

PREZZOLINI ALBERTO;
– intimati

avverso la sentenza n. 9199/2011 della CORTE D’APPELLO

di ROMA, depositata il 05/12/2011 R.G.N. 9737/2009.

R.G. n. 5324 del 2012
Rilevato
1. che la Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 9199 del 2011,
pronunciando sull’impugnazione proposta dall’Azienda Policlinico Umberto I
di Roma nei confronti di Prezzolini Umberto (recte: Alberto) e Torre Roberto
e dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, avverso la sentenza
emessa tra le parti dal Tribunale di Roma, accoglieva l’impugnazione e, in
riforma della sentenza del Tribunale, respingeva le originarie domande;

lavoratori volta al riconoscimento del diritto

2. che il Tribunale aveva accolto la domanda avanzata dai due
a percepire l’indennità di

posizione prevista dagli artt. 20 e 21 del CCNL del Comparto sanità a
partire dalla delibera n. 111 del 30 settembre 2004, e con importi da
accertare in separata sede. Il giudice di primo grado riteneva spettante
l’indennità non dal 2002 ma dall’attivazione operata con il richiamato
provvedimento;
3.

che la Corte d’Appello affermava che doveva escludersi che

potevano ritenersi titolari di posizioni organizzative coloro che espletano
mansioni analoghe a quelle indicate in via esemplificativa nell’art. 20, in
quanto la posizione organizzativa esiste ed è tale solo perché istituita
dall’Azienda sulla base del proprio ordinamento e in relazione alle proprie
esigenze di servizio.

L’art. 21, poi, disciplinava il conferimento

degli

incarichi da effettuarsi con provvedimento scritto e motivato.
Pertanto, escludeva il diritto dei ricorrenti all’indennità non avendo
gli stessi provato l’istituzione delle posizioni organizzative e il conferimento
con atto scritto e motivato del relativo incarico.
Né rilievo poteva assumere la delibera n. 111 del 2004 che non
adottava alcun atto formale istitutivo delle posizioni organizzative e
tantomeno le attribuiva ai ricorrenti.
Andava esclusa, altresì, la sussistenza di disparità di trattamento ai
sensi dell’art. 31 del dPR n. 761 del 1979, rispetto ai lavoratori ai quali,
con atti non rispettosi della procedura, era stata riconosciuta la posizione
organizzativa e la relativa indennità, atteso che detta norma attiene al
trattamento economico previsto in generale per le stesse mansioni ed
anzianità e non quello goduto in virtù di specifichi incarichi, nella specie di
posizione organizzativa;

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R.G. n. 5324 del 2012
4. che per la cassazione della sentenza resa in grado di appello
ricorre Roberto Torre prospettando due motivi di ricorso;
5. che resiste con controricorso l’Azienda Policlinico Umberto I di
Roma;
6. che il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto
1. che con il primo motivo di ricorso è prospettata violazione falsa

applicazione degli artt. 20 e 21 del CCNL Comparto sanità 1998/2001,
attinenti al pagamento dell’indennità di posizione organizzativa e
dell’indennità di risultato, in aperto contrasto con il principio costituzionale e
giuridico relativo all’eguaglianza, al buon andamento della P.A. e alla giusta
retribuzione (art. 97 Cost.), alla correttezza (art. 1175 cod. civ.), alla buona
fede (art. 1375 cod. civ.), all’imparzialità, al diritto all’aspettativa,
irragionevolezza, legalità, giustizia, trasparenza, logicità, senza contare
l’ingiusta locupletazione in quanto trattiene presso i propri fondi quanto
spetta di diritto alla parte ricorrente (art. 3 della legge n. 241 del 1990), in
relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.;
2. che con il secondo motivo di ricorso è dedotta omessa insufficiente
motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, in relazione
all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., in quanto è stata data piena ed
inconfutabile prova delle ragioni della parte ricorrente, e più in particolare
per quanto attiene la figura professionale del dott. Torre.
La

Corte d’Appello non prendeva in considerazione la prova

documentale offerta, e non riconosceva il diritto all’indennità richiesta dai
ricorrenti in quanto di fatto ricoprenti la prevista posizione organizzativa.
Il ricorrente, quindi (pag. 20-22 del ricorso),
deliberazioni

ripercorre le

intervenute dal 2000 al 2004 (delibera n. 262 del 2000,

disposizione 17 gennaio 2001, determinazione n. 89 del 2004, determina n.
111 del 2004), assumendo che pur in presenza delle stesse non vi era stato
il riconoscimento della indennità in questione.
Il ricorrente, alla luce di un articolato excursus normativo, richiama
l’equiparazione, tramite indennità, del trattamento economico complessivo
del personale docente e tecnico che presta servizio presso cliniche e istituti
universitari rispetto a quello del personale ospedaliero di pari funzioni
mansioni ed anzianità.
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R.G. n. 5324 del 2012
Assume, quindi la rilevanza a fini economici delle sole mansioni
concretamente svolte, senza che assumano rilievo le modalità di accesso
alla qualifica rivestita.
Nella specie, gli artt. 20 e 21 ex sé istituiscono l’area avendo già
determinato i requisiti soggettivi dei dipendenti da inserirvi;
3. che occorre precisare che motivi di ricorso ammissibili, in quanto
prospettano censure in relazione alle statuizioni della sentenza di appello,
vanno ravvisati da pag. 14 a pag. 22 del ricorso, sulle premesse in fatto

