Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28058 del 16/12/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 28058 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA
sul ricorso 30619-2007 proposto da:
ANGELELLI SILVIO NGLSLV35E25E229L, domiciliato ex
lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
CAPARVI CLAUDIO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

CARLETTI MASSIMO CRLMSM54E12E229W in qualità di
figlio successore del Sig. CARLETTI DOMENICO,
domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso

1

e

Data pubblicazione: 16/12/2013

dall’avvocato RIDOLFI SANDRO giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 265/2007 della CORTE
D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 12/07/2007,
R.G.N. 130/2005;

pubblica udienza del 07/11/2013 dal Consigliere
Dott. PAOLO D’AMICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità o rigetto del ricorso;

udita la relazione della causa svolta nella

Svolgimento del processo

Domenico Carletti convenne in giudizio, dinanzi al
Tribunale di Spoleto, Silvio Angelelli per sentirlo condannare
al risarcimento dei danni che asseriva di aver subito a causa
della costruzione di un pozzo da parte di quest’ultimo.

in Gualdo Cattaneo, servito da un pozzo di vecchia costruzione,
profondo circa m. 34,5, destinato all’abbeveraggio degli
animali ed alle esigenze delle abitazioni agricole nonché
dell’abitazione ivi edificata; che l’Angelelli, proprietario di
un terreno finitimo, aveva costruito un pozzo sul terreno di
sua spettanza alla distanza di circa m. 30 dal pozzo
dell’attore; che tale pozzo doveva ritenersi abusivo in quanto
realizzato su un sito diverso da quello autorizzato; che il
medesimo pozzo aveva determinato il prosciugamento di quello
dell’esponente; che, essendo il danno divenuto ormai
irreparabile, nessun favorevole effetto era derivato
dall’esecuzione dell’ordinanza con la quale il sindaco aveva
disposto il ripristino sulla conformità dei luoghi, previa
cementazione della via di fuga aperta con la illegittima
perforazione; che esso Carletti era stato costretto a
ricostruire il pozzo nello stesso luogo del preesistente ma
molto più profondo, con perforazione fino a 65 metri circa.
Si costituì Silvio Angelelli esponendo di aver convenuto
in giudizio il geologo Cerquiglini e di averne chiesto la
3

Esponeva il Carletti: di essere proprietario di un terreno

condanna al risarcimento dei danni in quanto, a suo avviso,
quest’ultimo era responsabile dell’accaduto per aver progettato
il pozzo ed aver poi diretto i lavori di esecuzione su una
particella diversa da quella indicata nelle planimetrie del
progetto.

Il Tribunale, sul rilievo che la disposta c.t.u. aveva
convincentemente escluso una relazione tra l’apertura del nuovo
pozzo e l’improduttività dell’altro, respinse le domande
proposte dal Carletti e dall’Angelelli e dispose la
compensazione delle spese di lite.
Avverso tale pronuncia propose appello Domenico Carletti
chiedendone la riforma dinanzi alla Corte distrettuale di
Perugia.
Silvio Angelelli chiese il rigetto del gravame.
La Corte ha disposto la rinnovazione della c.t.u. e
quindi, in parziale riforma della sentenza impugnata e in
parziale accoglimento dell’appello, ha condannato Silvio
Angelelli al pagamento della somma di C 20.000,00 in favore di
Domenico Carletti.
Propone ricorso per cassazione Silvio Angelelli con tre
motivi.
Resiste con controricorso Domenico Carletti.
Motivi della decisione

4

Le due cause furono riunite.

Con il primo motivo del ricorso Silvio Angelelli denuncia
«Violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; omessa, insufficiente e/o
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia con riferimento all’art. 360 n. 5 c.p.c.»

del c.t.u., che tutte le operazioni da lui compiute risultano
conformi alle prescrizioni amministrative e che non sono
riscontrabili nel suo comportamento profili di negligenza,
imprudenza o imperizia, mentre l’evento lesivo per cui è causa
deve essere considerato imprevedibile ed inevitabile.
Ai fini dell’affermazione della responsabilità, prosegue
il ricorrente, non è infatti sufficiente che la condotta
dell’agente sia in rapporto di causalità con l’evento
pregiudizievole, essendo necessaria la sussistenza della
colpevolezza della condotta e dell’ingiustizia del danno; né
rileva, a suo avviso, che le autorizzazioni amministrative
vengano sempre concesse, così come è avvenuto anche nel caso in
esame, con salvezza dei diritti dei terzi.
Il motivo è infondato.
L’impugnata sentenza, con valutazione di merito sottratta
al sindacato di legittimità in quanto sorretta da una
motivazione congrua ed immune da vizi logici ed errori
giuridici, ha infatti accertato che, in corso di causa, è stata
fornita idonea prova del danno, costituito dal prosciugamento
5

