Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28064 del 24/11/2017


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 28064 Anno 2017
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: NOCERA ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Società Agricola Corte San Venanzio, dì Salvagnin Massimo & C., in
persona del socio legale rapp.te p.t. Cristiano Salvagnin e dai sigg.
Luciano SALVAGNIN, Massimo SALVAGNIN, Franco PIZZARDO, Anna VETTORELLO,

tutti difesi, come da mandato a margine del ricorso, dall’avv. Gian
Antonio Guaraldi, del foro di Ferrara elettivamente domiciliati in Roma,
alla Via Montello n. 20, presso lo studio dell’avv. Simona Barberio.

contro

ricorrenti

Data pubblicazione: 24/11/2017

AGENZIA DELLE ENTRATE,

Direzione provinciale di Ferrara, in persona del

legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
— controricorrente —

dell’Emilia Romagna, depositata il 31.05.2010, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9
novembre 2017 dal dott. Andrea Nocera;

.

udito per il ricorrente l’Avvocato Gian Antonio Guaraldi che ha chiesto
l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato dello Stato Beatrice Fiduccia
che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Mauro
Vitiello che ha concluso per il rigetto del ricorso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza depositata il 31 maggio 2010, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in
riforma della decisione di primo grado, ha respinto il ricorso proposto dalla Società Agricola Corte San
Venanzio di Salvagnin Cristiano & C., società semplice, e da Luciano SALVAGNIN, Massimo SALVAGNIN,
Franco PIZZARDO, Anna VETTORELLO, avverso un avviso di liquidazione col quale l’Agenzia delle entrate,
ufficio di Ferrara, aveva provveduto a richiedere le maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale su un
• atto di conferimento di un’azienda agricola con sede in Azergrande, attuato mediante atto di costituzione di
una nuova Società Agricola Corte San Venanzio tra i suindicati sigg. Pizzardo, Vettorello e Cristiano
Salvagnin, seguito dalla cessione da parte dei sigg. Pizzardo e Vettorello delle proprie quote della azienda
conferita a Cristiano Salvagnin, Luciano Salvagnin e Massimo Salvagnin. La CTR, nel riformare la decisione di
primo grado, ha ritenuto erronea la decisione appellata che ha “escluso la volontà elusiva del contribuente
dando una interpretazione diversa dell’art. 20 del d.P.R. n. 131/1986 e dell’art. 1362 c.c.” riconoscendo la
sussistenza di un collegamento negoziale tra le due operazioni negoziali, per la loro contestualità e per
l’assunzione da parte dei sigg.ri Pizzardo e Vettorello di quote della nuova società agricola costituita per un
valore nominale (C 372.000,00) corrispondente a quello delle quote contestualmente dagli stessi cedute in
parte all’altro socio Cristano Salvagnin e in parte ai sigg. Massimo Salvagnin e Luciano Salvagnin.
Ha, quindi, condiviso l’atto tributario che aveva qualificato l’intera vicenda come cessione d’azienda, effetto

avverso la sentenza n. 54/19/2010 della Commissione tributaria regionale

giuridico finale prodotto da una puralità di negozi collegati.
Per la cassazione della sentenza, ricorrono le parti contribuenti affidando le proprie doglianze a

tre motivi,

illustrati da memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1.

Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 21 del d.P.R. n. 131

del 1986, nonché degli artt. 4, comma 1, lett. a) n. 3 e 11 della tariffa, parte prima, allegata al citato d.P.R.,
e degli artt. 10, comma 2, del d. Igs. 347/1990 e 4 della tariffa allegata al d. Igs. n. 347/1990, in relazione

