Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2807 del 07/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 2807 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 724-2008 proposto da:
DITTA INDIVIDUALE EDIL C. DI GINO CAPODIFERRO (P.I.
01756120976), in persona del legale rappresentante
pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAllA CAVOUR,

Data pubblicazione: 07/02/2014

presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
2013

BOTTARI ALBERTO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

1936

contro

CERTINI MARUSCA (c.f. CRTMSC60C69D612D),

FATTORI

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STEFANO

(c.f.

FTTSFN58R211684F),

elettivamente

– domiciliati in ROMA, VIA G. AVEZZANA l, presso
l’avvocato MANFREDIN1 ORNELLA, che li rappresenta e
difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti

di FIRENZE, depositata il 25/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
PIETRO LAMORGESE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 128/2007 della CORTE D’APPELLO

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Svolgimento del processo
Il collegio arbitrale, costituito il 20 maggio 2004,
decidendo sulla controversia insorta tra la ditta
individuale Edil C. e i sig.ri Marusca Cerini e Stefano
Fattori per l’esecuzione di opere edilizie all’interno di

un edificio posto in Sesto Fiorentino, affermò l’esistenza
di un debito dell’impresa verso i committenti pari a e
17519,55. Il lodo è stato impugnato dalla ditta Edil C. che
ne ha eccepito la nullità perché pronunciato oltre il
termine di cui all’art. 820 c.p.c.; perché gli atti non
erano stati redatti in bollo e non v’era stata l’assistenza
di un cancelliere o del notaio per conferire certezza agli
atti del giudizio arbitrale; perché privo di motivazione e
per violazione del contraddittorio, atteso che il difensore
dell’impresa Edil C. che aveva presenziato alle udienze non
aveva ricevuto comunicazioni successivamente al marzo 2005.
La Corte di appello di Firenze, con sentenza 25 gennaio
2007, ha rigettato l’impugnazione e regolato le spese
secondo soccombenza.
Avverso questa sentenza la ditta Edil C. ricorre per
cassazione sulla base di sei motivi, cui resistono gli
intimati.
Motivi della decisione
Nel primo motivo la ditta Edil C. deduce, in violazione
degli artt. 820, 821 e 829 n. 6 c.p.c., che gli arbitri

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avrebbero pronunciato il lodo quando il termine previsto (e
consensualmente prorogato al 2 novembre 2005) era già
decorso e dopo che (in data 8 novembre 2005) l’impresa)
aveva fatto valere la decadenza degli arbitri, non
assumendo rilievo che dal comunicato del 10 novembre 2005

risultasse come data della sottoscrizione del lodo il 2
novembre.
Il motivo è inammissibile. Esso si disinteressa della
motivazione svolta nella sentenza impugnata e si limita a
reiterare le argomentazioni svolte dinanzi alla corte di
appello, sottraendosi al dovere di proporre una critica
adeguata e specifica della stessa, al fine di consentire al
giudice della legittimità di percepire con chiarezza il
contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni
adottate dal giudice del merito. La corte di appello ha
motivatamente ritenuto che il lodo è stato deliberato il 2
novembre 2005, essendo “questa_ la data che risulta dal
dispositivo sottoscritto dai tre arbitri”; infatti “la data
che la legge considera ai fini del verificarsi degli
effetti voluti dalla parte che notifichi l’atto di cui
all’art. 821 c.p.c. è quella che gli arbitri abbiano
scritto nel lodo, non altra”.
Inoltre va ribadito il principio secondo cui qualora, con
l’impugnazione per nullità, si sostenga che il lodo
arbitrale sia stato sottoscritto in data diversa da quella
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da esso risultante, al fine di far accertare la tardività
del deposito del lodo medesimo, si deduce una questione di
falso, ammissibile solo se proposta con rituale querela,
secondo le forme di cui all’art. 221 c.p.c. (Cass. n.
2222/1975).

Nel secondo motivo la ricorrente deduce la violazione degli
artt. 83, 125, 822 e 829, commi l, n. 2, 3 e 7, e 2 c.p.c.
e 1387 ss. c.p.c., per avere la corte di appello escluso la
nullità del lodo per difetto della procura alle liti
rilasciata al difensore delle controparti ovvero per la sua
inidoneità, in quanto priva di riferimento all’arbitrato,
priva dell’autentica e depositata tardivamente in allegato
ad una memoria di replica in sede arbitrale.
Il motivo è infondato. Nella fattispecie (regolata ratione
temporis

dalla legge 5 gennaio 1994 n. 25, prima che

intervenisse la successiva riforma di cui al d.lgs. 2
febbraio 2006 n. 40), in considerazione della natura
privatistica dell’arbitrato, deve ritenersi che la
disciplina della procura ad litem contenuta nel codice di
rito civile non sia estensibile automaticamente al
procedimento arbitrale, salvo diversa volontà delle parti
espressamente manifestata nell’atto di conferimento del
potere agli arbitri, con la conseguenza che le parti
possono stare davanti agli arbitri di persona, ovvero
avvalersi di un fiduciario non abilitato all’esercizio

