Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2807 del 31/01/2022
Cassazione civile sez. VI, 31/01/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 31/01/2022), n.2807
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32396-2019 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei
Portoghesi, n. 12;
– ricorrente –
contro
F.LLI M. s.a.s. di M.M., in persona del legale
rappresentante pro tempore, M.M., rappresentata e difesa,
per procura speciale in calce al controricorso, dagli avv.ti
Vittorio GUIDETTI e Alessandro RICCIONI, ed elettivamente
domiciliata in Roma, alla via Properzio, n. 5, presso lo studio
legale del predetto ultimo difensore;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 559/11/2019 della Commissione tributaria
regionale dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 22/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 21/10/2021 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.
Fatto
RILEVATO
che:
1. La F.lli M. s.a.s. impugnava la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, della dichiarazione reddituale relativa all’anno d’imposta 2009, con cui l’Agenzia delle entrate, stante la omessa presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2008, perché presentata oltre il termine massimo di 90 giorni dalla scadenza, disconosceva il credito IVA maturato negli anni precedenti dalla società contribuente che, pertanto, con la predetta cartella di pagamento recuperava a tassazione unitamente ad interessi e sanzioni.
2. All’esito del giudizio di primo grado, sfavorevole alla società contribuente, quest’ultima proponeva appello che veniva accolto dalla CTR dell’Emilia Romagna con la sentenza in epigrafe indicata. I giudici di appello, richiamando la giurisprudenza di questa Corte in tema di detraibilità del credito IVA maturato in precedente annualità per la quale non risultava presentata la relativa dichiarazione, riconosceva il diritto della società contribuente alla detrazione del credito IVA maturato nell’anno 2008 – in relazione al quale non poteva dirsi “di fatto” omessa la presentazione della dichiarazione, comunque trasmessa, anche se con ritardo, all’Agenzia delle entrate – e portato in compensazione nell’anno 2009, avendo dimostrato con idonea documentazione di averne diritto.
3. Avverso tale statuizione ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di due motivi, cui replica l’intimata con controricorso.
4. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
5. La controricorrente ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, artt. 2 e 8, lamentando che la CTR aveva errato nel non considerare omessa la dichiarazione tardiva.
2. Il motivo è infondato in quanto la statuizione impugnata, del seguente tenore: “la dichiarazione IVA 2008 nei fatti non è omessa”, si riferisce non alla tempestività della sua presentazione, che nella specie è pacificamente tardiva essendo stata presentata oltre il termine di 90 giorni di cui al citato D.P.R., ma alla conoscibilità del modello da parte dell’Agenzia delle entrate ai fini della verifica della sussistenza del credito in eccedenza vantato dalla società contribuente.
3. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, della Dir. n. 388 del 1977, art. 18, n. 1, lett. d), e art. 22, come modificata dalla Dir. n. 17 del 2000. La ricorrente sostiene che, diversamente da quanto affermato dai giudici di appello, l’omessa presentazione della dichiarazione impedisce al contribuente sia di riportare l’eccedenza Iva detraibile nella dichiarazione dell’anno successivo, che di chiedere il rimborso ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30. Sostiene che, in ogni caso, nella specie mancava la prova della spettanza del credito indicato nella dichiarazione tardiva per la parte derivante da eccedenza del 2007 e che, comunque, erano dovuti gli interessi e le sanzioni di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13.
4. Il Collegio, diversamente dalla proposta del relatore, ritiene che il motivo sia infondato e vada rigettato.
5. Invero, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili” (Cass., Sez. U., n. 17757 del 2016; v. anche Cass., Sez. U., n. 17758 del 2016).
6. Orbene, nel caso in esame, la CTR ha correttamente applicato il predetto principio giurisprudenziale, effettuando la verifica della sussistenza del credito IVA e delle condizioni legittimanti la spettanza dello stesso a fini compensativi soltanto con riferimento all’anno d’imposta 2008, ovvero per quello in cui risultava omessa la dichiarazione, mentre nessuna indagine in tal senso avrebbe dovuto compiere con riferimento all’anno d’imposta 2007 in cui è pacifico che la dichiarazione reddituale era stata regolarmente presentata sicché il credito maturato in detto anno d’imposta doveva ritenersi legittimamente spettante, almeno sotto il profilo formale della sua avvenuta indicazione nella relativa dichiarazione annuale, essendo evidente che l’eventuale disconoscimento dello stesso poteva essere effettuato dall’amministrazione finanziaria solo attraverso l’emanazione di uno specifico atto impositivo. Resta inteso che a diversa conclusione non è dato pervenire per il fatto che detto credito, regolarmente dichiarato, fosse stato cumulato con quello maturato nell’anno d’imposta 2008 (in cui era stata omessa la dichiarazione) e compensato in sede di dichiarazione resa per l’anno d’imposta 2009
7. Quanto alla censura relativa all’applicabilità al caso di specie di sanzioni ed interessi, questa Corte ha affermato che “il riconoscimento del diritto della contribuente a vedere scomputato il proprio credito, (…) ha effetto pure sui profili concernenti gli interessi e le sanzioni. Quando, come nella specie, gli interessi sono stati richiesti per il mancato pagamento di una somma con riferimento alla quale la contribuente vanta un credito d’imposta fatto valere in compensazione, il giudice del merito, qualora riconosca la sussistenza del credito de quo, non può limitarsi a questo accertamento, ma deve valutare se l’atto impositivo concerna anche tali interessi. Infatti, per la giurisprudenza di legittimità detto credito assume valore dal momento in cui è sorto e siffatto momento va individuato non nella presentazione della dichiarazione, ma in quello di verificazione dei suoi presupposti. Più precisamente, a norma dell’art. 1242 c.c., comma 1, la compensazione produce il suo effetto estintivo dal giorno della coesistenza dei due debiti, mentre a questo fine sono indifferenti il momento in cui essi sono sorti (Cass., Sez. 3, n. 4983 dell’11 marzo 2004) e la dichiarazione della parte, limitandosi la pronuncia del giudice che accerti detta coesistenza a dare atto dell’avvenuta estinzione dei contrapposti debiti e crediti con effetto ex tunc (Cass., Sez. 1, n. 2037 del 5 giugno 1976). Se ne ricava che gli interessi sul debito tributario, in ipotesi di compensazione con un credito del contribuente, sono dovuti solo fino al momento della nascita di quest’ultimo credito. Analoghe considerazioni vanno svolte quanto alle sanzioni, dovendosi tenere conto che, nel presente giudizio, queste sono state inflitte D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13, disposizione che concerne gli omessi versamenti o le ipotesi nelle quali siano offerti in compensazione crediti inesistenti” (Cass. n. 25288 del 2019, in motivazione).
8. In estrema sintesi, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2022