Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28061 del 09/12/2020

Cassazione civile sez. III, 09/12/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 09/12/2020), n.28061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29705-2019 proposto da:

O.S., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANNA

ROSA ODDONE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 927/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 03/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. O.S., cittadino della (OMISSIS), chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, domandando:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza il richiedente dedusse di esser fuggito dal proprio paese per l’impossibilità di rimanere nella terra natia in seguito a gravi violenze nei suoi confronti e della famiglia perpetrate da componenti di una setta nei suoi confronti e della famiglia. Il richiedente aveva era stato testimone di un omicidio perpetrato dai componenti della setta. Fu aggredito e suo padre assassinato, in seguito a tali episodi decise, quindi, di fuggire e giungere in Italia.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento O.S. propose ricorso D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35 e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 dinanzi il Tribunale di Torino, che con ordinanza del 4 luglio 2018 rigettò il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

a) il richiedente non credibile;

b) la domanda di protezione internazionale comunque infondata perchè il richiedente non aveva dedotto alcun fatto di persecuzione;

c) la domanda di protezione sussidiaria infondata, perchè nella regione di provenienza della richiedente non era presente un conflitto armato;

d) la domanda di protezione umanitaria infondata poichè l’istante non aveva provato nè allegato, alcuna circostanza di fatto, diversa da quella posta a fondamento delle domande di protezione maggiore, di per sè dimostrativa di una situazione di vulnerabilità;

3. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Torino con sentenza n. 927/2019, pubblicata il 03/06/2019.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da O.S. con ricorso fondato su tre motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma l, lett. c) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) o comunque omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. Si duole della omessa valutazione da parte dei giudici di merito di fonti aggiornate e specifiche sulla situazione in atto in (OMISSIS).

Il motivo è inammissibile.

I giudici di merito, con motivazione insindacabile in questa sede, hanno adeguatamente analizzato il contesto sociopolitico presente in (OMISSIS), rispettando i principi pronunciati da questa Corte. Hanno invero utilizzato COI aggiornate e attendibili, adempiendo al dovere di cooperazione istruttoria prescindendo da un giudizio negativo in merito alla credibilità del richiedente.

5.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta “l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.

I giudici di merito avrebbero erroneamente omesso di valutare la condizione di vulnerabilità del richiedente, al fine di concedere la protezione umanitaria.

Il motivo è inammissibile.

Questa Corte, infatti, ha già ripetutamente affermato che il permesso di soggiorno per motivi umanitari è una misura residuale ed atipica, che può essere accordata solo a coloro che, se facessero ritorno nel Paese di origine, si troverebbero in una situazione di vulnerabilità strettamente connessa al proprio vissuto personale.

In primo luogo, riguardo il mancato riconoscimento di una situazione di vulnerabilità, codesto è un accertamento di fatto che compete al giudice di merito, non sindacabile in tale sede se non sotto il profilo motivazionale, che appare però scevro di vizi. In secondo luogo, le Sezioni Unite di questa Corte, nella recente sentenza n. 29460/2019, hanno ribadito, in motivazione, l’orientamento di questo giudice di legittimità (cfr. Cass. 4455/2018) in ordine al “rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale”, rilevando che “non può, peraltro, essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia”. Nel caso di specie il giudice del merito si è attenuto ai principi sopraindicati, con motivazione che si sottrae alle censure ad essa mosse dal ricorrente.

6. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica.

6.1. L’inammissibilità del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), a condizione che esso sia dovuto: condizione che non spetta a questa Corte stabilire. La suddetta norma, infatti, impone all’organo giudicante il compito unicamente di rilevare dal punto di vista oggettivo che l’impugnazione ha avuto un esito infruttuoso per chi l’ha proposta.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2020

 

 

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