Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28070 del 31/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 31/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 31/10/2019), n.28070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4600/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

FINEDIL s.p.a. in persona del suo legale rappresentante pro tempore

rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Conoscenti e dall’Avv.

Carlo Baldassarri giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana n. 124/5/13 depositata il 2/12/2013;

Udita la relazione svolta nella adunanza camerale del 28 maggio 2019

dal Consigliere Dott. Succio Roberto.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza impugnata il giudice dell’appello accoglieva l’appello della contribuente società e quindi annullava gli atti impugnati, con i quali l’Ufficio aveva irrogato sanzioni dovute in forza dell’illegittima applicazione alle operazioni contestate dell’aliquota IVA del 4% in luogo di quella prescritta e dovuta del 10%;

– ricorre a questa Corte di cassazione l’Amministrazione Finanziaria con atto affidato a un unico motivo; resiste la società con controricorso; a seguito di diniego della definizione agevolata della controversia da parte dell’Ufficio, la contribuente ha formulato istanza di fissazione dell’udienza di trattazione;

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il solo motivo di ricorso l’Erario denuncia violazione e falsa applicazione al D.P.R. n. 633 del 1972, Tab. A, parte II, n. 21 e n. 39 allegata e della L. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13 e della L. 2 dicembre 1967, n. 1212 di interpretazione autentica in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile l’aliquota Iva agevolata del 4% all’appalto per la costruzione di un edificio costituito esclusivamente da locali ad uso commerciale e da parcheggi auto, da qualificarsi come opera unitaria e quindi come “fabbricato” al quale spettava l’agevolazione in parola;

– il motivo è fondato;

– va premesso che ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, tabella A, punto 39 sono soggettè all’aliquota del 4% “le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione dei fabbricati di cui alla L. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13, e successive modificazioni, effettuate nei confronti di soggetti che svolgono l’attività di costruzione di immobili per la successiva vendita, ivi comprese le cooperative edilizie e loro consorzi, anche se a proprietà indivisa, o di soggetti per i quali ricorrono le condizioni richiamate nel numero 21), nonchè alla realizzazione delle costruzioni rurali di cui al numero 21-bis)”. Ai fini delle agevolazioni tributarie nel settore dell’edilizia, proprio della L. n. 408 del 1949, ex art. 13 (c.d. Legge Tupini) rileva il concetto di “case di abitazione, anche se comprendono uffici e negozi, che non abbiano il carattere di abitazione di lusso (…)”. La L. n. 1493 del 1962, art. 1 stabilisce che “(…) le agevolazioni fiscali previste per le case di abitazione non di lusso dalle leggi 2 luglio 1949, n. 408, (…) sono applicabili anche ai locali destinati ad uffici e negozi, quando, a questi ultimi, sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale nei piani sopra terra (…)”. Successivamente, la L. n. 1212 del 1967, con un unico articolo, ha fornito l’interpretazione autentica del predetto art. 1, disponendo che, ai fini della concessione delle agevolazioni fiscali in esame, è necessario e sufficiente che ricorrano, congiuntamente, le seguenti condizioni: a) almeno il 50% più uno della superficie totale dei piani sopra terra sia destinata ad abitazioni; b) non più del 25% della superficie totale dei piani sopra terra sia destinato a negozi. La previsione dell’aliquota Iva agevolata del 4% di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, tabella A, punto 39 per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di fabbricati di cui alla L. n. 408 del 1949, art. 13 ricitata e successive modificazioni, costituendo una norma agevolatrice, a carattere eccezionale e derogatorio, è di stretta interpretazione. La norma subordina l’applicabilità dell’agevolazione tributaria al ricorrere di due presupposti, uno di carattere oggettivo relativo alla costruzione dei fabbricati di cui alla L. 2 luglio 1949, n. 408, art. 13, e l’altro di carattere soggettivo relativo alla destinazione della prestazione di servizi nei confronti di soggetti che svolgono l’attività di costruzione di immobili per la successiva vendita, ivi comprese le cooperative edilizie e loro consorzi, ovvero di soggetti per i quali i fabbricati non di lusso costituiscono la “prima casa”. La ratio di detta norma è quella di favorire l’incremento delle costruzioni edilizie con riguardo agli edifici che, complessivamente considerati, abbiano come destinazione funzionale prevalente quella abitativa secondo il rapporto fissato dalle norme integratrici e interpretative di cui alla L. n. 1493 del 1962, art. 1 e alla L. n. 1212 del 1967, art. unico. Dal quadro normativo di riferimento emerge inequivocabilmente (come già statuito da questa Corte in precedenza, Cass. 10213/2018) come l’agevolazione fiscale in questione sia stata dal legislatore subordinata alla prevalente ed effettiva vocazione residenziale dell’edificio, comprendente le unità immobiliari (non di lusso), la cui costruzione sia oggetto di contratto di appalto;

