Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28071 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 21/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 21/12/2011), n.28071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21209-2007 proposto da:

D.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE

SANTE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

INAIL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso

lo studio dell’avvocato LA PECCERELLA LUIGI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato RASPANTI RITA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 130/2007 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 01/03/2007 R.G.N. 324/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l’Avvocato OTTOLINI TERESA per delega LA PECCERELLA LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.C. ha chiesto il riconoscimento del diritto a rendita per inabilità permanente derivata da malattia professionale (ipoacusia).

Il Tribunale di Teramo ha respinto la domanda con sentenza che è stata confermata dalla Corte d’appello di L’Aquila, che ha ritenuto di dover escludere, sulla base degli accertamenti svolti dal c.t.u.

di primo grado, l’origine professionale della malattia.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione D.C. affidandosi ad un unico motivo di ricorso cui resiste con controricorso l’Inail.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico articolato motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 3, artt. 112, 116 e 434 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, chiedendo a questa Corte di stabilire se in presenza di motivi specifici di appello basati su puntuali contestazioni formulate da perito di parte in base ad un riscontro diagnostico posteriore all’accertamento del c.t.u. e tale da poter in ipotesi, se esaminato, condurre ad esito difforme, sussista violazione delle suddette disposizioni.

2.- Il ricorso è infondato. Questa Corte – cfr. ex plurimis Cass. n. 569/2011, Cass. n. 9988/2009, Cass. n. 8654/2008 – ha ripetutamente affermato che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali derivanti da infortuni o malattie professionali, le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità se le relative censure contengano la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali, che, in quanto tale, costituisce un vero e proprio vizio della logica medico- legale e rientra tra i vizi deducibili con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, sicchè, in mancanza di detti elementi, le censure, configurando un mero dissenso diagnostico, sono inammissibili in sede di legittimità.

3.- Nel caso in esame, la Corte d’appello ha osservato che il c.t.u., pur avendo rilevato l’esistenza di una grave ipoacusia a carico dell’assicurato, ne aveva argomentatamente escluso l’origine professionale sul rilievo che la stessa non presentava “le caratteristiche patognomoniche dell’ipoacusia da rumore, che comporta deficit di tipo percettivo massimo per 400 Hz; è bilaterale e quasi sempre simmetrico; è irreversibile e, nella maggioranza dei casi, non evolutivo una volta cessata l’esposizione a rumore”, ed ha pertanto escluso che, nel caso in esame, potesse configurarsi l’esistenza della denunciata malattia professionale.

Rispetto alla valutazione di fatto così operata dalla Corte d’appello le censure del ricorrente si risolvono in una mera contrapposizione, diretta ad ottenere una diversa valutazione delle risultanze processuali e, come tale, inidonea a radicare un deducibile vizio di legittimità di tale valutazione; anche perchè il ricorrente non ha riportato nel ricorso il contenuto integrale della relazione del consulente tecnico di parte – che vorrebbe contrapporre alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio – nè ha indicato con autosufficienza gli elementi di fatto desumibili dai risultati degli esami strumentali, ai quali fa riferimento nel ricorso – e che dovrebbero assumere rilievo decisivo al fine di giungere a una conclusione diversa da quella illustrata dal c.t.u. e fatta propria dalla Corte territoriale – impedendo così a questa Corte la possibilità di un riscontro effettivo circa la consistenza e la decisività di tali documenti, e così dei rilievi critici che vengono mossi alle conclusioni del c.t.u..

4.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato con la conferma della sentenza impugnata.

5.- Non deve provvedersi in ordine alle spese del giudizio di legittimità, avendo l’interessato formulato, con l’atto introduttivo del giudizio, l’apposita dichiarazione prevista dall’art. 152 disp. att. c.p.c., come modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. in L. n. 326 del 2003, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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