Ritiene il ricorrente, anche alla luce delle conclusioni

del pozzo del Carletti, e della riferibilità di tale evento
alla condotta dell’Angelelli, posta in essere in assenza di
dovute cautele.
Correttamente poi la sentenza ha anche precisato che
l’esistenza di autorizzazioni amministrative non era di per sé

perché, in generale, tali autorizzazioni vengono rilasciate con
salvezza dei diritti dei terzi; sia perché, nel caso di specie,
le stesse non sono state compiutamente osservate dall’attuale
ricorrente.
Con il secondo motivo si denuncia «Violazione e falsa
applicazione degli artt. 1223, 1227, 2056, 2058 c.c., in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; omessa, insufficiente e/o
contraddittoria

su punto decisivo della

motivazione

controversia in riferimento all’art. 360 n. 5 c.p.c.»
Sostiene l’Angelelli che la motivazione della Corte
d’appello è contraddittoria nel punto in cui, pur ascrivendo al
Carletti un «concorso nella produzione dell’evento», perviene
poi alla conclusione di far gravare su di lui i due terzi della
somma spesa per l’approfondimento del pozzo.
L’attività del Carletti, dell’avere realizzato un pozzo
più profondo senza attendere l’eventualità di un riequilibrio
naturale della falda, ad avviso dell’Angelelli, lungi
dall’essere,

come

la

sostiene

Corte,

«ragionevolmente

necessitata», sarebbe stata invece negligente ed incauta e
6

idonea ad escludere la colpa dello stesso Angelelli, sia

costituirebbe una concausa dell’evento, ossia un fatto nuovo,
idoneo, se non a recidere totalmente il nesso causale,
quantomeno ad aggravare il danno ed a precludere ex

se

il

ristabilimento della situazione iniziale. La Corte, conclude
l’Angelelli, non ha perciò applicato correttamente l’art. 1223

Il motivo è infondato.
Secondo quanto riportato dall’impugnata sentenza infatti
la c.t.u. ha ritenuto soltanto «presumibile» ma non certo che
il ripristino della falda superficiale di originario
attingimento del pozzo del Carletti sarebbe avvenuto se
quest’ultimo, prima di approfondirlo, avesse aspettato la
ricarica annuale e primaverile, successiva alla cementazione
della perforazione attuata dall’Angelelli.
In assenza di tale certezza ben ha fatto allora
l’impugnata sentenza a ritenere, sulla base della rilevazione
di tutti i fattori causali del pregiudizio subito dal Carletti,
che l’attività di quest’ultimo sia stata «ragionevolmente
necessitata» dalla perforazione attuata dall’Angelelli ed a
diminuire di conseguenza l’entità del risarcimento ai sensi
dell’art. 1227 c.c.
In altri termini, secondo la Corte, quando la perforazione
era ancora in atto, le cause dei rilevati inconvenienti non
risultavano chiarite, né vi era certezza che la situazione del
pozzo del Carletti sarebbe migliorata a seguito della
7

c.c.

cementazione.

Deve

pertanto

considerarsi

giustificata

l’ulteriore escavazione del pozzo effettuata da quest’ultimo, a
fronte di una incertezza sulle possibilità di naturale
ripristino della efficienza del pozzo; condotta vieppiù
giustificata, certamente sul piano soggettivo, dalla intuitiva

nell’economia della conduzione del fondo agricolo.
Tale conclusione è stata raggiunta dall’impugnata sentenza
sulla base di valutazioni di merito che, in quanto
convincentemente motivate, sono sottratte al sindacato in sede
di legittimità.
Con il terzo motivo si denuncia «Omessa, insufficiente e/o
contraddittoria motivazione su punto decisivo della
controversia in riferimento all’art. 360 n. 5 c.p.c.»
Ritiene l’Angelelli che il decisum dell’impugnata sentenza
sarebbe in antitesi con i ragionamenti posti a premessa della
relativa motivazione e che quest’ultima ha comunque obliterato
le conclusioni, pienamente attendibili, alle quali è giunta la
c.t.u.
Infatti, prosegue il ricorrente, il giudice di merito, pur
potendo disattendere le argomentazioni svolte dal consulente
tecnico d’ufficio, ha comunque l’onere di una adeguata
motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto, della
quale è invece priva l’impugnata sentenza.

8

valenza attribuita all’approvvigionamento di acqua

Il motivo è infondato, alla stregua di considerazioni
peraltro connesse all’esame del motivo precedente.
Osserva infatti al riguardo la Corte d’appello che,
seppure sono da condividere le considerazioni assunte a
presupposto delle conclusioni della c.t.u., queste ultime non

Secondo la Corte infatti si può ben riconoscere che la
cementazione della perforazione effettuata dall’Angelelli ha
determinato effetti favorevoli nel pozzo del Carletti, ma tali
effetti, prosegue la medesima Corte, non potevano darsi per
scontati al momento dell’approfondimento del suddetto pozzo da
parte dello stesso Carletti in quanto non vi erano allora
certezze in ordine ai futuri vantaggi dell’opera di
cementazione.
Tali considerazioni del giudice di merito, come si è
detto, lungi dall’apparire contraddittorie forniscono una
convincente motivazione della decisione; laddove il ricorrente
sostanzialmente chiede una nuova e diversa valutazione della
suddetta consulenza inammissibile in sede di legittimità
proprio in ragione della dedotta, congrua motivazione formulata
dall’impugnata sentenza.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con
condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di
cassazione che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
9

possono essere tuttavia completamente approvate.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente
alle spese del giudizio di cassazione che liquida in C 4.200,00
di cui C 4.000,00 per compensi oltre accessori di legge.
Roma, 7 novembre 2013
Il Presidente

CORTE SUPREMA D! CASSAZIONE
DEPOSITATO It C ,,ELLERIA

Si attesta la registrazione presso

Il Consigliere estensore

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA