Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28084 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 28084 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

ORDINANZA

sul ricorso 16497-2012 proposto da:
MAIORANA ROSANNA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA LUCULLO 3, presso lo studio dell’avvocato NICOLA
ADRAGNA, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ANNA FIORELLA COLBERTALDO, giusta delega
in atti;
– ricorrente contro
2017
2988

I.S.A. S.R.L., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato
FRANCO BOCCIA, rappresentata e difesa dall’avvocato
BIAGIO RICCARDO MAROTTA, giusta delega in atti;

Data pubblicazione: 24/11/2017

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 743/2011 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 28/07/2011 R.G.N.

1993/2007.

R.G. n. 16497/2012

RILEVATO

che con sentenza del 28 luglio 2011 la Corte di Appello di Palermo, in parziale
riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato la ISA Srl al pagamento,
in favore di Rosanna Maiorana, della somma di euro 319,43, oltre accessori,
riducendo così l’originario credito vantato da quest’ultima e quantificato in prime

che

il Tribunale aveva ritenuto la sussistenza di un rapporto di lavoro

subordinato tra la Maiorana, quale insegnante, e la Minerva Piccola Cooperativa
per il periodo 21 settembre 1998 – 8 ottobre 2002, durante il quale le parti
avevano formalmente stipulato contratti annuali di collaborazione coordinata e
continuativa, ed aveva riconosciuto differenze retributive al cui pagamento aveva
ritenuto obbligata anche la ISA Srl, in base all’art. 2112 c.c., essendo tale società
succeduta, il 10 settembre 2003, alla cooperativa nella gestione della scuola
presso la quale era stata utilizzata la lavoratrice;
che la Corte territoriale, su appello di detta società, ha considerato invece che
“nessuna domanda era stata spiegata in ordine alla validità o meno del termine
apposto alle singole convenzioni, talché l’accertamento richiesto afferiva alla sola
natura, subordinata o autonoma, dei singoli rapporti non coinvolgendo o,
comunque, non essendo state dedotte specifiche ragioni di nullità delle clausole
di durata agli stessi apposte”; ne ha fatto derivare che “la ISA non poteva essere
chiamata a rispondere per eventuali obbligazioni relative ai contratti conclusi che,
come è pacifico, non risultavano dai libri contabili ma solo per quelle, ove
azionate, relative all’unico contratto ancora in corso alla data della cessione
dell’azienda, ossia quello del giorno 8 ottobre 2002”;
che avverso tale sentenza Rosanna Maiorana ha proposto ricorso affidato a tre
motivi, illustrati da memoria, cui ha resistito con controricorso la società
intimata;

CONSIDERATO

che il primo motivo del ricorso denuncia “error in procedendo per violazione o
falsa applicazione degli artt. 112 e 163 c.p.c. ed omessa pronuncia su domanda

cure in euro 60.713,04, a titolo di TFR e differenze retributive;

R.G. n. 16497/2012

avpfizata in causa” nonché “motivazione contraddittoria e comunque insufficiente
su un punto controverso e decisivo per il giudizio” per non essere comprensibile
l’iter logico seguito dalla Corte palermitana “per negare l’ingresso alla domanda
di nullità del termine apposto ai vari contratti di collaborazione”;
che

la censura non può trovare accoglimento, perché è insanabilmente

contraddittoria la denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa
pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia,

indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione
dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art.
360 c.p.c., n. 4, e non con la denuncia della violazione di norme di diritto
sostanziale, ovvero del difetto di motivazione ex art. 360, n. 5, c.p.c., mentre il
secondo vizio presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte
del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente
non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, e va denunciato ai sensi
dell’art. 360, n. 5, c.p.c. (Cass. n. 13866 del 2014; Cass. n. 15882 del 2007; da
ultimo v. anche Cass., sez. VI, n. 329 del 2016);
che per altro verso il motivo in esame difetta di autosufficienza avendo parte
ricorrente omesso di indicare specificamente ed adeguatamente nel corpo di esso
i contenuti degli atti processuali – nella specie ricorso introduttivo – su cui fonda
la doglianza di violazione dell’art. 112 c.p.c., né può soccorrere alla parte
ricorrente la qualificazione giuridica del vizio lamentato come

error in

procedendo, in relazione al quale la Corte è anche “giudice del fatto”, con la
possibilità di accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo
di merito, atteso che le Sezioni unite di questa Corte hanno statuito che, nei casi
di vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, il
giudice di legittimità, pur non dovendo limitare la propria cognizione all’esame
della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha
vagliato la questione, “è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed
i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal
ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi
quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c.,
comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4)” (Cass. SS. UU. n. 8077 del
2012; conformi v. Cass. n. 9888 del 2016; Cass. n. 19410 del 2015; Cass. n.