,

esposte nella parte del ricorso che le precede, mentre sono inammissibili in
quanto non si sostanziano in motivi di impugnazione le restanti
argomentazioni esposte nelle successive pagine del ricorso.
Ed infatti da pag. 22 del ricorso, sotto la rubrica “Diritto”, senza la
formulazione di motivi impugnatori ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ.,
vengono trattati una serie in argomenti, in modo autonomo rispetto
all’esposizione di motivi di ricorso e senza che sia evidenziata la statuizione
impugnata e la specifica critica alla sentenza impugnata;
4. che i motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in
ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati.
Questa Corte conferma il proprio precedente e tanto giustifica la
trattazione in camera di consiglio.
Con la sentenza n. 14639 del 2016 si è già affermato il principio, che
va qui ribadito, secondo cui “l’art. 20, comma 1 del CCNL, Comparto sanità
1998-2001, stipulato il 17 aprile 1999, tanto per il suo contenuto testuale
quanto per effetto del suo coordinamento con le disposizioni dei successivi
commi 2 e 3, nonchè dei commi 1 e 2 del successivo articolo 21, nel
prevedere la istituzione, da parte delle Aziende e degli enti del comparto,
delle posizioni organizzative, non impone un obbligo incondizionato, ma
lascia spazio ad un ampio margine di apprezzamento in ordine alle
specifiche esigenze aziendali, e, in ogni caso, non consente di configurare le
relative decisioni come meramente .ricognitive della situazione esistente,
esplicando queste, invece, funzione costitutiva delle precisate posizioni
organizzative” (Cass., n. 18248 del 2011 e, negli stessi termini, Cass. n.
8297 del 2012).
Dal principio discende che il diritto soggettivo a percepire l’indennità
di posizione sorge solo all’esito della procedura disciplinata dagli artt. 20 e
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1 del richiamato CCNL, comportante anche la graduazione delle posizioni in
relazione ai parametri indicati dall’art. 20, graduazione che incide sulla
quantificazione della indennità, nell’ambito dei limiti minimi e massimi fissati
dalle parti collettive.
Si è, altresì, affermato che in tema di personale sanitario non
dirigente, l’art. 20, comma 1, del CCNL 1998-2001 del comparto sanità,
stipulato il 17 aprile 1999, per il contenuto testuale e per il coordinamento
con le disposizioni dei successivi commi 2 e 3 nonché dei commi 1 e 2

o

dell’art. 21, nel prevedere l’istituzione delle posizioni organizzative, non
impone alle aziende e agli enti di comparto un obbligo incondizionato, ma
concede loro ampio margine di apprezzamento, sicché le relative decisioni
non sono meramente ricognitive, ma esplicano una funzione costitutiva, non
essendo quindi configurabile, prima dell’istituzione delle posizioni
organizzative, un danno da perdita di “chance” per il dipendente che
assuma l’elevata probabilità di esserne destinatario. Ne consegue
ulteriormente che, a questi fini, rileva soltanto l’atto costitutivo delle
posizioni organizzative, mentre sono irrilevanti gli eventuali atti preparatori
endoprocedimentali (citata Cass., n. 8297 del 2012);

5. che, peraltro, correttamente, la Corte d’Appello riteneva non
applicabile l’art. 31 del dPR 769 del 1979.
Occorre ricordare che le posizioni organizzative sono state istituite
con il CCNL 7 aprile 1999 nel Comparto sanità. Le stesse trovano disciplina
nell’art. 40, secondo comma, ultimo periodo, del d.lgs. n. 165 del 2001 in
cui si prevede la possibilità che “Nell’ambito dei comparti di contrattazione
possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche
professionalità”. Tali posizioni rispondono all’esigenza di costituire, ad un
livello inferiore a quello della dirigenza incarichi a termine specificamente
retribuiti (cd. indennità di funzione), per lo svolgimento di mansioni di
particolare valore e contenuto gerarchico, professionale e di staff.
Il titolare della posizione organizzativa non ricopre un incarico stabile
nell’ambito dell’organizzazione amministrativa, in quanto deve operare in
funzione dell’attuazione del programma da realizzare fino alla scadenza del
termine apposto all’incarico.
La titolarità della posizione organizzativa è legata ad una funzione
temporanea. Prima di individuare il dipendente assegnatario della posizione
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organizzativa l’Amministrazione deve procedere ad una graduazione delle
funzioni, tenendo conto dei seguenti elementi (art. 20 CCNL):
a) livello di autonomia e responsabilità della posizione, anche in
relazione alla effettiva presenza di posizioni dirigenziali sovraordinate;
b) grado di specializzazione richiesta dai compiti affidati;
c) complessità delle competenze attribuite;
d) entità delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e strumentali