Osservano i ricorrenti che la CTR ha ricavato erroneamente dal combinato disposto degli artt. 20 e 21 del
d.P.R. n. 131/1986 “un principio di unicità della tassazione secondo il criterio della maggiore onerosità, del
quale deve essere riconosciuta l’operatività anche nel caso di ricorso delle parti ad un procedimento
negoziale complesso costituito da una pluralità di contratti contrassegnati da unica causa”, facendo
discendere da ciò la corretta tassazione operata dall’Agenzia delle entrate con l’avviso di accertamento.
Evidenzia che il secondo comma dell’art. 21 detta una norma di favore per il contribuente che stabilisce
l’applicazione della sola imposta più onerosa nel caso di plurime disposizioni contenute nell’atto le quali,
per la loro intrinseca natura, derivano necessariamente le une dalle altre.
Nella specie, alla luce della erronea interpretazione degli artt. 20 e 21 del d.P.R. n. 131/1986, nel caso di

disposizioni contenute in atti distinti, la CTR avrebbe dovuto ritenere soggetto a tassazione il solo atto di
conferimento in società, in quanto portante un carico maggiore di imposta (imposte di registro, trascrizione
e catasto, in misura fissa, ex art. 4 della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986) rispetto alla
cessione delle quote, soggetta alla sola imposta di registro ex art. 11 della Tariffa.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli “artt. 1325, n. 1, 1372
1470 c.c.” in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. in quanto i contratti di costituzione della
società semplice e di cessione delle quote a terzi, dal cui collegamento la CTR ha dedotto l’emergere di un
intento elusivo consistito nell’occultamento della vendita di un ramo di azienda, “non sono contrassegnati
da una unica causa, dato che non sono intervenuti tra le medesime parti”.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce l’omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio in

relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. Nella specie, si osserva che la CTR ha omesso
qualsivoglia pronuncia in ordine alla circostanza, dedotta nel ricorso introduttivo e nel giudizio di appello,
per la quale il terreno agricolo oggetto di conferimento, quale componente della azienda di cui si suppone
realizzata la cessione, ha le caratteristiche per fruire della tassazione agevolata prevista per gli imprenditori
agricoli a titolo professionale ex art. 2, comma 4, del d. Igs. n. 99/2004.

2.1.

In via preliminare deve ritenersi infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata

dall’Ufficio per essere carente la copia notifica dell’integrale pag. 32. Si osserva, infatti, che, in aderenza al
principio espresso dalle Sezioni unite con sentenza n. 18121 del 14 settembre 2016 Sez. U, Rv. 641080 – 01,
“la mancanza nella copia notificata del ricorso per cassazione, il cui originale risulti tempestivamente
depositato, di una o più pagine non comporta l’inammissibilità del ricorso, ma costituisce vizio della notifica
sanabile, con efficacia “ex tunc”, mediante nuova notifica di una copia integrale, su iniziativa dello stesso
ricorrente o entro un termine fissato dalla Corte di cassazione, ovvero per effetto della costituzione
dell’intimato, salva la possibile concessione a quest’ultimo di un termine per integrare le sue difese”. Nella
specie, la carenza non ha inciso sulla piena comprensibilità delle ragioni su cui si fondava la censura e, in
ogni caso, la contribuente ha provveduto a nuova notifica del ricorso in formato integrale, provvedendo a
depositare la copia notificata.

2.2.

I primi due motivi, suscettibili di trattazione unitaria, sono infondati.

all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.

Occorre evidenziare che la prima censura non coglie la ratio della decisione, focalizzando il momento di
critica su di un solo aspetto, peraltro non decisivo, della articolata motivazione della sentenza.
La CTR, infatti, facendo riferimento alla giurisprudenza di questa Corte ha osservato che, “pur non
potendosi prescindere dalla interpretazione della volontà delle parti secondo i canoni generali, l’art. 20 del
d.P.R. n. 131 del 1986 impone di dare rilievo preminente nell’imposizione di un atto alla sua causa reale”, e
che “il richiamo all’autonomia dei soggetti ed ai requisiti del negozio non può valere ad escludere la
rilevabilità fiscale degli effetti economici effettivamente ottenuti dai contraenti, anche mediante una
pluralità di pattuizioni non contestuali”. In tal modo ha operato una valutazione dell’efficacia interpretativa
e probatoria degli elementi fattuali suindicati, emergenti dagli atti e dedotti dall’amministrazione a

negoziale frazionato ma sostanzialmente elusivo di una fattispecie tributaria”.
Il richiamo all’art. 21 del d.P.R. n. 131/1986 è effettuato solo per dare una compiuta descrizione del quadro
normativo, ma, nell’economia della motivazione, non incide sulla chiara individuazione del criterio
interpretativo applicato dalla CTR per la decisione, come sopra descritto.
Nel caso in esame, l’avviso di liquidazione in oggetto è stato notificato in relazione alla seguente fattispecie:
a. con atto notarile del 14 giugno 2014 veniva costituita tra Pizzardo Franco, Vettorello Anna e Salvagnin
Cristiano la Società Agricola San Venanzio di Salvagnn Cristiano & C., nella quale i primi due conferivano
l’azienda agricola di loro proprietà, con terreno, fabbricato ed attrezzature, mentre il terzo conferiva una
somma di denaro; b. con contestuale atto notarile i sigg. Pizzardo e Vettorello avevano ceduto le proprie
quote societarie al socio Cristiano Salvagnin e ai sigg.ri Massimo Salvagnin e Luciano Salvagnin, i quali in tal
modo acquisivano l’intera proprietà dell’azienda conferita.
In materia si è formato un solido orientamento giurisprudenziale di legittimità (tra le molte: Cass. nn.
10216/16; 24594/15; 1955/15; 3932/14; 3481/14; 16345/13; 15319/13; 14150/13), i cui passaggi essenziali
possono così riassumersi:
– il criterio in oggetto, reso speciale ed autonomo dalla sua funzionalità alla piena attuazione del precetto
fiscale, pur non elidendo i criteri ermeneutici generali di cui agli articoli 1362 e ss. cod. civ., si sovrappone
ad essi nel dare preminenza, sulla volontà delle parti comunque ricostruibile, alla intrinseca natura ed agli
effetti giuridici dell’atto così come da quest’ultimo testualmente ed obiettivamente evincibili; con
conseguente irrilevanza di elementi interpretativi di natura soggettiva ovvero extratestuale (che in ciò si
caratterizza la natura di ‘imposta d’atto’ attribuibile all’imposta di registro);
– il mancato ricorso da parte del giudice di merito ai criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ.
non implica dunque, di per sé, la censurabilità della decisione impugnata sotto il profilo della violazione o
falsa applicazione di legge, trattandosi di valutare tale decisione nella sua conformità non già a quei criteri
(incentrati sulla ricostruzione della volontà negoziale delle parti), bensì al parametro fondamentale di cui
all’articolo 20 in esame (basato, come detto, sull’ intrinseca natura dell’atto e sugli effetti giuridici da esso
‘obiettivamente scaturenti’, più che sugli effetti ‘voluti’ dalle parti contraenti);
– la prevalenza che quest’ultima disposizione attribuisce, ai fini dell’interpretazione degli atti registrati, alla
natura intrinseca ed agli effetti giuridici degli stessi rispetto al loro titolo ed alla loro forma apparente,
costituisce non già una mera opzione interpretativa tra tante, ma un preciso vincolo per l’interprete,
chiamato in ogni caso a privilegiare il dato giuridico reale dell’effettiva causa negoziale e degli obiettivi
effetti giuridici dell’atto sottoposto a registrazione, a scapito del relativo assetto nominale o cartolare.
Questo rapporto vincolante di preminenza che, operando solo sul piano fiscale, lascia intatta sul piano
privatistico la centralità della volontà delle parti e della libera determinazione della loro autonomia
negoziale, opera anche – venendo, con ciò, al nucleo fondamentale della censura qui in esame – allorquando
tale autonomia negoziale trovi estrinsecazione frazionata (eventualmente pur in assenza di un intento
elusivo o fraudolento, non essendo quest’ultimo coessenziale al parametro ricostruttivo in esame)

fondamento della causa unitaria, ritenendo i due atti dispositivi “ricollegabili ad un unico procedimento

