Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28057 del 21/12/2011

Cassazione civile sez. II, 21/12/2011, (ud. 30/11/2011, dep. 21/12/2011), n.28057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA BUFALOTTA 174, presso lo studio dell’avvocato

BARLETTELLI PATRIZIA, rappresentato e difeso dall’avvocato FERRI

ATTILIO FRANCESCO;

– ricorrente –

contro

G.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato BARBANTE ANNA MARIA;

– controricorrente –

e contro

U.L., S.T.;

– intimati –

sul ricorso 12968-2006 proposto da:

S.T. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

rappresentato e difeso dall’Avv. D’ORAZI PIETRO MASSIMO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

A.F., G.L., U.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4492/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato Ferri Attilio Francesco difensore del ricorrente che

si riporta agli atti scritti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per, previa riunione, il

rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso

incidentale con statuzione ex art. 384 c.p.c., le spese a carico

dell’ A..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.F. con atto notificato il 1.12.1991 conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Rieti G.L., e premesso che con scrittura privata del 12.3.91 aveva acquistato da quest’ultimo un fabbricato sito in (OMISSIS), distinto in catasto al f. 3, part. 11 per il prezzo di L. 140.000.000, di cui L. 50.000.000 da pagare in danaro(L. 40.000.000 versati a titolo di caparra confirmatoria) ed il residuo pagabile alternativamente:

attraverso la costruzione al grezzo di un nuovo edificio (su un terreno dello stesso G.), ovvero mediante esborso di un certa somma per ciascun piano realizzato, deduceva che, pur avendo adempiuto ai propri obblighi contrattuali, non aveva potuto conseguire la proprietà ed il possesso dell’immobile compromesso, in quanto il menzionato convenuto, con successiva scrittura del 4.11.93 lo aveva promesso in vendita a tali S.T. e L. U.. Tutto ciò premesso, chiedeva l’attore dichiararsi risolto il contratto in data 1.12.1991 e condannarsi il G. al pagamento della somma di L. 140.000.000 o altra ritenuta di giustizia. Si costituiva in giudizio G.L. chiedendo il rigetto della domanda attrice, assumendo che l’ A. si era reso a sua volta inadempiente, quanto al pagamento del prezzo stabilito e degli accordi convenuti, sottolineando che esso A., in difficoltà finanziarie, aveva manifestato il proprio intendimento di sciogliersi dal contratto in questione. Aggiungeva che, sempre con il consenso della controparte, egli aveva quindi rivenduto il medesimo immobile ai sigg.ri S. e U., dei quali lo stesso A. sarebbe stato a sua volta debitore. Aggiungeva che gli stessi subacquirenti S. e U., avevano rilasciato ad esso G. una scrittura in data 4.11.93 con cui dichiaravano di manlevarlo e garantirlo dalle somme che eventualmente egli fosse stato tenuto a corrispondere all’ A. per la restituzione del danaro ricevuto in forza del precedente contratto. Concludeva dunque il G. per il rigetto dell’altrui pretesa, ed in via subordinata, chiedeva di poter chiamare in garanzia, i nominati S. e U.. Questi ultimi, a seguito di autorizzazione del giudice venivano chiamati e si costituivano in giudizio, deducendo di avere acquistato l’immobile in questione solo dopo che l’ A. era receduto dal relativo contratto e con il consenso del medesimo come da dichiarazione liberatoria dei 4.10.93. Precisavano peraltro che nessun valore aveva la loro dichiarazione di garanzia e manleva datata 4.11.93 in forza del quale era stata disposta la loro chiamata in causa, atteso che l’efficacia della stessa doveva intendersi limitata fino alla stipulazione dell’atto pubblico di compravendita del 7.12.93 per notaio Casazza; chiedevano pertanto il rigetto della domanda di garanzia.

