Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28079 del 24/11/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 28079 Anno 2017
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

ORDINANZA
sui ricorsi riuniti iscritti ai numeri 12297, 12309, 13967, 13964 e
13980 del ruolo generale del 2011 rispettivamente proposti
da
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,
si domicilia
-ricorrentecontro
Luxardo Teresa, s.a.s. Cala Elte di Cagnoli Alberto,

in

persona del legale rappresentante pro tempore, Cagnoli Alberto,
rappresentati e difesi, giusta procure speciali in calce ai
controricorsi, dagli avvocati Antonio Lovisolo e Francesco d’Ayala
Valva, elettivamente domiciliatisi presso lo studio del secondo, in
Roma, al viale Parioli, n. 43
-controricorrentiper la cassazione delle sentenze della Commissione tributaria
regionale della Liguria nn. 65, 63, 61, 62 e 64 del 1 aprile 2010.
Fatti di causa.
L’Agenzia delle entrate, in esito al rinvenimento di una borsa
contenente documenti extracontabili, che riportavano annotazioni
concernenti cessioni di beni e prestazioni di servizi inerenti
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Data pubblicazione: 24/11/2017

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all’attività d’impresa svolta da s.a.s. Cala Elte, oggetto di un
processo verbale di constatazione del 28 dicembre 2005, rettificò
la dichiarazione ai fini dell’iva, dell’irap e delle imposte dirette
proposta dalla società e per conseguenza le dichiarazioni irpef dei
due soci, con le relative addizionali, in relazione all’anno d’imposta

rispettivamente impugnati da società e soci, senza successo in
primo grado.
Di contro, la Commissione tributaria regionale ha parzialmente
accolto gli appelli proposti dai contribuenti, facendo leva su un
successivo processo verbale di constatazione del 2008, in base al
quale ha ritenuto che i calcoli in precedenza svolti dall’Agenzia
fossero errati con riguardo al computo di quanto evaso rispetto a
quanto dichiarato.
Contro queste sentenze l’Agenzia propone distinti ricorsi per
ottenerne la cassazione, che affida rispettivamente a sei (quanto
ai primi due ricorsi) ed a tre motivi (quanto agli altri tre), cui
società e soci replicano con controricorsi.
Ragioni della decisione.

1.- Va disposta la riunione dei ricorsi, perché oggettivamente
e soggettivamente connessi.
2.- La riunione dei giudizi esclude la fondatezza del primo
motivo del ricorso iscritto al n. 12297/11,

corrispondente al

secondo motivo del ricorso iscritto al n. 12309/11 ed al primo degli
altri tre ricorsi,

con i quali l’Agenzia denuncia la mancata

integrazione del contraddittorio, giacché si verte in tema di
litisconsorzio necessario.
E ciò in applicazione dell’indirizzo di questa Corte (tra varie,
Cass. 16 gennaio 2015, n. 673), di cui ricorrono nel caso in esame i
presupposti in base a quel che si evince dai numeri progressivi
delle sentenze impugnate, che riportano a loro volta quelli
ravvicinati delle sentenze di primo grado, secondo il quale qualora
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2003. Ne scaturirono altrettanti avvisi di accertamento, che furono

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siano stati incardinati simultaneamente diversi giudizi di merito,
relativi, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di
persone e alla conseguente automatica imputazione dei redditi
stessi a ciascun socio, nonché alla pretesa per irap, che si fondino
su identiche difese e siano trattati contemporaneamente, non si

integro. In tal caso, si può disporre la riunione dei giudizi per
connessione oggettiva, che comporta la sanatoria del difetto di
litisconsorzio necessario originario.
3.-

Infondata

è

l’eccezione

d’inammissibilità

o

d’improcedibilità dei ricorsi iscritti ai nn. 12297 e 12309/11 per
mancata produzione del processo verbale di constatazione del 28
dicembre 2005.
Ciò perché i ricorsi per cassazione non si fondano su tale
verbale, bensì su quello successivo del 2008, dall’esame del quale
s’intende evincere l’erroneità delle sentenze impugnate.
4.-

