Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28068 del 09/12/2020

Cassazione civile sez. III, 09/12/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 09/12/2020), n.28068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28615-2019 proposto da:

D.L., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio

dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e difeso dall’avv.to

ELEONORA CAZZANIFA DONESMONDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 6964/2019 del TRIBUNALE DI MILANO, depositato

il 17/08/9019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/09/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

D.L., cittadino del (OMISSIS), ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);

a sostegno della domanda proposta, il ricorrente ha dedotto di essere fuggito dal proprio paese per il timore di subire violenze motivate da ragioni di carattere religioso;

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento D.L. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Milano, che l’ha rigettato con decreto in data 4/9/2019;

a fondamento della decisione assunta, il tribunale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) dell’assenza di attendibilità del relativo racconto di vita, anche in relazione allo specifico territorio di provenienza nel (OMISSIS); 2) dalla mancanza, in ogni caso, nell’intero territorio del (OMISSIS), di condizioni tali da integrare, di per sè, gli estremi di una situazione generalizzata di conflitto armato; 3) dell’insussistenza delle condizioni di vulnerabilità soggettiva del ricorrente ai fini del riconoscimento della c.d. protezione umanitaria;

tale decreto è stato impugnato per cassazione da D.L. con ricorso fondato su un unico motivo;

il Ministero dell’Interno, non tempestivamente costituito, ha depositato un atto al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il motivo proposto, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione di legge, per avere il giudice a quo omesso di fissare l’udienza di comparizione delle parti, di procedere all’audizione dell’interessato e per aver erroneamente ritenuto inattendibili le relative dichiarazioni;

il motivo è infondato;

osserva al riguardo il Collegio come, nel giudizio d’impugnazione della decisione della Commissione territoriale (e quando sia mancata la videoregistrazione del colloquio dinanzi a quest’ultima), il giudice abbia l’obbligo di fissare l’udienza, ma a tale obbligo non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, là dove la domanda di protezione internazionale risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e da quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa (ex multis, Sez. 1 -, Sentenza n. 5973 del 28/02/2019, Rv. 652815 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2817 del 31/01/2019, Rv. 652463 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 3029 del 31/01/2019, Rv. 652410 – 01);

che, nel caso di specie, il giudice a quo, dopo avere regolarmente fissato l’udienza di comparizione delle parti (in cui la parte ricorrente risulta comparsa e sentita: cfr. pag. 2 del provvedimento impugnato), ha specificamente indicato, in termini logicamente plausibili e giuridicamente fondati, le ragioni della mancata rinnovazione dell’audizione in sede giudiziale del richiedente, tenuto conto del complesso degli elementi documentali già acquisiti e dell’insussistenza di alcuna effettiva necessità di integrarli attraverso la rinnovazione dell’ascolto personale;

quanto alla contestata ritenuta inattendibilità dei ricorrente, varrà sottolineare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero richiedente l’accertamento dei presupposti per la protezione internazionale, mentre costituisce, di regola, un apprezzamento di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice del merito, è censurabile in cassazione, sotto il profilo della violazione di legge, in tutti casi in cui la valutazione di attendibilità non sia stata condotta nel rispetto dei canoni legalmente predisposti di valutazione della credibilità del dichiarante, così come formalmente descritti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5;

detta valutazione di credibilità deve ritenersi altresì censurabile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv, 652549 – 01);

nel caso di specie, fermo l’oggettivo rilievo della congruità logica del discorso giustificativo articolato nel provvedimento impugnato, varrà considerare come il ricorrente abbia propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa trascurate, e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia;

osserva il Collegio, al riguardo, come, attraverso le odierne censure, il ricorrente altro non prospetti se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità, dovendo in ogni caso ritenersi che la motivazione dettata dal giudice a quo a fondamento della decisione impugnata sia (non solo esistente, bensì anche) articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo giudice a quo dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, dei contenuti ascrivibili al racconto dell’odierno ricorrente e del grado della relativa attendibilità in conformità ai parametri di valutazione legalmente stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e sulla base di criteri interpretativi e valutativi dotati di piena ragionevolezza e congruità logica;

l’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse è pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;

sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, deve essere disposto il rigetto del ricorso;

non vi è luogo per l’adozione di alcuna statuizione, in ordine alla regolazione delle spese del giudizio, non essendosi il Ministero dell’Interno tempestivamente costituitosi in questa sede;

dev’essere viceversa attestata (ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) la non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis attesa l’ammissione dell’istante al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2020

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