L’adito tribunale di Rieti con sentenza n. 573/02 del 14.5/14.6.2002 dichiarava risolto il contratto preliminare di compravendita del 12.3.91 per inadempimento del promissario venditore G.L., che condannava al pagamento in favore dell’ A. della somma di Euro 72.303, 96; condannava i chiamati in causa in solido a tenere indenne il G. del pagamento della somma Euro 72.303,96, nonchè del pagamento delle spese processuali. Negava il tribunale che tra le parti vi fosse stato un accordo di natura risolutiva, di cui mancava la prova scritta e riteneva che l’inadempimento del G. degli obblighi scaturenti dal contratto preliminare, risultava in re ipsa dall’alienazione ad altri soggetti dello stesso bene promesso all’ A.. Riteneva inoltre estraneo al thema decidendum il presunto inadempimento dell’attore, non avendo il G. formulato una tempestiva domanda riconvenzionale di risoluzione per inadempimento di controparte.

Avverso tale sentenza proponeva appello il convenuto G.L., lamentando in modo particolare che il tribunale aveva erroneamente ritenuto che non era stata formulata alcuna eccezione e domanda diretta a far valere l’inadempimento dell’ A. (che non aveva versato il saldo del prezzo convenuto), evidenziando che, al contrario, siffatta eccezione era stata formulata nella comparsa di costituzione e risposta e ribadita in sede di precisazione delle conclusioni. L’ A. si costituiva chiedendo il rigetto dell’appello,ribadendo che l’appellante non aveva mai proposto nel giudizio di primo grado alcuna tempestiva eccezione d’inadempimento, ma che nel caso la Corte fosse stata di contrario avviso, avrebbe dovuto comunque operare una comparazione tra i due inadempimenti e ritenere prevalente quello del G., che, all’atto della seconda alienazione, era ancora legato al primo contratto e non versava in buona fede, tanto da pretendere una scrittura di garanzia e manleva dai subacquirenti S. e U..

Si costituivano i terzi chiamati, proponendo appello incidentale diretti ad escludere ogni loro responsabilità derivante dalla scrittura di manleva del 4.11.1993.

L’adita Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4492/2005 depos. in data 20.10.2005, accoglieva l’appello principale del G. e respingeva la domanda dell’ A., nonchè gli appelli incidentali dello S. e dell’ U., condannando l’ A. al pagamento delle spese processuali del doppio grado con riferimento al G. e compensando le stesse spese nei riguardi dei terzi chiamati.

Secondo la corte capitolina il G. aveva in primo grado proposto l’eccezione d’inadempimento ex art. 1460 c.c., ciò che aveva comportato l’inversione dell’onere della prova gravante sull’attore, che per vincere l’indicata eccezione, avrebbe dovuto dimostrare di avere effettivamente adempiuto ai propri obblighi contrattuali, ciò che l’ A. non aveva fatto, non avendo provato di avere effettivamente adempiuto le prestazioni (saldo del prezzo e realizzazione del nuovo edificio come stabilito) cui si era obbligato per contratto con il G., del quale peraltro la stessa Corte rigettava la domanda di risoluzione per inadempimento perchè tardivamente formulata.

Avverso la predetta pronuncia, l’ A. ricorre per cassazione sulla base di 11 mezzi; resiste con controricorso G.L., nonchè S.T. le ha proposto altresì ricorso incidentale; nessuna difesa ha svolto l’intimato U.L..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre riunire i ricorsi.

Passando all’esame del ricorso principale dell’ A., con il primo motivo egli denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4 e deduce la nullità della sentenza , in quanto priva dell’esposizione dei motivi di fatto e di diritto . La doglianza è infondata atteso che la pronuncia impugnata contiene una concisa ma pur esauriente esposizione dei fatti (“svolgimento del processo”) corredata dalle ragioni di diritto poste a fondamento della decisione.

Passando all’esame del 2 motivo, con esso l’esponente denuncia la violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c.; sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte capitolina, il convenuto G., nel giudizio di 1 grado, non aveva mai ritualmente proposto in modo esplicito l’eccezione d’inadempimento di cui all’art. 1460 c.c.; a questo riguardo viene trascritta la “comparsa di risposta” da lui depositata in quel giudizio. Il Giudice a quo aveva violato il divieto di ultrapetizione per avere accolto i gravame sulla base di un’eccezione d’inadempimento che, non essendo stata ritualmente proposta ne giudizio di primo grado, non poteva essere “riconfermata” nel giudizio di secondo grado nè era rilevabile d’ufficio essendo “eccezione in senso stretto”.