mediante più atti negoziali che il giudice di merito ritenga, nell’accertamento di una tipica quaestio facti, tra
loro collegati; trattandosi, anche in tal caso, di individuare a fini impositivi l’eventuale unitarietà di causa e
convergenza di effetti giuridici finali ascrivibili al regolamento negoziale come desumibile dall’insieme degli
atti medesimi, ancorchè connotati da oggetto diverso.
Questo orientamento – che ben delinea l’evoluzione normativa dell’imposizione di registro dal regime della
tassa correlata al servizio di registrazione documentale, a quello dell’imposta avente ad oggetto la capacità
contributiva sottesa agli effetti giuridici sostanziali prodotti dall’atto – ha trovato applicazione anche in
ipotesi, come quella di specie, di trasferimento di azienda mediante previo conferimento della stessa in
società, di nuova costituzione, e contestuale cessione delle quote di quest’ultima (Cass. n. 16345/2013).
ed apparente rivestita dai vari atti di disposizione singolarmente considerati (conferimento in società;
cessione delle quote), denota una intrinseca ed originaria natura di cessione di azienda, nella quale si
esauriscono gli effetti giuridici sostanziali dei singoli atti tra loro collegati attraverso un vincolo di funzionale
preordinazione.
L’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 costituisce, dunque, una norma interpretativa che indica la prevalenza,
ai fini fiscali, della causa reale della volontà negoziale e della regolamentazione degli interessi
effettivamente perseguita sull’assetto cartolare impresso dai contraenti, non risultando decisiva, in ipotesi
di plurimi negozi collegati, la rispettiva differenza di oggetto (ex multis, Cass. n. 10216/16; n. 3481/14; n.
6835/13; n. 9541/13; n. 14150/13; n. 17965/13).
Nella specie, si è affermato, alla luce dell’indicato criterio interpretativo, che “in caso di conferimento di
azienda con contestuale cessione, in favore di un socio della conferitaria, delle quote ottenute in
contropartita dal conferente, il fenomeno ha, a tal fine, carattere unitario (in conformità al principio
costituzionale di capacità contributiva ed all’evoluzione della prestazione patrimoniale tributaria dal regime
della tassa a quello dell’imposta) ed è configurabile come cessione di azienda, e non costituisce operazione
elusiva, per cui non grava sull’Amministrazione l’onere di provare i presupposti dell’abuso di diritto, atteso
che i termini giuridici della questione sono già tutti desumibili dal criterio ermeneutico di cui al citato art.
20” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3481 del 14/02/2014; in termini Cass. 1955/15; 11769/08; 10660/03 ed
altre).
In applicazione del suddetto principio deve rilevarsi che la sentenza della CTR ha ritenuto impropriamente
che attraverso il collegamento negoziale tra i due contratti aventi diversa causa ed oggetto si sia
concretizzato un procedimento sostanzialmente elusivo della fattispecie tributaria.
Nondimeno, l’individuazione di siffatto effetto elusivo nel caso in esame non ha inciso sulla individuazione
del collegamento negoziale e sulla corretta applicazione del criterio interpretativo per la valutazione degli
effetti e della natura della fattispecie negoziale complessa, come sopra descritta.
Del resto, la cessione a terzi delle intere quote acquisite nella neocostituita società da parte dei conferenti
l’azienda realizza i medesimi effetti della cessione di azienda, non assumendo alcuna rilevanza la parziale
non identità dei soggetti che hanno preso parte ai due atti. Ciò che esclude la dedotta violazione degli artt.
1325 e ss. cod. civ.
Nel caso in esame, infatti, è evidente che la costituzione della società semplice, con conferimento alla
stessa dell’azienda di due dei tre soci, sia stata esclusivamente funzionale alla successiva cessione di quote
sociali da parte dei due soci originari (al terzo socio e a familiari di questi), con la realizzazione di una
cessione di azienda agricola, ciò che comporta l’applicazione della unicità della tassazione secondo il
criterio della maggiore onerosità.
2.2.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte deve ritenersi infondato anche il terzo motivo di ricorso,

in quanto, l’individuazione di un fattispecie negoziale di cessione di azienda agricola, che prescinde dalla
necessità di un intento elusivo dei contraenti, rende ex se non applicabile la richiesta tassazione agevolata

In tale fattispecie si è ritenuto ravvisabile un programma negoziale unitario che, al di là della natura formale

con aliquota fissa all’1%, che riguarda la cessione dei terreni tra imprenditori agricoli e non della azienda,
intesa come complesso organizzato di beni.
3. Per i motivi sopra esposti il ricorso deve essere rigettato, con conferma della sentenza impugnata.
4. Alla soccombenza segue la condanna in solido dei ricorrenti alle spese del presente giudizio di legittimità,
che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla refusione delle spese del giudizio di legittimità
alla controricorrente, che liquida in C 7.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Cos í deciso in Roma, il 9 novembre 2017.

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