direttamente gestite;
e) valenza strategica della posizione rispetto agli obiettivi aziendali.
L’art. 21 del CCNL procedimentalizza l’iter di assegnazione della
posizione organizzativa.
La nomina deve essere definita con atto scritto e motivato e al
dipendente viene corrisposta oltre alla retribuzione base, un’indennità di
funzione, da attribuire per la durata dell’incarico (art. 21 CCNL) definita
dall’art. 36 del CCNL 1998-2001 che assorbe i compensi per lavoro
straordinario e per la pronta disponibilità;
6. che l’art. 31 del dPR 761 del 1979 prevede, al comma 1 «Al
personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le cliniche e gli
istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le regioni e con le
unità sanitarie locali, anche se gestiti direttamente dalle università, è
corrisposta una indennità, non utile ai fini previdenziali e assistenziali, nella
misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico
complessivo a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari
funzioni, mansioni e anzianità; analoga integrazione è corrisposta sui
compensi per lavoro straordinario e per le altre indennità previste
dall’accordo nazionale unico, escluse le quote di aggiunta di famiglia»;
7. che, come affermato da questa Corte con la sentenza Cass., S.U.,
n.

16580 del 2008,

le cd. posizioni organizzative si concretano nel

conferimento, al personale inquadrato nelle aree, di incarichi relativi allo
svolgimento di compiti che comportano elevate capacità professionali e
culturali corrispondenti alla direzione di unità organizzative complesse e
all’espletamento di attività professionali e nell’attribuzione della relativa
posizione funzionale (…). Specificamente, il conferimento dell’incarico di
posizione organizzativa è possibile esclusivamente per situazioni tipizzate,
descritte nel contratto; può essere concesso solo a termine; è connotato da
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luna specifica retribuzione variabile, in quanto sottoposta alla logica del
programma da attuare e del risultato; è, infine, revocabile. Emerge, da ciò,
che la posizione organizzativa non determina un mutamento di profilo
professionale, che rimane invariato, nè un mutamento di area, ma comporta
soltanto un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare dell’incarico.
Si tratta, in definitiva, di una funzione ad tempus di alta responsabilità la cui
definizione – nell’ambito della classificazione del personale di ciascun

comparto – è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva. Inoltre,
per come è strutturata la relativa disciplina, rivolta al personale non
dirigente già inquadrato nelle aree e in possesso di determinati profili
professionali, il conferimento dell’incarico presuppone che le
amministrazioni abbiano attuato i principi di razionalizzazione previsti dal
d.lgs. n. 165 del 2001, e abbiano ridefinito le strutture organizzative e le
dotazioni organiche;
8. che analoghe considerazioni si rinvengono nella giurisprudenza
amministrativa (Consiglio di Stato, decisione n. 815 del 2010);
9. che la giurisprudenza di legittimità, nel confermare Cass. n. 16580
del 2008, ha poi affermato (Cass. n. 18248 del 2011, n. 8297 del 2012)
che l’art. 20, comma 1 del CCNL Comparto sanità 1998-2001, stipulato il 17
aprile 1999, tanto per il suo contenuto testuale quanto per effetto del suo
coordinamento con le disposizioni dei successivi commi 2 e 3, nonchè dei
commi 1 e 2 del successivo articolo 21, nel prevedere la istituzione, da
parte delle Aziende e degli enti del comparto, delle posizioni organizzative,
non impone un obbligo incondizionato, ma lascia spazio ad un ampio
margine di apprezzamento in ordine alle specifiche esigenze aziendali, e, in
ogni caso, non consente di configurare le relative decisioni come
meramente ricognitive della situazione esistente, esplicando queste, invece,
funzione costitutiva delle precisate posizioni organizzative. Ne consegue
che, prima della istituzione di tali posizioni, non è configurabile un danno da
perdita di chances per il dipendente che assuma che egli sarebbe stato, con
elevata probabilità, destinatario di una di esse. Ne consegue ulteriormente
che, a questi fini, rileva soltanto l’atto costitutivo delle posizioni
organizzative, mentre sono irrilevanti gli eventuali atti preparatori
endoprocedimentali;