Con il 3 motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1362 c.c. “dei principi che regolano l’interpretazione degli atti processuali”; ribadisce che dall’esame degli atti processuali emerge che nessuna valida eccezione d’inadempimento era stata formulata dal G., si sottolinea che solo all’udienza dei precisazione delle conclusioni la stessa era stata dedotta, sulla quale però esso attore non aveva accettato il contraddittorio.

Con il 4 motivo denuncia la violazione degli art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa motivazione su un punto decisivo relativo alla proposizione dell’eccezione d’inadempimento ed alla novità della stessa eccezione sollevata in sede d’appello con conseguente violazione dell’art. 345 c.p.c. Le predette doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente stante la loro connessione, non hanno fondamento. A tale fine basta leggere la stessa comparsa di risposta del G. nel giudizio di primo grado dove è evidente che questi eccepisci l’inadempimento dell’attore (“… Non risponde però a verità che l’ A. abbia provveduto a pagare il prezzo convenuto di L. 140.000.000. Non è vero infine che l’ A. abbia realizzato i 3 piani del fabbricato valutati L. 30.000.000 milioni ciascuno, in quanto i lavori in realtà vennero eseguiti da altra impresa. Il G., facendo seguito agli obblighi assunti con il citato preliminare di vendita, più volte ha sollecitato l’ A. ad adempiere le obbligazioni assunte contrattualmente dichiarandosi disponibile ad effettuare il trasferimento de bene fermo restando il pagamento del prezzo”. Appare dunque evidente che l’allora convenuto G. ha denunciato l’inadempimento dell’altro contraente al fine di giustificare le inadempienze che quest’ultimo aveva a sua volta a lui contestate, non essendo al riguardo necessario l’uso di particolari formalità. Secondo questa S.C. “l’exceptio inadimpleti contractus” di cui all’art. 1460 c.c. costituisce un’eccezione in senso proprio, rimessa, pertanto, alla disponibilità ed all’iniziativa del convenuto, senza che il giudice abbia il dovere di rilevarla od esaminarla d’ufficio. Essa, tuttavia, al pari di ogni altra eccezione, non richiede l’adozione di forme speciali o formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte di sollevarla (onde paralizzare l’avversa domanda di adempimento) sia desumibile, in modo non equivoco, dall’insieme delle sua difese e, più in generale, dalla sua condotta processuale, secondo un’interpretazione del giudice di merito che, se ancorata a corretti canoni di ermeneutica processuale, non è censurabile in sede di giudizio di legittimità (Cass. Sez. 3, n. 10764 del 29/09/1999; Cass. n. 7027 del 23/05/2001).

Passando all’esame degli altri motivi, si rileva che con il 5 motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1460, 2697 e 1453 c.c. – Osserva l’esponente che la Corte non avrebbe potuto ritenere il G. legittimato a sollevare eccezione d’inadempimento posto che, con la sua condotta, egli si era reso in realtà definitivamente inadempiente ai propri obblighi, mantenendo un comportamento incompatibile con la persistenza del vincolo contrattuale fino al punto di vendere a terzi lo stesso immobile promesso in vendita ad esso A..

Con il 6 motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1453 e 1458 c.c., nonchè del principio di diritto secondo cui il giudice dinanzi a reciproche domande di risoluzione del contratto, in mancanza di accertamento d’inadempimento colpevole di almeno una delle parti, doveva comunque dare atto dell’impossibilità di esecuzione del contratto e provvedere di conseguenza sulle domande restitutore ex art. 1458 c.c. Nella fattispecie la corte capitolina si era limitata a rigettare la domanda di risoluzione dell’ A. e la conseguente domanda restitutoria.

Con il 7 motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione alla mancata pronuncia sulla domanda restitutoria in ossequio al principio di diritto secondo il quale il giudice dinanzi a reciproche domande di risoluzione in mancanza di accertamento in ordine agli inadempimenti reciproci deve provvedere di conseguenza sulle domande restitutorie.