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della professionale legale (Cass., sez. un., n. 9839/2011;
sez. un., n. 3075/2003 in motiv.).
Nel terzo motivo la ricorrente deduce la violazione del
principio del contraddittorio (artt. 2712 c.c., 816, comma
4, e 829 n. 9 c.p.c.) poiché, successivamente al marzo

2005, il suo difensore non aveva ricevuto alcuna
comunicazione riguardante l’arbitrato in corso e, in
particolare, la data della riunione fissata per la
precisazione delle conclusioni.
Il motivo è inammissibile. Dalla sentenza impugnata risulta
che nella fase di merito fosse stata posta la questione
della contestata “idoneità formale del mezzo usato” (cioè
del fax) per le comunicazioni alle parti delle attività da
svolgersi e la corte di appello ha correttamente risposto
affermando che il procedimento arbitrale è ispirato alla
libertà delle forme, con la conseguenza che gli arbitri non
sono tenuti all’osservanza delle norme codicistiche del
giudizio ordinario di cognizione, a meno che non vi abbiano
fatto esplicito richiamo nel conferimento dell’incarico
arbitrale (Cass. n. 5274/2007, n. 9583/2000). In questa
sede di legittimità la ricorrente introduce la questione
nuova, che è quindi inammissibile, del ricevimento della
comunicazione della data di una riunione degli arbitri.
Inoltre, la ricorrente, contestando l’affermazione
contenuta

nella

sentenza

impugnata

secondo

cui

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”l’impugnante non nega l’invio del fax [del 28 giugno 2005
di convocazione per il 4 luglio 2005]”, deduce un vizio
revocatorio non proponibile con lo strumento processuale
utilizzato.
A conclusione del quarto motivo, per violazione degli artt.

112 e 829 n. 12 c.p.c. , la ricorrente formula un quesito
di diritto nel quale addebita alla sentenza impugnata “la
mancata delibazione di circostanze (come quelle suindicate)
tempestivamente dedotte nelle memorie istruttorie
depositate in sede arbitrale”.
La Corte di appello, premesso che il lodo aveva indicato le
ragioni della decisione, ha osservato che il difetto di
motivazione, quale vizio deducibile in sede di
impugnazione, è ravvisabile soltanto nell’ipotesi in cui la
motivazione del lodo manchi del tutto ovvero sia a tal
punto carente da non consentire l’individuazione della
ratio

della decisione adottata o, in altre parole, da

denotare un iter argomentativo assolutamente inaccettabile
sul piano dialettico, sì da risolversi in una nonmotivazione. Poiché questa decisione è conforme a diritto
(tra le tante, Cass. n. 6986/2007) il motivo è
inammissibile.
Nel quinto motivo, per violazione degli artt. 130, 131, 132
e 829 n. 7 c.p.c., si deduce apoditticamente la invalidità
del procedimento e del lodo arbitrale per la mancata

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presenza di un notaio o di un cancelliere. Il motivo
trascura quanto già detto (in risposta al terzo motivo) a
proposito del principio della libertà delle forme nel
procedimento arbitrale. Esso è quindi infondato.
Nel sesto motivo è dedotto vizio di motivazione con

riguardo alla quantificazione dei danni risarcibili e
all’indicazione delle opere non ultimate o non realizzate.
Il motivo è inammissibile. Il controllo da parte della
Corte di cassazione non può riguardare il convincimento
espresso dal giudice dell’impugnazione del lodo sulla
correttezza e congruità della ricostruzione dei fatti e
della valutazione degli elementi istruttori operate dagli
arbitri, concernendo solo la conformità a logica della
motivazione adottata da detto giudice per supportare il
proprio convincimento (tra le tante, Cass. n. 6986/2007
cit.). La censura proposta in questa sede è del tutto
generica, né è riportato in ricorso il contenuto del lodo
arbitrale, al fine di dimostrare la mancanza o l’assoluta
inidoneità della motivazione della decisione arbitrale e,
per questa via, l’asserito difetto motivazionale della
sentenza impugnata.
In conclusione il ricorso è rigettato. Le spese del
giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo.
P.Q.M.

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La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle
spese del giudizio di cassazione, liquidate in C 3200,00,
di cui € 3000,00 per compensi.

Roma 5 dicembre 2013.

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