6

R.G. n. 5324 del 2012
10. che con riguardo all’applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 761 del
1979, questa Corte ha affermato (Cass., n. 19190 del 2013, che richiama
Cass., S.U., nn. 6104 e 6105 del 2012, riprese dalla successiva sentenza n.
8521 del 2012) che la “corrispondenza con il personale di pari qualifica e
mansione del ruolo sanitario (…) deve essere determinata in base
all’inquadramento del personale universitario nelle aree funzionali, nelle
qualifiche e per profili professionali secondo le mansioni svolte ed i compiti
e che

“le mansioni di riferimento per accertare la

assegnati”

corrispondenza sono quelle ricomprese nella qualifica professionale di
appartenenza poichè il raffronto è, appunto, fra le funzioni proprie di
determinate qualifiche. Se quello che rileva è, dunque, il dato formale quale
risultato di una valutazione in termini di equivalenza, quest’ultima va,
allora, ricercata all’interno della qualifica di appartenenza”.
11. che con la sentenza Cass., n. 13382 del 2015 si è poi affermato
che la corresponsione dell’indennità perequativa di cui all’art. 31 del d.P.R.
10 dicembre 1979, n. 761 (cd. indennità De Maria), è dovuta ai collaboratori
o funzionari tecnici, che, a parità di funzioni, mansioni e anzianità, ed a
prescindere dall’elemento formale del titolo di studio posseduto, sono
equiparati, sulla base delle tabelle allegate al D.I. 9 novembre 1982, alle
figure dirigenziali dei ruoli sanitari ordinari, senza che rilevi la sopravvenuta
perdita di efficacia del citato decreto, posto che la contrattazione collettiva
successivamente

intervenuta

ha

avuto

l’effetto

di

comportare

l’adeguamento della suddetta indennità di perequazione.
Da ultimo, le Sezioni Unite con la sentenza n. 9279 del 2016 (alla
quale è seguita Cass., n. 14036 del 2016) hanno statuito che l’indennità di
perequazione spettante al personale universitario non docente in servizio
presso strutture sanitarie (“indennità De Maria”) deve essere determinata
senza includere automaticamente nel criterio di computo la retribuzione di
posizione dei dirigenti del comparto sanità, la quale può essere riconosciuta
solo se collegata all’effettivo conferimento di un incarico direttivo;
12. che, infine, occorre ricordare che la Corte costituzionale, con la
sentenza n. 136 del 1997 (che dichiara non fondate le questioni di
legittimità costituzionale proposte dalle ordinanze in epigrafe concernono gli
artt. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213, 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979,
n. 761 e 102 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, nella parte in cui, non
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R.G. n. 5324 del 2012
prevedendo un qualche compenso per la maggiore attività svolta dai docenti
universitari medici in servizio presso cliniche o istituti convenzionati,
impediscono anche la corresponsione dell’indennità prevista, quando, come
accade attualmente per i docenti medici al vertice della carriera
universitaria, il loro livello retributivo abbia raggiunto e superato quello
dell’omologo profilo ospedaliero, violando così i principi di cui agli artt. 3 e
36 della Costituzione), ha affermato, con riguardo al citato art. 31 che
questo criterio perequativo, oltre ai docenti universitari medici, tutto il

_j

restante personale universitario, che presta servizio presso le cliniche e gli
istituti universitari, equiparandolo, per quanto concerne non solo il
trattamento economico complessivo, ma anche i compensi per lavoro
straordinario e le altre indennità previste dall’accordo nazionale unico, al
personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni ed anzianità,
non palesandosi dunque argomenti a sostegno della statuizione della Corte
d’Appello, come invece affermato dalla stessa.
13. che la natura e la finalità dell’indennità di funzione per posizione
organizzativa di cui agli artt. 20 e 21 del CCNL del Comparto sanità, nonché
le caratteristiche di attribuzione della stessa, ne escludono, come affermato
dalla Corte d’Appello,
dell’art.

l’attribuzione, in via di equiparazione,

ai sensi

31 del d.P.R. 761 del 1979, atteso in particolare che il

conferimento della posizione organizzativa presuppone che le
Amministrazioni abbiano attuato i principi di razionalizzazione previsti dal
d.lgs. n. 165 del 2001, e abbiano ridefinito le strutture organizzative e le
dotazioni organiche;
14. che infine va rilevato che non è ravvisabile vizio di motivazione
quale “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”,
nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni
inconciliabili”

e

nella

“motivazione

perplessa

ed

obiettivamente

incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di
“sufficienza” della motivazione, secondo i principi affermati dalle Sezioni
Unite con la sentenza n. 8053 del 2014, sostanziandosi la doglianza nella
prospettazione di una diversa interpretazione e rilievo delle risultanze in
atti;
15. che il ricorso deve essere rigettato;

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16. che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle
spese di giudizio nei confronti della parte costituita che liquida in euro
200,00 per esborsi, oltre euro 4.000,00 per compensi professionali, spese
generali in misura del 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 28 giugno 2017.

,

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