Inammissibile è poi l’eccezione di giudicato esterno

proposta dai contribuenti, che fanno leva sul passaggio in giudicato
delle sentenze nn. 68 e 69/10 della Commissione tributaria
regionale della Liguria, concernenti, in relazione al medesimo anno
d’imposta, la cartella di pagamento scaturita dalla pretesa
impositiva di cui si discute.
4.1.- L’eccezione è inammissibile, perché non è corredata
della produzione delle sentenze munite di attestazioni di passaggio
in giudicato; laddove questa Corte ha già in più occasioni stabilito
che affinché il giudicato esterno possa fare stato nel processo è
necessaria la certezza della sua formazione, che deve essere
provata, pur in assenza di contestazioni, attraverso la produzione
della sentenza munita del relativo attestato di cancelleria (Cass. 9
marzo 2017, n. 6024; 19 settembre 2013, n. 21469).
Nel processo tributario, difatti, in mancanza di una previsione
specifica sulla certificazione del passaggio in giudicato della
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estensore

dovrà dichiarare la nullità del giudizio reso a contraddittorio non

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sentenza, va applicato per analogia legis, secondo la previsione
dell’art. 1, 2 0 comma, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, l’art.
124 disp. att. c.p.c., sicché è necessario che il segretario della
commissione tributaria, provinciale o regionale, certifichi, in calce
alla copia della sentenza contenente la relazione della notificazione

termini di legge non è stata proposta impugnazione (Cass. 21
ottobre 2015, n. 21366).
5.- Infondato è poi il primo motivo del ricorso iscritto al n.
12309/11, col quale l’Agenzia lamenta ex art. 360, 1° co., n. 3,
c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11 e 18 del
d.lgs. n. 546/92, nonché dell’art. 2320 c.c., sostenendo che sia il
ricorso di primo grado, sia l’appello dovessero essere dichiarati
inammissibili, perché proposti da soggetto non legittimato, ossia
dalla socia accomandante.
Il motivo, che contrariamente a quanto dedotto in
controricorso, non è inammissibile per tardività, giusta il principio
affermato dalle sezioni unite di questa Corte (con sentenza 16
febbraio 2016, n. 2951), secondo cui la carenza di titolarità, attiva
o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice
se risultante dagli atti di causa, è però infondato.
5.1.- In tema di contenzioso tributario, difatti, il socio
accomandante, quale contribuente e, dunque, soggetto passivo del
rapporto tributario, esposto alla definitività dell’atto impositivo, è
legittimato ad impugnare anche l’avviso di accertamento tributario
inerente a crediti iva ed irap della società, oltre che quello
riguardante il proprio reddito da partecipazione (Cass., ord. 28
luglio 2016, n. 15748; 23 dicembre 2014, n. 27337).
6.- Col secondo e col terzo motivo del ricorso iscritto al n.
12297/11, da esaminare preliminarmente rispetto agli altri perché
ad essi logicamente prodromici, l’Agenzia lamenta, ex art. 360, 10
co., n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 del
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alla controparte o alla copia della sentenza non notificata, che nei

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d.lgs. n. 546/92, nonché, ex art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c., l’omessa
motivazione sul punto, là dove il giudice d’appello non si è
avveduto dell’inammissibilità del ricorso di primo grado, che si
risolveva nel richiamo per relationem del contenuto del ricorso
proposto dalla s.a.s. Cala Elte avverso l’avviso di accertamento che

società.
6.1.- La complessiva censura è infondata, perché non è
congruente col contenuto del ricorso introduttivo, integralmente
trascritto in ricorso.
Si legge difatti in ricorso che la contribuente aveva lamentato
che «nella motivazione dell’accertamento si fa esclusivamente
riferimento al fatto che il maggior reddito è conseguenza
dell’imputazione al socio nella misura del 50% del maggior reddito
accertato nei confronti della Cala Elte s.a.s. per il periodo d’imposta
2003».
La

relatio

risulta quindi, nell’impostazione del ricorso

proposto dalla socia, pienamente congruente con la deduzione dei
vizi dell’accertamento riguardante la società, in considerazione del
nesso di derivazione e dipendenza delle due posizioni; sicché
quell’atto introduttivo è da ritenere adeguatamente illustrato.
7.- Infondato è altresì il quarto motivo del ricorso in esame,
col quale l’Agenzia si duole, ex art. 360, 10 co., n. 4, c.p.c., della
nullità della sentenza impugnata là dove il giudice d’appello, pur
trovandosi al cospetto della richiesta della contribuente, proposta in
primo grado e reiterata in secondo, di determinare il reddito di
partecipazione come conseguenza del reddito che sarebbe stato
accertato per la Cala Elte s.a.s., ha comunque proceduto a
determinare il reddito societario.
Il giudice d’appello ha difatti correttamente operato ad
accertare il reddito di partecipazione come conseguenza del reddito

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rettificava redditi, volume di affari e di produzione di questa

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societario, che ha determinato nell’esercizio del proprio poteredovere decisorio, non delegabile ad altri.
8.-