atteso che il primo, infatti, implica la completa omissione del provvedimento

R.G. n. 16497/2012

171:9 del 2015; Cass. 26900 del 2014; Cass. n. 22544 del 2014; Cass. n. 9734
del 2004; Cass. n. 6225 del 2005), senza che siano sufficienti meri stralci o
generici rinvii (da ultimo Cass. n. 17252 del 2016), anche laddove sia denunciata
la violazione dell’art. 112 c.p.c. (Cass. n. 6361 del 2007; Cass. n. 21226 del
2010; Cass. n. 4220 del 2012; Cass. n. 1435 del 2013; Cass. n. 8569 del 2013;
Cass. n. 15367 del 2014), mentre nel caso il motivo in esame risulta formulato in
violazione degli orientamenti di legittimità richiamati perché la ricorrente si limita

nel corpo del motivo stesso, scarni passaggi testuali ovvero meri rinvii anche a
documenti di cui non viene riportato neanche il contenuto, sì da rendere
impossibile a questa Corte di verificare, sulla base di tali inadeguate indicazioni,
la sussistenza del denunciato vizio;
che il secondo motivo – con cui si lamenta violazione degli artt. 2112 e 2120 c.c.
e vizio di motivazione per avere la sentenza impugnata ritenuto che la società
subentrante non era tenuta al pagamento delle somme originariamente
quantificate dal Tribunale – è infondato in ragione del costante insegnamento di
questa Corte secondo cui la disciplina posta dal secondo comma dell’art. 2112
c.c., che prevede la solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti vantati dal
lavoratore al momento del trasferimento d’azienda a prescindere dalla
conoscenza o conoscibilità degli stessi da parte del cessionario, presuppone la
vigenza del rapporto di lavoro al momento del trasferimento d’azienda, con la
conseguenza che non è applicabile ai crediti relativi ai rapporti di lavoro esauritisi
o non ancora costituitisi a tale momento, salva in ogni caso l’applicabilità dell’art.
2560 cod. civ. che contempla, in generale la responsabilità dell’acquirente per i
debiti dell’azienda ceduta, ove risultino dai libri contabili obbligatori (tra le altre:
Cass. n. 4598 del 2015; Cass. n. 7517 del 2010); nella specie la Corte di Appello
ha negato la responsabilità solidale della cessionaria per crediti maturati rispetto
a rapporti di lavoro pregressi e ritenuti già esauriti al momento del trasferimento
d’azienda, con accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità;
che il terzo motivo del ricorso denuncia “error in procedendo per violazione o
falsa applicazione degli artt. 112 e 163 c.p.c. ed omessa pronuncia su domanda
avanzata in causa” nonché “motivazione omessa, contraddittoria e comunque
insufficiente su un punto controverso e decisivo per il giudizio” per avere la Corte
siciliana ritenuto che la domanda della Maiorana si riferisse esclusivamente alla

3

a riportare degli atti processuali rilevanti (ricorso introduttivo) una sintesi e poi,

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in4kleguatezza dei periodi di lavoro “in nero” e non anche per quelli successivi
me risultante dalla CTU espletata in primo grado;

che tale doglianza soffre delle medesime ragioni di inammissibilità esposte per il
primo motivo ed inoltre è priva di adeguata specificità perché non riporta i
contenuti della consulenza tecnica d’ufficio in modo tale da verificare che le
somme per le quali era stata pronunciata condanna in primo grado riguardassero
anche periodi lavorativi alle dirette dipendenze di ISA Srl;

soccombenza come da dispositivo,

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese
liquidate in euro 3.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori come per
legge e spese generali al 15%.

Così deciso nella Adunanza camerale del 28 giugno 2017

che, conclusivamente, il ricorso va rigettato, con spese liquidate secondo

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