– ne deriva che ai fini dell’agevolazione tributaria di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, tabella A, punto 39 la nozione di “fabbricato” che coincide con quella richiamata di “casa di abitazione anche se comprendente uffici e negozi che non abbiano il carattere di abitazione di lusso” (L. n. 408 del 1949, art. 13), è da intendere, pertanto, come singolo “complesso immobiliare-fabbricato” (o porzione di esso) e ciò proprio nell’ottica di assicurare, nel rispetto della proporzione prefissata dal legislatore tra superficie e destinazione, la ratio della norma che è quella come detto sopra – di incrementare le costruzioni edilizie con riguardo agli edifici che, complessivamente considerati, abbiano come destinazione funzionale prevalente quella abitativa (intesa come effettivo e concreto impiego abitativo dell’immobile). Pertanto, la effettiva prevalenza della destinazione abitativa assicurata dal rispetto delle proporzioni prefissate dalla legge tra superficie e destinazione – va stimata ii-C”151 con riferimento al singolo fabbricato/edificio (che può constare anche di più unità e contenere anche uffici e negozi e va considerato complessivamente) o porzione di fabbricato. Pertanto, se in un edificio la superficie dei locali destinata a uffici o a negozi superi, rispetto a quella destinata a locali di abitazione, la misura proporzionalmente stabilita dalle norme vigenti per godere di dette agevolazioni, l’esenzione dall’imposta viene legittimamente esclusa per tutte le unità immobiliari, comprese quelle adibite ad abitazione. Dal punto di vista sistematico, invero, alla luce anche della costante giurisprudenza costituzionale in tema, le disposizioni che prevedono agevolazioni fiscali hanno carattere eccezionale e derogatorio; solo quando lo esiga la ratio dei benefici medesimi è quindi possibile e legittima l’estensione del relativo ambito applicativo. (Corte Cost., sentenze n. 111 del 2016; n. 6 del 2014, n. 275 del 2005, n. 27 del 2001, n. 431 del 1997 e n. 86 del 1985; ordinanze n. 103 del 2012, n. 203 del 2011, n. 144 del 2009 e n. 10 del 1999);

– inoltre, la giurisprudenza di questa Corte ha delineato, in via di stretta interpretazione, i presupposti soggettivi e oggettivi per l’applicazione di alcune altre norme in tema di agevolazioni tributarie (Cass. n. 9637 del 2001, con riguardo all’esenzione venticinquennale dall’imposta sui fabbricati prevista dalla L. n. 408 del 1949, art. 13; Cass. n. 8032 del 2013, con riguardo all’aliquota agevolata del 4% prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, parte seconda, della tabella A, punto 2, allegata; Cass. n. 15620 del 2016 e Cass. n. 11169 del 2014 con riguardo all’aliquota agevolata di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, primo periodo, Tabella A), n. 127 undecies, i cui principi trovano qui conferma;

– da ultimo, questa Corte, a sezioni unite, nella sentenza n. 18574 del 2016 ha ribadito, in termini generali, in tema di norme agevolative, la “non suscettibilità di integrazione ermeneutica trascendente i confini semantici del dato normativo espresso”. Nella specie, proprio avuto riguardo alla ratio della norma agevolativa in esame (D.P.R. n. 633 del 1972, tabella A, punto 39), non è dato estenderne, in via interpretativa, la portata applicativa anche alle ipotesi delle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di interi complessi edilizi, constanti di più edifici, con diversa destinazione residenziale, commerciale etc. La riprova è data dal fatto che il rispetto delle proporzioni tra superficie e destinazione prefissate ex lege può sussistere con riferimento al complesso edilizio e non già con riferimento ai singoli fabbricati che lo compongono con una consequenziale possibile elusione della ratio della norma. Quindi va negata l’applicazione dell’aliquota Iva agevolata del 4% qualora la prestazione di servizi dipendente da contratto di appalto sia relativa alla costruzione di un complesso edilizio ancorchè la superficie degli edifici residenziali superi quella dei fabbricati adibiti ad uffici o negozi, dovendo il rapporto tra superficie e destinazione essere rispettato – conformemente alla ratio della norma- con riferimento al singolo edificio, unitariamente considerato, al fine di assicurare come prevalente la destinazione abitativa dello stesso;

– in conclusione, quindi, il ricorso va accolto e la controversia può decidersi nel merito – non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto – con il rigetto del ricorso originario del contribuente;

– stante il consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale sfavorevole al ricorrente in epoca successiva alla proposizione del ricorso sussistono giuste ragioni per compensare le spese di tutti i gradi del giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso originario del contribuente.

Compensa le spese di tutti i gradi del giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 31 ottobre 2019

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