Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2807 del 06/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/02/2020, (ud. 18/02/2019, dep. 06/02/2020), n.2807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Tony – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 27814/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

D.U., quale ex legale rappresentante ed ex liquidatore

di WORLD IMPORT S.R.L., elettivamente domiciliato in Roma, via

Germanico n. 107, presso lo studio dell’Avv. Nicola Bultrini,

rappresentato e difeso dall’Avv. Eugenio Romanelli Grimaldi giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

D.R., quale ex socia di WORLD IMPORT S.R.L.,

elettivamente domiciliata in Roma, via Germanico n. 107, presso lo

studio dell’Avv. Nicola Bultrini, rappresentata e difesa dall’Avv.

Eugenio Romanelli Grimaldi giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 131/32/13 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 12 aprile 2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18 febbraio 2019 dal Cons. ROBERTO MUCCI.

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR della Campania ha rigettato i gravami interposti dall’amministrazione doganale e da World Import s.r.l. in liquidazione avverso la sentenza della CTP di Napoli di parziale accoglimento del ricorso della predetta società contro l’avviso di rettifica n. (OMISSIS) dell’accertamento sulla bolletta doganale (OMISSIS) dell’8 ottobre 2007, relativa all’importazione di lampade a risparmio energetico acquistate da una società thailandese, merce di cui era stata accertata – nonostante la documentazione dell’autorità thailandese allegata alla dichiarazione doganale di World Import – la provenienza cinese a seguito di indagini OLAF, con conseguente applicazione del dazio antidumping e sanzione amministrativa pecuniaria (provvedimento n. (OMISSIS), del pari impugnato dalla società); in particolare, la CTP, nel confermare la legittimità del dazio antidumping, aveva tuttavia riconosciuto la buona fede della società importatrice limitatamente alla sanzione irrogata;

2. ha ritenuto la CTR che: a) quanto al dazio antidumping, in assenza di contestazioni sull’origine cinese della merce, esso è dovuto dalla società importatrice quale unico soggetto cui può rivolgersi la potestà impositiva del Paese d’importazione nell’Unione Europea; b) infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, la buona fede dell’importatore non lo esime dalla responsabilità per l’adempimento dell’obbligazione doganale, essendo egli il dichiarante della merce importata, quand’anche scortata da certificati inesatti o falsificati a sua insaputa, rientrando i comportamenti scorretti dei fornitori nel rischio dell’attività commerciale; c) la sanzione pecuniaria non è invece dovuta, non potendo “prescindersi dall’accertamento dell’elemento psicologico del soggetto destinatario” di essa perchè la società “al momento della dichiarazione d’importazione, non aveva elementi concreti ed ufficiali per sospettare della fraudolenta triangolazione” (p. 2 della sentenza);

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli affidato a quattro motivi, cui replicano D.U., quale ex legale rappresentante ed ex liquidatore di World Import s.r.l., estinta il (OMISSIS), e D.R., quale ex socia della medesima società, con distinti controricorsi.

Diritto

RITENUTO

che:

4. dev’essere preliminarmente esaminata l’eccezione, formulata da D.R., di tardività della notificazione del ricorso perchè a lei effettuata solo il 23 dicembre 2013, ossia oltre il semestre dalla pubblicazione della sentenza impugnata, avvenuta il 12 aprile 2013;

4.1. l’eccezione non ha pregio;

4.2. giova al riguardo evidenziare che il ricorso (recante la dicitura “2 originale postale”) contro D.U., residente a (OMISSIS), e D.R., residente a (OMISSIS), “n. q. di ex soci e quindi successori ex art. 2495 c.c., di World Import srl in liquidazione (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, cessata ed estintasi per effetto della cancellazione dal registro delle società iscritta in data (OMISSIS), con sede legale a (OMISSIS)” è stato notificato a mezzo posta tempestivamente il 27 novembre 2013 alla società e ai predetti D.U. e D.R. presso il procuratore costituito in grado di appello, nonchè (“l’originale a mani”) a mezzo ufficiale giudiziario direttamente a D.U. il 26 novembre 2013 all’indirizzo di (OMISSIS), mentre la relata di notificazione a D.R. presso l’indirizzo di (OMISSIS), redatta in pari data, attesta che la notificazione non è andata a buon fine “perchè sconosciuta al domicilio (…) Precisare l’interno”;

4.3. il ricorso è stato quindi rinotificato il 20 dicembre 2013 dall’Avvocatura erariale a mezzo posta, della L. 18 giugno 2009, n. 69, ex art. 55, a D.R. all’indirizzo di (OMISSIS) (e ricevuto dalla D., come detto, il 23 dicembre 2013), dando atto, nel medesimo ricorso, delle ricerche anagrafiche effettuate (residenza in (OMISSIS) desunta dall’estratto del registro delle imprese; nuove ricerche anagrafiche tempestivamente compiute, una volta ricevuto l’originale non notificato, mercè richiesta del certificato di residenza; seconda notificazione effettuata al nuovo indirizzo in un tempo inferiore ai trenta giorni dalla prima);