Col terzo motivo del ricorso iscritto al n. 12309/11,

nonché col secondo motivo dei ricorsi iscritti ai nn. 13967, 13964 e
13980/11, da esaminare congiuntamente perché riguardanti la

c.p.c., denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 57 del
d.lgs. n. 546/92. Secondo l’Ufficio il giudice d’appello, nel sostenere
che, in base al processo verbale di constatazione del 2008, i dati
risultanti dalla contabilità parallela corrispondevano a quelli della
contabilità ufficiale, così accogliendo l’appello proposto dai
contribuenti, ha violato il divieto di ius novorum, giacché con i
ricorsi introduttivi non si era puntato sulle risultanze del verbale del
2008, bensì sulla genericità del contenuto di quello precedente del
2005, che aveva conformato gli avvisi di accertamento impugnati.
8.1.- La censura è infondata, in base al consolidato
orientamento di questa Corte (in espressione del quale si veda, fra
varie, Cass. ord. 22 settembre 2017, n. 22105; ord. 3 maggio
2016, n. 11223), secondo cui, nel giudizio tributario, il divieto di
proporre nuove eccezioni in sede di gravame stabilito dall’art. 57
del d.lgs. n. 546 del 1992, concerne tutte le eccezioni in senso
stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti
modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non
si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla
contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario, che restano
sempre deducibili.
Nel caso in esame le contestazioni svolte in appello
riguardano giustappunto i fatti costitutivi della pretesa impositiva,
quindi mere difese.
9.-

Le

considerazioni

che

precedono

determinano

l’assorbimento del quarto motivo del ricorso iscritto al n. 12309/11,

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e

medesima censura, l’Agenzia delle entrate, ex art. 360, 10 co., n. 4

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col quale si ripropone la medesima censura sotto il profilo
dell’omessa motivazione.
10.- Con i restanti motivi dei quattro ricorsi (ossia col quinto
e col sesto di quelli iscritti ai nn. 12297 e 12309/11, nonché col
terzo dei restanti tre)

l’Agenzia delle entrate deduce vizi

Lamenta che la conclusione raggiunta dal giudice d’appello,
secondo cui <> si fonda in realtà non già su dati esposti nel
processo verbale di constatazione del 2008, sibbene su una mera
ipotesi, nel resto smentita da altre considerazioni riportate nel
verbale, trascritte nei ricorsi.
A tanto aggiunge che il verbale del 2008 aveva un contenuto
parziale, poiché non esaminava i conti correnti della società, dando
atto perdipiù del fatto che la contabilità sociale non consentiva di
combinare i dati dichiarati nella contabilità ufficiale e quelli esposti
in quella parallela nella documentazione extracontabile.
10.1.- Questi elementi, contrariamente a quanto dedotto in
controricorso, sono potenzialmente idonei ad orientare
diversamente la decisione.
Ciò perché le considerazioni svolte al riguardo dall’Agenzia
evidenziano elementi che, se riscontrati, spoglierebbero il processo
verbale di constatazione del 2008 della forza e del peso che ad
esso è stato assegnato dal giudice d’appello, sia per il suo carattere
parziale, sia per la dedotta formulazione in termini d’ipotesi
dell’affermazione che le operazioni commerciali riportate nella
contabilità in nero non si sommassero al reale volume di affari
dichiarato dalla società.
10.2.- Contrariamente a quanto eccepito in controricorso,
difatti, l’Agenzia non propone una diversa ed in quanto tale
inammissibile rilettura delle risultanze processuali. Il giudice
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d’insufficiente e omessa motivazione delle sentenze impugnate.

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d’appello, difatti, si è limitato ad affermare, in maniera del tutto
insoddisfacente, che «i calcoli svolti dall’ufficio sulla base del
precedente verbale di constatazione della Guardia di Finanza erano
inficiati da errore riguardo al calcolo di quanto evaso al fisco dalla
società contribuente rispetto a quanto la stessa aveva dichiarato

non altrimenti illustrato, a «tutti i controlli eseguiti dalla guardia
di finanza».
11.- In definitiva, vanno accolti il quinto ed il sesto motivo
dei ricorsi iscritti ai nn. 12297 e 12309/11, nonché il terzo motivo
dei restanti tre ricorsi.
Le sentenze impugnate vanno cassate in relazione ai profili
accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della
Liguria per il riesame della fattispecie e la regolazione delle spese.
Per questi motivi
la Corte:
dispone la riunione dei ricorsi, accoglie il quinto ed il sesto motivo
dei ricorsi iscritti ai nn. 12997 e 12309/11, nonché il terzo motivo
di quelli iscritti ai nn. 13967, 13964 e 13980/11, cassa le sentenze
impugnate in relazione ai profili accolti e rinvia, anche per le
spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria in
diversa composizione.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso in Roma, in data 13 novembre 2017.

per quel periodo d’imposta»; e ciò sulla base del mero richiamo,

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