Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28083 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 21/12/2011), n.28083

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11735-2008 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA

2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che lo

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, BIONDI GIOVANNA, giusta

delega in calce alla copia notificata del ricorso.

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 32/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 22/0l/2008 r.g.n. 955/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2011 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 1 ottobre 2003 il Tribunale di Bari, giudice del lavoro, accoglieva parzialmente, nei soli confronti dell’INPS, la domanda di G.A., avanzata anche nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, e condannava l’Istituto a corrispondere l’indennità di accompagnamento dal febbraio 2001 in ragione della avvenuta riduzione del visus. La decisione, impugnata in via principale dal G. (con riguardo al mancato riconoscimento della pensione di inabilità) e in via incidentale dall’INPS (quanto alla propria legittimazione e quanto all’avvenuto riconoscimento dell’indennità di accompagnamento pur essendosi accertata l’avvenuto accertamento in sede sanitaria dei presupposti per l’indennità speciale per i non vedenti), veniva parzialmente riformata dalla Corte d’appello della stessa città, che, con la sentenza indicata in epigrafe, ribadiva la legittimazione passiva dell’INPS, e non del Ministero, accertava il diritto del G. alla pensione di inabilità e limitava il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento sino alla data di concessione dell’indennità per ciechi assoluti accertata con verbale medico del (OMISSIS).

2. Di tale decisione il G. domanda la cassazione, con ricorso affidato a un motivo, illustrato anche con memoria; l’INPS ha depositato procura, mentre il Ministero si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In via preliminare, si rileva l’inammissibilità del controricorso del Ministero, notificato oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c..

2. Il ricorso è respinto in base alla seguente motivazione, redatta in forma semplificata come disposto dal Collegio in esito alla discussione.

2.1. L’unico motivo si articola in due censure. Si sostiene, da un lato, che l’eccezione di non cumulabilità dell’indennità di accompagnamento ordinaria con quella speciale per i non vedenti sia stata formulata dall’Istituto, con il proprio appello incidentale, in violazione del divieto di jus navoni in e, dall’altro, che tale incumulabilità sia stata ritenuta dal giudice d’appello in violazione della L. n. 129 del 1991, art. 1, comma 2.

2.2. La prima censura è infondata poichè il giudice è chiamato ad accertare se sussista, o meno, il diritto alla prestazione verificandone le condizioni di esistenza alla stregua dei requisiti richiesti dalla legge, e fra tali requisiti rientra la cumulabilità con altra prestazione (cfr. Cass. n. 4254 del 2009), si che in tal caso la relativa eccezione della parte non si configura come un’eccezione in senso stretto soggetta alle preclusioni di cui all’art. 437 c.p.c. (cfr. Cass. n. 11108 del 2007).

2.3. L’eccezione dell’Istituto, d’altronde, è stata correttamente accolta dal giudice d’appello, così rivelandosi infondata anche la seconda delle censuro qui sollevate. Ed invero il principio di cumulabilità delle prestazioni, desunto dalla parte ricorrente dalla disciplina prevista dalla L. n. 429 del 1991, presuppone che ognuna delle minorazioni, singolarmente considerata, dia titolo alla prestazione, occorrendo perciò – in combinato disposto con la L. n. 118 del 1971, art. 2 – che alla medesima minorazione non provveda una diversa disposizione normativa (cfr. Cass. n. 16289 del 2010); ma, nel caso di specie, la decisione qui impugnata ha accertato, in maniera specifica, e con valutazione non censurata specificamente in questa sede, che l’indennità ordinaria è stata riconosciuta solo in base alla malattia dell’apparato visivo, cioè la medesima affezione posta a base del riconoscimento del diritto alla prestazione speciale, poichè, per il resto, le altre affezioni non erano, considerate da sole, idonee a determinare le condizioni previste dalla legge per la concessione dell’indennità, si che il mantenimento di quest’ultima, contemporaneamente alla percezione dell’indennità speciale per i non vedenti, si risolverebbe in una indebita duplicazione di prestazioni per uno stesso evento invalidante.

3. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, senza provvedimenti in ordine alle spese in assenza di attività difensive delle parti intimate (non valendo, a tali fini, il controricorso, inammissibile, del Ministero).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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