4.4. orbene, ritiene il Collegio che, alla luce degli adempimenti surrichiamati posti in essere dall’Avvocatura erariale, sussistono gli estremi del comportamento diligente del notificante, anche in relazione al principio della ragionevole durata del processo, sicchè deve farsi senz’altro applicazione del principio espresso da Sez. U, 15 luglio 2016, n. 14594, secondo cui “In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.”, donde la reiezione dell’eccezione;

5. sui motivi di ricorso:

5.1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli denuncia nullità della sentenza impugnata per inammissibilità, non rilevata dai giudici di merito, del ricorso di primo grado proposto da società di capitali già estintasi, in quanto cancellata dal registro delle imprese al momento sia del conferimento della procura alle liti, sia della notificazione del ricorso depositato in suo nome e per suo conto;

5.2. con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione, sotto plurimi profili, degli artt. 220 codice doganale comunitario, (Reg. CEE 12 ottobre 1992, n. 2913 del 1992), e del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 303, (T.U. delle disposizioni legislative in materia doganale);

5.3. con il terzo motivo si denuncia vizio di insufficiente motivazione circa il punto controverso della sussistenza della buona fede della società;

5.4. con il quarto motivo si denuncia, in via subordinata, omesso esame, ai fini dello scrutinio della buona fede, in riferimento all’eventuale errore dell’autorità doganale e alla diligenza esigibile dalla società quale soggetto imprenditoriale qualificato del settore;

6. il primo motivo è fondato;

6.1. si è detto che il ricorso è stato notificato a D.U. e D.R. nelle qualità “di ex soci e quindi successori” ex art. 2495 c.c., di World Import s.r.l., “cessata ed estintasi per effetto della cancellazione dal registro delle società iscritta in data (OMISSIS)” ossia prima dell’inizio del processo (fatto pacifico);

6.2. eccepiscono, tra l’altro, i controricorrenti la carenza di legittimazione passiva, per essersi svolto il giudizio di merito unicamente tra l’amministrazione doganale e la società in persona del legale rappresentante D.U., nonchè l’inammissibilità del mezzo per omessa indicazione del concreto pregiudizio derivato dal denunciato error in procedendo, per il che chiedono dichiararsi cessata la materia del contendere per nullità dell’intero processo;

6.3. tanto richiamato, è appena il caso di evidenziare la manifesta infondatezza della dedotta inammissibilità della doglianza:

l’amministrazione doganale chiede espressamente pronunciarsi l'”inammissibilità” dell’originario ricorso della società e tanto basta alla luce del radicale vizio denunciato;

6.4. del pari manifesta è la carenza di legittimazione ad agire con l’originario ricorso di World Import s.r.l., già estintasi per cancellazione dal registro dal registro delle imprese fin dal (OMISSIS);

6.5. invero, a seguito della modifica dell’art. 2495 c.c., la cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese determina l’immediata estinzione della società, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo, nel caso in cui tale adempimento abbia avuto luogo in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4, (ossia dal 1 gennaio 2004), che, modificando l’art. 2495 c.c., comma 2, ha attribuito efficacia costitutiva alla cancellazione (cfr. in tal senso Sez. U, 22 febbraio 2010, n. 4060), con conseguente carenza – nella specie – di capacità processuale di World Import e anche della legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore D.U. prima dell’introduzione del giudizio di merito; non si applica, ratione temporis, il D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, che non ha valenza interpretativa neppure implicita, nè efficacia retroattiva, sicchè il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.c., comma 2, – operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione ivi indicati, con riguardo a tributi o contributi – vale esclusivamente nei casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese sia presentata nella vigenza della nuova disciplina (così, in motivazione, Sez. 5, 21 dicembre 2018, n. 33278 e Sez. 5, 23 marzo 2016, n. 5736);

6.6. d’altronde, correttamente l’amministrazione doganale ha evocato nella presente sede di legittimità gli ex soci e successori della società: infatti, a seguito dell’estinzione della società conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, viene a determinarsi un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo ad essa non si estinguono – il che sacrificherebbe ingiustamente i diritto dei creditori sociali -, ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate, sicchè i soci, successori della società, subentrano, altresì, nella legittimazione processuale facente capo alla società – la cui estinzione è equiparabile alla morte della persona fisica, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., – in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, ovverosia a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (cfr. Sez. U, 12 marzo 2013, n. 6070);

6.7. pertanto, l’accertamento del difetto di legitimatio ad causam sin da prima che venisse instaurato il primo grado di giudizio, secondo giurisprudenza costante, elimina in radice ogni possibilità di prosecuzione dell’azione e comporta, a norma dell’art. 382 c.p.c., comma 3, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per cassazione (si v., tra le tante e da ultimo, Sez. 5, n. 33278/2018 cit., Sez. 5, 15 giugno 2018, n. 15844, Sez. 5, n. 5736/2016 cit., Sez. 6-5, 5 maggio 2017, n. 11100), ricorrendo un vizio insanabile originario del processo che da subito avrebbe dovuto condurre a una pronuncia declinatoria del merito;

6.8. resta travolta ogni ulteriore deduzione dei controricorrenti;

7. l’accoglimento del primo mezzo assorbe le restanti censure formulate dall’amministrazione doganale.

8. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., comma 3, poichè l’azione non poteva essere promossa; le spese processuali dell’intero giudizio vanno compensate per il consolidarsi soltanto in corso di causa dell’orientamento di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e compensa tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020

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