Con il 8 motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1460, 1175, 1366, 1375 c.c. – omessa motivazione sul punto decisivo della controversia relativo al rilevato difetto del requisito della buona fede in capo al G., (come è testimoniato dall’atto di manleva che si era fatto rilasciare dai terzi acquirenti).

Con il 9 motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1463 e 1460 c.c. nonchè dei principio di diritto che impone al giudice di procedere alla necessaria comparazione tra le condotte dei contraenti. Lamenta che la Corte distrettuale non ha proceduto alla necessaria valutazione comparativa degli opposti inadempimenti al fine di apprezzarne l’effettiva gravità ed efficienza causale rispetto alla complessiva finalità dei contratto. Le suddette censure – congiuntamente esaminate in quanto strettamente connesse – sono fondate.

Intanto come ribadito da questa S.C. con riferimento al principio “inadimplenti non est adimplendum”, la sospensione della controprestazione è legittima ma solo se conforme a lealtà e buona fede, che, nel caso in esame, non è di certo controverso che fossero riscontrabili nel comportamento del G. (v. rilascio dell’atto di manleva del 4.11.93 in favore del G., da parte degli acquirenti S. – U.: Cass. n. 13887 del 23/06/2011; Cass. n. 261 del 10.1.2008).

Questa Corte regolatrice ha altresì evidenziato in proposito che, “nel caso in cui venga opposta, nei contratti con prestazioni corrispettive, l’eccezione “inadimplenti non est adimplendum”, occorre verifica re, secondo il principio di buona fede e correttezza sancito dall’art. 1375 c.c., in senso oggettivo, se la condotta della parte inadempiente, avuto riguardo all’incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, abbia influito sull’equilibrio sinallagmatico dello stesso, in rapporto all’interesse perseguito dalla parte, e perciò abbia legittimato, causalmente e proporzionalmente, la sospensione dell’adempimento dell’altra parte.” (Cass. Sez. 1, n. 2720 del 04/02/2009). Anche tale particolare profilo non è stata affatto esaminato dalla Corte d’appello, così come quello relativo alla valutazione comparativa ed unitaria dei contrapposti inadempimenti delle parti. Anche in questo caso ha statuito questa S.C. che “in presenza di contrapposte domande di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare e di risoluzione del medesimo per inadempimento, il giudice deve procedere a una valutazione comparativa ed unitaria degli inadempimenti che le parti si sono addebitati al fine di stabilire se sussista l’inadempimento che legittima la risoluzione. La valutazione della gravità dell’inadempimento, prendendo le mosse dall’esame dei fatti e delle prove inerenti al processo, è rimessa al giudice del merito ed è incensurabile in cassazione se la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o giuridici” (Cass. n. 12296 del 07/06/2011).

La fondatezza delle predette doglianze, comportano l’accoglimento del ricorso principale, previo l’assorbimento delle ultime due censure (n. 10 e n. 11; con il 10 motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1228, 1285, 1286 e 1460 c.c. e omessa o insufficiente motivazione in punto relativo alla realizzazione del nuovo immobile che era stato costruito da un terzo anzichè dall’ A. che se ne era assunto l’obbligo contrattuale; con il 11^ motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1199 e 1460 c.c. e omessa motivazione in punto pagamento del prezzo).

Resta altresì assorbito il ricorso incidentale proposto dallo S. (1 motivo : violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.; 2 motivo: violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4: i motivi si riferiscono al fatto che la Corte d’appello dopo aver affermato in motivazione che gli appelli incidentali erano assorbiti dalle precedenti considerazioni, poi, nella parte dispositiva ha rigettato gli appelli stessi).

Pertanto il ricorso va accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti ed il rinvio della causa, anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta i primi 4 motivi del ricorso principale, accoglie i motivi 5, 6, 7, 8 e 9 del ricorso, assorbiti i rimanenti, nonchè il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese processuali di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2011

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